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Autore: Youko    08/08/2010    1 recensioni
Una raccolta di one shot ispirate alla festa di Tanabata con vari protagonisti e i loro desideri come filo conduttore.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tanabata secondo desiderio Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di T. Inoue; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ringraziamenti:

Red Comet: Sono contenta che l’idea ti piaccia e tranquilla non aggiornerò una volta all’anno. Non ho un fratellino ma l’ho sempre desiderato, il tuo era così dolce da piccolo e si è guastato crescendo? Gasp… beh dai magari rinsavisce, mai perdere la speranza ^^. Grazie per la segnalazione ^^
Lua: Grazie sono contenta che ti piaccia l’idea, ho cercato di dare un’immagine dei due protagonisti un po’ diversa dal solito e visto che si parlava di desideri ho pensato che inserire un bimbo sarebbe stato l’ideale.
Grazie del continuo sostegno ^^.
Misako90: Mi fa molto piacere che l’introduzione  ti abbia divertito mi piaceva l’idea di buttarla sul divertente le spiegazioni troppo serie a volte annoiano. La coppia Akira e Hisashi mi piace tanto come avrai sicuramente notato XD.

Grazie come sempre a tutti coloro che hanno messo questa raccolta fra le seguite, preferite o ricordate e a chi legge.
Auguro a tutti voi buone vacanze e auguri di un buon ferragosto ^^.
Buona lettura.

02: Secondo desiderio  Moichi Taoka


Il pennello da scrittura venne intinto nel colore assorbendone la giusta quantità, poi venne alzato e poggiato con leggerezza sul foglio di carta.
I Kainji iniziarono ad essere tracciati accuratamente in una scrittura elegante e precisa priva di qualsiasi antiestetica sbavatura, una volta terminata l’operazione il pennello venne riposto e l’uomo ammirò il biglietto compilato.
“Perfetto” esalò Taoka riadagiando il pezzo di carta sulla sua scrivania e lasciando che l’inchiostro si asciugasse, pulì le setole e chiuse la boccetta di china, mise via ciò che non gli occorreva più e afferrò la propria borsa di pelle marrone.
Vi infilò dentro i biglietti compilati quel pomeriggio notando distrattamente il sole che all’esterno delle finestre stava tramontando.
“Mister Taoka è ancora qui?” domandò un giovane professore sui venticinque anni, assunto per sostituire una docente andata in pensione l’anno prima.
“Ah professor Mokuro, stavo giusto andando via” lo informò l’allenatore sistemando il quaderno degli schemi nel primo cassetto e alzandosi dalla sedia poggiò la borsa sul piano e vi infilò dentro il foglio prima di far scattare la chiusura.
“Sempre a studiare qualche nuova strategia di gioco non è così? Lei è davvero un ottimo allenatore” lo elogiò il giovane docente sistemandosi gli occhiali sul naso mentre attendeva che Taoka lo raggiungesse nel corridoio.
Il coach gli lanciò un sorrisetto e chiuse la porta della stanza docenti.
“Faccio solo del mio meglio per portare il Ryonan alla vittoria”
“Contiamo tutti su di lei, ora la saluto, arrivederci” s’inchinò profondamente il ragazzo prima di avviarsi nella direzione opposta.

Taoka raggiunse l’uscita e poi il parcheggio accostandosi alla sua auto con già le chiavi in mano.
Sapeva benissimo ciò che pensavano tutti, per quanto incoraggiassero o elogiassero lui e la squadra di basket nessuno credeva che quell’anno il Ryonan si sarebbe qualificato.
Inserì la chiave nel quadro e strinse forse con troppa foga il volante “E’ tutta colpa di quel maledetto Anzai”
 soffiò a denti stretti prima di avviare il motore.
Non solo l’allenatore dello Shohoku gli aveva soffiato da sotto il naso i suoi giocatori, ma aveva anche trovato un valido sostituto per Akagi.
Fino all’anno prima Taoka non aveva mai preso in considerazione la squadra dello Shohoku, la sua unica degna rivale era il Kainan e quel maledetto di Takato.  
Invece Anzai, come fosse un prestigiatore, aveva tirato fuori dal cilindro i suoi assi e uno dietro l’altro glieli aveva sbattuti in faccia.
Prima si era appropriato di Rukawa, la matricola più promettente del campionato, poi era riuscito a far tornare Ryota e Mitsui, ma il demone dai capelli bianchi gli aveva dato il colpo di grazia con quel buffone dai capelli rossi.
Hanamichi Sakuragi si era presentato come un novellino incompetente, un pagliaccio capace solo di far ridere gli spettatori e fargli saltare i nervi e invece quella testa rossa si era rivelato il degno sostituto di Akagi.
Non c’era che dire Anzai aveva vinto su tutta la linea.
Ma Taoka non si era abbattuto, da uomo maturo che sa riconoscere i propri limiti aveva giurato a sé stesso che quella sarebbe stata la sua ultima sconfitta.
Aveva ripreso in mano le sue strategie di gioco e aveva ponderato a lungo la miglior tattica per l’anno venturo.
Taoka capiva benissimo quale fosse il problema maggiore del Ryonan, quello a cui anche con allenamenti sfibranti ed estenuanti non avrebbe potuto porre rimedio.
La sua squadra mancava di elementi validi.
Tranne Uozumi e Sendoh l’unico ad aver qualche possibilità di spiccare era Fukuda, per il resto era come avere una squadra di matricole alle prime armi.
Purtroppo Uozumi non solo si era diplomato l’anno prima ma aveva anche rinunciato al basket con suo grande dispiacere.
Fukuda era un vero e proprio mastino in attacco e in combinazione con Sendoh riusciva a compiere giocate spettacolari, ma la sua difesa era pessima, per non parlare del suo carattere. Taoka doveva sempre stare molto attento a come si rivolgeva al giocatore o rischiava di ferirne la sensibilità e scatenare una reazione esagerata.
Sendoh era un giocatore completo, sapeva ricoprire tutti i ruoli senza nessun problema ed era un grande trascinatore riusciva sempre ad accendere la speranza nell’intera squadra.
Decisamente Akira era il suo fiore all’occhiello, l’unico motivo di orgoglio per l’uomo.
Riuscire ad avere quel ragazzo nella sua squadra era stato un vero colpo di fortuna per Taoka, ma la fortuna ben presto lo avrebbe lasciato.
Sì perché quello era il terzo anno di Sendoh, l’ultimo come giocatore del Ryonan e liceale e per l’allenatore questa era una vera e propria catastrofe.
Poteva organizzare ritiri su ritiri, aumentare le ore di allenamento, assegnare un maggior numero di esercizi e non sarebbe approdato a nulla.  
Non aveva elementi validi, le matricole del nuovo anno non erano particolarmente talentuose e per quanto lui avesse cercato nei campionati delle scuole medie non aveva trovato nessuno che potesse ricoprire adeguatamente il vuoto che Sendoh avrebbe ben presto lasciato.
Otto mesi, aveva solo otto mesi di tempo e poi il Ryonan sarebbe sprofondato all’ultimo posto della classica, le scuole della prefettura avrebbero riso dei loro fallimenti e il preside della scuola lo avrebbe licenziato.
“Nooo io lo impedirò!” urlò Taoka nell’abitacolo della sua vettura di fronte a quel futuro infausto.
Lui aveva dedicato tutta la sua vita al basket, avrebbe fatto di tutto per impedire di perdere la dignità come allenatore, uomo e soprattutto il suo posto di lavoro e infatti nella borsa aveva già la soluzione al suo problema.

Una volta giunto a casa mise la borsa sul tavolo del soggiorno si preparò un tè e con la tazza fumante in mano si sedette, tirò fuori tutti i cartoncini che aveva compilato con cura insieme a una matassa di filo acquistato in una merceria, recuperò un paio di forbici e procedette a terminare i tanzaku per il giorno dopo.

Quando l’indomani il coach Taoka si recò al Ryonan aveva un enorme sorriso sul volto, salutò tutti cortesemente e fu meno duro del solito con i ragazzi della squadra tanto che i giocatori se ne stupirono, infatti ormai avevano imparato che l’allenatore pretendeva molto e spesso li spronava anche con parole dure e pungenti.
Quel giorno però l’uomo sembrava non essere lui o meglio era come se fosse in uno stato di grazia che lo aveva reso pacato,  gentile e tranquillo.
Ad allenamenti conclusi il mister recuperò la propria borsa e si avviò salutando i giocatori e dandogli appuntamento per il giorno seguente, frettolosamente raggiunse la propria auto, vi salì e mise in moto diretto alla sua meta ghignando e ripetendo come un invasato “questa volta vi frego io”prima di scoppiare in una risata isterica.
Taoka parcheggiò la vettura una volta giunto nel luogo stabilito, tirò fuori dalla borsa i numerosi biglietti, se li infilò con cura nella tasca interna della giacca e una volta pronto scese e s’incamminò lungo le scale.
Aspirò a pieni polmoni l’aria fresca mentre procedeva passo dopo passo verso la cima, gli alberi del boschetto che costeggiava la scalinata erano piuttosto alti e frondosi così da coprirlo con una piacevole ombra.
Quasi in prossimità della fine della scalinata di pietra le sue narici catturarono l’odore della salsedine. Aveva guidato per un paio d’ore, ma ne era valsa la pena si disse qualche scalino dopo, quando finalmente raggiunse il piazzale del piccolo e solitario tempio che sorgeva sul promontorio a picco sul mare.
Definirlo tempio forse era un po’ troppo dato che non era altro che una piccola costruzione in mezzo all’assoluto nulla, ma i ricordi si affacciarono ugualmente piacevoli alla mente di Taoka a quella vista desolata.
Quando ancora era un bambino sua nonna lo portava ogni sette di Luglio a far visita a quel tempio, recitavano una preghiera e poi la donna  gli faceva appendere i biglietti per la dea ad un ramo di bambù.
A quei tempi la fronda del ramo era sempre stracarica di foglietti colorati non erano infatti i soli a recarsi in quel luogo, molti credevano che quel tempio fosse il posto più indicato per festeggiare la festività e che se un desiderio o una preghiera veniva deposto in quel tempio la dea sicuramente li avrebbe ascoltati più favorevolmente.
Con il passare degli anni il piccolo tempio non era più stato meta di fedeli e quasi nessuno credeva più a quella che sembrava solo una sciocca credenza, ma non era così per Taoka.
L’allenatore dopo aver capito che anche l’anno venturo non sarebbe riuscito a trovare degli elementi capaci per rinfoltire le schiere del Ryonan, aveva passato dei giorni orribili a disperarsi mentre tentava di pensare a una soluzione. Poi un bel pomeriggio aveva ascoltato distrattamente la conversazione di due studentesse, stavano chiacchierando sui kimoni da indossare per Tanabata , fu come se una lampadina si fosse accesa nella testa dell’allenatore. Si rammentò delle feste della sua infanzia, di ciò che gli diceva sua nonna e del tempio.
Ed eccola lì la sua soluzione, a portata di mano, non doveva far altro che esprimere il giusto desiderio e affidarlo alla dea.
Con un gran sorriso pieno di felicità e gaudio si avvicinò alla struttura voltando il capo a destra e sinistra in cerca del ramo a cui appendere le strisce colorate, con orrore si accorse che non c’era.

Taoka ne rimase sconcertato, quel piccolo imprevisto non era stato preso in considerazione, ma in fondo si disse non era altro che quello, un piccolo contrattempo che di certo non lo avrebbe fermato. Quell’anno avrebbe chiesto l’appoggio del cielo e la dea sicuramente lo avrebbe aiutato a superare quel difficile momento.
Ritornò sui propri passi dirigendosi giù per le scale pensando febbrilmente dove poter recuperare un ramo di bambù, ovviamente non in qualche supermercato, oltretutto non vi erano altro che poche case lì vicino, quindi sarebbe dovuto tornare indietro per parecchi kilometri.
Si rammentò di aver incrociato l’insegna di un vivaio mentre raggiungeva il posto e senza scoraggiarsi si avviò alla macchina.
Dopo un quarto d’ora ritrovò il cartellone pubblicitario e ne seguì scrupolosamente le indicazioni, arrivando infine a un cancello bianco riportante il nome del negozio.
Parcheggiò l’auto e si avvicinò al cancello trovandolo chiuso, l’allenatore stava cercando di capire se vi fosse un secondo ingresso quando intravide la figura di un uomo in tuta da lavoro che con una carriola colma di piantine stava passando a pochi metri da lui dall’altra parte delle grate.
“Mi scusi – lo chiamò facendolo arrestare e volgere dalla sua parte – Come faccio ad entrare?” gli domandò cortesemente.
L’uomo poggiò a terra la carriola, tolse dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto e con molta calma e lentezza si avvicinò mentre si strofinava le mani per ripulirle da un po’ di terriccio.
Una volta che fu accanto al cancello fissò Taoka continuando a rimanere in silenzio.
“Perché vuole entrare?” domandò lo sconosciuto facendo indispettire l’allenatore.
“Come perché? Mi sembra logico, no? Per acquistare qualcosa” rispose piccato.
“Ah sì? E che cosa?” Taoka lo squadrò assottigliando e stringendo le labbra, quell’individuo gli stava facendo perdere tempo prezioso ma soprattutto i nervi, si costrinse comunque a non rispondergli come avrebbe voluto e rispose al suo quesito.
“Un ramo di bambù, ne avete?” indagò.
“Certo che li abbiamo è Tanabata” gli annunciò riponendo il pezzo di stoffa.
“Allora potrei entrare?” chiese ancora cortesemente Taoka.
“No” l’uomo fu crudelmente lapidario.
“C… come no, ma io…” balbettò incredulo.
“Siamo chiusi”
“Ma io ho assolutamente bisogno di un ramo di bambù” annunciò deciso.
Il dipendente lo squadrò dall’alto in basso per qualche secondo poi gli fece cenno di avvicinarsi e Taoka si spiaccicò quanto più poté contro le grate di ferro.
 “Quanto è disposto a pagare?” sussurrò piano.
La fronte dell’allenatore del Ryonan si corrugò e le sue mani strinsero le sbarre così forte che le nocche sbiancarono, Taoka prese un profondo respiro ponderando che era già pomeriggio e che non avrebbe mai fatto in tempo a recarsi in un altro luogo, appropriarsi di un ramo e tornare al tempio primo che il sole tramontasse.
Il luogo in cui sorgeva il tempio non era fornito di impianto elettrico e lui avrebbe dovuto premunirsi anche di una torcia, perciò mantenne la calma e prese a contrattare con l’altro.
Mezz’ora dopo aveva parcheggiato nuovamente la sua utilitaria e con tanto di ramo dietro si apprestò a risalire la lunga scalinata, una volta in cima prese un profondo respiro e valutò dove fissare il bambù.
Decise per metterlo nello stesso punto dei suoi ricordi di bambino e quando stava procedendo in quella operazione si avvide che gli mancava qualcosa di fondamentale, non aveva nulla per fissarlo.
Stringendo i denti per evitare di lasciarsi andare a qualche inopportuno impropero si rammentò che forse nel bagagliaio dell’auto aveva qualcosa che potesse servire allo scopo.
Adagiò il ramo a terra e ridiscese gli scalini una terza volta, rimestò il bagagliaio, guardò nel cruscotto, infilò le mani nei sedili e mise sottosopra i tappetini alla fine vide la borsa di pelle marrone.
Fortunatamente aveva rimesso la matassa di filo in una delle tasche, per precauzione nel caso uno dei foglietti avesse perso il laccio, richiuse la portiera sbattendola sonoramente e si apprestò a risalire.
Una volta conquistata la cima riprese un attimo fiato prima d’iniziare a legare il ramo a una dei pali di legno della struttura del tempio, ci volle quasi l’intera matassa per fissarlo bene ma alla fine il lavoro risultò soddisfacente.
L’indomani si sarebbe dovuto ricordare di portarsi dietro un paio di forbici per disfare ciò che aveva fatto, questo perché Taoka aveva capito che se non c’era nessun ramo ugualmente nessuno si sarebbe occupato di toglierlo e gettarlo in mare per concludere il rituale.
Per garantirsi il successo si sarebbe dovuto recare lì anche il giorno dopo, ma non sarebbe stato un grande sacrificio se in quel modo poteva esaudire il suo desiderio.
L’allenatore ammirò un’ultima volta il ramo prima d’infilare la mano nella tasca interna e tirarne fuori i numerosi biglietti, ora non gli mancava che affiggerli.
Stava per iniziare a legare il primo quando parecchie voci e risate gli sopraggiunsero all’orecchio divenendo sempre più vicine, fece appena in tempo a voltarsi verso la scalinata che vide con orrore chi era sopraggiunto.
“Oh oh oh  mister Taoka anche lei qui?” domandò Anzai.
“Ma guarda anche l’allenatore del Ryonan conosce questo tempietto?” chiese Takako
Taoka non poteva crederci ma rimase con la bocca aperta notando lo stuolo di ragazzi che stava prendendo posto sullo spiazzo del tempio, i due allenatori si erano portati dietro le loro squadre al completo.
Taoka rimase a boccheggiare qualche secondo, l’allenatore del Kainan gli si affiancò mentre Anzai stava dicendo ad Hanamichi di non bisticciare con Kyota.
“Che fortunata coincidenza non crede Taoka?” esordì Takako allungando l’occhio per sbirciare i suoi biglietti, subito Taoka li nascose alla sua vista.    
 “Che ci fate voi qui e insieme per giunta” ringhiò minaccioso, quei due erano venuti a scombinargli tutti i piani.
“Sia io che Anzai conoscevamo questo luogo così abbiamo pensato di affittare un pullman per portarci i ragazzi” spiegò tranquillamente l’altro sorridendo, a detta di Taoka, in maniera beffarda.
“E da quando lo Shohoku e il Kainan sono diventati così amici?” domandò incredulo per la coincidenza, ma ben più favorevole nel vedere un complotto ai propri danni.
L’allenatore del Kainan ignorò bellamente la domanda e invece si rivolse allo stuolo di giocatori.
“Ragazzi forza non perdete tempo e iniziate ad attaccare i tanzaku, siamo fortunati, quest’anno c’è già il ramo”
Taoka osservò la folla scalmanata avvicinarsi al suo ramo che lui aveva acquistato sborsando parecchi quattrini, tentò di protestare, ma un braccio intorno alle sua spalle e una mano poggiata sotto il suo mento lo fece zittire.
“Guarda chi si rivede – trillò Sakuragi – Dov’è il porcospino?”
“Sembra che il mister Taoka sia venuto da solo” soffiò al loro indirizzo Takako.
“Dì al porcospino che quest’anno Hanamichi Sakuragi il re dei rimbalzi lo batterà, anzi lo straccerà, per cui deve pre… ” continuò Hana comodamente appoggiato all’uomo.
“Ma la pianti di dire fesserie? Io, Nobunaga Kyota rokie numero uno di Kanagawa batterò tutti quan…” gli si parò d’innanzi Kyota poggiandosi le mani sui fianchi e iniziando a strillare con voce più alta di Hanamichi.
“Chiudi il becco Nobu scimmia” lo sgridò il numero dieci dello Shohoku.
“A chi hai detto scimmia?” si alterò l’altro giocatore.
 “Tzs, perdenti” fece Rukawa passando accanto ai due.
“Che hai detto?” gridarono in coro i due al suo indirizzo.

Taoka approfittò della distrazione di Sakuragi per scostarsi, indietreggiò fino a quando non raggiunse il limite dello spiazzo del tempio, delimitato da un basso muretto, oltre vi era lo strapiombo e il mare che si infrangeva contro la parete.
L’allenatore del Ryonan rimase a fissare i giocatori delle due squadre attaccare i loro biglietti al suo ramo, strinse i denti non potendo far altro. Con quegli incivili, soprattutto con Sakuragi, era inutile protestare.
“Mister Taoka non attacca i suoi biglietti?” gli chiese Takako indicando con una mano i numerosi foglietti che stava stringendo in una mano.
“Aspetterò che finiate, non ho fretta” rispose con noncuranza, non poteva di certo farlo con loro lì l’unica era attendere che se fossero andati.
“Mi faccia indovinare ha espresso il desiderio di vincere il campionato?” ipotizzò ancora l’allenatore del Kainan.
“Ovviamente no, sono solo preghiere tutto qui” ribatté senza scomporsi.
“Ah sì, forza vediamo” trillò Hanamichi avvicinandosi al braccio dell’uomo  per afferrare i pezzi di carta, Taoka scostò l’arto portandoselo dietro la schiena e cercando di allungarlo più che poteva per allontanarlo dalla traiettoria delle mani del ragazzo, che di contro si sbracciava e si muoveva come un’anguilla.
“Ma insomma ti sembra un comportamento da tenere con una persona più grande di te?” lo sgridò il coach del Ryonan inviperito dai suoi modi villani e impiccioni, avrebbe protetto il suo segreto fino alla morte se necessario.
“Oh oh oh Sakuragi è sempre così vitale oh oh oh” ridacchiò Anzai imperturbabile del comportamento del suo giocatore.
“Hanamichi la vuoi finire? Ci stai facendo fare una figuraccia come sempre” lo sgridò Ayako mentre i componenti del Kainan ridevano come matti.
“Ora basta Sakuragi” intervenne Ryota afferrando il compagno per la vita e tentando di scostarlo dall’uomo, che ancora lottava strenuamente contro quella belva dai capelli rossi.
“Tappo malefico, voglio solo scoprire i piani degli avversari e lasciami!”
“Ma che piani e piani sono i tanzaku quelli, lo vedi che sei senza cervello” lo prese in giro Kyota.
“Che cosa hai osato dire Nobu scimmia? Ma io ti distruggo” ruggì Hana liberandosi di un sol colpo di Ryota e dando uno spintone a Taoka.
L’allenatore del Ryonan si trovò a barcollare all’indietro, sbatté contro il muretto e per non rovinare a terra si afferrò con le mani al bordo spigoloso, così facendo però lasciò la presa sui rettangoli di carta che iniziarono a fluttuare fra un arcobaleno multicolore oltre il bordo.
Taoka allungò una mano sporgendosi ,ma fu tutto inutile, vide i suoi preziosi fogli cadere verso il basso mentre le scritte ‘desidero che Sendoh venga bocciato e ripeta l’anno’ gli passavano davanti agli occhi prima di finire inesorabilmente inghiottite tra i flutti.
Uno strano silenzio scese sul promontorio.
Tutti erano rimasti immobili senza osare fiatare continuando a fissare l’uomo che aggrappato al muretto era rimasto con il braccio teso e la mano spalancata, poi Anzai ruppe il silenzio.
“Qualcuno ha della carta e una penna?” domandò ai ragazzi.
“Spiacente mister non pensavamo che… occorresse e abbiamo lasciato gli zaini a scuola” riferì Ayako lanciando occhiatine preoccupate a Taoka.
“Emh senti, ehi, mi spiace è stata colpa della Nobu scimmia”  esordì Hana picchiettando con un dito sulla spalla di Taoka.
“Eh? Mia? Ma che cavolo dici?” eruppe indignato Kyota.
“Tu! – ringhiò Taoka abbassando il braccio – Tu!- disse ancora stringendo il pungo – Tu!- fece di nuovo raddrizzando la schiena e voltandosi lentamente –Tu!- urlò puntando un dito accusatorio contro Sakuragi – Da quando ti ho incontrato è stata la mia rovina!” decretò prima di saltargli alla gola.
“No mister, ma cosa fa” urlò Ayako sgranando gli occhi.
Ryota, Jin  e un’altro paio di ragazzi delle due squadre si fiondarono a trattenere l’uomo che inferocito, continuava a urlare tendendo le mani verso il collo di Hanamichi.
“Ma che dici si può sapere? E’ stato un incidente” si difese Hana portandosi fuori tiro.
“Lo hai fatto apposta lo so” gridò ancora Taoka mentre il sole stava lentamente iniziando la sua discesa.
Così tramontava la sua ultima speranza, l’allenatore capì con orrore che doveva tornare a spremersi le meningi per trovare un’altra soluzione al suo problema.  
  
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