When truth hurts
Mi sveglio di
soprassalto, accorgendomi di Ted che mi sta osservando, con sguardo
visibilmente dispiaciuto e triste. Mai quanto il mio. Mi alzo velocemente dal
letto e mi allontano da lui, come se tenerlo lontano risolvesse tutto. Ma non è
così. Vorrei che questo fosse un semplice incubo, ma so che non lo è. So che
sono perfettamente sveglia e che tutto quello che sto vivendo è vero,
purtroppo. E come se nel sonno movimentato me ne fossi scordata, il ricordo
della lettera di Vic mi torna alla mente, facendomi venire voglia di piangere.
“Presumo che
hai letto il contenuto della lettera...” vedo Ted cercare di interrompere il
silenzio, ma senza grandi risultati, visto che mi limito ad annuire leggermente
con la testa. Purtroppo si, Teddy, purtroppo si.
“Oh, come sei
perspicace... e da cosa lo avresti capito?” dico, con voce acida e con un modo
di fare mai usato prima, soprattutto nei suoi confronti. Mi ha ferita, mi ha
delusa e ora il minimo che posso fare è questo, rispondergli male, urlargli
contro e non rivolgergli più la parola. Non dubito che Ted stia passando un bel
periodo, ma non è lui la ragazza adolescente incinta che tra sei mesi avrà un
bambino. Ti facevo più responsabile e maturo, Ted, ma si vede che mi sbagliavo,
“forse dai coriandoli che ho ricavato dalla lettera? O forse dai miei occhi
arrossati?” in questo momento l’unica cosa che realmente vorrei è che zio Bill
non avesse mai incontrato Fleur Delacour,
penso che sarebbe stato tutto più semplice. E penso anche che non sarei rimasta
incinta, visto che Ted non si sarebbe ubriacato, dato che Vic non sarebbe mai
esistita.
“Lils...” cerca
presumibilmente di calmarmi, ma non credo che gli sarà molto facile riuscire a
farlo.
“Non chiamarmi
così!” gli urlo contro, vedendo le lacrime appannarmi la vista. Vedo Ted
avvicinarsi a me senza dire una parola, e guardandomi negli occhi.
“Lily,
ascoltami...”.
“Perché? Cosa
avresti da dirmi? Che torni dalla tua Vic e da... tuo figlio e abbandoni me? E’
questo che vuoi dirmi? Beh, posso fare anche a meno di ascoltare!” sono davvero
arrabbiata. Sento altre lacrime cadermi sul volto. Sono lacrime di rabbia,
rabbia nei confronti di Ted e di Vic. Cerco di eliminarle, anche se altre
prendono il loro posto, continuando a piangere.
“Se avessi
deciso di abbandonarti non avrei conservato questa” mi dice, mostrandomi la
foto dell’ecografia che gli ho dato prima, “nostro figlio, Lily”.
“Mio figlio!”
marco, forse troppo, la parola mio, portandomi una mano alla pancia, “tu
hai un altro figlio di cui prenderti cura, se non sbaglio. Riuscirò a cavarmela
anche senza di te!”.
“Lily, lui è anche
mio figlio” mi dice, avvicinandosi ancora di più a me, tanto da posare una sua
mano su un mio braccio, “e io lo amo. Io vi amo” mi dice, guardandomi negli
occhi e cercando di farmi capire che lui tiene a me, “io ti amo, Lily”.
“Io non più”
gli rispondo fredda e secca, togliendo la sua mano dal mio braccio e
guardandolo con i miei occhi in lacrime. La mia rabbia non mi fa nemmeno
rendere conto realmente di quello che ha detto e mi fa anche dire cose che non
avrei mai detto al mio Teddy Bear, o almeno non con questo tono. Gli passo di
fianco, avvicinandomi al mio comodino per prendere la bacchetta, ma lui mi
ferma, bloccandomi per un polso e costringendomi a voltarmi verso di lui. La
sua stretta sul mio polso mi fa ricordare quella sera, quella dannatissima e
maledettissima sera. Non potevo starmene a casa mia?, “lasciami!” gli ordino,
cercando di allentare la presa della sua mano sul mio povero arto con la mia
mano libera, senza risultato.
“Non andartene”
mi supplica, guardandomi con uno sguardo implorante che poche volte gli ho
visto fare. La sua presa sul mio polso si annulla e lui mi stringe a sé, in uno
dei suoi soliti abbracci. Lo allontano, rompendo l’abbraccio, e afferro la
bacchetta sul comodino, preparandomi a materializzarmi.
“Ho bisogno di
tempo, Ted” gli dico, con la rabbia che continua a impadronirsi di me e a
comandarmi. Vorrei davvero dirgli che ricambio quello che prova nei miei
confronti, ma non posso farlo, so di non poterlo fare. Soprattutto per il fatto
di Vic, “questa volta mi hai ferita davvero, la gravidanza di Vic è troppo. Ti
prometto che farò ragionare mio padre affinché non ti uccida e riesca a farsi
una ragione che io aspetti un bambino da te. Per il resto ho bisogno di tempo”.
“Resta con me,
Lily. Ti prego. Voglio starti vicino e vedere nostro figlio crescere in questi
mesi, voglio esserci quando verrà al mondo e anche quando sceglieremo il nome.
Voglio crescere questo bambino con te” mi dice, commuovendomi con le sue
parole. Vorrei tanto abbracciarlo, come se non fosse successo niente, ma non
posso, non ci riesco. Ho bisogno di tempo, solo di un po’ di tempo.
“Penso che
vorrai fare lo stesso anche con Vic e con il vostro bambino” gli dico,
rimanendo sullo stesso tono freddo e distaccato, nonostante le sue parole mi
stiano addolcendo, “ora devo tornare a casa e sistemare la situazione con mio
padre”.
“Lily...” cerca
di dirmi qualcosa, visibilmente dispiaciuto della mia scelta di andarmene da Grimmauld Place.
“Sicuramente ci
vedremo ai pranzi di nonna Molly, poi non so” gli rispondo, guardandolo negli
occhi, “ci penserò sopra. Te l’ho detto: ho bisogno di tempo. Solo di un po’ di
tempo” dico, prima di accennargli un saluto con la testa e di materializzarmi
in un parco.
Il parco dove i
miei genitori mi portavano quando ero piccola e che ora considero come uno
degli unici posti dove posso riflettere, prima di tornare a casa, cosa che non
sarà per niente facile. Mi siedo su una panchina con le braccia intono ai
ginocchi, raggomitolata su me stessa. Vedo qualche bambino giocare e questo mi
fa pensare a mio figlio, che non avrà un padre. Beh, questo dipende da me,
perdonare o no Ted. Dare o no a mio figlio un padre.
Sposto lo
sguardo su un’altra bambina seduta a terra con un ginocchio sbucciato e su un
altro bambino - più ragazzo che bambino - che la sta aiutando. Sorrido
involontariamente tra me e me, ricordandomi una situazione simile successa
anche a me qualche anno fa. In quel caso, ero io la bambina dai capelli rossi,
seduta a terra e con un ginocchio sbucciato, mentre Ted ricopriva perfettamente
il ruolo del ragazzo soccorritore, che ti aiuta a guarire tutte le ferite che
il mondo ti infligge ma che non riuscirà mai a sanare quella che lui ti ha
procurato al cuore. Com’era bello quando ero piccola e consideravo Ted come un
fratello maggiore - sorvolando sul fatto che cercavo sempre di allontanarlo da
Vic - com’era bello quando non portavo in grembo la dinastia dei Lupin.
Sento una
lacrima pizzicarmi una guancia, mentre sposto nuovamente lo sguardo, cercando
di non pensare a quello che è successo, naturalmente senza risultati positivi.
Devo tornare a casa, ne sono consapevole. Non posso restare a Grimmauld, decisamente non posso. Non posso continuare a
fuggire dalle situazioni difficili: devo affrontarle ed è quello che farò.
Affronterò mio padre e riuscirò a fargli capire che aspetto un bambino da Ted e
che lui lo voglia o no, questo bambino verrà al mondo comunque. E sicuramente
affronterò anche Vic, non so né quando né come, ma lo farò.
“Lily?” sento qualcuno
pronunciare il mio nome e mi volto, vedendo Roxanne
Weasley, visibilmente incinta, camminare verso di me. Devo dire che siamo
decisamente sulla stessa barca: aspettiamo un bambino. Beh, devo dire che lei
ha una cosa in più di me: suo padre che l’ha perdonata per tutto.
“Ciao, Roxy...” la saluto, sorridendole e invitandola a sedersi
accanto a me. Sicuramente sa della fuga mia e di Ted e di tutto il resto; tutta
la famiglia lo sa, “come stai?” le chiedo, vedendola sedersi e guardarmi con i
suoi occhi chiari.
“Così...” mi
risponde, indicandomi la pancia. Non so con precisione di quanti mesi sia, ma
sicuramente almeno tre più di me, “tu, invece, Lily? Papà mi ha raccontato
tutto: la gravidanza, la tua fuga con Ted...”.
“Ma sicuramente
non ti ha dato la notizia inedita che tra un paio di giorni sarà sparsa per
tutta la famiglia” le dico, facendo involontariamente sbiadire il mio sorriso,
“vuoi sapere?”.
“Preferisco
farmela raccontare da te, dato che vedo che ci stai davvero male, invece che
farmela dire da i miei” mi risponde, facendomi capire che la mia tristezza
prevale molto sul mio umore.
“Anche Vic
aspetta un bambino da Ted” dico, inespressiva e di poche parole. Vedo i suoi
occhi guardarmi con un sentimento che ai miei occhi sembra di comprensione, “ma
non fa niente. So che loro due sono sempre stati fatti l’uno per l’altra,
e ora io non intendo mettermi in mezzo alla loro relazione epica. Questo vuol
dire che riuscirò a crescere questo bambino anche da sola...”.
“Ted cosa ti ha
detto a proposito della tua intenzione di crescere il bambino da sola?”.
“Di non farlo,
che lui vuole starmi accanto e vuole aiutarmi a crescerlo. Non so realmente
cosa fare. Se perdonare Ted, se convivere con il fatto che Vic aspetti un
figlio da lui, se tornare a casa, dove papà mi ucciderà. Non so davvero come
fare” le dico, sentendomi le lacrime agli occhi un’altra volta.
“Lily... io non
so bene cosa dirti. Sai che il padre del mio bambino non vuole saperne niente
di me, né di suo figlio, ma per te non è la stessa cosa, Lily. Nonostante Ted
stia aspettando anche un bambino da Vic, lui vuole fare di tutto per starti
accanto. Lui tiene a te. Non ti sto dicendo di perdonarlo così su due piedi, ma
dovresti pensarci sopra”.
“Non so se
posso farlo, Roxy... il fatto di Vic mi ha fatto
davvero male” le dico, lasciando che le lacrime caschino sul mio volto.
“Si che puoi
farlo, Lil. Puoi perdonarlo. Lui vuole starti
accanto, questa è la fortuna che io non avrò. Quando il mio bambino nascerà, io
non avrò nessuno ad aspettarmi, mentre per te è diverso. Tu hai Ted, Lil. Il tuo Teddy. Lui ci sarà sempre per te” mi risponde,
guardandomi negli occhi e facendomi stupire del fatto che lei abbia solo
quindici anni, che sia così matura e che saprebbe cosa fare se si trovasse
nella mia situazione con Ted, “non dubito che avrai bisogno di tempo, ma
pensaci sopra. Tu avrai qualcuno che ti starà accanto, nonostante dovrà stare
accanto anche a Vic...”.
“Perché non ne
ha voluto sapere niente di te?” le chiedo, quasi come un sussurro e riflettendo
molto su quello che ha detto. Sicuramente ha ragione, non ne dubito.
“Perché lui è
uno di quei ragazzi non seri e non pronti ad assumersi le proprie
responsabilità, a differenza di Ted che prova ad essere responsabile in tutte
le occasioni, nonostante a volte non ne sia capace...” mi risponde, guardandomi
con sguardo triste. In questo momento, non riesco a vedere Ted come persona
responsabile e matura, è più forte di me. Dopo tutto quello che è successo, Ted
Lupin e maturità mi sembrano due parole opposte.
“Com’è
successo?” continuo ad assillarla di domande, cercando di capire come sia
successo tutto.
“Beh, la causa
di tutto è stata rabbia e troppo alcol” mi risponde, “tutto è successo alla
festa di compleanno di mio fratello Fred di questo anno, te la ricordi?” mi
chiede, vedendomi annuire, “beh, il giorno prima, il mio ragazzo, con il quale
stavo da due anni, mi aveva lasciata per una di Serpeverde.
Tutta la rabbia e il dolore che provavo nei suoi confronti sono stati la causa
del troppo alcol e della mia sbronza alla festa, mentre la presenza di un
ragazzo di Corvonero, amico di mio fratello, mi ha
condannata a questo” mi racconta, non troppo dettagliatamente, indicando la
pancia. Vedo aprirsi sul suo volto un sorriso triste, “tu, invece?”.
“Mi sono
trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato” le dico, iniziando a
raccontarle di quella maledetta sera, dove sarebbe stato meglio se me ne fossi
stata a casa mia, “... ed ora mi ritrovo in questa situazione” termino il mio
racconto, portandomi una ciocca di capelli rossi dietro ad un orecchio. Ogni
volta che penso a quella sera mi viene la pelle d’oca. Precisamente pensare al
fatto che sono ceduta ad un Ted totalmente ubriaco, senza preoccuparmi di
prendere precauzioni o di cercare di fermarmi. L’ho voluto, ho voluto che
accadesse. Stupida cotta adolescenziale!
“Sai se è
maschio o femmina?” mi chiede, facendomi tornare alla mente la stessa domanda
pronunciata dalle labbra di Ted, “il mio è un maschio” parlando con Roxy, il fatto di aspettare un bambino a questa età è come
se fosse un fatto normale, come se non fosse niente di particolare. E devo
ammettere che parlare con una persona che si trova nella mia stessa situazione,
mi fa sentire meno ‘strana’. Mi fa stare decisamente bene.
“No, voglio che
sia una sorpresa” le rispondo, portandomi una mano alla pancia.
“Forse un
giorno vedremo i nostri figli giocare insieme per questo parco, dove abbiamo
giocato anche noi da piccole” mi dice, spostando lo sguardo da me ai bambini
che giocano. Vedere la bambina, nella quale mi ero immedesimata, abbracciata a
quel ragazzo mi fa inesorabilmente pensare a Ted, tanto che una lacrima cade
sul mio volto. Sono svelta ad eliminarla, prima di rispondere a mia cugina.
“Sono
assolutamente certa che succederà” le rispondo, sorridendole e guardandola,
“poi forse andremo a salutarli insieme sul binario 9 e ¾, al loro primo anno ad
Hogwarts”.
“E forse
finiranno anche nella stessa casa” mi dice, continuando a fantasticare sugli
eventi che potranno succedere tra qualche anno. La cosa che spero realmente che
accada è di non essere sola, quando vedrò mio figlio - o figlia - allontanarsi
con il treno che la porterà ad Hogwarts per il suo primo anno, ma di avere suo
padre accanto a me, che mi abbraccia e che mi ripete di non essere il padre del
bambino di Vic. Cosa che vorrei disperatamente...