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Autore: annetta chan    10/08/2010    4 recensioni
Questa fanfiction è basata interamente sul profondo amore di Goku e Chichi, il quale dovrà superare una durissima prova: la perdita di un figlio.
Il profondo e straziante dolore si impossesserà di Chichi, che allontanerà il marito da sè e si chiuderà nella sua sofferenza, isolandosi da tutto e da tutti. E' proprio in queste situazioni che il vero amore si farà valere e supererà ogni stacolo. Goku dovrà affrontare un nuovo nemico, diverso dai precedenti: il dolore. Ce la farà a sconfiggerlo? Riuscirà a portare nuovamente la pace nel cuore della moglie? Sicuramente questa si rivelerà la sfida più impegnativa che egli abbia mai intrapreso.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Chichi, Gohan, Goku, Goten
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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BEYOND THE PAIN

SESTO CAPITOLO: "DEFEATED"


La pioggia cadeva fitta e violenta quella sera di giugno.
I turisti venuti dalle lontane abitazioni per far visita alla modernissima e bellissima città dell'Ovest, correvano ridendo, e alcuni brontolando, al riparo dall'acqua che cadeva rumorosamente sull'asfalto e sui tetti con forza inaudita.
L'acquazzone sembrava aumentare minuto dopo minuto e a distanza di poco tempo, ecco il rombare tonante di un tuono nel cielo nero seguito da innumerevoli diramazioni color argento e oro che illuminavano quella serata tetra.
Alcuni passanti cominciarono ad indicare una scia dorata presentatasi in cielo.
Al primo impatto poteva sembrava una stella cadente, ma di solito gli astri giunti alla fine della loro esistenza non volavano così vicini alla terra, in linea orizzontale e in una notte come quella...
Una donna strillò di spavento sforzandosi di urlare a più non posso per sovrastare i rumori di quella tormenta, ma ben pochi riuscirono a sentirla.
“Oh, Kami è un uomo! C'è un uomo che sta volando!” aveva esclamato.
Ebbene non si sbagliava
C'era un uomo, un Saiyan che in quel momento stava affrontando con innato coraggio la forza incontrollabile della natura e dei suoi effetti.

Goku volava veloce.
Trasformato in Super Saiyan la sua velocità era aumentata di parecchio e sperava con tutto se stesso di poter arrivare in tempo.
Sentiva il corpo scosso da fremiti, brividi freddi che gli correvano impazziti su e giù lungo la spina dorsale, il vento violento tagliargli la pelle come tante piccole schegge, l'acqua gelata penetrargli con facilità all'interno della sua aura dorata e bagnarlo dalla testa ai piedi.
Ma tutto questo a lui non importava.
Continuava ad osservare la creatura quasi inanimata che teneva stretta tra le braccia.
La sua Chichi.
Non poteva nemmeno permettersi di pensare di non poterci riuscire. Lui doveva arrivare in tempo, doveva portarla all'ospedale e farla visitare... doveva aiutarla!
Ogni due minuti abbassava lo sguardo, intento a osservare con insolita paura il chiarore quasi spettrale che emanava la pelle di lei, già chiara di natura.
Non andava bene, così... era troppo, troppo bianca! Troppo fredda, dannazione!
Continuava a chiamarla per nome, ma lei non rispondeva; soltanto i suoi mugugni confusi e sofferenti lo incoraggiavano ad andare avanti e a non tirarsi indietro, a spingere ai limiti più invaricabili la sua velocità già di per sé fuori dal comune.
Ma non era abbastanza.
Sentiva i battiti del suo cuore rallentare lentamente, i mugugni farsi sempre più radi, il suo respiro diminuire col tempo.
Si sentiva le mani fradice, ma non per la pioggia, bensì di un liquido caldo, denso color cremisi.
Una forte nausea lo colpì in pieno stomaco.
Il sangue non gli aveva mai fatto quell'effetto; si poteva dire che vivesse nel sangue! Ci sguazzava quasi tutti i giorni e mai, mai era successo che il suo odore dolciastro gli causasse una simile reazione.
Cercò di non pensarci, sebbene la chiazza color porpora continuasse ad espandersi lentamente come una macchia d'olio sui suoi vestiti.
Dannazione, perde troppo sangue!
“Lasciami morire... lasciatemi morire...” mugugnava con voce impastata dal dolore, “lasciatemi andare dalla mia bambina...”
Goku spalancò gli occhi terrorizzato, mentre percepiva un ennesima gocciolina attraversargli la pelle e scorrergli lungo la mano.
Peccato che quest'ultima, al contrario di tutte le altre, fosse stranamente... calda.
Chichi stava piangendo.
Il Saiyan la strinse con più vigore al suo petto, cercando di cullarla, mentre lei cacciava un ennesimo urlo straziante.
Non ce la faceva più. Dove diavolo era finito quell'ospedale? Non gli sembrava tanto distante dalla casa di Bulma, dannazione!
E poi, eccolo lì: un edificio moderno e di aspetto triste si ergeva davanti ai suoi occhi e, finalmente, ricominciò a sperare.

***

Correva lungo il corridoio immenso e puzzolente di medicinali, tenendo con presa ferma la sponda del lettino a rotelle su cui era stata posata Chichi.
I dottori continuavano ad infilarle siringhe su siringhe di medicinali, e lui si sforzò di non farsi prendere dal panico, anche se il terrore stava lentamente prendendo il sopravvento sul suo controllo, solitamente impeccabile.
Voltò un attimo la testa indietro e vide la sagoma di Vegeta seguirli con passo normale, senza staccargli un attimo gli occhi di dosso.
Stranamente trovò la forza di sorridergli, ringraziandolo mentalmente del suo appoggio.
Si voltò di nuovo quando percepì un altro urlo di dolore provenire dalla bocca di lei. Le strinse la mano libera, sforzandosi di guardarla in viso: una smorfia di dolore si era impossessata dei suoi tratti angelici, deformandone l'aspetto.
I capelli corvini erano sparsi sul cuscino in disordine, alcune ciocche intacconate del suo stesso sangue sporcavano il lenzuolo immacolato che, in quel momento, sembrava putrido in confronto al colorito della pelle di lei.

Svoltarono a destra e a quel punto un paio di mani delicate e piccole lo fermarono davanti ad una porta.
Confuso e disorientato alzò lo sguardo, costretto a distaccarlo dalla visione dolorosa di sua moglie in quello stato malconcio. Davanti a sé trovò un'infermiera giovane e minuta che riusciva stranamente a trattenerlo con facilità.
“Mi lasci andare, che cosa sta facendo?! Devo entrare!” cercò di imporsi il Saiyan, ma non si accorse che il tono della sua voce era tutt'altro che autoritario, anzi... era poco più di un sussurro.
“Mi dispiace, signore. Lei non può entrare adesso. Abbiamo portato sua moglie in sala operatoria e lei non può seguirci. La prego di aspettare pazientemente in sala d'attesa. Noi faremo il possibile per-” la signorina non riuscì a concludere il discorso imparato a memoria, insegnatole dai propri superiori, perchè Goku, irritato da quel tono freddo e distaccato, ma soprattutto da quelle parole prive di buon senso - almeno secondo lui, in quel momento - le afferrò i polsi con forza eccessiva cercando di spostarsela da davanti, mentre lei gemeva di dolore e strillava altri rimproveri e discorsi imparati a pappagallo.
“Si controlli signore, o sarò costretta a chiamare le autorità!”gridò stizzita l'infermiera, sbarrandogli la strada con ostinazione.
Goku non riuscì a controllarsi.
“Se ne vada e mi lasci passare! Io non posso attendere qui quando c'è lei lì dentro, sola che sta soffrendo! Non posso aspettare pazientemente, lo capisce o no?” gridò, riacquistando la voce animata dalla collera, mentre stava per scaraventare la ragazza contro il muro.
Non fece in tempo dato che qualcosa, o meglio qualcuno gli afferrò le braccia e lo spinse contro il muro di fronte alla sala operatoria.
Riconobbe subito quella stretta: Vegeta.
“Vegeta, che diavolo stai facendo?! Mollami subito o sarò costretto a-” il saiyan più giovane non riuscì a finire la frase perchè un pugno forte e deciso lo colpì in pieno viso, facendogli sbattere violentemente la testa contro il muro, che si crepò.
Goku gemette di dolore e a quel punto Vegeta si voltò verso l'infermiera rimasta impalata ad osservare la scena, la bocca spalancata e l'espressione terrorizzata.
“E tu che ci stai a fare qui, ancora, stupida terrestre! Vai dentro e renditi utile, altrimenti lo lascio libero e poi dovrai vedertela da sola!” sbottò il Principe, fulminando la poveretta con uno sguardo inceneritore.
La ragazza annuì tremante ed entrò nella stanza, i capelli dritti dallo spavento.

Goku riuscì a togliersi le mani dal viso, scoprendo il naso sanguinante e uno sguardo assassino. Aveva la vista leggermente sfocata, indebolita dalle fitte di dolore alla nuca che gli causavano un insopportabile mal di testa. Tuttavia quella inutile sofferenza fisica non costituiva affatto un ostacolo per l'intrepido guerriero che, accecato dalla rabbia e dalla disperazione, cercava vendetta su una persona che di per sé non c'entrava nulla.
Vegeta non si lasciò intimorire e contraccambiò lo sguardo con la stessa intensità.
Goku stava per attaccarlo, i capelli biondi e bagnati si drizzarono ancora di più: un aura gigantesca e dorata illuminò di una luce irradiante tutto il corridoio.
Alcune infermiere provenienti da altre camere si precipitarono ad osservare la scena sconcertante, e alcune non riuscirono a trattenere strilli acuti di paura.
Vegeta continuò ad ignorare quegli urletti irritanti e non aumentò nemmeno l'aura per combattere contro l'amico-nemico.
Goku respirava con affanno, gli occhi verde mare incupiti da quello sguardo intriso di odio puro, i denti che digrignavano quasi avesse assunto un aspetto animalesco.
Vegeta continuò a non scomporsi e si lasciò afferrare dal Saiyan per il colletto della maglia, osservando compiaciuto l'atteggiamento fuori dal normale di Goku.
Quante volte aveva sperato di vedere quell'esatta espressione sul viso dell'altro?
“Kakaroth, smettila con questa messinscena e datti una calmata.” disse, accennando un ghigno malefico sul viso spigoloso.
Goku grugnì, preparandosi a caricare tutte le sue forze in attacco letale, ma venne preceduto da Vegeta che gli assestò un pugno in pieno stomaco.
Il ragazzo gemette e si piegò su sé stesso, sciogliendo la presa dai vestiti dell'amico per cingersi lo stomaco con entrambe le braccia.
Le infermiere gridarono e Vegeta le zittì bruscamente.

Trascinò Goku per la tuta fino alla finestra, poi - dopo averla aperta - uscirono di fuori in mezzo alla tormenta che non accennava a calmarsi.
Vegeta trasportò l'amico incollerito su uno spiazzo deserto vicino all'ospedale, una specie di canyon circondato dalla zona civilizzata.
Lo lasciò cadere privo di forze sul terreno, e Goku non fece nulla per evitare di sbattere violentemente il proprio corpo contro la roccia dura e bagnata.
Vegeta sbuffò e lo girò con un piede, poi incrociò le braccia al petto e, per la prima volta in tutta la sua vita, lo osservò dall'alto al basso, con disprezzo.
I capelli del Saiyan più giovane tornarono del solito colore nero e gli occhi della stessa tonalità.
Era debole... debole e indifeso. Quella sarebbe stata l'occasione giusta per estinguere definitivamente quella sua inutile esistenza. Ma il Principe dei Saiyan, ormai, non vedeva più in lui il grande nemico di un tempo.
No... non più. Ora c'era un altro sentimento che li legava, del tutto differente dall'odio e dalla sete di potere.
Si sforzò di alzarsi facendo leva con le braccia sul terreno scivoloso, ma gli arti cedettero.
Vegeta sogghignò.
“Kakaroth, sei patetico.” disse, continuando ad osservarlo.
Tuttavia, pensò questi compiaciuto, vederlo prostrato ai suoi piedi - come l'infimo suddito che altro non era - dava comunque un'indicibile soddisfazione.
Goku tentò di tirarsi su; le braccia tremanti per lo sforzo, le dita quasi conficcate nel terreno, l'espressione contratta dalla fatica.
“Lasciami in pace, Vegeta. Devo andare da Chichi...” sussurrò il ragazzo, la voce ancora roca e segnata dal recente dolore, ancora non del tutto scomparso.
Il sangue continuava a gocciolargli dal naso, sporcando la terra sotto di lui.
“Tu non vai da nessuna parte, conciato come sei.” gli rispose il Principe, abbandonando definitivamente il ghigno per osservarlo con durezza.
“Tu non capisci!" protestò Goku, animato nuovamente dalla rabbia. "Lei ha bisogno di me!”
Cercò di rialzarsi in piedi, di scatto, ma il movimento fu talmente frettoloso da fargli quasi perdere l'equilibrio. Inciampò nei suoi stessi piedi, riuscendo però a non cadere.
“No, invece! Se continui a comportarti da perfetto idiota come hai fatto fino ad ora, non le sarai per niente d'aiuto!” gli urlò contro Vegeta, indurendo sempre più lo sguardo. “Nessuno vuole tra i piedi un pazzo scimmione incollerito, tanto meno la tua donna! Non vedi che non riesci nemmeno a controllarti!” continuò con lo stesso tono autoritario.
Alzò un sopracciglio, guardandolo con un'espressione decisamente disgustata quando Goku tentò di fare qualche passo, rischiando di stramazzare di nuovo a terra.
"... e a stare in piedi." aggiunse, scuotendo la testa con esasperazione.
Goku tacque e, dopo una manciata di secondi, sospirò.
Alzò lo sguardo verso quello di Vegeta e fu in quel momento che il Principe dei Saiyan si accorse di quanta sofferenza e impotenza traboccassero da quegli occhioni sempre allegri.
Non lo aveva mai visto così ridotto male. Diavolo, era davvero a pezzi!
E quel cambiamento subitaneo dell'espressione? Come c'era riuscito? Sembrava si fosse deciso a tornare ragionevole, quando un attimo prima impazziva di collera.
“Mi dispiace.” sussurrò, la voce così intrisa di dolore che Vegeta per un attimo si chiese se quell'uomo, lì di fronte a lui, fosse lo stesso che aveva conosciuto tanti anni fa.
La risposta fu negativa.
“Non so che mi è preso, lo giuro.” continuò, la voce straziante, peggio di un lamento di morte e Vegeta, malgrado le numerosissime volte che si era augurato di poterlo vedere così sofferente e indifeso, ora non riusciva a sopportare tanta malinconia.
“Adesso piantala di fare il rammollito. Non ti servirà a nulla. E' così che speri di aiutare la tua donna?" sbuffò. "Bé, mi dispiace per te amico, ma sei proprio fuori strada...” disse, abbandonando la posa rigida assunta in precedenza.
Si sentiva anche un po' ridicolo. Quelli non erano i discorsi che era solito fare. Non era abituato a consolare la gente.
Tsk, si era proprio rammollito. Altro che Kakaroth...
Goku sorrise, un sorriso malinconico che colpì nuovamente il Principe.
Odiava doverlo fare, ma se era per il suo bene... Se non si fosse più ripreso, poi chi avrebbe combattuto con lui durante le noiosissime giornate che lo aspettavano in futuro su quel patetico, noioso, esasperante pianeta?
Sorrise a quel pensiero, poi si avvicinò a Goku.
“Forza, muoviti," gli prese un braccio e se lo portò dietro al collo. "ti riporto dalla tua donna e poi aspetterò con te fino a che non arriveranno gli altri.” disse, alzandosi in volo senza troppe fatiche.
Goku prese una grossa boccata d'aria, poi sospirò.
 “Grazie, Vegeta...”
L'altro sbuffò.
“Non mi fraintendere Kakaroth. Voglio solo che questa storia finisca," ghignò: gli occhi scintillanti di malizia. "così potrò menarti di nuovo e vederti soffrire.” ridacchiò, sadico e compiaciuto. “Non immagini che gusto ho provato quando ti ho visto a terra sconfitto.”
Goku sorrise senza aggiungere nulla. Poteva lasciarlo illudere per quella volta, dato l'aiuto che gli stava offrendo di sua volontà.
“Sì, sì. Bravo. Risparmia il fiato per le smancerie che dirai a tua moglie più tardi.” disse sempre ghignando il Principe.
Goku questa volta rise, di quella risata musicale e spontanea che ammaliava sempre tutti. Poi tacque fino all'arrivo in ospedale, lasciandosi condurre nella sala d'aspetto dove cadde mollemente su una delle tante sedie.
Vegeta incominciò a trafficare con le tasche dei pantaloni e lanciò a Goku un fagiolo di Balzar.
"Bada a riprenderti, perchè quello era l'ultimo rimasto." disse scorbutico.
Goku annuì e ingoiò il legume, subito si tastò il naso e con sollievo capì che fosse tornato come prima.
Vegeta si appoggiò con le spalle al muro e fulminò con lo sguardo le infermiere di poco prima, che avevano osato sbuffare all'arrivo dei due Saiyan solo perchè erano entrati dalla finestra, portandosi dietro tutta l'acqua piovana.
Bah, sciocche bisbetiche... pensò contrariato, chiudendo gli occhi.

Goku osservava spazientito e impotente il bollino rosso acceso sopra la porta della sala operatoria.
Chiuse gli occhi pensando a Chichi, e sospirò.
Percepiva ancora la sua forza spirituale, anche se molto debole.
Almeno era ancora viva...
In quella stanza sua moglie stava lottando per la vita e lui non era lì con lei a tenerle la mano, a farle forza.
Che ingiustizia!
Ripensò alle parole che poco prima Chichi aveva mugugnato: “Lasciami morire... lasciatemi morire... lasciatemi andare dalla mia bambina...”
Rabbrividì al solo pensiero.
No, Chichi non era una donna che rinunciava alla vita così facilmente. Chichi era sempre stata forte, Chichi lottava... non poteva abbandonarli così...
Chichi non puoi abbandonarmi...
Sentì il fastidioso nodo alla gola stringersi ancora più forte e, come se improvvisamente la testa fosse diventata insopportabilmente più pesante, si cinse il capo con le mani, le dita affondate tra i capelli, i polpastrelli premuti forte contro la nuca.
Non era mai stato tanto disperato, non si era mai lasciato prendere così dallo sconforto. Ma che gli succedeva? Perché non riusciva a trovare una via d'uscita da quell'odioso pessimismo? Perché, infondo dentro di sé, sentiva che quella volta il pericolo che lo aspettava sarebbe stato troppo al di sopra delle sue capacità?
Immagini appartenenti ad un passato ormai lontano gli offuscarono la mente: ricordi felici di un tempo che, in quel momento, non lasciavano altro che un sapore troppo amaro in bocca.
I ricordi lo sopraffarono.

Stava facendo avanti e indietro per la cucina, passando da una parte all'altra della stanza in base a ciò di cui aveva bisogno.
Si muoveva a velocità della luce, spinto dal terrore che Chichi potesse cambiare idea per l'ennesima volta.
Sul tavolo giacevano due contenitori scoperchiati di gelato, ormai in via di scioglimento a causa del caldo insopportabile di quel pomeriggio di maggio.
Goku aveva preso una ciotola dallo scompartimento ed era indaffarato a riempirla di panna e cioccolato quando la voce alterata della moglie gli giunse alle orecchie.
Si raggelò sul posto, poi chiuse gli occhi e cominciò a pregare mentalmente che il motivo per cui fosse stato chiamato non fosse quello che temeva.
'No, ti prego... non un'altra volta', aveva pensato, al colmo dell'esasperazione.
Con passo lento e strascicato giunse all'imbocco delle scale, punto da cui era provenuta la voce della donna.
Di fatti eccola lì, nella sua luce splendida e in quella forma tenera che aveva imparato ad amare da sette mesi orsono. Si teneva le mani sulla pancia prosperosa, evidentemente affaticata, gli occhi stanchi e la fronte imperlata di sudore.
Ma che aveva combinato in sua assenza?
“Cosa c'è, cara? Hai cambiato idea? Non vuoi più il gelato con la panna e il cioccolato?” le aveva chiesto, affacciandosi alle scale.
Chichi fece cenno di no con la testa e indicò la stanzetta dietro di sé: quella destinata alla loro prossima creatura.
Ecco che si spiegava il motivo del suo spossamento: come al solito aveva deciso di fare di testa sua, ignorando tutte le raccomandazioni che sia lui che il dottore le avevano scrupolosamente fatte; ossia di non cimentarsi in lavori troppo faticosi per il suo stato.
Parole al vento.
La guardò incerto, non capendo esattamente che cosa volesse da lui.
Chichi sospirò, esasperata.
“Ti avevo detto di mettere a posto il lettino! Quando ti deciderai a montarlo? Vuoi aspettare che nasca?” chiese lei accigliata, posando le braccia sui fianchi e guardandolo con severità.
Goku la fissò dispiaciuto.
“Scusami Chi... Mi sono dimenticato, adesso vengo subito.”
Sparì per un attimo dalla sua vista, andando a recuperare la ciotola di gelato amorevolmente preparatele e, senza nemmeno che lei se ne rendesse conto, le si teletrasportò di fianco con la coppetta di gelato tra le mani.
Lei si aprì in un sorrisone quasi troppo grande per il suo visetto delicato, gli occhi neri scintillanti di entusiasmo.
Goku sorrise, divertito e allo stesso tempo intenerito. Sua moglie sapeva essere molto buffa, certe volte.
Chichi, in preda ad un'ondata di gratitudine e tenerezza, cercò di saltargli al collo, ma la pancia rimbalzò contro il suo corpo statuario e rischiò pure di perdere l'equilibrio e cadere dalle scale.
Non fece in tempo a gridare che subito le circondò la vita con entrambe le braccia, rimettendola in piedi con lentezza e attenzione.
Le sorrise e si chinò per baciarle la fronte, mentre lei arrossiva per l'imbarazzo.
“Stai più attenta, tesoro. Non potrò essere il tuo angelo custode per sempre.” disse scherzando, allungandole la coppetta che ancora stringeva tra le mani.
“Ah, no?” chiese dolce, tentando di sporgere il labbro inferiore senza ridere, ma evidentemente l'ilarità era difficile da controllare.
Cominciò a ridere a più non posso, contagiando pure lui che - scuotendo la testa, esasperato - si voltò, dirigendosi nella cameretta.
Si inginocchiò sul parquet e incominciò a sfilare le assi di legno dal cellofan, per poi incastrarle una ad una servendosi anche di martello e chiodi.
Chichi trangugiava allegramente il suo gelato mentre osservava il marito immerso nel suo lavoro.Lasciò vagare gli occhi intorno alla stanza, poi sorrise.
“Tesoro, hai visto come sta venendo bene la cameretta per la nostra piccola?”
Goku annuì e si guardò intorno.
La stanzetta era piccola, ma confortevole. Le pareti erano rivestite di carta da parati di colore rosa chiaro, i mobiletti in legno erano già stati posizionati e riempiti dei diversi vestitini, regalati dai gentili parenti ed amici. Una finestrella piccola di legno offriva una vista meravigliosa: i monti Paoz che risplendevano di un colore rosato, data l'ora tarda del pomeriggio e l'approcciarsi del tramonto.
Le pile di scatole erano quasi tutte aperte, rivelando giocattoli vecchi e nuovi che avrebbero fatto invidia a qualunque bambino del mondo.
Goku si grattò la testa, dubbioso.
“Tesoro, non credi che sia un po' presto per pensare già a tutte queste cose? Infondo mancano ancora due mesi buoni...”
Chichi appoggiò la coppetta di gelato vuota su un mobiletto vicino e si pulì la bocca sbaffata con una salvietta.
“Non mi pare proprio, Goku. E comunque quando avresti voluto incominciare? Una o due settimane dopo il parto?” chiese lei sarcastica, avvicinandosi al marito di nuovo indaffarato con gli attrezzi.
“Non dico questo, però... - si fermò a pensare, salvo voltarsi verso di lei.- insomma, mi pare che stiamo correndo molto.”
Chichi non gli badò e cercò con tentativi buffi e goffi di sedersi di fianco a lui..
Goku ridacchiò.
“Non dovresti stare qui. Potresti farti male.” l'avvertì, alzandosi per aiutarla a sedersi, per poi cominciare a collegare le quattro sponde del lettino tutte assieme.
Chichi sbuffò.
“Mi sento così inutile!" protestò. "non posso fare più niente.”
Goku le si avvicinò e le scompigliò i capelli sciolti.
“E' meglio così. Devi pensare per due, ora."
Le sorrise dolce, e lei rimase incantata a guardarlo per qualche secondo, completamente imbambolata.
Quando le sorrideva in quel modo, lei... partiva di testa. Del tutto.
Goku gettò la testa indietro e rise di gusto, poi si accucciò di fianco a lei, passandole un braccio intorno alle spalle.
“Che te ne pare?” chiese, riferendosi ovviamente al lavoro completato.
“Uhm... non male.” disse, ancora incapace di rispondergli im modo più elaborato. Finse di scrutare il lettino con aria attenta perché Goku la guardava incredulo, in realtà sfruttò quella manciata di secondi per riprendersi del tutto. “Direi che hai fatto un ottimo lavoro!” concluse sorridendogli, come per sembrare più convincente.
Lui sorrise; più per assecondarla che per qualche altro motivo. Tanto aveva capito che non diceva sul serio.
"Va bè." borbottò, guardandola in tralice.
Lei alzò un sopracciglio, senza capire, però non disse nulla.
"Piuttosto tesoro, spiegami una cosa...”
Le accarezzò i capelli sapendo quanto adorasse ricevere coccole - soprattutto in quel periodo - e Chichi abbandonò immediatamente l'espressione combattiva per fargli gli occhi dolci.
Goku continuò. “Con i ragazzi non ricordo di aver addobbato così elegantemente le camerette. Come mai questa volta hai deciso di impegnarti tanto? Non pensi che Goten se la possa prendere?” le chiese curioso, carezzandole la schiena.
“A Goten non dispiace affatto. Anzi, non sembra per niente geloso..." spiegò lei, guardandolo quasi offesa. Poi l'espressione si indurì del tutto. "in più devo ricordarti che tra poco nascerà una principessina. Voglio che la mia piccola abbia il meglio."
Chiuse gli occhi e il suo viso cambiò nuovamente espressione. Le sopracciglia erano corrugate come se stesse pensando a qualcosa di incredibilmente intenso, forse triste.
"Non sai quanto abbia desiderato questa bambina, Goku. Ora che finalmente è arrivata, voglio dare libero sfogo alla mia fantasia... lei significa davvero tanto per me...” disse con tono più addolcito, carezzando amorevolmente il pancione prosperoso.
Goku la osservò, attento. Sembrava quasi caduta in trance, come se la vedesse davvero: la loro piccola creatura all'intermo della pancia.
“Capisco.” disse lui, continuando a guardarla di sottecchi. “Sapevo che ti eri stufata di questo branco di scimmioni maleducati...” continuò sorridendo, tanto per destarla dalla sua visione immaginaria.
Lei sorrise.
“Comunque penso anche io che una figlia possa farti bene. Almeno erediterà un po' delle tue buone maniere, visto che ti lamenti tanto delle nostre.” riprese il Saiyan giocando con una ciocca dei suoi capelli.
Lei rise, guardandolo con un briciolo di malizia neli occhi.
“Speriamo... Almeno uno.” sussurrò ridendo, aggrappandosi al tessuto della sua maglia per farlo chinare su di sé.

Si risvegliò da quella specie di sogno ad occhi aperti e sentì il magone crescere ancora di più.
Chichi non meritava tanta sofferenza.

I suoi pensieri vennero disturbati da un improvviso vociare che poco prima non c'era: la sala si era fatta più chiassosa. Alzò la testa per capire cosa stesse succedendo.
Vide Bulma correre verso di lui e, con poco entusiasmo, si alzò mentre lei si tuffava tra le sue braccia.
“Oh, Goku... mi dispiace così tanto. Io...” spalancò gli occhi, terrorizzata, salvo indicargli il viso con un dito. "Goku, ma che hai fatto in viso? Sei ferito?"
Il ragazzo la guardò un attimo spaesato, poi si ricordò dello spiacevole incidente con Vegeta e collegò.
"Non è niente, tranquilla. Sono solo sporco."
Bulma gli sorrise; l'espressione sciolta dalla tenerezza che quell'uomo le provocava ogni volta che lo vedeva.
"Aspetta un attimo." sussurrò, cominciando a frugare nella sua borsetta in pelle. Dopo qualche istante estrasse un paio di salviette profumate. "Ecco. Lascia che ti pulisca."
Con dolcezza passò il fazzoletto umido sul suo volto, rinfrescandolo.
"Fatto." disse sorridendogli, per poi abbracciarlo di nuovo con forza. "Goku... ero così in pena."
Goku la staccò da sé e incrociò i suoi occhi azzurri, resi lucidi da un pianto imminente. Stava per risponderle, ma sentì la voce inconfondibile di Gohan chiamarlo da lontano.
Si voltò verso di lui, immobilizzandosi quando vide suo figlio maggiore avanzare svelto, tra le braccia cingeva il piccolo Goten, singhiozzante.
“Non riesco a calmarlo, papà. E'...” Gohan si fece mortalmente pallido, perdendo per un attimo la parola. “...è traumatizzato.” concluse sofferente, staccandolo da sé per allungarlo al padre.
Goku strinse tra le braccia il figlioletto minore, singhiozzante e nel pieno di una crisi traumatica.
Povero piccolo... aveva visto sua madre svenuta, immersa in una pozza di sangue, mortalmente pallida e il padre urlare il suo nome, preso dalla disperazione. Come poteva reagire in modo diverso? Soprattutto se considerato il profondo attacamento tra lui e la madre, da sempre considerati inseparabili?
Gli accarezzò la testa e lo cullò, tentando di calmarlo il più possibile.
“Shh, piccolino... non piangere. Mamma si riprenderà. Lo sai quanto è forte, non ci abbandonerebbe mai." sussurrò, forse più al Goku piangente dentro di sé che a figlioletto tra le braccia. "Ora calmati, okay?”
Continuò ad accarezzarlo, passivamente, quasi con gesti automatici. Poi sentì le sue manine stringergli con forza il tessuto della tuta, mentre i singhiozzi cominciavano a rallentare.
Si sedette sulla stessa sedia di prima, continuando a cullarlo.
Si stava calmando.
“Così, bravo il mio campione...” lo confortò, accarezzandogli la testolina.
Lo sentì tirare su col naso e sospirare più volte per far tornare il respiro normale. Si accovacciò tra le sue braccia e chiuse gli occhi senza mollare la presa.
“Papà?” sussurrò con la voce spezzata dal pianto.
“Dimmi...”
“Non lasciarmi... non andartene più.” lo implorò, mentre una nuova ondata di lacrime bagnò il tessuto ancora fradicio della tuta di Goku.
“No, te lo prometto... non me ne andrò.” sussurrò per risposta, mentre Goten si calmava ancora una volta. “Cerca di dormire adesso, okay? Hai bisogno di riposare, altrimenti cosa dirà tua madre quando ti vedrà in questo stato?” gli bisbigliò all'orecchio e il piccoletto annuì; il sospiro spezzato dagli ultimi singhiozzi.
Goku continuò a dondolarlo, fino a quando sentì il respiro regolare del figlioletto scaldargli il collo scoperto.
Bulma gli si avvicinò allungando le braccia per prenderlo in braccio con una coperta, già pronta ad avvolgerlo, ma lui scosse la testa e continuò a tenerlo tra le braccia, cullandolo.
Aveva paura che, lasciandolo, si sarebbe risvegliato e non voleva rincontrare quegli occhioni spenti e segnati dal dolore.
Bulma osservò Goku con crescente preoccupazione; non riusciva nemmeno a fissarlo negli occhi per paura d'intravedere di nuovo quello sguardo affranto e... sconfitto che velava la sua espressione solitamente allegra e spensierata.
Sentì una mano invisibile intrappolarle il cuore e stringerlo in una morsa di acuto dolore, provocandole l'ascesa delle lacrime.
Si voltò e, mordendosi le labbra per evitare di piangere, si diresse nella direzione opposta vergognandosi dell'inutilità che sentiva aumentare nel suo profondo, salvo gettarsi tra le braccia di Vegeta.


Trascorsero tre lunghissime, interminabili ore.
Goku era divorato dall'ansia, e staccava gli occhi dal pallino rosso sopra la sala operatoria solo per controllare il figlioletto addormentato tra le braccia e assicurarsi che stesse ancora dormendo.
L'orologio posto nella sala d'aspetto indicava le tre del mattino in punto.
Gohan era ancora lì, seduto su una delle tante sedie scomode della sala. La testa appoggiata stancamente al muro e gli occhi chiusi.
Non c'era bisogno di guardarlo negli occhi per capire quanto dolore trasparisse da ogni singolo centimetro del suo corpo; quella sofferenza taciuta, controllata era lampante. Goku riusciva a scorgere perfettamente il dolore che dilaniava l'anima di suo figlio, quel ragazzo che era già diventato uomo cinque anni prima, quel giovane uomo che doveva per l'ennesima volta sopportare il fardello della sofferenza, doveva caricarsi del dolore altrui e sopportare...
Ma adesso basta.
Lui era tornato, era compito suo soffrire! Era compito suo prendersi cura dei suoi figli, della sua famiglia! Nessuno doveva più preoccuparsi di proteggere e tirare avanti la sua famiglia!
Strinse i pugni in una morsa ferrea e si morse il labbro con ferocia. I suoi figli non dovevano più soffrire... mai più.
Come se i pensieri del padre lo avessero colpito e risvegliato da quell'esame interiore in cui si era rifugiato, Gohan aprì gli occhi e volse lo sguardo in direzione del genitore.
A fatica riuscì a sostenere la fiammata di emozioni che trapelavano da quegl'occhi scuri e, come se fosse stato chiamato, si alzò dalla seggiola scricchiolante e con passi lenti raggiunse il padre.
Con un lieve movimento delle braccia Goku gli porse il figlioletto ancora accovacciato al petto, sciogliendo il più delicatamente possibile la presa della sue ditine dalla maglia, ancora umida.
Gohan senza proferire parola accolse il fratellino tra le braccia con grazia, aspettando di ricevere ordini dal padre.
Ci fu un breve attimo di silenzio, poi Goku parlò:
"Gohan," disse con voce roca, quasi impercettibile. Si schiarì la gola e ritornò ad osservare il figlio."Gohan, è meglio se tu e Goten tornate a casa."
Gohan sgranò gli occhi e fece per controbbattere, ma Goku scosse la testa e ciò bastò a mettere a tacere ogni protesta.
"Vai a casa. Metti a letto Goten e prenditi cura di lui, solo per adesso. Quando riceverò notizie... prometto che telefonerò e voi potrete correre immediatamente qui. Adesso però vai a casa, è meglio così credimi."
Gohan rimase un minuto ad osservarlo, in silenzio.
Avrebbe preferito restare ed essere di conforto al padre, avrebbe voluto vedere sua madre quando si sarebbe svegliata... ma si rassegnò.
L'ultima cosa che voleva fare, ora, era disobbedirgli.
Annuì con un cenno lieve della testa e si girò, dirigendosi verso l'uscita del corridoio.

Passò un'altra ora.
Il tormenro di Goku cresceva a dismisura, lo divorava, lo consumava. Avrebbe voluto irrompere in quella stanza e vedere con i propri occhi la sua donna.
Perchè ci mettevano così tanto?
La bambina... cosa le era accaduto di preciso? Lui non se ne intendeva, non conosceva la medicina, non sapeva quanto grave fosse quella situazione.
Perchè il ventre di Chichi sanguinava? La piccola... la piccola era...?
No...
Una fitta acuta gli strinse il cuore in una morsa d'acciaio, tanto potente da mozzargli il respiro.
No!
Sapeva che sua figlia aveva qualcosa che non andava, immaginava che le fosse accaduto qualcosa, che uno strano malessere l'avesse colpita all'improvviso e che c'era il bisogno urgente, impellente di farla nascere.
Ma che fosse... morta, no. Non voleva crederlo. Chichi aveva già capito tutto? Aveva capito che la sua bambina, la sua adorata, desiderata, immensamente amata creatura non avesse più speranza?
Subito ricordò le parole della moglie: erano chiare.
Chichi voleva morire, ma lui non aveva pensato subito al fatto che la sua bambina fosse... Serrò gli occhi, incapace di considerare quell'eventualità.
All'inizio credeva che sua moglie fosse disperata perchè la bimba avesse riscontrato un qualche brutto malanno, qualche danno orribile...
Che ingenuo!
Chichi non avrebbe mai detto delle cose così orrende se non fosse stata una causa persa!
No, la loro bambina no...
Perchè? Perchè, diamine!
Perchè il mondo, perchè Kami, perchè tutti erano contro di loro? Che razza di ringraziamento stava ricevendo dopo aver salvato l'universo, rischiando la sua vita, sacrificandola per il bene di tutti?
Perchè mia figlia?
Una creatura senza colpe, neanche nata! Perchè prendersela con lei?!
Strinse i pugni con forza incontrollabile, le unghie conficcate nella carne... ma non se ne accorse nemmeno. Un dolore più grande lo stava torturando, la rabbia si rianimava, voleva urlare, gridare contro tutti.
Ma non lo fece, perchè il suono delicato della lucina passata al verde gli rimbombò in testa con la stessa violenza di una palla di cannone.
Spalancò gli occhi e vide con sollievo quasi palpabile, e allo stesso tempo con ansia opprimente, il colore verde acceso brillare sopra la porta della sala operatoria.
Ancora intento a rimirare il colore della speranza, non si accorse che un uomo tarchiato, dal camice bianco gli si era avvicinato.
Si schiarì la gola attirando con successo l'attenzione del Saiyan.
"Signor Son?" chiese incerto, con voce stanca.
Goku lo fissò apparentemente impassibile, sebbene al suo interno le emozioni lo sconvolgessero.
"Sì, sono io." sussurrò con voce rauca.
Si accorse in quel momento di avere la vista un po' appannata. Erano lacrime quelle che sarebbero probabilmente sgorgate da un momento all'altro? Le ignorò, cercando di rimanere lucido di mente e ascoltare ad orecchie tese quello che il dottore doveva dirgli.
Si alzò in piedi, stranamente senza vacillare di un millimetro.
L'uomo sulla sessantina, capelli bianchi, basso e un po' grassoccio, si aggiustò gli occhialoni sul naso, come per ricomporsi, e alzò il viso per guardarlo negli occhi.
Gli porse la mano.
"Sono il dottor Arizuma e-" strinse la mano forte del giovane, bloccandosi quando si accorse del sangue sul suo palmo. "...mi scusi, ma è ferito? Le sue mani sanguinano." continuò, la voce era un mix tra shock, preocuppazione professionale, e ribrezzo.
Goku fu infastidito da quella deviazione, - cosa gli importava ora di quel misero graffio sul palmo? - tuttavia cercò di mantenere un tono rispettoso con l'uomo che si era preso cura di sua moglie... e di sua figlia.
"Non è niente. Per favore, dottore. Voglio sapere come stanno mia moglie e mia figlia." disse ancora con voce roca, manovrata dall'angoscia e dal dolore che, a poco a poco, lo stavano trascinando negli abissi profondi di una disperazione mai provata prima.
Il dottore sembrò un po' sorpreso da quella domanda e ciò infastidì ulteriormente Goku.
Che cosa aveva detto di male? Perchè lo guardava in quel modo, come se avesse appena detto un'idiozia? Era stupido voler sapere le condizioni della propria donna e quelle della figlia? Forse agli occhi di persone più 'intellligenti' quella situazione sarebbe stata più chiara? Che cosa significava, quindi? Che lui era uno scemo?
"Sua figlia?" ripetè l'anziano, dubbioso, osservando Goku come se lo stesse prendendo in giro.
Il Saiyan era sul punto di esplodere; la rabbia si impossessò della sua voce.
"Sì, mia figlia!" ringhiò.
Il dottore tacque per una manciata di secondi, poi, quando vide il volto del giovane tramutato in una maschera di collera, decise di parlare.
"Signore, sua figlia è arrivata già morta all'ospedale. Pensavo lo sapesse."

Ci fu una pausa dominata da un silenzio pungente, soffocante.
Goku sentì il sangue gelarsi nelle vene non appena quel... umano insensibile aveva pronunciato quella parola con tanta freddezza e leggerezza da sopprimergli addirittura la rabbia.
Presto, un nuovo stato d'animo - ignoto al cuore infranto e confuso di Goku - risucchiò tutte le forze rimastegli in corpo, neutralizzandogli i muscoli, lasciandolo completamente vuoto.
Disperazione, dolore, avvilimento lo stavano trascinando via dalla sua prigione di carne, pugnalandolo all'infinito con forza brutale, squarciandogli le ferite, aprendole per colpirle con malignità atroce che avrebbe sorpreso persino Majin Bu.
Con quelle due semplici proposizioni, Goku aveva visto il suo peggior incubo concretizzarsi, e sebbene avesse considerato prima quella evenienza, il colpo fu comunque talmente crudele e diretto da lasciarlo completamente spiazzato, senza parole.
Il vecchio vide quegli occhi, già tremendamente traumatizzati, splancarsi improvvisamente e ne rimase colpito. Perchè quel ragazzo era così sorpreso? Non era evidente? Era ingenuo, oppure tanto pazzo da aggrapparsi ad illusioni brutali e del tutto effimere che avrebbero giovato soltanto al nulla?
Decise di continuare a parlare, magari si sarebbe ripreso.
"Abbiamo estratto il feto dal corpo della madre. Ci è voluto un po', non ci aspettavamo che fosse già così perfettamente formato, pronto alla nascita pur avendo otto mesi." il dottore fece una breve pausa, immaginando le cause, le motivazioni di quella stranezza, ma poi osservò di nuovo il volto del Saiyan e sentì una gran fitta all'altezza del petto quando incontrò quegli occhi estremamente sofferenti, spenti. Si chiese se era il caso di andare avanti.
Fece un respiro profondo, poi lo scrutò, valutando mentalmente le possibilità che quel ragazzo potesse comprendere appieno la gravità della situazione.
A giudicare dall'espressione, sofferenza e disperazione a parte, si sarebbe detto che quel povero diavolo non riuscisse a spiegarsi nulla di quell'avvenimento.
Lo sguardo spento e affligente del Saiyan costrinse il dottore a spiegarsi meglio, perché quegli occhi sembravano supplicarlo di mettere fine a tutti quei perché, a quei fatti inspiegabili e dannatamente ingiusti.
Gli mise una mano sulla spalla, paterno, mosso da una commozione che mai aveva permesso di esternare quando si trattava di lavoro; ma c'erano occasioni in cui il cuore umano, seppure abituato, allenato, costretto a rimanere impassibile nelle situazioni più tragiche e dolorose, non riusciva a reggere i colpi strazianti del dolore altrui e a mantenere intatto lo scudo di irremovibilità forzato ad indossare.
Poi... quegli occhi da fanciullo indifeso sul viso di quell'uomo, segnato da avvenimenti caotici e dolorosi, erano disarmanti come niente al mondo.
Il dottore, con un sorriso gentile, lo invitò a sedersi, ma Goku scrollò le spalle in senso di diniego, troppo ansioso di saperne di più per preoccuparsi della sua persona.
L'uomo più anziano sospirò, chiuse gli occhi per un istante, poi parlò lentamente, selezionando le parole più adatte da usare, neanche stesse parlando con un bambino che aveva appena avuto la disgrazia di aver perso la madre, rimanendo solo al mondo.
"Signor Son, sua moglie ha contratto un aborto spontaneo." spiegò, guardandolo attentamente negli occhi per capire se lo stesse seguendo.
Goku corrugò la fronte, il dolore negli occhi ancora più accentuato.
"Un... un aborto spontaneo?" chiese con voce flebile, roca, debole... come il battito del suo cuore straziato.
Il medico annuì.
"L'aborto spontaneo è quando il feto dentro la madre muore, solitamente per cause naturali, dovute a malattie, forti traumi, paure, perdite dolorose. Deve sapere che il bambino, quando si trova dentro la pancia della madre, è perfettamente in contatto con ogni singola cellula del suo corpo: egli percepisce tutto, persino gli stati d'animo della mamma... e ne soffre."
Goku ascoltava attentissimo, sebbene una parte del suo cervello non considerasse affatto quelle parole, troppo incredulo per lasciarsi prendere dallo scoforto e abbandonare le speranze, rassegnandosi alla volontà divina.
Eppure, sebbene una parte di lui non volesse ancora ammetterlo, sebbene nel suo cuore sentisse ancora un briciolo di inutile speranza, esamiando i fatti oggettivamente, la conclusione era solo una.
La più terribile.
L'unica che si rifiutava di accettare.
Il dolore di Chichi al basso ventre, la perdita di sangue nello stesso punto, l'amara consapevolezza della cruda realtà...
La sua bambina era davvero... davvero...
Sentì le lacrime salirgli agli occhi. Non si era mai sentito tanto impotente, tanto fragile, tanto insopportabilmente, completamente inutile!
Cadde a peso morto sulla sedia dietro di lui, incapace di contenere oltre il tremolio, la debolezza, la pesantezza delle gambe.
Poggiò i gomiti sulle ginoccia, la schiena piegata, come se un peso opprimente lo stesse schiacciando. Si coprì la faccia con le mani, incapace di trattenere ancora quel bruciore agli occhi.
Sentiva il desiderio di piangere, esternare il suo dolore, urlare!
Ma non lo fece.
Il motivo era ignoto pure a sé stesso; forse era la sua natura aliena a non accettare la debolezza degli umani, forse era l'orgoglio che contraddistingueva quelli della sua razza ad impedirgli di versare lacrime persino per una causa tanto meritevole come quella.
Aveva gli occhi spalancati, coperti dalle mani. Ovviamente vedeva il buio più totale, ma ancora gli sembrava troppo luminoso in confronto alle tenebre infernali che percepiva perfettamente dentro il cuore, offuscato, rinchiuso nella buia cella del dolore.
"Perché?" sussurrò con voce tremula, irriconoscibile.
Si morse forte le labbra: i denti affilati che tagliavano le labbra morbide senza pietà e senza dolore, perché quello era concentrato tutto in un unico punto per poterlo sentire altrove.
Serrò gli occhi e si strinse i capelli tra le dita: rabbioso, fuori di sé...
Il dottore taceva, sentendosi improvvisamente di troppo.
Voltò il viso di lato, incapace di sopportare oltre quella scena tanto tragica. Il dolore del ragazzo era talmente tangibile da trasmetterlo, quasi, alla sua persona, come un virus letale che si ammorba di persona in persona, portando la morte dello spirito.
Fu per distogliere lo sguardo da lui che notò altre persone lì presenti, attente e partecipi di quello stesso dolore.
Dovevano trattarsi di altri parenti: una donna matura dai capelli azzurri, un uomo della stazza di un gigante, un altro basso e calvo, e un ultimo posato mollemente contro la parete: lo sguardo basso fisso sul pavimento, concentrato su qualche pensiero molto intenso a giudicare dall'increspatura che gli solcava la fronte spaziosa e liscia.
Quello stesso alzò lo sguardo in sua direzione. Una vampata di odio e dolore lo colpì come un fulmine a ciel sereno, un'occhiata tanto accusatoria e omicida da farlo indietreggiare di un passo.
La donna se ne accorse: lasciò vagare velocemente gli occhi dal medico al Saiyan, salvo dare una gomitata poderosa al fianco di quest'ultimo.
Il sessantenne sussultò, sicuro che un colpo del genere gli avrebbe causato una contusione, come minimo. Invece lo strano individuo dai capelli a fiamma non si mosse di un millimetro, solo degnò di un occhiatina bieca la bella signora che, invece di sciogliersi di paura davanti a tanto terrore, continuava a mantenere quella posa severa, per nulla intimorita.
Il grurgnito di rabbia dietro le sue spalle lo scostò da quel gruppetto di persone.
Goku si era alzato; l'espressione un misto tra rabbia e sofferenza, ma di un'intesità tale che sostenerne lo sguardo diventava impossibile.
Difatti egli abbassò gli occhi senza rialzarli nemmeno quando il Saiyan cominciò a scuotergli fortemente le spalle.
"Perché dottore, perché? Lei è un medico, mi dica perché è successo. Lei deve conoscerne la causa!"
Il dottore scosse lentamente la testa senza avere il coraggio di rialzare gli occhi.
"Dannazione! E' il suo dovere! Perché non lo sa?!"
Goku era fuori di sé, non riusciva nemmeno a controllare più la sua stessa forza. Scuoteva il pover'uomo con una violenza tale da farlo tremare tutto, gli occhiali caddero dal piccolo naso rovinando a terra con un rumore secco.
Bulma e Vegeta corsero incontro all'amico.
Il Principe staccò il medico dalle grinfie di Goku senza preoccuparsi dei modi, concentrandosi invece sull'avversario scosso da tremiti di rabbia.
Riuscì a tenerlo a bada, mentre Bulma, con gentilezza, riporgeva gli occhiali al dottore, mormorando qualche parola di scusa.
Quello sembrava piuttosto scosso, ma non arrabbiato.
Il Saiyan respirava a fondo, ma con affanno: i capelli irti sul capo variavano di colore a intermittenza, prima biondi poi di nuovo bruni, biondi, bruni, biondi e bruni...
Il viso era una smorfia di furia che andava sempre più calmandosi, lasciando posto, infine, ad uno sguardo vuoto. I pugni ancora stretti, ricoperti da rivoli di sangue che macchiavano il pavimento di gocce porporine, le quali cadevano al suolo con un inquietante 'plin plin' per nulla adatto all'atmosfera carica di tensione calata nella sala.
Quel 'plin plin' somigliava più ad un bombardamento di cannoni.
Juman, pieno di apprensione per il figlio acquisito e per la figlia di cui ancora non aveva avuto notizie, si posizionò di fianco al genero, posandogli una mano gigante sulla schiena possente.
Crilin era livido in volto. Guardava la scena con occhi colmi di sofferenza per il migliore amico, ma tenendosi a distanza sicura dalla furia nera che aleggiava ancora intorno al suo corpo muscoloso.
Avrebbe voluto fare qualcosa, ma si sentiva perfettamente inutile.
"Mia moglie. Dov'è?"
Quella domanda calma, ma priva di tonalità ebbe lo stesso effetto di un urlo straziante nel cuore del medico sconvolto.
Quello trovò la forza di ricomporsi, dato che gli veniva posta una domanda pertinente alle sue conoscenze.
"La signora è ancora dentro per gli ultimi accertamenti. Uscirà a minuti."
Il tono freddo del dottore non sorprese nessun presente; quello era il tono con cui tutti i medici si rivolgevano ai parenti dopo operazioni, visite e altro.
Goku sospirò.
"Sta bene?"
Gli occhi neri si illuminarono improvvisamente di una strana scintilla, donando umanità al volto divenuto inflessibile.
Lo sguardo era più dolce. Il cuore ottenebrato dal dolore covava ancora una piccola, tremula fiammella di speranza.
Il dottore sospirò, improvvisamente affaticato. Quella risposta avrebbe causato altro scompiglio nell'animo di quel giovane impetuoso.
"Fisicamente si riprenderà del tutto." rispose frettoloso, lasciando in sospeso la parte più traumatica.
Ma Goku non si lasciò sfuggire quell'ombra di esitazione: egli percepiva ogni singolo mutamento nell'aria con impeccabile perfezione. Era concentrato come se si stesse trovando davanti ad un suo acerrimo nemico, pericolo per l'intera umanità, individuo da scandagliare con peculiarità per prevederne ogni singola mossa.
"C'è dell'altro?" chiese, scuro in volto.
Il dottore sospirò, poi annuì.
Si passò un dito sugli occhiali, raddrizzandoli sul naso, poi fissò dritto negli occhi il giovane Saiyan.
"Questi...  avvenimenti, spesso purtroppo causano reazioni spiacevoli in alcune madri." spiegò, ancora più cauto con le parole dopo la reazione dell'uomo. "Alcune donne riescono a superare il dramma senza difficoltà, altre..." si interruppe, cercando di nascondere il velo di pietà dietro l'espressione di pietra, ma non ci riuscì; lo sguardo che rivolse a Goku fu di pura compassione.
"Altre non ce la fanno..."
Silenzio di tomba.
Il pensiero di tutti fu uno solo; una tremula speranza che vibrò nel cuore dei presenti: la speranza che Chichi non rientrasse in quella gamma ristretta di donne.
"In questi casi l'aiuto e il sotegno della famiglia sono un buon rimedio, altre volte però... questo non basta."
Fece una pausa, lasciando che tutti elaborassero quell'eventualità che lui - professionalmente - aveva preso in considerazione notando alcuni attegiameti della donna in quelle ultime ore.
"Certe madri si lasciano prendere dallo sconforto e cadono in depressione. Anche in questo caso è consigliata la prenseza assidua dei parenti, così che la donna non si chiuda totalmente in sé stessa e nel suo dolore, tuttavia spesso accade che nemmeno la famiglia possa migliorare le condizioni della persona."
Sospirò, sistemandosi di nuovo gli occhiali sul naso. "Se così fosse, allora è necessaria la consulenza di uno psicologo, e se questo non bastasse vi sono degli istituiti che possono prevedere-"
"Basta così!"
Goku guardava il dottore con un dolore disumano. Lo sguardo profondo scavava nell'animo di quell'uomo, alla ricerca di qualcosa.
"Mia moglie non avrà bisogno di nessun istituto."
Sebbene quella fosse stata una constatazione più che chiara, il dottore ebbe come l'impressione che il ragazzo gli stesse chiedendo una conferma.
Lo guardò a lungo, in silenzio.
"Mi dispiace, ma questo non glielo posso assicurare."
L'anziano si aspettò un'altra ondata di rabbia feroce da parte del giovane; l'attese invano, attento ad intercettarne i segnali... ma quella non arrivò.
Sul volto del Saiyan non c'era altro che sconfitta.
La sua prima, vera sconfitta nell'arco di tutta una vita.


To be continued...



*Annetta Chan sospira*
Lo so, lo so.
Non merito di essere scusata, quindi non vi chiedo nemmeno di perdonarmi. Tuttavia, in mia difesa, dirò soltanto che ho avuto molti, moltissimi problemi che mi hanno impedito di aggiornare questa fanfiction.
Non aggiungo nient'altro, perché mi pare che giustificarsi sia del tutto superfluo.

Quindi, bando alla ciance... adesso siete liberi di insultarmi come più vi pare; non solo per il ritardo imperdonabile, ma anche per il capitolo che in sé per sé non ha quasi niente di nuovo, se non qualche piccolo dettaglio. Volevo sottolineare bene i sentimenti dei protagonisti, staccandomi forse un po' troppo dalla trama.
Se la cosa non vi è stata gradita ditelo, perché almeno saprò regolarmi in futuro.

Okay. Se vi è piaciuto spero mi seguiate anche nei prossimi capitoli.
I commenti sono sempre graditi, senza ovviamente costringere nessuno.
Grazie a tutte le persone che hanno messo questa fic tra i preferiti. Mi lusinga davvero.

Adesso lascio un po' di spazio ai ringraziamenti.
Un bacio a tutti.
Annetta Chan.

***
A Chichina94: Grazie mille per i complimenti. Mi dispiace di averti fatto aspettare così a lungo. Chissà, magari un giorno mi perdonerai... ^-^ Un bacio.

A Kiki87: *-* Sarina... mi commuovi sempre con le tue bellissime recensioni. Grazie, grazie, grazie infinite. Non smetterò mai di ripetertelo. Spero che questo chappy piaccia soprattutto a te; deluderti sarebbe una delusione ancora più grande per me. Grazie per il sostegno, per la pazienza e per tutto l'affetto che mi dimostri sempre. Ti voglio un mondo di bene. Un bacione e un grande abbraccio!

A PaolaDeve: Grazie mille! Sono felicissima che l'altro capitolo ti sia piaciuto. Arriveranno le lacrime di certo; se non in questo capitolo, sicuramente nei prossimi. Mi dispiace di aver fatto aspettare così tanto. Come ho già detto, non merito di essere scusata anche se ci spero. ^-^ Ancora grazie infinite. Un bacio.

A Sybelle: Tesoruccio! Scusa, scusa, scusa... perdonami se non mi faccio sentire non solo nel mondo delle fic, ma anche in quello reale. Come ti è sembrato questo capitolo? Bulma, in quel poco che compare, l'ho fatta un po' più seria come mi avevi giustamente suggerito tu. Grazie anche a te per i bei complimenti. Spero solo di meritarli. Ti voglio un mondo di bene... e ancora scusa: per tutto. Un bacione e un abbraccio!

A Evy: Eh.. se non speravi più in un aggiornamento dopo tre mesi di attesa, non immagino quanto ci sia rimasta male ora che è arrivato dopo due anni... Mi dispiace, davvero. Non so più come dirlo. So benissimo di aver deluso molti, ma continuo a sperare che qualcuno di voi voglia chiudere un occhio e scordare l'accaduto. Grazie anche a te per i complimenti. Spero che nemmeno questo capitolo sia stato una delusione. Grazie ancora. Un bacio.

A Cagina: Grazie mille per l'entusiasmo. Spero tu sia ancora interessata alla storia e che questo capitolo, sebbene molto deprimente, ti abbia incuriosita lo stesso... Ancora grazie. Un bacione.







  
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