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Autore: Marselyn    11/08/2010    2 recensioni
"Erano dunque arrivati a quel punto.
Non si spiegava perché, ma il pensiero di dover rompere i rapporti con Elyn lo rattristava. C’erano poi molte altre cose che non si spiegava: il come era stato possibile creare quella sintonia, averla cercata e non aver capito che era, forse, importante per tutti loro. Non si spiegava come nessuno di loro, fino ad allora, si fosse mai chiesto quanto quei pomeriggi passati insieme, tra persone che dovevano spontaneamente odiarsi, fossero strani e illogici nel loro scorrere veloci e così vivi. Non riusciva a spiegarsi come fossero arrivati al punto di cercarsi, di trovarsi e consumare ore intere insieme, come fossero arrivati anche solo al punto di parlarsi senza urlare, senza mai rendersi conto di quanto solo tutto questo fosse già pazzesco e contro ogni loro coerenza. Tutto indicava quanto irragionevole fosse stata quella vicinanza e Sirius proprio non si spiegava come fossero arrivati a quel punto senza mai domandarsi come mai tutto stesse andando in modo così strano, così trasparente, così autonomo, vivo e senza controllo." [cap. 17]
Dall'autrice: Con ogni probabilità, potreste avere l'impressione che i primi e gli ultimi capitoli siano stati scritti da persone totalmente diverse.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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9. Una paura inattesa

Il mattino dopo Sirius si svegliò di buon umore, sospettò che la chiacchierata con Mary il giorno prima gli avesse fatto bene. Ripensandoci, era parecchio che non scambiava due parole con una ragazza, a parte Evans con la quale le conversazioni – mai cordiali - non si dilungavano neanche per molto.
Inoltre, il professor Rüf, quel giovedì mattina, non compromise l’armonia della giornata: tutto filò liscio come l’olio e né a Sirius, né agli altri venne chiesto niente; solo qualche volta Remus intervenne volontariamente durante la lezione, facendo incassare qualche punto alla casata. Anche l’ora di Erbologia insieme ai Tassorosso passò tranquillamente e il pomeriggio arrivò senza che neanche se ne accorgessero. Sirius si sentiva particolarmente tranquillo, come se l’unica cosa che si stava avvicinando col trascorrere delle ore fosse una semplice passeggiata, nulla di punitivo.

La McGranitt avvertì loro che Elyn era già dentro il loro temporaneo luogo di lavoro – la stanza imbucata nel suo ufficio –, e li invitò ad entrare.
La trovarono presa ad avvolgere un nastro giallo attorno a un libro particolarmente ribelle: la copertina rilegata si agitava come fosse una bocca vivente, su e giù. Lei non li salutò. Passarono dritti, constatando felicemente che aveva bloccato il libro impazzito, senza che le circostanze richiedessero il loro aiuto. Diedero un’occhiata alla libreria e a ciò che restava da catalogare: lì, in ordine sparso, dei volumi potenzialmente problematici di innumerevoli dimensioni non aspettavano altro che finire nelle loro mani.
Sirius prese una colonna di libri e la trasportò sul tavolo, posizionandola tra lui e James. Afferrò il primo libro in cima, che a prima vista sembrava candido e innocuo: un volumetto dello spessore di un centimetro dalla copertina rigida, verde bosco, senza traccia di scritte. Aprì con cautela la copertina, cercando nella prima pagina le informazioni che gli servivano, ma non trovò altro che un foglio vergine, bianco e puro. Sfogliò le pagine, dapprima lentamente, ma continuò a vedere bianco e bianco e bianco, non una traccia di scritta. Sfogliò più velocemente e cominciò a scorgere righe di parole grigie e sbiadite, ma un istante dopo sparivano come assorbite dalla carta. Girò le pagine più freneticamente, e adesso arrivava appena a scorgere svariate lettere nere prima che queste svanissero un attimo dopo, rivelando un biancore accecante. Sbuffò spazientito e gettò sgarbatamente il volumetto in mezzo al tavolo. Vide James, accanto a lui, alle prese con un libro le cui pagine erano assurdamente pesanti, come piombo gli cascavano dalle mani, tuttavia niente che non si potesse risolvere con un po’ di forza, che, da buon giocatore di Quidditch quale era, non gli mancava sicuramente. Poi sbirciò Elyn: teneva la bacchetta accanto a sé e scriveva mitemente sullo schedario. Fin lì, a quanto pareva, per loro due non c’erano stati problemi. Si chiese se, nel caso ne avessero avuti, gli avrebbero chiesto aiuto. Non ebbe dubbi su James, per quale motivo non gli avrebbe domandato di dargli una mano? Nessun motivo. Era convinto, invece, che Elyn avrebbe taciuto qualunque bisogno, evitando richieste d’aiuto pur di non rivolgere loro la parola. Il pensiero lo innervosì, e il fatto di vederla dall’altro capo del tavolo, così mite e silenziosa, lo urtò ancora di più.
Li ignorava come sempre. Era come se per lei non fosse successo assolutamente niente, il giorno prima. Si pentì immediatamente di avergli chiesto scusa. Adesso, più che deluso dalle sue aspettative infrante, si sentì deluso dalla stupida pena che si era preso per lei.
Gli parve che il giorno prima non fosse stato altro che due giornate distinte: fino al pomeriggio una giornata, la sera decisamente un’altra e molto più gratificante. Ripensò a Mary e rinsaldò il suo orgoglio.
Non avrebbe più rivolto alcun pensiero a Elyn: aveva commesso uno sbaglio con lei, ma gli sarebbe servito da monito per la prossima volta che si fosse stoltamente sentito in colpa per qualcuno che neanche conosceva. D’ora in poi si sarebbe sempre fidato del suo istinto, e qualunque parola gli fosse uscita dalla bocca, anche se pesante e spietata, non l’avrebbe mai rimangiata o annullata con delle futili scuse. Basta con i sensi di colpa. Adesso non vedeva l’ora che i giorni di punizione finissero più in fretta possibile.
Afferrò bruscamente il volume che sovrastava gli altri, se lo mise davanti e, come al solito, aprì la prima pagina. Una luce accecante lo abbagliò e si ritrasse bruscamente indietro strofinandosi gli occhi traumatizzati con i braccio. Avvertì davanti a sé la copertina rigida ricadere con forza sul blocco di pagine, e capì che James l’aveva chiuso.
«Tutto bene?» lo sentì domandargli allarmato.
Sirius annuì con la testa, e prese a sbattere le palpebre ripetutamente: piano, piano, le forme di luce, bianche e luminose, svanirono dietro le palpebre, e dopo qualche istante ritornò a riconoscere le sagome attorno a sé: i libri sul tavolo, le cianfrusaglie sparse per la stanza, la libreria appoggiata al muro accanto a loro, Elyn che lo fissava con un accenno di allarme in volto e poi con uno scatto riabbassava lo sguardo davanti a sé... Elyn che lo fissava con un accenno di allarme in volto e poi con uno scatto riabbassava lo sguardo davanti a sé?
Sirius sbatté le palpebre più violentemente, cosicché gli occhi finalmente si abituarono alla normale gradazione di luce. Cercò sulla figura curva, dall’altra parte del tavolo, prove di ciò aveva appena visto, ma Elyn sembrava di nuovo immersa nel suo lavoro, quasi ignara di ciò che era appena accaduto... ignara di ciò aveva appena fatto.
E nell’ultimo pensiero Sirius trovò la soluzione: aveva soltanto immaginato lo sguardo allarmato di Elyn, qualche istante prima. Probabilmente il suo ego ferito gli rinfacciava ancora la sua stupida fragilità e bontà d’animo, giocandogli brutti scherzi. Era stata una visione, ovvio. Si sentì ancora più idiota per averci creduto anche solo per un attimo. E il rancore verso Elyn, che un istante prima sembrava essere stato follemente distrutto da una svista fugace, riprese forma, e in maniera ancora più forte.
Ritornò con lo sguardo a James, mentre richiuse a doppia mandata la stanza remota della sua testa. L’amico guardava scettico il volume sul tavolo.
«Come la mettiamo?» disse, scrutando sottecchi il libro.
Sirius corrugò leggermente la fronte, sforzandosi di trovare una soluzione. Gliene venne una e sperò che funzionasse. Pescò la bacchetta dal mantello e la puntò sul volumetto abbandonato davanti a sé. «Nox»
James gli fece un cenno d’assenso. Sirius si mise una mano davanti gli occhi, creò una fessura tra le dita per sbirciare e girò deciso la copertina rigida. Le pagine erano ora deboli, fioche e ambiguamente opache, di una inoffensività deprimente, niente a che vedere con l’accecante bagliore di poco prima. Appuntò in fretta le informazioni che gli occorrevano e ripose il libro fra il resto dei volumi già catalogati.

Continuarono in questo modo a districarsi tra incantesimi e fatture, riuscendo bene o male a catalogare un certo numero di libri. Ben presto l’afa cominciò a farsi risentire, James e Sirius tolsero i mantelli e dopo non molto sfilarono via anche i maglioni, lasciandosi solo in camicia, le maniche girate fino ai gomiti, le cravatte allentate che penzolavano a destra e a sinistra, seguendo il ritmo dei bracci che annotavano pigramente e agitavano abilmente le bacchette. Dopo un po’, anche Elyn tolse silenziosamente il mantello.
A circa metà pomeriggio avevano già preso l’abitudine con il nuovo metodo di lavoro, e quasi quasi, Sirius apprezzò il fatto che fosse in punizione, prendendoci francamente gusto. Era divertente.
Quando, dopo averlo prontamente immobilizzato, Sirius annotò anche titolo, autore, argomento, anno di pubblicazione e casa editrice di un esilarante volumetto che per dispetto si voltava da solo le pagine, afferrò un grosso libro dello spessore di quattro dita che si trovava in cima alla colonna, dalla rilegatura e dai contorni esterni minacciosamente metallici e affilati. Lo maneggiò con cura, ma tiratolo su dal mucchio si accorse che era pesante come nient’altro avesse mai preso in mano, riuscì a tenerlo sospeso qualche istante, dopodiché gli scappò dalle mani, scivolandogli sull’interno del braccio destro, percorrendolo lieto, con l’angolo metallico conficcato nella pelle. Poi gli cadde ai piedi con un tonfo, pesante come un enorme sacco di patate.
Ci mise un po’ per realizzare il fatto che il braccio d’un tratto gli bruciava terribilmente, poi capì perchè: il dorso era solcato da un taglio netto, profondo, della lunghezza di undici centimetri circa, e un rivolo rosso che fuoriusciva dall’estremità bassa della ferita, nel quale si affollava e si raccoglieva tutto il sangue delle vene e dei capillari colpiti, gli correva fino alla punta delle dita, sgocciolando beatamente sul raffinato tappeto color ambra. Sirius fece una smorfia di disgusto e si fissò il braccio portandoselo vicino agli occhi. Esaminò la ferita: non era tanto grave, anche se il taglio era profondo. Nonostante gli dolesse diabolicamente, trovò la ferita alquanto interessante: chinò la testa di lato per osservarla meglio, ma James gli tirò via il braccio bruscamente.
«Per la barba di Merlino!» esclamò, orripilato. «Hai le mani molle?! Dobbiamo curarlo immediatamente!»
«Credo di dover andare in infermeria» mormorò Sirius, sentendosi la testa improvvisamente girare. Il sangue si gettava adesso a fiotti, cascate rosse si riversavano giù per terra. Un senso di nausea lo pervase. «Sì... mi sa di sì» ripeté, mettendosi a ridacchiare. Improvvisamente la vista gli sembrò comica, ilare. James lo fissò sconcertato.
«Per l’amor del cielo, Sirius, vorrei proprio sapere che ci trovi da ridere!» esclamò esterrefatto. «Prima dobbiamo fermare il sangue, o ne perderai almeno venti litri prima di arrivare in infermeria» proseguì, brandendo la bacchetta. «Fammi pensare... ce l’ho sulla punta della lingua... sono sicuro che finisce con -undo, -endo, o qualcosa del genere...» mormorò, corrugando la fronte. « ... flipendo... diminuendo... diffindo... Sì!» esclamò, raggiante. «Ce l’ho! E’ Dismundo*, ne sono certo» Puntò la bacchetta sul braccio di Sirius, che chiuse gli occhi speranzoso. «Dis..»
«Che vuoi fare, fargli venire gli incubi?» fece d’un tratto una voce esasperata. Sirius aprì un occhio e sbirciò: vide Elyn abbassare velocemente la bacchetta di James con un gesto deciso, prima che finisse di pronunciare l’incantesimo, e lui la fissava a bocca aperta con un misto di stupore e offesa nello sguardo.
«Che diavolo... che... che hai intenzione di fare?» chiese esterrefatto, mentre Elyn prendeva il suo posto davanti a Sirius. Lei gli lanciò un’occhiata bieca di rimando. Subito dopo la faccia di James divenne una maschera d’orrore. «Merlino, Sirius... che diavolo ti stavo facendo...» mormorò, bianco come un cencio.
Elyn prese il braccio di Sirius con un gesto deciso ma delicato, guardò la ferita che si apriva sul dorso lacerando l’elegante reticolo di vene e corrugò la fronte. Sirius rivide per un millesimo di secondo lo sguardo che poco prima gli era parso di aver intravisto con gli occhi scemati. Elyn fece una smorfia insicura. Sirius pensò che dovesse dirle di procedere tranquilla, che dovesse rassicurarla, ma era troppo allibito per spiccicare anche una sola parola.
Elyn gli arrotolò la manica della camicia un po’ più in alto e Sirius rabbrividì al tocco freddo delle dita. Evidentemente, non doveva essere tanto strano per una persona fredda come lei, pensò subito dopo. Una strana agitazione lo scosse, e si sentì improvvisamente a disagio. Intanto il sangue continuava sgorgare e, per un momento, lo sentì gorgogliare minaccioso. Non capì se fosse stata un’allucinazione o no. E non capiva neanche se la sensazione di prosciugamento del braccio fosse attendibile o meno.
«Posso fasciartela, è l’unica cosa che mi viene in mente adesso...» disse, esitante.
«Sto bene» biascicò, Sirius. Sapeva di risultare un idiota, ma quello gli venne da dire. Non seppe neanche perché, sapeva solo di voler uscire al più presto da quella situazione estremamente imbarazzante. Elyn parve risentita, poi scosse la testa impaziente.
«Ferula» disse, agitando leggermente la bacchetta sul taglio. Bende che si muovevano in aria in maniera esperta e decisa cominciarono ad avvolgere il braccio di Sirius. «Non te lo stavo chiedendo» aggiunse, sostenuta, continuando ad osservare il dorso del braccio e le bende bianche che vi si avvolgevano attorno. Sirius si sentì rintronato. Gli sembrava tutto talmente assurdo, il fatto che non lo stesse lasciando morire dissanguato, che lo stesse aiutando, che gli stesse fasciando la ferita, che gli stesse toccando il braccio, che lo stesse fissando senza esitazioni. Bè, pensò, in qualche modo lo stava fissando: non negli occhi, però, era sempre il suo arto quello. Il pensiero lo fece divertire, frenò una risata, ma gli scappò un sorriso equivoco e James vedendolo inarcò un sopracciglio.
Riguardo a James, annotò mentalmente, dopo si sarebbe fatto dire che incantesimo gli stava lanciando.
Qualche secondo dopo la ferita fu completamente e magistralmente fasciata e Elyn gli lasciò il braccio, facendosi da parte. Sirius si sentì quasi mancare, la nausea gli fece girare gli occhi. James gli mise il braccio sano attorno al suo collo e lo sorresse appena in tempo, perchè poi fu colpito dalla visione di una cascata di sangue che finiva su un lago di sangue e schizzava goccioline di sangue, e il fegato e ogni forza lo aiutasse a vivere poco prima lo abbandonò miseramente.
«Coraggio, amico» fece James, sorreggendolo e guidandolo verso porta. «Madama Chips ti darà anche una bacinella per vomitare, resisti però» Ridacchiò.
Arrivati sull’uscio della porta, Sirius si voltò e biascicò a Elyn un grazie molto abbozzato. Elyn annuì. Gli parve di scorgere anche un accenno di sorriso, ma in quel momento era troppo occupato a frenare la bile che gli saliva lungo la gola per rifletterci su.
«Per la bianca barba di Merlino! Ti senti bene, giovanotto?» sentì quasi urlare alla McGranitt quando li vide sbucare nel suo ufficio, schizzando in piedi e raggiungendoli in un baleno. «E’ troppo debole per fare le scale, Potter, dovremo materializzarci» disse, pratica.
«No! Prof...» Ma prima che James potesse completare la frase, si trovavano già davanti una fila di lettini bianchi e candidi, e Sirius, accasciato a terra ai loro piedi, era scosso da violenti conati di vomito.

*

«C-che... suc-ce-so» esalò, dopo che riprese i sensi. Aprì gli occhi e la flebile luce arancione, frutto del tramonto che si apprestava ad iniziare fuori, avanzava dalla finestra inondando l’esercito di lettini attorno a lui, facendogli male agli occhi. ‘Ecco’ pensò, ‘stavolta l’abbiamo combinata grossa’. Cercò di ricordare cosa lui e James avessero combinato per essersi ridotto in quello stato, ma non gli venne in mente che rosso, rosso e rosso.
«La credevo più tenace, signor Black» disse una voce severa, con una punta di divertimento in voce. Sirius strizzò le palpebre ripetutamente e, dopo qualche tentativo, gli occhi ritornarono a rivelargli i colori e le forme che gli torreggiavano sopra. James lo guardava nella sua espressione più divertita, chino sulla sua destra, Peter preoccupato alla sua sinistra, Remus ai piedi del letto gli scuoteva la testa come un padre impotente ormai rassegnato alle marachelle del figlio, e accanto a lui la professoressa McGranitt lo osservava con fare stranamente complice. Capì che era stata lei ad avere appena parlato.
«Sangue... di tutte le cose che ti possono impressionare, scegli il sangue? Hai idea di quanto ne dovremo vedere una volta usciti da qui?» esordì James, ridacchiando. Sirius aprì bocca per replicare, ma l’immagine di ciò che era successo gli lampeggiò selvaggia nella testa. Adesso ricordava: il libro enorme dai bordi della copertina taglienti, il suo braccio sfregiato, la cascata di sangue, le sue dita che, come rubinetti che perdono, ne sgocciolavano in abbondanza sul tappeto - come se non bastasse anch’esso di color rosso ambra -, James che aveva afferrato la bacchetta, e poi la nausea. Per poco non perse i sensi di nuovo, e cercò disperatamente di concentrarsi sul presente.
«Non sapevo avessi paura del sangue» commentò perplesso Remus.
«Neanche io» biascicò Sirius, cercando di mettersi seduto.
«Ah, ah, ah! Giù giovanotto!» Madama Chips piombò nella stanza, puntandogli il dito con fare minaccioso. «Mai sottovalutare gli svenimenti causati dalla vista del sangue, tantomeno quando ne hai perso anche un bel po’! Ora sta giù» proseguì con tono che non ammetteva repliche, afferrandogli le spalle e spingendolo giù di forza.
«Ma sto bene» protestò Sirius mostrando una certa convinzione, ma con la testa che gli girava per lo sballottamento.
«E così starai ancora meglio» replicò inflessibile la strega infermiera. Poi guardò James, fece un due con le dita e se lo puntò negli occhi, poi rivolse il due verso Sirius. James annuì. “Tienilo d’occhio” voleva dire. Sirius gemette contrariato.
«Poche storie» obbiettò la professoressa McGranitt. «Avreste dovuto correre da me immediatamente» scandì lettera per lettera l’ultima parola, «senza lasciare che corresse tutto quel sangue» continuò severa, impostando un cipiglio autorevole in volto.
«Cercavamo un incantesimo per...»
«Fortunatamente» proseguì imperturbabile, ignorando James. «La vostra compagna ha prodotto un incantesimo perfetto» Sirius fu colto da un’improvvisa lucidità: se ne era dimenticato, Elyn gli aveva bendato il braccio. «Naturalmente, signor Black, domani il suo pomeriggio di punizione può dirsi rimandato. Mi auguro che si riprenda presto e che la prossima volta» fissò James e Sirius, in maniera rigida. «lei e i suoi compagni reagiate con più maturità e in modo decisamente più responsabile» Si voltò, e si avviò a passo spedito e distinto verso l’uscita, ma prima di scomparire si voltò ancora. «Anche mia nonna sveniva alla vista del sangue... da piccola pensavo che solo i babbani ne avessero paura» disse rivelando una nota di divertimento, strizzando un occhio. Poi sparì, chiudendosi la porta alle spalle.
«Che gran donna. Non ne sbaglia mai una... » commentò James, ammaliato. «Aah, Felpato!» sospirò con fare solenne, ritornando a guardarlo, rammaricato. «Non sai quante prove di coraggio dovrai affrontare per recuperare questa gran caduta di stile... paura del sangue, puà!»
«Ah, piantala James» sbottò Sirius, distogliendo lo sguardo.
«Soccorso da una ragazza, poi... Merlino salvaci!» continuò disperato. Remus rise, mentre Peter sogghignava.
«Ti ho detto di piantarla... e a proposito di soccorsi...» osservò Sirius, voltandosi di nuovo verso di lui, consapevole di avere adesso le redini della situazione. «Cosa stavi per lanciarmi?»
James parve sorpreso, e si agitò sulla sedia. «Lanciarti?» domandò, vago. «Non ti stavo lanciando assolutamente niente» dichiarò, alzando il mento nobilmente. Sirius aggrottò la fronte. «Mary ti saluta» proseguì lui, ignorandolo. «Prima è passata a chiedere di te, ma tu eri ancora nel mondo dei sogni, beatamente addormentato, un piccolo cucciolo con l’aria sognante» Sirius fece una smorfia di disgusto. «Ah!» esclamò James, facendo un gesto impaziente con la mano. «Quando dormi sei adorabile invece... dicevo, ho l’impressione che tu piaccia a quella ragazza». Sirius fece schioccare la lingua a negazione.
«Sì, invece» disse Remus, esasperato. «Ho gli incubi al solo pensiero di dover ritornare in quella Sala Comune»
«Già, vedi di rimetterti presto, non fa altro che chiedere di te» puntualizzò Peter.
«Esatto. Che hai intenzione di fare?» domandò James, conciso, dimenticando ogni delicatezza.
«Per tutti i troll dell’Inghilterra!» esclamò esasperato Sirius. «Chi vi dice che ho intenzione di dirvelo?» Remus fece spallucce, poco interessato. Peter abbassò lo sguardo, sfuggente. James sgranò gli occhi, poi sorrise malizioso.
«Ti piace allora?»
«Va bene, ve lo dico diversamente. Non ho intenzione di dirvelo»
«Adesso ti spiego io. Quando una non ti piace non ti fai problemi a dirlo ai quattro venti, o almeno a dirlo a noi. Stai facendo il vago ora, questo è un buon segnale» disse, appoggiato da una logica schiacciante. Sirius fece spallucce elusivo. «Pensala come vuoi»
Remus sorrise, saccente. «Ramoso» disse, annuendo compiaciuto. «Prepariamoci alle nozze».


Madama Chips cacciò via all’ora di cena James, Remus e Peter. Sirius si era messo in piedi per seguirli, ma lei aveva insistito per tenerlo d’occhio ancora un altro po’.
«Non posso restare qui tutta la notte!» aveva protestato.
«E chi ha parlato di notte, giovanotto? Resterai qui ancora un’oretta, se non darai segni di debolezza potrai tornartene tranquillo al tuo Dormitorio»
«Ma ho perso solo qualche goccia di sangue!»
«Niente storie, signorino Black. Si rimetta disteso.» Così detto svanì, il discorso era stato irrimediabilmente chiuso.

Sirius si mise seduto tra le coperte pulite di liscia seta.
Aver scoperto di non sopportare la vista del sangue era stata una vera sorpresa, ma ancora di più, ripensare a come si erano evolute le cose gli lasciava un senso di incredulità a dir poco spiazzante.
Si impose di allontanare il sospetto che l’aiuto di Elyn significasse in qualche modo che aveva recepito le scuse e che le aveva accettate. Si impose di non credere alla possibilità che quel gesto significasse pace fatta... eppure era difficile credere e trovare un senso diverso all’accaduto.
Cercò di non fraintendere, tentò di convincersi del fatto che tutti l’avrebbero fatto in una situazione estrema come quella, tutti l’avrebbero soccorso. Tuttavia, non riusciva a non dare a quel gesto una valenza particolare, perchè era di Elyn che si parlava, non di altri. Chi avrebbe mai immaginato un’evoluzione del genere? Chi avrebbe immaginato che dopo tanta rivalità, dopo tanto rancore, dopo tanta ostilità lei lo avrebbe sorpreso, aiutandolo nel bisogno?
Era sciocco credere che qualcosa era cambiato? Che le divergenze si fossero finalmente appianate? Non pretendeva molto, in fondo, semplicemente non quella freddezza e avversione che fino ad allora si era visto rivolto contro. Gli bastava una convivenza che non eccedeva nel malessere, nel disagio, un rapporto anche minore della conoscenza, ma almeno sereno.
Mentre pensava a tutto questo sorrise: non gli era mai capitato di imbattersi in una persona tanto stravagante e complicata, e conquistare la pace con lei sarebbe stato un traguardo a dir poco eccezionale. Era difficile, eppure ne sentiva il bisogno.
Come un fulmine a ciel sereno le parole di James gli risuonarono nella testa: «Scommetto che diventerete amici». Era talmente assurdo, che gli sembrava possibile. Tutte le cose assurde per lui erano possibili, d’altronde. L’avrebbe ritenuto un successo personale arrivare a stringere anche solo una conoscenza, figurarsi un’amicizia!
E, parola di Malandrino, avrebbe fatto tutto il possibile.
«Scommetto che diventerete amici».
Rise. Da una parte perchè gli sembrava impossibile, dall’altra perchè, in cuor suo, una piccolissima parte di lui gli diceva che la prospettiva non era tanto male. No, decisamente no.

Dopo un'ora esatta Sirius sgusciò in un balzo via dal letto e prese un profondo respiro per frenare il giramento di testa causato dalla troppa foga. Madama Chips entrò in stanza, brandendo lenzuola e pigiami puliti.
«Come nuovo» disse Sirius, azzardando una piroetta su se stesso.
Lo osservò scettica, poi fece un cenno permissivo con la testa. «Sparisci».
Sirius trotterellò verso la porta, «Madama Chips, le devo la vita» dichiarò allegramente, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori, prima di voltare l'angolo e scomparire. Madama Chips mosse una mano in aria con impazienza, nascondendo alla meglio un sorriso compiaciuto, e continuò con la sua marcia in mezzo ai lettini vuoti.

«Salve» esordì, entrando regalmente nella Sala Comune.
«Sirius Black! E' un piacere averti di nuovo con noi, nel mondo dei sani!» esclamò veemente James, allargando le braccia in aria con fare maestoso.
«Sirius» La voce acuta di Mary gli perforò l'orecchio. «Stai bene?» chiese, premurosa. Remus roteò gli occhi, facendo schioccare la lingua sul palato.
«Benone» Mary gli sorrise e Sirius le accennò una curva delle labbra. Consapevole di essere sotto il suo sguardo desideroso, senza un rimorso, si diresse grandi passi verso il tavolinetto vicino la finestra, dove James, Remus e Peter vociavano come vecchie chiocce bisbetiche. Casa dolce casa.



***

*Dismundo: fa apparire strane visioni di mondi spaventosi, serve a far perdere i sensi o comunque la concentrazione di chi viene colpito; (fonte: Wikipedia)
James, in realtà, voleva lanciare l'incantesimo Epismendo: blocca le epistassi e smette di far sanguinare. (fonte: Wikipedia anche qui XD)

*

NdA:
Mamma mia, devo mettermi a scrivere perchè sto già esaurendo i capitoli già buttati giù! XD
Non uccidetemi per questo in particolare, è lunghissimo! XD Quando l'ho scritto non mi sembrava così o_ò
Spero che, comunque, vi sia piaciuto ;)
Come al solito ringrazio chii passa a leggere, e naturalmente chi recensisce: Sall e gianno11.

gianno11: Sono felice che ti piaccia :D Mi piace l'idea di un Sirius che perde ogni sicurezza davanti a "certe" situazioni. Non vorrei cadere nel demenziale, o ancora peggio nello sdolcinato, però, in qualche modo, lo rende imperfetto, e perfetto nella sua imperfezione. :)
E poi, l'idea comune di Sirius è quella di un Don Giovanni, che si porta a letto una diversa per ogni settimana, io non me lo figuro così. Non dico che sia serio, se non non sarebbe lui XD, però diciamo che la sua vita, 'per adesso', gira intorno agli amici, null'altro.

Sall: "Un Sirius che rimanda sicuro del tempo. Un Sirius un po' ingenuo, a fidarsi dell'unica cosa di cui dubitare." Come avrai notato è una frase della tua recensione a "Una vita" (a proposito, grazie per essere passata *_*), e devo confessarti una cosa: mi hai fatto venire i brividi. Perchè è esattamente quello che volevo esprimere, e ho proprio scritto questa storia con un sentimento di malinconia e tristezza. Hai centrato pienamente il cuore della storia, e mi fa piacere essere riuscita nell'intento che mi ero posta: esprimere quanto a volte possa essere labile e traditore il tempo, come un'occasione può sfuggirti dalle mani, cullata dalla pretesa e dalla convinzione che si possa rivelare in un secondo momento. E' un pensiero triste, lo so. Eppure, quando si parla di Sirius il 90% delle emozioni che provo gira intorno alla tristezza. Non posso farne a meno...
   
 
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