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Autore: Mistral    11/10/2005    10 recensioni
INCOMPIUTA
Non è facile accettare che niente di ciò che conoscevi e amavi esiste più, che sei sola contro tutti e devi vivere una storia che non è la tua...
Sequel di PICCOLE ANIME SENZA TEMPO
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lina Inverse, Xelloss Metallium
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Dove caddero gli Angeli

Dove caddero gli Angeli

Capitolo 1

Sotto la pioggia

 

La piccola costruzione in pietra immersa nel bosco, ben nascosta dalla strada, era stata eretta tempo addietro per essere semplicemente un rifugio per i cacciatori, o per i viandanti che la notte coglieva troppo lontani da un centro abitato.

Da qualche tempo a questa parte, però, veniva usata come “base d’appoggio” da Xelloss e gli altri membri del clan Metallium quando dovevano recarsi nella Penisola. I divieti imposti da Lon, infatti, rendevano assolutamente inconcepibile l’idea di comparire dal nulla tra la gente e quindi, per uscire dal piano astrale, bisognava assicurarsi di essere ben lontani da occhi indiscreti… e cosa meglio di una casetta nei boschi?

 

Quando Lina riprese possesso del proprio corpo dopo il teletrasporto, si guardò intorno perplessa: dove diavolo erano finiti? Zelas aveva detto al suo priest di condurla a quel fantomatico Dragon Shrine e, benché la ragazza non avesse la minima idea di cosa fosse, era sicura che non potesse essere il luogo in cui si trovavano: qualunque cosa legata ai Draghi (Draghi di Fuoco per di più, quindi con manie di grandezza innate) non poteva essere delle dimensioni di un fazzoletto e ammobiliata in modo così scarno.

Lanciò un’occhiata al demone. “Dove siamo finiti?”

Lui le rivolse il suo tipico sorriso che l’aveva sempre fatta infuriare (anche perché di solito accompagnava l’altrettanto tipica frase che la faceva infuriare ancora di più), ma che in quel momento le sembrò solo un impossibile ma piacevole ritorno al passato. “Siamo in un vecchio casotto di caccia nei boschi ai confini del regno di Zelas-sama”

Anche quella risposta enigmatica era tipica di Xelloss, ma non le fece piacere. “Grazie tante, Xel, sei stato incredibilmente esauriente” ironizzò. “Potresti essere così gentile da usare riferimenti che io possa capire? Ti ricordo che le mie conoscenze hanno un piccolo, insignificante buco di 500 anni…” Sentì un groppo in gola nel dirlo, ma si sforzò di non far tremare la voce.

Il mazoku ebbe il buongusto di non ridacchiare con fare idiota. “Hai ragione, Lina. Dunque… in pratica siamo agli estremi confini meridionali di quello che tu conoscevi come il Regno di Saillune, vicino all’ex Impero di Elmekia”

Lina parve perplessa. “E allora perché non me l’hai detto subito ma hai parlato di «regno di Zelas»?”

Xelloss trasse un sospiro. “In effetti non puoi seguirmi, devo prima spiegarti un po’ di cose…”

“Forse è il caso, eh?”

“Ok, allora vediamo da dove cominciare…” Mentre pensava, si avvicinò al caminetto, sistemò un paio di ciocchi e gli diede fuoco con uno schiocco di dita, poi si accomodò sulla poltrona di fronte a Lina, già raggomitolata sul divano.

Lei accennò col capo alle fiamme che avevano subito iniziato a crepitare allegramente, diffondendo un piacevole tepore. “Ma non vi era stato proibito di usare la magia?”

“Solo davanti agli esseri umani, per il resto possiamo servircene tranquillamente. È per questo che ho potuto usare il teletrasporto solo fin qui: questo è l’unico posto in cui posso ricomparire senza destare sospetti, visto che la zona è disabitata”

“E poi, per raggiungere la tua meta?”

Il demone si strinse nelle spalle. “Cammino. Ed è quello che faremo anche noi adesso”

“Quindi il famoso Dragon Shrine è qui nei territori di Saillune?”

“Oh, no! Il Dragon Shrine è molto più lontano, al limitare di quello che tu chiami Deserto della Distruzione”

“EH?! Significa che dovremo attraversare l’Impero di Elmekia a piedi?! Ma non potevi ricomparire un po’ più vicino? Ci sarà stato pure un altro luogo isolato!”

“Certo, ce ne sono eccome, ma io non posso arrivarci col teletrasporto”

“E perché, scusa?”

“Perché sono territori sotto la sovranità di un altro Dark Lord”

Lina scosse la testa e alzò una mano. “Frena Xel, mi sono già persa… perché continui a parlare dei Dark Lord come se fossero sovrani politici del territorio?”

“Perché è quello che sono!” esclamò il mazoku, come se gli avessero chiesto una cosa ovvia. Notando l’espressione sconcertata della sua interlocutrice, proseguì. “Dopo che la Madre ebbe esiliato la magia da questo mondo, crollarono tutti gli equilibri di potere che avevano retto la Penisola fino ad allora e il paese precipitò nel caos. Fu in quel momento che Draghi e Demoni vennero per la prima volta ad un accordo” Xelloss si appoggiò all’indietro sulla poltrona, fissando le massicce travi del soffitto. “I miei superiori avrebbero avuto il potere politico e si sarebbero spartiti il territorio, mentre i Draghi sarebbero assurti al rango di divinità. La Penisola venne divisa in quattro sfere di influenza, in ognuna delle quali avrebbe governato un Dark Lord e sarebbe stata adorata una delle quattro identità di Chephieed…”

Lina, che fino a quel momento lo aveva ascoltato in silenzio, sprofondata tra i cuscini, si raddrizzò di scatto e lo interruppe. “Aspetta un attimo! Non mi tornano i conti… hai detto QUATTRO Dark Lord? Zelas, Dynast, Dolphin… e? Chi è il quarto?”

Xelloss la fissò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. “Garv Chaos Dragon!”

Sul viso di Lina si dipinse un’espressione di puro terrore, paragonabile solo a quella che aveva al sentir nominare la sorella. “COSA?!?! Garv è tornato in vita?!”

Il priest annuì, puntellò i gomiti sui braccioli e congiunse le punte delle dita davanti al viso, fissando il vuoto. “Già, è tornato in vita poco dopo la scomparsa dei maghi. Dopotutto i miei superiori erano rimasti sono in tre, mentre i Draghi erano quattro e per la politica dell’equilibrio…”

“E Phibrizio?”

“Hellmaster-sama è rimasto nel Mare del Caos dove l’avevi spedito tu” sorrise. “Credo che la Madre non abbia voluto concedergli di ritornare in vita perché si era ribellato a Lei, tentando di distruggere questo mondo”

“Mi ricordo che Phibrizio aveva accusato Garv di avervi tradito… perché lui è stato resuscitato e l’Hellmaster no?”

Xelloss si chinò verso di lei, un occhio socchiuso e l’indice alzato. “Sore wa, himitsu desu, Lina!” La ragazza, inferocita, stava per strangolarlo ma il demone la bloccò sfiorandole la guancia con un lieve bacio. “La Madre di tutte le cose ha una natura un po’ capricciosa, dovresti saperlo. Nessuno di noi conosce i motivi che guidano le Sue scelte” Si appoggiò di nuovo allo schienale della poltrona, sorridendole. “Comunque non preoccuparti: Garv-sama non vuole più la tua testa, quindi non hai nulla da temere da lui”

Lina lo fissò dubbiosa. “Sarà anche come dici, ad ogni modo preferisco non sperimentarlo di persona. Ah, un’altra cosa…” aggiunse poi, puntandogli il dito contro “…non ti azzardare mai più a baciarmi!”

Il mazoku ridacchiò. “Agli ordini, Lina-san, farò come dici!”

“Ecco, sarà meglio, se ci tieni alla pelle…” lo ammonì lei. Poi distolse gli occhi da lui, poggiò la testa sulla mano e lasciò vagare lo sguardo fuori dalla piccola finestra. Il cielo era grigio e in sottofondo si sentiva il lieve ma incessante rumore della pioggia che cadeva.

Ci fu un momento di silenzio, rotto solo dal crepitare del fuoco nel camino; le fiamme accendevano bagliori dorati sui capelli della ragazza e nei suoi occhi grandi, ora pieni di tristezza. Xelloss non poteva capire pienamente tutti i sentimenti che in quel momento si agitavano nel suo cuore, ma si rendeva conto che stava soffrendo: certo la sua non era una situazione facile, nemmeno per una persona forte e determinata come lei.

Scosse la testa. “Se non è un problema per te camminare sotto la pioggia possiamo avviarci” le disse poi, sperando di riuscire a farle dimenticare la malinconia “Prima di arrivare al Dragon Shrine c’è un altro posto in cui vorrei portarti”

Lei gli sorrise, riconoscente al demone per non averla lasciata sprofondare nei suoi ricordi. “Ho camminato per anni anche sotto acquazzoni peggiori di questo! Sono Lina Inverse, ricordatelo!” esclamò, forse con un po’ troppa enfasi. Si vedeva che stava facendo di tutto per essere quella di prima, benché tutto attorno a lei fosse cambiato. “Dove vuoi portarmi?” gli domandò poi, saltando in piedi. Xelloss stava per rispondere, ma lei lo pervenne. “No, aspetta, lo so… è un segreto!”

“Intelligente come sempre, eh Lina?”

“Non è difficile anticiparti, in certi casi, sai Xel?”

Il priest ridacchiò, grattandosi la testa imbarazzato.

“Senti” proseguì poi la ragazza “non è che avresti un mantello o qualcosa del genere da darmi? Altrimenti è un disastro con questo tempo vestita come sono…”

Xelloss annuì e, sempre con il sorriso sulle labbra, le porse un lungo mantello scuro col cappuccio; Lina raccolse i capelli in una coda alta e in breve fu pronta.

 

Entrambi immersi nei propri pensieri, camminavano lentamente sulla strada che si snodava tra i boschi di querce e robinie; era una pista abbastanza larga (un carrozza ci sarebbe passata senza problemi, giudicò Lina) e ben tenuta. Nonostante la pioggia, il terreno non si era ridotto ad un acquitrino, ma era comunque abbastanza pesante, rendendo faticoso procedere.

Ad un certo punto, mentre attraversavano un ponticello di legno sopra un torrente, Lina rallentò fino a fermarsi. Xelloss se ne accorse e, voltatosi per chiamarla, la vide immobile a fianco del parapetto, a fissare sotto di sé il fiume scorrere placido, nonostante il martellare incessante della pioggia. “C’è qualcosa che non va, Lina?”

La ragazza si scosse e si voltò verso di lui con un sorriso. “No, niente, Xel… stavo solo pensando a quanto è assurda questa situazione” Tacque per qualche istante, poi si girò spalle alla balaustra e vi si appoggiò. “Senti, posso farti alcune domande?”

Il mazoku annuì. Lina trasse un sospiro e rovesciò indietro la testa, calandosi il cappuccio. “Che bella la sensazione della pioggia sulla pelle… e pensare che l’ho sempre odiata. Eppure adesso mi fa sentire così viva…” Il demone la osservò perplesso: ma non aveva detto di avere delle cose da chiedergli?

Come in risposta al suo dubbio, la ragazza riportò gli occhi su di lui. “C’è una cosa che mi ha subito fatto pensare quando ho ripreso conoscenza davanti a quella statua nel deserto: che fine avevano fatto le mie ferite. Ti ricordi? Mi avevi distrutto uno spallaccio dell’armatura e mi avevi ferito seriamente il fianco. Eppure quando mi sono… «risvegliata» non c’era più nulla… perché?”

Xelloss sorrise. “Non è facile rispondere, Lina… da quel che ne so, il luogo in cui la Madre vi ha sigillati per mano mia, è una specie di dimensione parallela in cui tutto è riportato alla sua perfezione originaria. Di conseguenza lì non esiste nulla che possa corrompere lo stato primigenio delle cose, come ferite o mutilazioni; e non sono concepibili nemmeno i sentimenti e le emozioni di alcun genere perché anch’essi alterano in qualche modo la purezza imperturbabile che caratterizza coloro che si trovano in quell’universo infinito”

“È per questo allora che quando mi hai liberato, la prima sensazione che ho sentito è stata una pace assoluta? Come se fossi puro spirito e fossi sospesa nel vuoto…”

Il demone rimase un attimo incerto, prima di annuire: non comprendeva bene che tipo di sensazione avesse provato Lina, ma, da quel poco che aveva capito parlando con la sua Master, un essere umano richiamato alla vita dalla dimensione parallela avrebbe dovuto reagire all’incirca in quel modo.

La ragazza, nel frattempo, sei era persa nuovamente nei suoi pensieri. “…tutto è riportato alla perfezione originaria” la sentì mormorare dopo un attimo. Quindi Lina alzò la testa verso di lui. “Xelloss, secondo te se Lon decidesse di risvegliare anche Zelgadiss, lui sarebbe libero dalla sua maledizione?”

Zelgadiss, la chimera. Il mazoku inarcò le sopracciglia: ricordava quel ragazzo, sempre alla ricerca dell’inesistente cura per il suo aspetto mostruoso. Mentre viaggiava con loro, si divertiva sempre a stuzzicarlo; era incredibile quante emozioni negative riuscisse a provare e quanto intense! La sua vicinanza era una festa per un demone come lui.

Ma poi, quando ormai i quattro erano stati sigillati e la loro memoria era sbiadita nelle menti di tutti, Demoni e Draghi compresi, lui a volte ripensava alla chimera e si chiedeva che cosa ne sarebbe stato di lui se fosse vissuto, se mai sarebbe nato qualcuno in grado di aiutarlo.

Accennò un sorriso e si strinse nelle spalle. “Non ne ho idea, Lina. Probabilmente sì, ma non credo che la Madre ti vorrà mai dare l’opportunità di scoprirlo… mi spiace” Per una volta era sincero: gli dispiaceva sul serio, per lei ma anche per Zelgadiss.

La ragazza scosse il capo e sorrise mesta. “Lon sa essere veramente crudele certe volte. Povero Zel, la cura che ha cercato per tutta la vita l’ha trovata solo nella morte…” tacque per un istante e abbassò lo sguardo. Quando infine rialzò la testa e fissò gli occhi rubino su Xelloss, la luce che vi brillava era tornata quella di sempre. Lei era tornata la Lina di sempre, battagliera e determinata. “Riuscirò a riportarli qui con me, te l’assicuro! E tu lo sai che quando Lina Inverse vuole una cosa la ottiene!” esclamò decisa. Poi si rimise il cappuccio e accennò alla strada davanti a loro. “Su, andiamo che mi sto bagnando tutta sotto quest’acqua… prima di sera vorrei essere al calduccio in una locanda e mangiare come si deve”

Si incamminò rapidamente; Xelloss la seguì per un attimo con lo sguardo, quindi la raggiunse.

Sono contento che tu abbia trovato la forza di reagire, Lina-chan.

 

Procedettero ancora per un pezzo, con Lina che tartassava di domande il priest circa l’evoluzione della cucina locale e la ricchezza delle bande di briganti di quei tempi.

Ad un certo punto, gli alberi iniziarono a farsi più radi, lasciando posto ai prati e, un centinaio di metri più avanti, la strada cominciava a scendere; al termine del pendio, rese un poco indistinte dalla foschia umida che saliva dai campi, si intravedevano delle costruzioni.

Xelloss si fermò prima dell’inizio della discesa e accennò col capo a quelle strutture rimpicciolite dalla distanza. “Vedi laggiù? Quello è il confine del regno di Zelas-sama”

Lina si portò al suo fianco e incrociò le braccia sotto il mantello. “E il territorio successivo a chi appartiene?”

Il demone si grattò la tempia, imbarazzato. “Beh… è il regno di Garv-sama” sputò fuori alla fine, in tutta fretta.  “Non possiamo fare a meno di passare dalle sue terre: il Dragon Shrine è nel suo dominio…”

A quell’annuncio, Xelloss si aspettava che Lina lo strangolasse o, vista la reazione precedente,  si rifiutasse di mettere piede nel territorio del Mariyu-ou, ma la ragazza lo sorprese, stringendosi nelle spalle con fare noncurante. “Ok, muoviamoci allora, che già si sta facendo sera!”

Il mazoku rimase un attimo interdetto, poi alzò le mani a palmo in su, in un gesto di rassegnazione. “Io rinuncio a capire. Comunque se va bene a te, va bene anche a me. Andiamo… c’è una cittadina a mezz’ora di cammino da qui”

 

Raggiunsero l’abitato che già era il tramonto. Fortunatamente, la pioggia era cessata e le nuvole viola si erano aperte un poco, rivelando sprazzi di cielo rossastro.

“Sembra che domani avremo una bella giornata” osservò Xelloss, guardando in alto.

Ma Lina non lo ascoltava nemmeno, persa ad osservare la gente nelle vie che si affrettava a rientrare a casa; la cosa che la colpiva di più era che, nonostante fosse già quasi buio, le belle strade lastricate erano ancora piuttosto affollate – e stranamente illuminate. Ci mise un po’ ad accorgersi di quegli strani pali posti sui marciapiedi e alti più di un uomo, alla cui sommità si trovava un globo luminoso. “Xelloss, cosa sono quelli?”

Il demone seguì il suo dito e poi sorrise. “Lampade da strada. Idea intelligente, non trovi? In cima a quelle aste di ferro c’è una palla di vetro dentro cui viene accesa una fiamma per illuminare le vie”

“Beh, senza la possibilità di usare il Lighting per fare luce, direi che sono indispensabili la sera per vedere qualcosa… qualcosa come quella bellissima locanda!” esclamò, indicando una casa dalle ampie finestre, coperte da tendine di pizzo a mezza altezza, da cui filtrava una luce calda e accogliente.

“Tu devi avere un sesto senso innato per i posti migliori in cui magiare e dormire, vero Lina?”

Lei lo guardò, prima incuriosita poi soddisfatta. “Ovvio! Io sono la migliore e scelgo le cose migliori!”

“Beh, quella è la locanda migliore della città e una delle più belle nel raggio di miglia”

“E allora alloggeremo lì stanotte, è deciso!” proclamò Lina decisa, correndo verso la porta “Ah, ovviamente paghi tu, Xel-chan!”

“A-Aspetta Lina…” cercò invano di fermarla il mazoku. Ma Lina ormai era già entrata.

Scuotendo la testa, si decise a seguirla e la raggiunse sull’ingresso dell’ampia sala da pranzo comune, al cui centro dominava una grande stufa, ricoperta di maioliche bianche e blu, sulla quale erano posti a scaldare i cestini di pane che le graziose cameriere in divisa celeste servivano agli ospiti. Attorno alla stufa erano disposti i tavoli più piccoli, mentre ai lati della stanza, discretamente divisi da dei separè in legno intarsiato, si allineavano i tavoli più grandi. L’arredamento spaziava in tutte le tonalità dell’azzurro e nelle molteplici sfumature di marrone dei diversi tipi di legno.

Tutto l’insieme dava un senso di calore e di familiarità che la ragazza non aveva mai visto in nessuna delle numerose locande che aveva frequentato. Se ne innamorò immediatamente e si affettò a raggiungere la padrona al bancone per prenotare due stanze.

 

Appena ebbe preso possesso della propria camera, una singola al primo piano con vista sul piccolo giardino sul retro dell’edificio, Lina si chiuse la porta alle spalle, buttò il mantello sulla poltroncina e si sciolse i capelli. Poi si lasciò cadere sdraiata a peso morto sul letto e trasse un profondo sospiro.

“Mi sembra ancora tutto così assurdo…” mormorò, passandosi una mano sugli occhi. Insieme al freddo e alla stanchezza per il cammino, sentì invaderla una grande tristezza.

Malgrado durante la giornata avesse fatto di tutto per nasconderlo soprattutto a sé stessa (perché sapeva che Xelloss se ne sarebbe accorto comunque), quella situazione le pesava enormemente. Si sentiva sola e non le bastava sapere che sua sorella e Philia erano ancora vive… lei rivoleva tutti i suoi amici, rivoleva… Gourry…

Tutto sembrava così vuoto e lontano da non avere la minima importanza e in quel momento le pareva di non avere neppure la forza di pensare. Avrebbe preferito rimanere per sempre imprigionata nella statua, in quel limbo infinito e senza storia piuttosto che ritrovarsi catapultata in quello che era il suo mondo e nello stesso tempo non lo era mai stato… Le lacrime iniziarono a pungerle gli occhi.

Si alzò a sedere di scatto. “Ora basta. Un bagno caldo e una bella cena sono quel che ci vuole per tirarmi su! Non devo intristirmi, altrimenti non vado da nessuna parte!” Anche lei non ci credeva fino in fondo, ma non riusciva a trovare un’altra soluzione; spalancò l’armadio, afferrando il necessario per il bagno e uscì con foga, resistendo appena in tempo all’impulso di sigillare la porta della stanza con un incantesimo. Accidenti alla cameriera che puliva il corridoio!

 

Ritornò dal bagno molto più rilassata e nemmeno intanto che si pettinava i capelli seduta su un pouf di fronte al camino permise alla sua mente di sfiorare pensieri tristi: non poteva permetterselo. Se voleva raggiungere il suo obiettivo di liberare i suoi amici doveva essere forte.

Rovesciando in avanti la testa, i morbidi riccioli ramati che sfioravano il pavimento, promise solennemente a sé stessa e ai suoi amici che ce l’avrebbe fatta.

Si era appena allacciata l’elegante kimono di seta vermiglia fornito dalla locanda, quando sentì bussare alla porta.

“Chi è?”

“Lina, posso entrare?” La voce di Xelloss.

“Aspetta, ti apro” Con uno schiocco di dita, sciolse il sigillo magico sulla porta e il demone entrò.

“Avevi chiuso la porta con la magia?” le domandò subito lui, vedendola accanto allo specchio, intenta a raccogliersi i capelli e fermarli in una crocchia con uno spillone.

“Sì. È decisamente più comodo che usare le chiavi. Lo stavo facendo anche prima in corridoio… per fortuna che mi sono accorta in tempo della cameriera che puliva…”

“Devi stare attenta, Lina” le raccomandò “O potresti finire in guai seri… soprattutto con la Madre”

Lei gli sorrise. “Grazie dell’avvertimento, Xel… solo che per me è così… difficile…” si interruppe un attimo: stava già venendo meno alla sua promessa. Scosse la testa con vigore, poi riprese, senza più traccia di incertezza nella voce “Come mai sei venuto qui? Hai bisogno di me?”

Il mazoku si frugò nella tasca dei pantaloni. “Volevo darti… questo” rispose infine, mostrandole una catenina d’argento in cui era infilato un rubino, abbracciato da una sofisticata montatura, anch’essa d’argento.

Al vederla, gli occhi di Lina non presero la consueta espressione avida, come davanti agli altri gioielli: la ragazza aveva intuito che in quella pietra c’era qualcosa di speciale. Diede uno sguardo al pendente e poi lo fissò sul demone. “Che cos’è, Xelloss? Sii sincero, l’ho capito che quello non è un rubino qualsiasi”

Il priest socchiuse gli occhi; come sempre, un brivido corse giù per la schiena della ragazza nel vedere lo scintillio di quelle magnetiche pupille feline. “Non ti si può nascondere niente, eh Lina?” le sorrise “Questa è la gemma che ti sigillava… non so nemmeno io perché, ma dopo averla tolta dalla statua l’ho conservata e l’ho fatta montare in questa collana. Volevo che la tenessi tu, mi sembrava giusto”

La ragazza, per nulla turbata dalla spiegazione, rispose al sorriso. “È un pensiero molto gentile da parte tua”

Xelloss non rispose, limitandosi ad allacciarle la collana; poi le porse il braccio. “Mi permettete di invitarvi a cena, signorina?” chiese galantemente.

Lina annuì. “Accetto con molto piacere, Xelloss-san”

   
 
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