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Autore: Marselyn    16/08/2010    2 recensioni
"Erano dunque arrivati a quel punto.
Non si spiegava perché, ma il pensiero di dover rompere i rapporti con Elyn lo rattristava. C’erano poi molte altre cose che non si spiegava: il come era stato possibile creare quella sintonia, averla cercata e non aver capito che era, forse, importante per tutti loro. Non si spiegava come nessuno di loro, fino ad allora, si fosse mai chiesto quanto quei pomeriggi passati insieme, tra persone che dovevano spontaneamente odiarsi, fossero strani e illogici nel loro scorrere veloci e così vivi. Non riusciva a spiegarsi come fossero arrivati al punto di cercarsi, di trovarsi e consumare ore intere insieme, come fossero arrivati anche solo al punto di parlarsi senza urlare, senza mai rendersi conto di quanto solo tutto questo fosse già pazzesco e contro ogni loro coerenza. Tutto indicava quanto irragionevole fosse stata quella vicinanza e Sirius proprio non si spiegava come fossero arrivati a quel punto senza mai domandarsi come mai tutto stesse andando in modo così strano, così trasparente, così autonomo, vivo e senza controllo." [cap. 17]
Dall'autrice: Con ogni probabilità, potreste avere l'impressione che i primi e gli ultimi capitoli siano stati scritti da persone totalmente diverse.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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11. Rivelazioni

Finalmente giunse il fine settimana, come una benedizione dal cielo.
Sirius si ritrovò a maledire il momento in cui aveva assecondato James, nella sua folle idea di farlo entrare nella squadra di Quidditch. Passarono l’intera mattinata ad allenarsi nel prato. Provò tutti i ruoli: Cacciatore, Battitore e perfino Portiere. Per il ruolo di Cercatore era inutile anche provare, e glielo ricordò in tutta franchezza James. Il posto era suo.
Nonostante gli sforzi e le incitazioni di James, non si sentiva decisamente portato per quello sport. Era una follia tentare di entrare nella squadra, una follia che non lo entusiasmava più neanche tanto.
Il pomeriggio la pioggia venne giù a secchiate d’acqua, l’allenamento era rimandato alla domenica mattina. Sirius ringraziò il cielo per aver così crudelmente interferito con i piani di James.
La domenica passò ordinariamente tra gli allenamenti mattutini e i compiti del pomeriggio.

Il giorno dopo, Mary si sedette accanto a Sirius per colazione.
«Ti trovo bene, Sirius» disse, sorridendo.
«Grazie, anch’io ti trovo bene, Mary» replicò, affogandosi con il succo di zucca. Mary si esibì in una risatina isterica.
Cominciava a fargli simpatia Mary, però, quel giorno l’idea di avviare una conversazione con lei non lo entusiasmava grandemente. Come se gli fosse stato riferito tutto il contrario, lei si lanciò a parlare.
«Come va con la vostra punizione? Immagino sia una vera seccatura quella...» disse, con una punta di acidità.
«La McGranitt è così» replicò Sirius, a sua volta inacidito da quella sfrontatezza. «E non nego che abbia ragione. Ce la siamo meritata tutta» concluse, accantonando la questione.
«Non hai capito» fece lei, paziente, con la sua solita aria comprensiva e intenerita. A Sirius urtava i nervi. «Quella lì, la ragazza che è insieme a voi... quella Serpeverde» puntualizzò, come se stesse parlando di qualcosa tanto ignobile da non meritare di essere nominato.
«Oh, lei. Non è così male» rispose, non meno acido, senza ricordare di aver detto la stessa identica cosa di Mary ai suoi amici, pochi giorni prima. Adesso sembrava aver completamente abbandonato la labile convinzione che quel giorno aveva creduto di avere.
«Sarà, ma a me è sempre parsa un po’ strana... non si vede quasi mai in giro, è sempre così... sfuggente, diffidente, con la puzza sotto al naso, mi spiego? Una volta mi è venuta addosso, mentre correva per i corridoi, era diretta alla Guferia. Sembrava così fuori di sé, così... ad ogni modo, mi ha fatto cadere tutti libri per terra, si è abbassata a prenderli e si è limitata a dirmi: “Scusami”, velocemente, poi è scappata via – in effetti è balzata via come se l’avesse punta un ape -, ritornata per la sua strada, mi spiego? come se niente fosse successo!»
«Bè, che cos’altro avrebbe dovuto fare?» replicò Sirius, irritato. Ma Mary era talmente concentrata ad indignarsi che non lo degnò della minima attenzione. Riprese a parlare, inarrestabile.
«Per non parlare di quando tu e James avete appeso all’aria Piton, alla fine dell’anno scorso, - piuttosto, vi appoggiai pienamente allora, se lo meritava e se lo merita tuttora, come spetterebbe lo stesso trattamento a tutti i suoi amici Serpeverde -, ad ogni modo...» Sirius si trattenne a stento dal vomitarle addosso. Intanto il ricordo di quel pomeriggio gli riaffiorò fedele nella testa. Rabbrividì al ricordare come Elyn avesse guardato lui e James. Era persuasiva e minacciosa allora, esattamente come adesso. Sorrise, ma Mary non se ne accorse. Decise di non interromperla, soltanto per sentire il resto della storia. In un certo senso, gli interessava, anche se non era altro che una conferma della devozione di Elyn a Severus. «... subito dopo che voi vi siete allontanati, l’ho vista correre su per il prato, sui passi di Severus. Ah! Scommetto che è andata lì a soccorrerlo, scaricandovi maledizioni e insulti, d’altronde è una Serpeverde come lui, della stessa Casa, e sospetto anche che abbia un’adorazione per quel Piton, altrimenti perchè correre così? Ne sarà innamorata... e se così fosse, non so davvero come faccia. Probabilmente è della sua stessa sporca staffa. Tra simili, sai com’è...» Sirius si alzò bruscamente dalla sedia, in un balzo. Non poteva sopportare una sillaba di più.
«Perdonami, Mary, vado di fretta» disse, senza preoccuparsi di nascondere l’irritazione.
«Certo» rispose lei, soave. «Ci vediamo» cinguettò sorridendo.
«Al diavolo» borbottò Sirius, una volta incamminatosi verso l’uscita della Sala Grande. Aveva sentito decisamente troppo.

Mentre si dirigeva solo verso la serra numero 3, pensò a quello che gli aveva raccontato Mary.
Ogni volta che gli sembrava di capirla di più, automaticamente, quell’incessante incomprensione lo inabissava nuovamente.
Aveva appena fatto in tempo a scoprire che la presa di colpa di Elyn sull’Espresso era stata unicamente finalizzata alla sua salvaguardia, e non a quella di Severus, – e il perchè, nonostante James gli avesse dato una spiegazione, ancora non gli era del tutto chiaro -, e di nuovo lo spettro di quella insana devozione si affacciava sulle sue conclusioni. Conclusioni, che ancora una volta, si rivelavano errate.
Perchè, malgrado cercasse di nasconderlo a se stesso, sperava in fondo che nel gesto di Elyn - nel fatto che si fosse addossata una colpa inesistente per evitare loro l’espulsione – ci fosse altro, e di molto più puro che una semplice, dovuta e arida riconoscenza. Che ci fosse qualcosa che provenisse dal più profondo di lei, non dettato da una mera convenzione priva di emozioni, o nata da una superficiale pacificazione dei conti.
Smettila, si disse, piantala di continuare a supporre spiegazioni e probabilità inesistenti.
Eppure, quella storia non gli quadrava.
Davvero Elyn non era consapevole del fatto che chiunque, al posto di Sirius, avrebbe fatto quella stessa scenata a Severus, dopo aver assistito ad una tale mancanza di rispetto nei suoi confronti? E se anche nella reazione spropositata di Sirius sull’espresso ci fosse stato dell’altro – e, benché non volesse ammetterlo, era vero: forse c’era dell’altro -, davvero Elyn non aveva pensato che avrebbe tranquillamente potuto ritenere quella reazione frutto di una normale umanità? Riscontro di una pietà che chiunque avrebbe avuto? Avrebbe potuto pensarla così, avrebbe potuto ignorare le urla di Sirius, ritenendole ovvie e naturali, eppure non l’aveva fatto.
Proteggersi con un velo di indifferenza non le sarebbe stato tanto improponibile, in fondo; chiunque, come Sirius, avrebbe preso le sue difese in quel modo. Tuttavia si era sentita riconoscente, aveva voluto ringraziarlo anche se non le era strettamente dovuto, dunque c’era dell’altro anche da parte sua? Qualcos’altro l’aveva spinta a comportarsi in quel modo?
Mentre si poneva un’innumerevole schiera di quesiti, Sirius arrivò alla serra. Con sollievo, vide che non era vuota. C’erano Frank, Blomb e altri della sua casa. Tirò un sospiro di sollievo: era stanco della sua testa che continuava a riempirlo di dubbi e a svuotarlo di certezze quando era solo, era stanco di non riuscire a trovare neanche un’ombra di riposte delucidatrici, ed era stanco, soprattutto, di sentirsi ogni istante di più uno sconosciuto a se stesso.

*

Sirius e James si trovavano davanti la porta dell’ufficio della professoressa.
«Bene» disse James, mentre bussava. «Allora quando finiremo chiederò alla professoressa se domani può lasciarci il pomeriggio libero per le selezioni»
«Prego» sentirono, al di là della porta.
«Ma non avevi detto che...» Ma James era già entrato.
Gli era parso di aver capito che le selezioni fossero quel giorno stesso, ma di certo nessuno poteva saperlo meglio di James, pensò Sirius, abbandonando così ogni dubbio.
«Buonasera professoressa»
«Buonasera» rispose accennando un sorriso sfuggente, e i due si ritennero autorizzati – come di consueto - a dirigersi verso la stanzetta imbucata. Sirius allungò la mano verso la maniglia della porticina, seguito dietro da James.
«Signor Potter, signor Potter!» fece la professoressa alzando una mano in aria e agitandola lievemente, in segno di arresto. «Questo pomeriggio ho bisogno che lei mi aiuti, il suo amico signor Black provvederà a occuparsi dei volumi insieme alla signorina che si trova già dentro, ma lei mi serve qui. Devo portare quella catasta di libri giù, in biblioteca, e non ho assolutamente un solo baule dove trasportarli. Mi farebbe il gentile piacere di portarli giù, mentre io mi occupo di queste noiose scartoffie qui, sulla scrivania?» Entrambi sapevano che non era una faccenda contrattabile.
«Certo, professoressa» balbettò James, impallidendo davanti alla marea di libri accatastati all’angolo dell’ufficio. La McGranitt sorrise e ritornò alle sue faccende.
«Buona fortuna» sospirò James, guardando l’amico con occhi impotenti.
Sirius, decisamente infastidito dalla piega che aveva preso la situazione, si addentrò, lasciandosi la porta socchiusa dietro. Qualunque appiglio al mondo esterno era decisamente bene accetto. Ma non fece che un passo dentro la stanza, che sentì dietro la porta chiudersi.
«Bastardo di un cervo» pensò in cagnesco.
Come di consueto, si sedette lontano da Elyn, dall’altro capo del tavolo, e in silenzio si mise a lavoro.

La faccenda era alquanto imbarazzante. Dopo la rivelazione del giorno precedente, Sirius si sentiva a disagio anche solo a condividere la stessa aria con lei. Sentiva come anche respirare quell’aria gli era possibile solo grazie a lei. Il suo intero anno ad Hogwarts sarebbe stato unicamente merito di Elyn. Si sentì inondare di riconoscenza, tanto che istintivamente smise di scrivere.
«Lo so...» Persino la sua mente rimase stupita da ciò che stava facendo. Reclamava controllo, ma la bocca non glielo concedeva. «Perchè l’hai fatto» precisò. Elyn smise di scrivere.
«Ce ne hai messo di tempo...» disse.
«Me l’ha detto James»
Elyn abbozzò un sorriso tirato e fece spallucce. Lo sguardo, però, sempre basso.
«Non dovevi sentirti in debito, io non ci ho pensato neanche quando l’ho fatto...»
Finalmente alzò il viso verso di lui, e lo guardò con una ruga in fronte. Poi rise o sospirò, Sirius non lo capì, ma vide il suo sguardo mutare, diventare incerto.
«Bene...» disse. La voce suonò amara, priva della sicurezza di sempre, quasi offesa. «Stupidamente ho pensato che te ne importasse qualcosa...» E improvvisamente Sirius capì.
«No, no» si affrettò a ribattere, «volevo dire che l’ho fatto reagendo d’istinto, senza pensarci due volte» Sentiva l’agitazione montargli addosso. Non stava facendo altro che ripetere ciò che le aveva già detto prima, rincarando la dose, confermando ciò che Elyn aveva capito. «Voglio dire...» sospirò. Quella ragazza lo stremava. Non aveva mai avuto difficoltà di comunicazione prima, o almeno non dovute a lui, adesso sembrava che la sua bocca parlasse prima di chiedere il permesso al cervello, e che i suoi alterego – peraltro appena conosciuti - prendessero sovente il sopravvento. «... era logico che lo facessi, non perchè l’avrei fatto con chiunque, ma perchè in quel momento ho sentito di farlo. Non ho valutato neanche la possibilità che ci avessi aiutati perchè ti sentissi in debito, perchè per me...» tacque cercando le parole giuste. «... perchè non avrei mai preteso niente in cambio. E poi...» esitò. «Non l’avrei mai ritenuto un gesto abbastanza nobile, il mio, per un ringraziamento del genere. In realtà...» continuò ridacchiando. «... non lo era»
Elyn annuì. Il suo sguardo si rischiarì un po’, prima di ricadere giù, scrutando il libro davanti a sé.
Si sentiva un perfetto idiota. Talmente idiota che si convinse che Elyn aveva annuito soltanto per pura pietà, e aveva abbassato lo sguardo soltanto per farlo tacere.
Si sentì un perfetto idiota.
Ritornò a scrivere. Doveva solo chiarire quel dettaglio con lei, e l’aveva fatto. Adesso era davvero finita.
«Lo era.»
Sirius sentì il cuore gonfiarsi un po’, alzò lo sguardo, ma come già si aspettava Elyn era lì, tranquilla, come se non avesse parlato. Eppure l’aveva fatto. Gli aveva appena detto che il suo gesto era stato abbastanza nobile da salvarlo.
Osservò la figura curva sul libro davanti a sé.
Stavolta non aveva dubbi sul fatto che non si fosse immaginato quelle parole.
Riabbassò lo sguardo, sorridendo.
In fondo, cominciava a conoscerla, Elyn, e sapeva che era abbastanza orgogliosa o ambigua da non degnarlo di uno sguardo anche se gli parlava. Figuriamoci dopo avere ammesso che Sirius ne aveva fatta una giusta.
La sua imprevedibilità era diventata quasi prevedibile...
... o forse piacevolmente familiare?
E mentre se lo chiedeva, continuava a sorridere, senza rendersene conto.

*

Lavoravano da circa mezz’ora.
Con grande sorpresa, la pila di libri cominciava ad abbassarsi vistosamente, a gran velocità.
Sirius si alzò per riporre una serie di libri tra quelli già schedati, e nel risedersi vide Elyn chiudere il volumetto che a lui si era presentato praticamente illeggibile, e che il venerdì prima aveva rinunciato a consultare, abbandonandolo in mezzo al tavolo.
«Come hai fatto?» domandò esterrefatto.
«Aparecium» rispose lei. Esitò qualche istante, e proseguì: «Me l’ha insegnato Severus».
Sirius si sentì come se gli avessero appena dato una gomitata in pieno stomaco. Elyn sembrava invece sul punto di voler parlare ancora, come se l’argomento ‘Severus’ fosse l’unico di suo vero gradimento. Continuò a fissarlo, in maniera strana.
A Sirius parve che nei suoi occhi vi fosse un’esplicita richiesta, ma di cosa? Voleva forse che le domandasse di lui? Che le chiedesse di parlarne? Di Mocciosus?
Abbassò lo sguardo, turbato.
Non se ne parla proprio, pensò.
Con la coda dell’occhio vide che Elyn rimase a fissarlo per un po’, mentre negli occhi una luce di speranza svaniva, subito dopo abbassò lo sguardo.
Perchè gli chiedeva ancora di lui? Voleva forse che l’aiutasse a conquistarlo? Era forse una richiesta d’aiuto, quella? Come poteva anche pensare che l’avrebbe fatto, tutto ma non Mocciosus! E questa volta non si sarebbe sentito in colpa. No, non l’avrebbe fatto! Stavolta era lei che doveva sentirsi in colpa, per quell’assurda richiesta d’aiuto!
Un momento prima sembrava che tra loro regnasse la pace, e invece ancora lo spettro di Mocciosus si presentava insaziabile nella sua mente, in tutto ciò che era Elyn.
Ma che aveva Mocciosus? Cos’era quella fissazione? Cos’era quell’incommensurabile devozione? Amore?
Forse sì, forse era davvero quella la risposta.

«E’ mio fratello» La voce uscì timorosa, eppure ferma, come se fosse una muta sfida a controbattere. E c’era tristezza in quella confessione. Una tristezza nascosta bene nel tono, tuttavia così evidente negli occhi.
Sirius si sentì come se gli avessero sbattuto una padella in testa. Confuso, spiazzato, incredulo. Si irrigidì.
«Severus» aggiunse Elyn. «E’ mio fratello»
Sirius la guardò attonito, ci mise un po’ per realizzare. Non era possibile. Roba da matti! Non era possibile! Era così... diversa!
«Tuo fratello?!» esclamò, sconcertato. Parlava senza rendersene conto. «Tuo fratello?! Non è possibile! Siete gemelli? Non è possibile! I tuoi... I tuoi capelli!» Un istante dopo si pentì di quell’ultima farse.
Elyn infatti fu in piedi in uno scatto, e un attimo dopo era già davanti la porta, la mano protratta verso la maniglia.
«No!» Sirius balzò in piedi, allungò una mano come se volesse fermarla per un braccio, ma la arrestò a mezz’aria. Il risultato era abbastanza buffo. «Scusami, perdonami. Sono un idiota, mi è... mi è scappato» parlò, accavalcando le parole una sull’altra. Esitò. Prese un respiro. «Mi è scappato. Scusa.»
La vide esitare, poi Elyn si voltò, puntando lo sguardo fermo e accigliato su di lui. Lo scrutò, come se stesse valutando quanto fosse reale il suo pentimento. Con sollievo di Sirius, qualche secondo dopo si diresse di nuovo verso il suo posto.
«Volevo dire che... siete diversi» puntualizzò Sirius, con tono attento, quando fu di nuovo seduta, facendo altrettanto. «Molto diversi».
Elyn fece finta di non sentire, e Sirius decise di non provarci più, anche se non capiva cosa le desse fastidio. Dopotutto era vero. Tremendamente vero. I capelli di Mocciosus erano sporchi e sudici, i suoi invece sembravano una tela scura, lucida e setosa, di un bruno brillante che spezzava naturalmente con il chiaro della pelle, in maniera quasi artistica, quasi innocente. Il ritratto di una fragile fanciullezza. Quasi ci si poteva perdere a contemplarli.
E d’altronde, che poteva farci se la differenza dei capelli era stata la prima cosa che aveva notato?! Era così evidente, non poteva biasimarlo! Era diversa, punto e basta. Era così diversa.
«Ho un anno meno di lui... E non siamo poi così tanto diversi» replicò lei, sostenuta.
Sirius si trattenne dal ridere, e valutò la questione. Emise un verso di riflessione, e decise di darle una chance. Lei lo guardò con sfida.

Osservò la forma del suo viso, regolare e quasi infantile, e si immaginò quella allungata e smunta di Severus. Su quello non c’erano dubbi: erano assolutamente diversi.
La pelle era pallida. Pallida in entrambi, ma anche questa diversamente. Il pallore di Severus dava l’impressione di un qualcosa di malaticcio, infetto, cadaverico. Il pallore di Elyn era brillante, pulito, giglio. Innocente. Anche questa volta diverso.
Osservò i suoi occhi chiari e furbi, e si figurò in mente i rozzi e spauriti occhi di Severus. Neri come la pece. Si frenò dal sorridere, soltanto per non dar dubbi sul fatto che stesse esaminando la questione con serietà.
Eppure...
Quasi sussultò sulla sedia scorgendo una certa somiglianza nello sguardo. Qualcosa di profondo, qualcosa di celato dietro gli occhi vitrei e gli occhi neri di entrambi, era ugualmente presente. Forse era proprio il segreto della loro parentela. O forse era una languida malinconia che accumunava entrambi, sotto le lunghe ciglia nere.
Senza volerlo, l’espressione sorpresa di Sirius strappò un sorriso trionfante a Elyn. Lei annuì e ritornò giù con la testa.

E come se la rivelazione gli si fosse presentata davanti soltanto adesso, Sirius si sentì svuotare dentro.
Dunque era sua sorella? Dunque è questo ciò che Mocciosus rappresentava per lei?
Si sentì disturbato e sollevato allo stesso tempo.
Si batte per un sentimento che dovrebbe esserle concesso per natura, rifletté. E’ sua sorella e Mocciosus non la degna di un’attenzione.
Si sentì stringere lo stomaco, era come se un peso gli fosse appena rovinato addosso.
«Perchè diavolo fa così?»
Elyn lo guardò negli occhi, esitò. Forse non aveva valutato quel lato della questione, forse non aveva previsto un interesse da parte di Sirius. Parve confusa e incapace di rispondere. Corrugò la fronte, forse frenando dentro un’ondata di tristezza.
«Vogliamo che non lo sappia nessuno». Riprese a scrivere.
«Vogliamo?» Sirius non voleva, ma la voce gli uscì alterata. Una nota di rabbia percosse l’intera parola.
Elyn lo guardò di nuovo, impotente. Ancora una volta, il volto della ragazza triste in mezzo al corridoio di Hogwarts gli ritornò alla mente, e lo rivide di fronte a sé: "Che importa... non cambierà le cose".

Adesso gli era chiaro. Perchè, nonostante fossero fratelli, nonostante ciò che lui rappresentasse per lei, e soprattutto, ciò che lei rappresentasse per lui, Mocciosus non la degnava di uno straccio di affetto. Era Mocciosus che non cambiava le cose.

«Lascia perdere» mormorò lei, riportando nuovamente giù lo sguardo.

Sirius non si sentì di replicare. La malinconia, quella silenziosa incapacità di parlare, come una malattia, aveva contagiato anche lui, riuscendo ad eclissare anche la rabbia che gli era incendiata dentro.


***


NdA: Tadadadan! Ve l'aspettavate? XD Io dico che era prevedibile, no? xD Aspetto recensioni su questo capitolo, anche solo per sapere se vi eravate fatti un'idea ;DD
E adesso passiamo a alle recensioni.
Sall: Esatto, Sirius se l'è posto un po' come obbiettivo, quello di farsi 'accettare' in qualche modo da Elyn, anche se lui stesso non capisce il perchè di tanto affanno. Nasconde dietro la scusante della gratificazione personale, un qualcosa, un perchè che in realtà non riesce a comprendere a fondo neanche lui. Nonostante tutto, però, una delle cose che lo spinge di più ad agire è il fatto che Elyn non ceda, dunque una parte di tutto questo 'accanimento' (anche se non è una parola che gradisco molto in questo caso) sta anche nella sua caparbietà, e nel fatto che non accetta di ritenersi sconfitto. Ci sono molteplici elementi, insomma, che lo spingono a tentare di farle cambiare idea, come hai detto tu, e la sua impulsività e il fatto che non conosca questa sua nuova parte di se stesso lo spingono ad agire, senza rifletterci su. Se pensasse troppo a quanto stranamente si stia comportando, probabilmente metterebbe a tacere i suoi desideri. Adesso tocca ad Elyn fare un passo indietro :P
gianno11: Sì, l'ho fatto intenzionalmente XD Pensavo a cosa Severus avrebbe potuto fare per fare inalberare Sirius e mi è venuto questo in mente XD D'altronde, la cosa più importante nella vita di Sirius sono proprio i suoi amici, l'amicizia e la giustizia. Ho pensato che per farlo infuriare bastava toccare quei due punti XD


   
 
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