Coming Home - 1st part
Devo ammettere
che passare l’intero pomeriggio con Roxy mi ha fatto
davvero bene. Parlare con un’altra persona che si trova nelle mie stesse
situazioni mi ha spronato a tornare a casa, dove sicuramente papà non mi
accoglierà a braccia aperte. Ne sono sicura. Assolutamente sicura. Mi alzo
dalla stessa panchina dove mi sono seduta circa tre ore fa e mi materializzo a Grimmauld per un’ultima volta prima di tornare a casa. Devo
prendere i vestiti che Ted era riuscito portare a Grimmauld
Place senza che nessuno se ne accorgesse.
Lui vuole
starti accanto, questa è la fortuna che io non avrò. Quando il mio bambino
nascerà, io non avrò nessuno ad aspettarmi, mentre per te è diverso. Tu hai
Ted, Lil. Il tuo Teddy. Lui ci sarà sempre per te, le parole di Roxy mi tornano alla mente,
facendomi seder per un attimo su quello che è stato il mio letto per due settimane.
Rifletto sulle sue parole e in cuor mio so che ha ragione. Ha assolutamente
ragione, dovrei perdonare Teddy e permettergli di starci accanto, ma non ci
riesco. Non ora, perlomeno. E' troppo presto... troppo presto per perdonarlo,
troppo presto per convivere con il fatto che anche Vic stia aspettando un
figlio da lui. E' semplicemente troppo presto. Ho bisogno di tempo, di
nient'altro. E penso che anche Ted lo abbia capito.
Con un colpo di
bacchetta, metto tutti i vestiti nella valigia con la quale Teddy li ha portati
qui. Mi alzo dal letto e afferro la valigia, pronta a materializzarmi a casa
mia. E’ un momento, quando vedo Ted passare davanti a quella che è stata camera
mia e fermarsi, sorpreso, a guardarmi con sguardo triste. Rimango immobile e rigida,
scordandomi quasi di respirare, mentre i miei occhi incontrano i suoi. Cerco di
abbozzare un sorriso, prima di materializzarmi davanti a casa mia, senza
neanche salutarlo. Mi fa male vederlo in quel modo, mi fa male vedere che lui
soffra, ma è la stessa cosa che lui ha fatto a me: mi ha fatta soffrire per
questi tre mesi e soffrirò minimo per altri sei; e poi forse per il resto della
mia vita, dovendo crescere un bambino come ragazza madre.
Scuotendo la
testa, lascio la valigia e mi avvicino alla porta di casa mia. Mi fermo un
attimo, prima di suonare il campanello. Sto facendo la cosa giusta? Faccio bene
a tornare a casa dai miei genitori?
“Cosa dici tu?
Faccio bene a tornare dai nonni? Pensi che sia una giusta scelta?” sussurro
dolcemente alla mia pancia, portandomi una mano su essa. Questo è l’unico modo
che ho per calmarmi: parlare con il mio bambino. So che potrebbe sembrare
stupido, ma parlare a lui o lei mi tranquillizza, mi fa stare bene. Poi non sto
decidendo solo della mia vita, ma anche della sua. La sua vita è nelle mie
mani. La vita del mio bambino è nelle mie mani, “d’accordo, andiamo”.
Sospiro, prima
di suonare il campanello. Lascio la mia mano sulla pancia, come se cercassi di
infondermi coraggio, come se volessi che il mio bambino mi stesse vicino. Devo
assolutamente dedurre che la gravidanza mi sta dando alla testa, ne sono
decisamente consapevole. Vedo la porta aprirsi, rivelando un Al sorpreso con la
bocca aperta che forma una ‘O’ perfetta. Cerco di sorridergli, ma non me ne da
tempo, visto che mi si avvicina e mi stringe a sé in un abbraccio sicuramente
non benefico per il bambino. Rispondo all’abbraccio, sentendo le lacrime
cadermi sulle guancie, rigandomi il volto.
“La mia
sorellina e la mia nipotina preferita sono tornate” mi dice, sorridendomi e
chinandosi sulla mia pancia al pronunciare le ultime parole. Lo sento parlare
con il mio bambino che, a quanto dice lui, è una bambina.
“Chi ti dice
che sia una femmina?” gli chiedo, sorridendo e asciugandomi le lacrime di
commozione.
“Lo so. Lo
sento...” mi risponde, ritornando alla mia altezza, facendomi entrare in casa e
prendendo la mia valigia.
Inizio a
camminare verso il salotto e vi trovo Jamie e mia
mamma intenti a parlare su non so bene che cosa, so soltanto che si fermano,
con la stessa reazione di Al sulla faccia, non appena mi vedono. Vedo James
alzarsi dal divano dov’era seduto ed iniziare a camminare verso di me. Quando
mi è vicino abbastanza mi stringe a sé in un abbraccio fraterno come quello di Albus. Lo abbraccio a mia volta, chiudendo gli occhi e
sentendo altre lacrime cadermi sul volto.
“Lily, ci sei
mancata molto” mi sussurra Jay in un orecchio, accarezzandomi i capelli rossi.
“Anche voi mi siete
mancati” ammetto, rompendo l’abbraccio per guardare mio fratello maggiore negli
occhi scuri, come quelli di mamma.
Vedo mia madre
alzarsi a sua volta dal divano, con lo sguardo di una che ha appena visto un
fantasma, e corrermi incontro, abbracciandomi a sua volta. Quanto mi è mancata
la mia mamma. Spero che un giorno mio figlio mi vorrà bene quanto io ne voglio
alla mia mamma, lo spero davvero. Inizio a piangere e a singhiozzare sulla
spalla di mia madre.
“Shh, non piangere, Lily” cerca di calmarmi, accarezzandomi
a sua volta i capelli e stringendomi a sé.
“Ti voglio
bene, mamma” le dico in un orecchio, tra i singhiozzi.
“Anche io ti
voglio bene” mi risponde, rompendo l’abbraccio e asciugandomi le lacrime con
una mano. Mi basta guardarla negli occhi per riuscire a calmarmi, per riuscire
a smettere di piangere, “e penso che ne vorrò anche al mio nipotino, o
nipotina” mi dice, chinandosi per guardare meglio la mia pancia, “ma... dov’è
Ted?”.
“E dov’è papà?”
cerco di cambiare discorso, non volendo dire della gravidanza di Vic. Mi
asciugo le ultime lacrime che mi sono rimaste sul volto, guardandomi attorno.
“E’ a lavoro,
dovrebbe tornare tra poco” mi risponde, con sguardo comprensivo e...
semplicemente da mamma. Chissà se un giorno avrò anche io quello sguardo pieno
d’amore e di comprensione verso il mio bambino, “comunque non cambiare
discorso: dimmi cos’è successo”.
“Vic...” ecco
che le lacrime ricominciano a cadere sulle mie guancie, al ricordo di quella
maledetta lettera. Avrei fatto meglio a non leggerla, ma non sarebbe cambiato
molto, dato che un paio di ore dopo Ted me l’avrebbe raccontato, “Vic... è...
Ted... come...” prendo un profondo respiro e mi porto una mano alla pancia,
“anche Victoire è incinta di Teddy...” dico, portandomi una mano sulla faccia,
cercando di bloccare il flusso di lacrime.
“Cosa?” sento i
miei fratelli chiedere all’unisono. ‘Cosa?’ era proprio la domanda che volevo,
visto che significa dover ripetere la cosa nuovamente. Fantastico!, “cosa?”
ripetono contemporaneamente di nuovo.
“Vic è incinta
di Ted” ripeto, chiudendo gli occhi e respirando profondamente. Questa cosa mi
ha fatto davvero male e penso che i miei fratelli e mia madre lo abbiano
capito. Riapro gli occhi e vedo lo sguardo sorpreso di mia madre puntato sul
mio volto. La sua espressione mi sembra più sorpresa ora di quando ha scoperto
della mia gravidanza.
“E’ per questo
che sei tornata a casa, tesoro?” mi chiede mamma, guardandomi con occhi tristi,
come se riuscisse ad immedesimarsi nella mia situazione. Annuisco, tirando su
col naso, prima di rispondere verbalmente.
“Si, mamma. Ora
ho bisogno di tempo perché questo fatto mi ha turbata molto, ci sto davvero
male. Forse perché non me l’aspettavo e pensavo che sarebbe andato tutto per il
verso giusto, oppure perché...”.
“... non
credevi che Vic si sarebbe messa tra te e Ted, dopo la notizia della tua
gravidanza” mia madre conclude la frase, dicendo perfettamente quello che
volevo dire, come se mi avesse letto nel pensiero, “beh, lo stesso turbamento che
tu provi per questa cosa è lo stesso che tuo padre prova nei confronti della
notizia della tua gravidanza. Negli ultimi giorni non ha parlato praticamente
con nessuno e se gli chiedevi qualcosa, lui ti rispondeva a monosillabi. Come
tu hai bisogno di tempo per perdonare Ted, lui ha bisogno di tempo per
schiarirsi le idee su quello che sta succedendo”.
“Mi dispiace di
aver provocato tutta questa confusione. Mi dispiace davvero tanto” dico a bassa
voce, scusandomi nuovamente.
“A noi non più
di tanto: diventeremo zii!” dicono ancora all’unisono James e Albus, con un sorriso a trentadue denti, cercando di
sdrammatizzare. Beh, devo dire che ci riescono molto bene, visto che sono
riusciti a strapparmi almeno un sorriso.
“Mi ricordate
zio Fred e zio George!” esclama mamma, ridendo e facendomi ripensare ai miei
zii, ovvero ai suoi fratelli gemelli, “riuscivano a ridere su qualsiasi cosa,
anche su una cosa drammatica come questa”.
“E perché zio
George ha smesso di sdrammatizzare e di rendere ridicola qualsiasi cosa, come
quando era giovane?” le chiede James, probabilmente non ricordandosi di zio
Fred.
“Per via di
Fred, Jamie. Per via della sua morte” risponde mamma,
con un po’ di tristezza nel tono di voce. Penso che ancora non sia riuscita a
superarlo, penso che ancora la ferita riguardante mio zio sia ancora aperta nel
suo cuore e non trovi la forza di guarire. Beh, lo stesso vale per zio Ron e
per tutte le persone che hanno sofferto la sua morte, ma soprattutto zio
George, “ma non parliamo di morte” mia madre cerca di sorridere, senza grandi
risultati, “qui abbiamo una vita che sta per venire al mondo” dice, indicando
la mia pancia, “Al e Jay, portate su la valigia di Lily”.
“Mamma, cosa
dovrei fare con Ted?” le chiedo, una volta che i miei fratelli sono usciti,
sbuffando, dal salotto, e lasciandoci sole.
“Secondo me,
non dovresti rompere tutti i ponti con lui, ma dovresti prima perdonarlo e poi,
se vuole, fargli vedere suo figlio” mi risponde, facendomi ricordare le parole
di Roxy, molto simili alle sue, “poi è una tua
scelta...”.
“Grazie, mamma”
le dico, prima di scoccarle un bacio su una guancia e di salire al piano di
sopra, con meta camera mia.
Mi sembra
passata un’eternità da quando me ne sono andata ad abitare a Grimmauld. Entro nella mia stanza e mi butto sul letto,
socchiudendo gli occhi e portandomi le mani alla pancia. Lo sguardo di Ted mi
torna alla mente, facendomi stare davvero male. E’ stato per questo se sono
ceduta quella sera: per il semplice fatto che non sono mai riuscita a resistere
allo sguardo triste del mio Teddy Bear.
“Cosa fai?
Dormi?” mi chiede Al, apparendo dalla porta e sedendosi su una sponda del
letto, accanto a me.
“No, penso...”
gli rispondo, rimanendo sdraiata e osservando i lineamenti di Al. Devo
ammettere che assomiglia molto a papà quando aveva la sua età. Stessi capelli
scuri, stessi occhi smeraldo. Solo due cose li rendono completamente diversi:
gli occhiali e la casa d’appartenenza ad Hogwarts. Si, mio fratello è un Serpeverde, differentemente da me e James, entrambi Grifondoro.
“A cosa?” mi
chiede dolcemente, guardandomi con il suo solito sguardo da Al. Mi chiedo come
faccia a non avere una ragazza. Se io non fossi sua sorella, giuro che sarei
pazza di lui. Beh, forse la penso così perché è mio fratello e quindi è molto
più premuroso nei miei confronti che in quelli di altre ragazze.
“A Ted, al
bambino, o bambina, come dici tu... a Vic e soprattutto a papà” gli rispondo,
alzandomi a sedere e lasciandomi una mano sulla pancia. Ormai è diventata
un’abitudine quella di appoggiare le mani sul mio ventre, è più forte di me,
“tu, invece? Perché sei in camera della tua dolce sorellina con lo sguardo di
uno che è cotto a puntino per una ragazza e vuole a tutti costi i consigli
dalla sua sorellina incinta? Dico bene?” gli chiedo, ridendo alla sua
espressione stupita. Penso di averci azzeccato.
“Come hai...?”.
“Ti conosco Al”
gli rispondo semplicemente, “cosa c’è che non va?”.
“Sono
innamorato”.
“Fino a qui
c’ero arrivata anche io...”.
“Di Rose”.
“Rose?!” dico
allarmata, non riuscendo a credere alle mie orecchie e alzandomi a sedere per
lo stupore. Cosa è che ha appena detto? Cosa?!, “non starai mica parlando di
nostra cugina Rosie, vero?”.
“Rose
Weasley...”.
“Mi stai
prendendo...” non riesco a terminare la frase perché sento provenire da piano
terra una lite tra i miei genitori. Papà deve essere tornato, “Al, ne
riparliamo più tardi” gli dico, uscendo da camera mia e scendendo le scale fino
a ritrovarmi in salotto, dove mamma e papà stanno discutendo, “ciao, papà” gli
dico, avvicinandomi a lui e vedendo il suo sguardo smeraldino e interrogativo
puntato su di me, “e il tuo nipotino o nipotina ti saluta a sua volta”
aggiungo, sentendo un colpo provenirmi dalla pancia.
“Beh, ma lo
stesso non vale per il mio figlioccio”.