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Autore: Fiamma Drakon    17/08/2010    5 recensioni
Dinanzi a lei stava una donna alta e snella, con i capelli neri lunghi e mossi, un ciuffo che cadeva trasversalmente a coprirle l’occhio destro, lasciando ben vedere l’altro, di un intenso nero pece, sul quale era lievemente calata la palpebra, tinta di un viola intenso, in un’espressione che la faceva molto sexy.
Le labbra erano piene e colorate della medesima tonalità di viola dell’ombretto.
Tuttavia, la particolarità che aveva attirato maggiormente la sua attenzione era il tatuaggio sul suo zigomo sinistro: una farfalla nera in volo vista di lato, dietro la quale era tatuata una piccola scia di pallini viola, simili a polvere, tra i quali vi erano anche tre piccole stelle del medesimo colore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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9_Prime difficoltà Un quarto alle otto, Roy era già alla stazione, con la valigia in mano, ad aspettare la sua “compagna d’avventure”.
Il loro treno sarebbe partito tra quindici minuti esatti e di lei non c’era ancora traccia da nessuna parte.
A quell’ora della sera, le banchine tra le rotaie erano quasi sgombre e solo poche persone erano ancora in attesa del loro treno, sicché non era difficile, per lui, individuare il tenente, in caso arrivasse.
Andò a sedersi su una panchina lì vicino, addossandosi contro lo schienale e mandando un sospiro: non era mai stato al Sud, ma da quello che aveva sentito dire in proposito, il clima era abbastanza caldo, per cui, almeno per il viaggio d’andata, aveva preferito mettersi qualcosa di leggero, sopra cui aveva messo una giacca, dato che a Central City iniziava già a far freddino e non voleva prendersi un raffreddore.
Il tempo sembrava non passare mai e lui era impaziente. Già il fatto che li avessero mandati in missione in un’altra città lo faceva arrabbiare, visto che non avrebbe potuto incontrarsi con Amber finché non fosse tornato, e adesso il tenente ritardava.
Incrociò le braccia sul petto, tanburellando con le dita sulla giacca.
- Colonnello... -.
La voce di Riza così incredibilmente vicina lo fece saltar su e voltare: la donna era in piedi ad un lato dalla panchina e lo fissava, perplessa, con ogni probabilità per l’esagerata reazione mostrata al sentirsi richiamare.
Anche lei non si era vestita in modo particolarmente pesante: una camicetta bianca con un largo scollo a “V”, una gonna beige che le arrivava poco sopra il ginocchio e un paio di scarpe con i tacchi. Nient’affatto male.
Il moro distolse lo sguardo, imbarazzato.
- La stavo aspettando, tenente... -
- Mi spiace di averla fatta attendere... - replicò pacatamente lei - ... andiamo, signore? - aggiunse poi.
- Sì, andiamo - confermò lui, prendendo la valigia, seguendo la subordinata verso il loro treno.
Salirono su una delle carrozze centrali ed avanzarono lungo il corridoio in cerca di un posto dove potessero star solo loro due.
Ne trovarono uno nell’angolo opposto a dove erano saliti, e si apprestarono a sedersi, accompagnati da un silenzio piuttosto disagiato.
Il treno partì pochi minuti dopo.
Il viaggio fu decisamente rilassante, anche se il loro obiettivo non lo era esattamente: andavano a combattere, di nuovo.
Non volevano andare ad uccidere altre persone, ma era il loro compito in quanto cani dell’esercito. Se non fossero giunti ad uno sterminio in massa come quello di Ishbar, allora avrebbero anche potuto teoricamente accettare la cosa.
Teoricamente.
Riza, fissando oltre il finestrino, pensava a come avrebbe potuto fare per stare a guardare le spalle al suo superiore su un campo di battaglia, dove probabilmente sarebbero stati divisi da decine di metri, per non parlare di chilometri addirittura.
- Potrei sempre tenerlo sott’occhio da una postazione sopraelevata, come a Ishbar - commentò tra sé, ricordando il suo meritato soprannome di Occhio di Falco.
Sì, l’occhio che avrebbe protetto il colonnello, a qualsiasi costo.
Nel frattempo, Mustang era tutto preso da tutt’altro tipo di pensieri, che se fossero stati percepiti dal tenente, l’avrebbero fatta certamente imbestialire: mentre lei era impegnata in pensieri che davano ampia manifestazione del suo buon cuore e della sua nobiltà d’animo, lui...
- Non sono nemmeno riuscito ad avvertire Amber di questa partenza improvvisa, accidenti! Spero che non se la prenda come Catherine...! E Hilary?! Oddio, spero che non si incontrino, altrimenti chissà quella che combina...! Uff... speriamo di riuscire a vincere in fretta... - rifletté, preda della disperazione più nera.
Sua sorella lasciata da sola era una mina vagante. Non si poteva mai sapere come andasse a finire, con lei nei paraggi: le sue intenzioni erano impossibili da prevedere.
- Chissà a che cosa sta pensando... sembra così assorto su qualcosa che lo preoccupa, però è bello comunque... - commentò tra sé Riza, lanciando un’occhiata rapida al suo superiore, riportando poi i suoi occhi velocemente al finestrino, per non farsi sorprendere.
- ... il tenente sembra pensieroso... chissà su cosa sta ragionando. Probabilmente starà pensando alla guerra, è sempre stata così ligia al dovere... però, ora che la guardo meglio, quella luce nei suoi occhi è meravigliosa e rende l’ambra delle sue iridi quasi... magica... - constatò tra sé Mustang, sbirciando fugacemente la donna, nei cui occhi si rifletteva in parte la luce della luna che brillava nel cielo.
Era strano notarlo solo allora, ma forse era dovuto al fatto che probabilmente non aveva mai avuto modo di osservarne gli occhi sotto la luce lunare.
O forse perché semplicemente la sua attenzione non si era mai soffermata su quel particolare che, doveva ammetterlo, la faceva molto femminile.
Nessuno dei due osò emettere neppure un fiato per tutto il viaggio, fingendo d’essere persi in chissà quali abissi lontani e sperduti della loro mente e sbirciandosi a vicenda alla prima occasione, senza però mai incrociarsi.
Da non credere quanto fossero simili le loro azioni e le loro reazioni a particolari sempre nuovi che scoprivano nell’altro, come una peculiare sfumatura nei capelli o negli occhi o addirittura elementi del viso.
Si vedeva che, pur stando sempre così vicini, non erano abituati a carpire caratteristiche nel loro aspetto fisico, anche se a livello psicologico si conoscevano abbastanza a fondo.
Il viaggio fu lungo e, tutto sommato, interessante, anche se in modo diverso dai canoni tradizionali.
Quando arrivarono, era ormai notte fonda.
Roy e Riza, non appena scesi dal treno, vennero avvicinati da un soldato dalla carnagione scura, che li salutò in modo formale, quindi esclamò: - Ho l’ordine di scortarvi fino al campo di battaglia -.
I due militari annuirono, quindi lo seguirono fuori della stazione.
Appena usciti, vennero investiti da un vento caldo che frusciò tra i capelli della bionda e scompigliò quelli del moro, il quale si tolse immediatamente la giacca, mettendosela sul braccio: faceva terribilmente caldo pure di notte laggiù, a Dublith.
Non voleva sapere allora le temperature massime che venivano raggiunte quando il sole era alto, ma era certo che sarebbero state estreme.
Ringraziò la sua previdenza nell’indossare pure abiti leggeri.
La città era addormentata e solo qualche sporadica luce brillava nelle finestre. Gli edifici erano semplici e anonimi. Dovunque era una piatta distesa di sabbia, un mare scuro dai vaghi riflessi argentei su cui, di tanto in tanto, qualche ombra era proiettata dalle piante del deserto.
Tutto di quel luogo emanava una forte, pressante aura di desolazione, che tenente e colonnello percepirono bene.
Il soldato li condusse ad un hummer nero parcheggiato a qualche decina di metri dalla stazione.
Salirono e partirono, lasciandosi dietro solo una nube di polvere.
- Di nuovo in battaglia... - commentò tra sé Mustang in tono amaro, guardando con finto interesse il deserto circostante.
Se non altro quella volta non c’entrava nessuna città intera, altrimenti con ogni probabilità si sarebbe ripetuto lo sterminio di Ishbar e lui non desiderava affatto prender parte nuovamente ad uno scempio simile.
Arrivarono in breve tempo all’accampamento, un ammasso di tende tra le quali qualche soldato montava la guardia.
- Seguitemi - li esortò la loro guida.
Roy e Riza vennero scortati attraverso quell’intricato labirinto di tende dove, almeno lei ne era certa, presto si sarebbero ambientati. A meno che la battaglia non si fosse conclusa alla svelta.
Infine, il soldato si fermò e aprì loro la tenda, scostandosi per lasciarli passare.
- Qui chi di noi dovrebbe stare? - chiese Mustang, fissando l’uomo.
- Ambedue - rispose quest’ultimo, lasciando completamente di stucco gli astanti.
Il moro sbirciò all’interno: in effetti, c’erano due brandine, anziché una, ma non capiva perché dovessero stare proprio loro due insieme.
Insomma, erano un uomo e una donna!
La Hawkeye era scioccata al pari del superiore.
- Dobbiamo stare insieme? - domandò, sperando che il soldato negasse.
- Sì - replicò invece quello, distruggendo ogni speranza della bionda - Non abbiamo altre tende, sono spiacente - aggiunse subito dopo, notando le espressioni di puro shock disegnatesi in viso ai due.
- Okay, okay... - si arrese Mustang, quindi s’infilò dentro.
Riza attese fuori qualche istante, poi lo seguì.
- Buonanotte soldato - esclamò, prima di chiudersi la tenda alle spalle.
Un silenzio tombale s’impadronì dell’aria attorno a loro e persistette per svariati minuti, quando finalmente fu rotto dal rumore della valigia del colonnello posata a terra.
- Be’, tenente... direi di riposare... - commentò, in tono sfinito.
Lei annuì, quindi si avvicinò alla brandina dal lato opposto a quello di Mustang e lì vicino appoggiò il suo bagaglio.
- Colonnello... -
- S...?! -.
Si volse per metà verso la donna, ma le diede di nuovo le spalle immediatamente: si stava cambiando.
- Non si volti - l’ammonì la bionda.
Dal tono era chiaro che se avesse disubbidito la punizione sarebbe stata atroce.
Decise di cambiarsi anche lui, giusto per non starsene lì in piedi, imbambolato e senza far niente.
Estrasse la sua uniforme dalla valigia, tra l’altro l’unico abito che si era portato eccetto una lunga giacca color polvere che aveva indossato pure durante la guerra civile dell’Est, quindi iniziò a spogliarsi.
L’atmosfera era tesa, pesante, e a ragione.
Conclusero in men che non si dica, con ogni probabilità perché non si sentivano affatto a loro agio.
In uniforme, ciascuno prese possesso della propria brandina e si volse dando le spalle all’altro.
- ‘Notte - esclamarono in coro, precipitosamente.





Angolino autrice
Be', sorpresa sorpresa! ^^'' Visto che mi sono fatta attendere tanto per il capitolo precedente, voglio farmi perdonare con un aggiornamento rapido per questo ^^'
E ora u.u i ringraziamenti:
Castiel
Swwtcicia
Shatzy
Kiri Dellenger II
Per le recensioni allo scorso capitolo.
Ovviamente poi ringrazio pure coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
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