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Autore: Espero    13/10/2005    2 recensioni
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Era iniziato tutto con una marcia

Era iniziato tutto con una marcia. Partirono in qualche migliaio d’improvviso dalla stazione radunatisi lì con vari mezzi per non far notare l’afflusso di gente. Quando ci furono tutti si radunarono, si misero i passamontagna e le divise da “lavoro” e marciarono verso Piazza Maggiore. Alcuni reggevano tamburi. Da lontano si sentivano rimbombare i tonfi profondi e cadenzati della parata. Riecheggiava tra i portici la paura. Il corteo non emetteva un suono se non quello dei loro tamburi e del suono sordo ed angosciante del loro simbolo. Rosse croci uncinate splendevano fiere sui loro petti, tatuate sulle loro braccia, rasate sui capelli, ricamate sulle loro bandiere. Erano silenziosi ed anonimi come a dirci che non avevano volto né avevo segni particolari, loro erano massa omogenea, codarda ma compatta, fiera fisicamente pronta a prevaricare. L’aria era tesa. Ero incredulo davanti a quello che vedevo sfilare. Erano in troppi perché qualcuno osasse urlare “bastardi”. Ognuno pensava che magari lo avrebbe fatto qualche altro audace, loro in prima persona proprio non se la sentivano. Così la lingua nera continuava ad insinuarsi tra le case e lungo via Indipendenza. Giunti in piazza iniziarono a tenere il loro comizio.

“fratelli che per anni nell’oscurità avete taciuto davanti allo scempio che veniva fatto del nostro stato vi ringrazio di aver trovato il coraggio di uscire alla luce del giorno. Non sono ideali facili i nostri, la verità mai è pura da vedersi, mai è semplice da spiegare” Silenzio. Alcuni passanti impietriti ascoltavano altri cercavano di essere più lontani possibili. Il carico di rottura di una città come questa è alto ma tutti sapevano che prima o poi qualcosa sarebbe successo.

“come Cristo duemila e cinque anni fa fu crocifisso in nome di ideali creduti assurdi e contro la morale del tempo così la Germania cadde per mano di quelle potenze che fino al giorno prima le rifornivano di armi e prodotti per non rinunciare al mercato europeo. Ora non sono passati duemila anni ma il fatto che siamo qui in migliaia testimonia che è tempo forse per un altro tentativo. Se così non sarà vi prego di sfuggire alla mano capitalista e oppressiva del governo e dei grandi potenti e tornare nell’ombra finchè non saremo di nuovo pronti a riprovare. Lo spirito che non muore testimonia che al contrario di tutti quegli altri spiriti deceduti al primo tentativo in noi c’è un principio di verità e forse un giorno il mondo ce lo riconoscerà con affetto. Non saremo taciuti a lungo. Ora fratelli vi chiedo di portare un segno di ciò che ci hanno fatto agli schiavi dei padroni che come immaginerete ormai si ammassano ai lati della nostra grande massa. Poliziotti. Figli di coloro che anni fa ci spalleggiarono il nostro atto di coraggio. Unitevi a noi e gettate da parte ogni ipocrita servigio che regalate ad uno stato irriconoscente e succube di potenze straniere. Per un'unica volta azzardate la scelta per me ne è valsa la pena di azzardare, ne è valsa la pena anche per questi migliaia qui radunati. Nessuna missione divina ci spinge de ideale folle, solo stanchezza, frustrazione e anni di vessazione. Di ciò che erano i nostri nonni rimane una innata voglia di combattere e ribellarsi. Scegliete adesso o sarà tardi perché io non potrò più fermare la mano di un popolo stanco. Decine di camionette della polizia circondavano la piazza. Poliziotti in antisommossa guardavano silenziosi e tesi la massa di incappucciati. Scudi lucidi e pronti a resistere all’impatto. Caschi con visiere abbassate sui visi. Manganelli in mano. I giovani tremavano e il loro pensiero era per la famiglia, la ragazza e per la pistola che gli pendeva dal fianco e grazie alla quale, seppur nel fodero, non erano ancora fuggiti.

Il giorno dopo la città non era si riconosceva. Per le sue strade vuoto e silenzio. Ogni tanto cadeva qualche pezzetto di vetrina non ancora crollata o gocciolava qualche tubatura rotta. Alte colonne di fumo nero si levavano dal centro e dalla periferia.

La città era caduta.

  
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