Clarissa era talmente
immersa nei suoi pensieri da non essersi accorta di Jakob che usciva di casa,
cinguettando che andava a casa di un tipo e che sarebbe tornato presto.
Clarissa non aveva sentito dove fosse diretto il ragazzo, e la cosa non la
preoccupava più di tanto. Le interessava trovare sua sorella, subito. Chissà
che cosa aveva combinato, quella stupida. Si era ficcata in una situazione che
nemmeno lei stessa sarebbe riuscita a gestire a lungo. Ma da dove le era
venuto?? E come era venuto a lei, Clarissa, di raggiungerla? Per il cantante
dei Green Day, poi, altro scervellato. Aveva mollato una famiglia già di per sé
in pezzi per fuggire via, lontano. Come Eleonora. E se Livia avesse avuto
ragione, sostenendo che le due sparizioni fossero collegate? Ma collegate da
cosa? Un rapitore? Può darsi, dato che non si poteva sapere davvero che Billie
aveva mollato casa e famiglia per vigliaccheria o perché c’ era sotto qualcosa
di più grave. Ed Eleonora? Perché avrebbe dovuto essere stata rapita? Si decise
ad andare ad approfondire l’ argomento dal datore di lavoro della sorella, che
faceva la cameriera part-time in un pub. Avrebbe cominciato da lì, per seguire
la pista che, forse, l’ avrebbe finalmente portata alla sorella. Chiamò Livia,
e partirono.
Sarebbero partite, se
Jakob non fosse corso in casa spalancando la porta, in lacrime.
…
Era arrivato a casa di
Mike allegro, gioioso come sempre, come solo un bambino sapeva fare. Saltellava
sul vialetto di casa Dirnt cercando di mettere i piedi sulle sue mattonelle
“preferite” come se, tutto d’ un tratto, quelle avessero dovuto illuminarsi
come nel video di Billie Jean, il suo video preferito. Oltre a quelli di suo
papà, naturalmente, il musicista migliore del mondo, oltre al papà più dolce
che il piccolo si potesse meritare! Peccato che in quel periodo il suo papà
fosse assente: Jakob era però convinto che suo padre fosse partito per un’
importante missione umanitaria, come quando aveva collaborato con Habitat for
Humanity, dopo l’ uragano Katrina. Lì c’ erano stati insieme, e si erano
divertiti tanto ad aiutare la povera gente senza casa. Ma quella missione
doveva essere diversa, per il suo papà, più complicata, ecco perché non aveva
voluto portarlo con sé. Jakob ne era sicuro: il padre era andato via per
aiutare la povera gente e, una volta tornato, sarebbe stato salutato dall’
America intera come un eroe salvatore della patria. E lui sarebbe stato accanto
a lui, sempre, a dare lustro alla sua figura.
Arrivò davanti a casa di
Mike saltellando ancora: era andato lì per stare un po’ in compagnia del suo
zio preferito, l’ amico migliore di papà. Gli voleva bene davvero, e lo
conosceva benissimo. La porta era stranamente aperta. Era curioso davvero, Mike
non era il tipo da lasciar entrare chicchessia. Quello era suo padre che,
nonostante fosse sempre il migliore, era un po’ disordinato.
D’ istinto, sapendo che
Mike non si sarebbe arrabbiato e per avvisarlo anche di aver lasciato la porta
aperta, entrò. Nell’ enorme ingresso tenuto con cura dalla domestica non c’ era
nessuno. Solo un giubbotto pendeva dall’ attaccapanni. Pareva un giubbotto
maschile per una persona mingherlina, e aveva un vago odore di salsedine. Strano anche questo, la cosa si fa più
interessante, pensò Jakob. Decise di chiedere spiegazioni a Mike, perciò si
diresse in salotto, dove il bassista era solito sedersi a leggere giornali e
romanzi. Non vi trovò nessuno, solo una tazza di tisana ancora calda. Era una
tisana che preparava spesso sua mamma, e Jakob sorrise al pensiero di quando
mamma la preparava a papà, tutte le sere che lui tornava stanco morto dalle
registrazioni del nuovo album dei Green Day. Jakob tastò la seduta del divano:
era appena tiepida, segno che qualcuno doveva essersi seduto da poco. Abbandonò
il salotto non avendovi trovato nulla di significativo e si diresse verso la
cucina. C’ era un silenzio di tomba al piano inferiore: Jakob avvertiva solo i
suoi passi echeggiare per gli ambienti. Nemmeno in cucina trovò nulla e, per
rispetto della privacy, bussò semplicemente, giunto al bagno. Nessuno rispose.
E se avessero rubato? Doveva scoprirlo, così decise di salire al piano di sopra
e dare un’ occhiata anche lì. Era sulle scale, quando gli parve di sentire
degli strani rumori, come parole sommesse. Pensò che fosse semplicemente frutto
della sua fervida immaginazione, ma il rumore si faceva più insistente: pareva
che i due stessero tenendo una conversazione abbastanza fitta, ma non riusciva
a distinguere il timbro di voce dei due. Aveva solo intuito che dovevano essere
due uomini. E se fossero due uomini pericolosi? Armati? Doveva scoprirlo. I
rumori, o, meglio, le voci, parevano venire dalla camera da letto di Mike. Come
era possibile? Erano due rapinatori, allora!! Mike non si sarebbe mai permesso
di intrattenere uomini nella sua camera da letto, insomma, era etero! Doveva
salvare la situazione: in preda a un misto di panico ed eccitazione, aprì la
porta con un gesto deciso.
Lo spettacolo che gli si
parò davanti fu strano, all’ inizio, terribile, dopo.
Mike giaceva tra le
lenzuola, supino, con la testa appoggiate alla spalliera. Sorrideva beato, e
non parve accorgersi della presenza di Jakob. Un sottile lenzuolo lo ricopriva
fino all’ addome nudo, come tutto il resto, si presumeva.
Avvinghiata a Mike c’era
un’ altra persona sdraiata su un fianco, con una gamba tra quelle di Mike. Il lenzuolo
piegato le coprì, all’ inizio, il volto. Si scorgevano solo dei bellissimi
capelli neri, ribelli e fini, come crini di cavallo, come pronti a suonare all’
unisono la loro canzone.
Che bella donna, deve essere, pensò Jakob, dimenticando di aver udito una voce
maschile, profonda e calda, graffiata e sensuale. Pensò che fosse una ragazza,
Jakob, finché non lesse il suo nome sul braccio dell’ uomo che stringeva Mike. “Jakob”in
lettere dal contorno rotondo era contornata da razzi e palloni, disegni e
colori. Il lenzuolo venne spostato dall’ uomo e Jakob lo vide: la bocca
schiusa, la fronte imperlata di sudore, gli occhi socchiusi e trasognati. Sul braccio
destro, una serie di fotogrammi, in cui riconobbe sua madre.
Mentre Jakob vacillava
sulla soglia di quella che gli pareva la stanza della morte, Mike si girò e lo
fissò per un momento, con gli occhi sbarrati. Deglutì a fatica, scrollando il
compagno. Questi intercettò lo sguardo del biondo e diresse il suo nella stessa
direzione. Quando lo vide, Jakob scoppiò in lacrime: ogni ultimo barlume di
speranza che gli dicesse che non era così, che si era sbagliato, che la voglia
di rivedere suo padre glielo faceva immaginare, che suo padre non avrebbe mai
potuto essere così, non avrebbe mai tradito sua moglie, e Mike non lo avrebbe
mai permesso, si infranse in tante goccioline amare come acido che scivolarono
sulle gote di quel ragazzino ormai segnato dagli eventi, da ciò che non avrebbe
mai voluto vedere. E sentire.
-Jakob..- sussurrò
Billie.
Il piccolo scosse la
testa, gli negò il saluto e scappò via, via dalla verità, da ciò che non voleva
credere, dalla verità agghiacciante che si impossessava di lui, dalla realtà
che non gli apparteneva, che tradiva i suoi sogni.
Capitolo corto, vero?? Aspettate a giudicare male, perché sarà anche il più
corto della storia, ma richiede molta più attenzione!! Ebbene sì, fino ad ora è
il più scioccante. Contenta Drunky Bunny?? Stavolta niente Adrienne, è già a
conoscenza di tante cose, dovevo fare ancora più male!! (ahh, come sono sadica,
lo so e me ne vanto XD)) Csì ho deciso di “contaminare” anche l’ ultimo
personaggio puro e innocente della storia, quello che non sapeva nulla e che
ancora stimava BJ! Ora è davvero finito, ma la storia non finisce mica qui!! No
no.. a presto! Un bacio.. BeGD