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Autore: Herm735    22/08/2010    6 recensioni
Aveva avuto una giornata molto dura. Ma avere giornate molto dure era entrato a far parte della sua routine. Ormai i metodi magici non erano più sicuri. Potevano essere quelli a farti beccare.
Era paranoica, ecco la verità.
Certo, se loro non avessero continuamente tentato di uccidere la sua gente, forse non lo sarebbe stata.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Ginny, Harry/Hermione, Luna/Ron
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Da Epilogo alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'WANTED'
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A malincuore entrò nella tenda con un pesante sospiro.
Il soldato era sveglio.
Le sue ginocchia erano sanguinanti e i suoi vestiti logori.
Gli davano da mangiare e da bere. Ogni tanto gli permettevano di stare seduto, ma mai gli slegavano i polsi.
Quella forse era la tortura più atroce.
Dopo l'attesa, ovviamente, e l'incertezza del dubbio.
“Da dove vieni, soldato?”
L'uniforme non lasciava dubbi. Era un soldato.
L'uomo, stanco e disperato, rispose quasi subito.
“Vengo dalla bella Londra. Mi hanno detto che era anche la tua città.”
“Lo era” sussurrò Harry, facendo qualche passo in direzione delle corde a cui l'uomo era legato.
Guardò il suo volto. Era giovane, al massimo poteva avere venticinque anni. Molto probabilmente, però, non ne aveva più di venti.
“Il tuo nome.”
“O'Connel. Reiley.”
“Come sei finito in mezzo alla guerra, Reiley?” chiese a bassa voce Harry.
“Ho detto che vivevo a Londra, ma non ho detto quanta distruzione l'avesse avvolta quando mi sono arruolato. Per colpa vostra. Della vostra gente.”
Harry si inginocchiò davanti al ragazzo.
“La bella Londra, come la chiami tu, era anche la nostra città. Nessuno di noi ha cercato la guerra. Ma che dovremmo fare, soldato O'Connel?”
“Arrendervi.”
“Arrenderci?” chiese Harry tornando in piedi. “Arrenderci e permettervi di portarci nelle vostre prigioni, a subire le vostre torture?”
“Non capisci proprio. Non avrete comunque scelta, alla fine. Il mio è un consiglio. Arrendetevi e qualcuno di voi sarà risparmiato. Non fatelo, e la magia morirà con voi.”
“I babbani non ci arrivano. La magia non morirà mai.”
Il soldato O'Connel rise brevemente e tentò per l'ennesima volta di staccarsi dalle corde, facendo la massima pressione.
“Perché io?” chiese ad un tratto.
“Perché adesso ci cercheranno intorno a Londra, dove tu facevi la ronda. E Londra è molto lontana da qui.”
Il soldato annuì. “Capisco.”
“Cosa sai dirmi del vaccino?” chiese Harry.
Per la prima volta dall'inizio dell'interrogatorio una luce di paura attraversò gli occhi del soldato. Era ammutolito.
“Parlami del vaccino” ripeté Harry.
Ma ancora il soldato O'Connel non accennava a voler emettere il minimo suono che assomigliasse a delle parole di senso compiuto.
“Vedo che hai bisogno di aiuto per ricordare.”
Harry estrasse la bacchetta da una tasca del mantello.
La puntò verso la sua testa.
“Crucio.”
Il soldato urlò.
Le sue urla di supplica riecheggiarono all'interno della tenda e si persero dentro essa, che dal campo esterno era ovviamente insonorizzata.
“Parlami del vaccino” ripeté Harry per la terza volta.
Il soldato scosse forte la testa e si rifiutò.
Harry per la seconda volta ripeté la sua tortura, ed un lampo rosso uscì dalla sua bacchetta. E poi, per la quarta volta, chiese al soldato di parlargli del vaccino.
Ma il soldato, ancora, scosse la testa.
“Dimmi, soldato Reiley, senti il tuo sangue andare in fumo come dicono? Come con le vostre torture? O questo è forse peggiore?” chiese rabbioso il mago.
Il soldato rise. “Questo non è niente. Le nostre torture sono così dolorose, che niente, ti assicuro, niente, mi farebbe mai parlare.”
Harry lo guardò intensamente.
“Allora è una vera fortuna che tu non debba parlare. Legilimens.”
In breve ottenne le informazioni che cercava.
Quando uscì dalla mente del soldato lui lo guardò terrorizzato.
“Anche questo siete in grado di fare?” urlò disperato.
“Ma nessuno dovrà mai saperlo” rispose dispiaciuto Harry.
Dopo un ultimo sguardo agli occhi del soldato un lampo verde uscì dalla sua bacchetta senza che avesse neanche bisogno di pronunciare l'incantesimo.
Lasciò lì il corpo, sapendo che Draco se ne sarebbe occupato al suo ritorno, e andò da Neville.

“Allora, hai trovato qualcosa?” chiese appena entrato nella tenda.
Neville, concentrato com'era su quello che stava facendo, lo ignorò.
“Neville...” lo chiamò allora Harry.
Il mago si voltò.
“Harry...dammi solo un secondo...”
Neville posò sul tavolo la provetta che aveva in mano e la bacchetta, si tolse gli occhiali da laboratorio e si sfilò il camice.
“Per oggi ho finito. Il liquido ha bisogno di riposare, domani lo testerò...”
“Hai trovato il siero?” chiese Harry con un po' di apprensione.
“No, ma forse sono riuscito ad isolare il vaccino.”
Il moro annuì.
Si guardò attorno e notò che la capsula verde era ancora intatta nello studio. Ovviamente niente era al suo interno, ma ciò comunque non riusciva a tranquillizzarlo del tutto.
“Tu, invece, sei riuscito a strappare qualcosa dalle labbra del bel soldato?” chiese ironico Neville. “Nossignore.”
Dal tono serio di Harry, Neville capì cos'era successo.
“Non avevi scelta Harry.”
Passandogli accanto gli dette una pacca sulla spalla e uscì dalla tenda, sapendo che il moro lo avrebbe seguito. E così Harry fece.
“Voglio mostrarti qualcosa.”
Lo seguì fino ad un'altra tenda, quasi ai margini dell'accampamento.
“Salve Lus. Come sta la piccola peste oggi?” chiese Neville alla giovane donna all'interno.
Era bionda, aveva gli occhi scuri. Teneva tra le braccia una bambina che avrà avuto al massimo tre mesi. Probabilmente meno.
“Suo padre è morto. Dei soldati hanno ripulito il palazzo in cui ci nascondevamo insieme ad altri come noi...” disse la ragazza, rispondendo ad una muta domanda di Harry. “Neville ci ha trovato che vagavamo per Londra e ci ha offerto un rifugio sicuro dove nasconderci finché tutta questa storia si sarà calmata.”
Harry sorrise cortesemente, aspettando che Neville visitasse la piccola e facesse un incantesimo per far diminuire la sua tosse.
“Passo di nuovo domani a vedere come sta” disse rivolgendosi alla madre.
Poi, seguito da Harry, uscì dalla tenda e si diresse verso un'altra, dall'altra parte del campo.
“Da quanto sono qui loro due?” chiese Harry.
“Circa otto mesi.”
Harry stava per ribattere, incredulo, quando Neville entrò in un'altra piccola tenda.
Dentro c'erano cinque persone.
“Salve Marta. Dov'è Aaron?”
“Oh, sta aiutando gli altri a riparare il pozzo.”
“Già. Allora, vediamo un po'...” prese tra le mani quella di un ragazzo, probabilmente il figlio di Marta. “Direi che è completamente guarita, tra poco potrai tornare a giocare a baseball, André. La tua testa, Beth, come va?” chiese rivolgendosi alla figlia maggiore della donna.
“Meglio. Grazie. Ed ovviamente per merito tuo.” Gli sorrise.
“I gemelli hanno più avuto quei problemi di asma?” chiese Neville. Due piccoli maschi erano i figli minori della donna. Avevano più o meno sei anni.
“No. Sembra che tu lo abbia risolto.”
Neville le sorrise. “Devo andare Marta. Salutami tanto il caro Aaron.”
Nuovamente Neville uscì dalla tenda, seguito da Harry.
“Loro da quanto sono qui?” chiese.
“Tre anni.”
Harry posò una mano sulla sua spalla bloccandolo.
“Perché non ne sapevo niente?” chiese costernato.
“Non è tuo compito. Tu devi salvarli. Io devo solo guarirli o dar loro un rifugio. Volevo mostrarti cosa stai facendo e per chi. Tu combatti ed uccidi per dare a queste famiglie una nuova casa in cui vivere. Ai bambini un mondo migliore in cui crescere. Lo capisci?”
Harry annuì.
“Per quanto tempo la settimana fai le visite?”
“Vediamo, circa...circa tre ore al giorno. Nel campo vivono quasi cento famiglie. Più della metà sono senza padre. E molti degli anziani e dei bambini sono malati. Le malattie babbane per cui non abbiamo anticorpi ci stanno massacrando. Devo fare tutto il possibile. E anche così ogni tanto qualcuno muore.”
“Adesso...adesso devo andare Neville.”
Si scusò un istante prima di dileguarsi nel nulla.
Neville sospirò ed entrò nella tenda successiva.
“Signora Finksghensen. Come andiamo oggi?”
“Oh, mio caro. Chiamami pure Rose.”
La donna sull'ottantina gli sorrise.
“Signora Finksghensen, sono davvero mortificato, ma anche oggi mi trovo costretto a dover respingere le sue avance.”
La donna gli sorrise maliziosa.
“Infondo chiedo solo un ballo...”
“Non con questa brutta polmonite. Deve prendere le medicine, signora Finksghensen. Se lo ricorda, vero? Tutti i giorni.”
“Le prendo le medicine, figliolo. Ma quando sarò guarita ballerai finalmente con me?”
Neville le sorrise.
“Certo signora Finksghensen.”
Sapeva che alla sua età non era facile sopravvivere alla polmonite e lei ne aveva avuto un brutto attacco. Ma forse un po' di speranza le avrebbe fatto bene.
Uscì dalla sua tenda con un sospiro e tornò alla sua espressione carica di rammarico, sensi di colpa, angoscia e preoccupazione.
Attraversò il campo e quando fu davanti alla tenda dentro cui doveva entrare si fermò, piantandosi in faccia un bel sorriso di quelli convincenti.
“Buongiorno signora Smith. Come stanno i bambini, oggi?”
Anche loro avevano preso la polmonite.




Ecco qua il nuovo capitolo, spero che vi piaccia e vi dico subito che posterò presto il prossimo.
Un grazie di cuore a luca76 che è rimasto l'unico a recensire questa storia. Grazie mille, davvero. I tuoi commenti mi tirano sempre su di morale.

A presto ragazzi!




  
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