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Autore: Blue Flower    22/08/2010    3 recensioni
Dimenticatevi per un attimo l'Edward Cullen sexy e vampiro... All'inizio di questa storia il nostro caro Edward è un ragazzo sovrappeso e poco popolare, innamorato di una delle cheerleader, Isabella. Tutto sembra avverso alla loro relazione, ma lui ha un asso nella manica: la sua voce. Quando un giudice di America's Got Talent di nome Alice, gli cambia la vita... cosa succederà? E soprattutto... cos'altro è cambiato in Edward Cullen?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Jessica, Mike Newton | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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POV EDWARD

 

 

I wanna know what it’d be like

to find perfection in my pride

to see nothing in the light.

But turn it off in all my spite,

in all my spite, I’ll turn it off.

[Turn It Off- Paramore]

 

Era incredibile quante cose avessimo in comune noi due.

Pensavo ancora alla conversazione che avevamo avuto quel pomeriggio. Quello si poteva considerare un primo appuntamento? E se era un primo appuntamento, come ci si doveva vestire, comportare eccetera?

“Alice!” chiamai lei. Di sicuro aveva un consiglio da darmi… Fece capolino dalla porta della mia stanza. “Cosa c’è Ed?” aveva un accappatoio e i capelli bagnati. “Ti ho fatto uscire dalla doccia?” “Din din din! Hai indovinato… Mettiti un paio di jeans e una camicia… Andrà più che bene” la guardai corrucciato. “Che ti aspettavi… che non avessi visto la reazione di Bella?” annuii e presi quello che mi diceva lei. “Oh no! Togli la camicia… prendi la t-shirt dei Rolling Stones!” feci come mi diceva. “E ora abbinaci le All Star nere” “Adesso va bene, Alice?” “Sì!” disse lei soddisfatta, saltellando verso la sua camera.

Pensai che quella sera potevo prendermi tutto il tempo che volevo. Del resto il giorno dopo non c’era scuola, e Isabella poteva dormire fino a tardi. Quanto a me… beh non avevo bisogno di dormire!

Mi sedetti sulla poltroncina di pelle nella mia stanza. Pensavo a quanto fosse ipocrita la gente come Jessica… Fino a un mese prima, se mi parlava, era per sfottermi.

Volevo pensare che Isa fosse diversa. Perché lei era diversa.

Lei non era ipocrita, lei era differente da tutta la gente che la circondava. Forse l’anno prima era stata come loro, ma ormai avevo capito che era tutta una maschera.

Lei non apparteneva a quel mondo. Punto.

Era quasi ora…

 

POV ISABELLA

 

Tornata a casa, come sempre, non c’era nessuno ad aspettarmi. Solo la mia gatta Nala si strofinò alla mia gamba per poi andare a farsi gli affari suoi chissà dove.

Era incredibile quanto la casa fosse vuota… Da quel giorno a riempirla c’eravamo solo io, la mia gatta e quell’insopportabile odore che non se ne era mai andato. Avevo deciso che avrei smesso, ma mi aiutava a sentirmi meglio.

Scesi le scale ed arrivai nel seminterrato. Poi presi la spada, quella con la lama bianca, quella che apparteneva alla notte del ventun’aprile… E iniziai a tirare.

Mi muovevo silenziosamente, i miei passi non si sentivano sul parquet di mogano. Arrivai fino al fantoccio e lo colpii con tutta la forza possibile.

Lo trapassai da parte a parte, poi caddi a terra e piansi.

Succedeva sempre così, c’era poco da fare. Tiravo qualche colpo, poi la spada cadeva rimbombando e con lei cadevo anche io.

Mi avvicinai alla sacca dove tenevo i due pugnali, e li presi. Brandendo l’aria, mi avvicinai un’altra volta al fantoccio e lo colpii tantissime volte, con rabbia.

Quella ero io? Perché ero cambiata? Il silenzio di quella casa era assordante. Colpii con ancor più foga il povero pupazzo, che pian piano perdeva tutta la sua gommapiuma.

Poi lasciai i due pugnali conficcati lì.

Giusto in tempo perché il campanello suonasse. Era già ora? Edward era già venuto a prendermi?

Mi precipitai su per le scale. Aprii la porta e gli dissi: “Scusa Edward, non mi sono ancora cambiata… Accomodati, ci metto poco” non potevo credere di aver passato tutto il pomeriggio a conficcare pugnali nella gommapiuma…

Entrai nella mia camera e presi un paio di jeans con una camicetta blu. Me li infilai di fretta e furia, mi pettinai i capelli ed uscii.

Trovai Edward sull’uscio. Non entrava… Sembrava piuttosto che saggiasse l’aria. E se avesse sentito anche lui quell’odore?

“Isa, dove sono i tuoi genitori?” io abbassai il capo. “Loro sono morti… l’anno scorso” lui rimase dov’era. Impassibile. “M… mi dispiace…” era un dispiacere sincero, riuscivo a percepirlo. “Posso sapere com’è successo?” io sentii che le lacrime riaffioravano.

“Non mi va di parlarne adesso…” così imboccai l’uscita e lui mi seguì.

 

Arrivammo alla serate leggermente in ritardo.

Come previsto c’era alcol da tutte le parti. “Visto?” dissi io accennando un sorriso. “Wow… non posso darti torto…” io risi. Era una risata forzata e evidentemente lui se ne accorse. “Mi dispiace di aver tirato in ballo quella storia…” “Non fa niente… Cerchiamo di goderci la serata!” Alice ci venne incontro. “Ehi! Vi presento Jasper, lui è il mio ragazzo. Jasper lui è mio fratello e lei è Isa, una mia amica…” “Piacere Isa… Ally, io e Edward ci conosciamo già. Congratulazioni Edward… ti sei rimesso eh?” gli strizzò un occhio. Non capii cosa volesse dire. Poi fu il turno di Jessica che si fiondò su Edward come un’odiosa gatta in calore. “Ciao Edward…” disse maliziosa. Io feci finta di non averla vista e andai a prendere un bicchiere con della vodka.

Solo uno… non vorrai mica ubriacarti, vero? La vodka mi bruciava la gola… Non bevevo da un’infinità di tempo. Inoltre l’Absolut Vodka era uno dei peggiori.

Edward mi fu vicino poco dopo. “Ah, eccoti… Mi stavo chiedendo chi ti avesse rapito” dissi sorridente. “Jessica è un’ipocrita. E poi stasera avevo voglia di parlare con te” sapevo che non glielo dovevo dire, ma con lui mi sentii d’un tratto al sicuro. “Facciamo due passi…” così ci inoltrammo nel parco.

Stavamo passando sopra al laghetto, quando mi fermai. Non glielo dovevo dire, ma sentivo di non poter tenere più tutto per me… “Era il ventuno aprile dell’anno scorso… Un giorno qualsiasi, poi andai a dormire. Feci strani sogni, bui, freddi… Insomma, come immagino che sia la morte. Poi una voce che rideva sadicamente. Mi sono svegliata la mattina dopo, nel bosco. Ero immersa in una pozza di sangue. Una parte di quel sangue era il mio e proveniva da uno squarcio sul petto. Il resto no… Non era mio. Accanto a me c’era la spada bianca di mio padre. Non era nient’altro che un ornamento, ma era sporca di rosso. Sono svenuta un’altra volta in quel bosco. Mi ritrovò la polizia, che mi annunciò anche della morte dei miei genitori. Quando dissi che non ero stata io nessuno mi credette… mi portarono in cura da uno psicologo, mi fecero anche un elettroshock. Nessuno a scuola sa niente… a parte Jessica e poche altre cheerleader… Questa è la mia storia.” lui, a sorpresa, mi abbracciò. Non era rimasto impassibile, impaurito, come gli altri. “Non importa…” sussurrò. “Io non credo che sia stata tu…” lo guardai. Le lacrime avevano già iniziato a scorrere sul mio viso pallido.

Un’intuizione improvvisa.

“Tu hai un segreto, Edward?” lui chiuse gli occhi per un attimo. “Vieni…” la condusse nel folto della foresta. Prese un respiro ed iniziò a parlare: “Se te lo dico, c’è solo una ragione Isabella… Non posso tenere segreto qualcosa su di me ad una persona che mi ha raccontato tutta sé stessa. E poi io ti amo, Isa. Ti amo dalla prima volta che ti ho vista… Ma non è neanche questo il mio segreto. E’ un segreto che ci rende ancor più simili…” io lo guardai interrogativa. “C’è un motivo per cui io sono cambiato così tanto… Sono un vampiro, Isa. Sono un mostro senz’anima, che si ciba di sangue…” “C… come?” domandai.

A quel punto non sapevo quale fosse la verità peggiore. Ma una cosa era certa: io e Edward condividevamo lo stesso destino…

 

  
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