Primavera
Adesso,
all'ora di pranzo, la
ragazza Occhi Verdi cucinava per loro. Cèsar le aveva
mostrato dove trovare
l'occorrente per il fuoco e le pentole.
Quando i due uomini entrarono
nella stanza, era chinata ad armeggiare al fuoco. Si alzò di
scatto.
- Che profumo - sorrise Cèsar
con le mani pesanti di zappa, e gli occhi arrossati dal sudore.
Lavoravano
all'orto, la mattina.
Lei tolse la pentola dal
fuoco, e lisciandosi le mani allo straccio che si era messa a mo' di
grembiule,
si avvicinò al tavolo.
- Ho fatto del mio meglio.
Non so … c'erano delle verdure, e del lardo dentro
quell'armadio.
Il lardo era ammuffito, ma
Occhi Verdi aveva cercato di pulirlo. Aveva gettato nell'acqua una
manciata di
piselli mezzo secchi e qualche gambo di sedano che Luìs
aveva lasciato sulla
panca davanti alla cucina. Non entrava mai in cucina da solo, se sapeva
che
c'era anche lei. E ormai quello era diventato il suo regno.
Cèsar si fregò le mani.
- Sarà buonissimo - disse, e
poi allungò una mano sotto il tavolo. Ne trasse un fiasco.
La paglia veniva via
in più punti e nascondeva il liquido scuro.
- Ne vuoi?
Lei fece segno di no con la
testa.
- No bevo mai. Non più.
- Fai bene.
Versò del vino all'altro, che
se ne stava in silenzio accanto al tavolo. Era seduto, aveva gambe
lunghe e una
lunga veste polverosa. Occhi Verdi giudicò che all'inizio le
era parso più
vecchio. Ma ora che lo vedeva ogni giorno, contro la luce che
impolverava il
tavolo, notò che non poteva dimostrare più che
trent'anni. Era alto, solenne,
silenzioso. Non parlava mai mentre mangiava. E lei, intimorita,
preferiva la
compagnia del vecchio. Anche quel giorno si sedette accanto a lui.
- Ragazza ricca - disse Cèsar
risucchiando il primo cucchiaio di minestra - Ricca e anche buona cuoca.
Occhi Verdi sgranò gli occhi.
- Le mani - disse Cèsar - io
ne ho viste di persone, in vita mia. Di tutti i generi. E le tue mani
sono
morbide, bianche. E' già un po' che l'ho notato, ma non
voglio sapere niente.
Solo si vede che non sai cos'è la lana. O la zappa, o la
cenere del fuoco. Non
hai tagli o bruciature. Non un callo, un brutto segno, una stortura.
Sono
perfette, segno che non lavori. E una ragazza della tua età
non lavora solo se
è ricca.
- Si può lavorare in molti
modi.
Tutti e due si voltarono
verso Luìs. Mangiava la sua minestra fissando il piatto come
se non avesse
parlato. Non parlava mai mentre mangiava. Ma quella frase l'aveva detta
lui.
Cèsar rise, forse contento di
sentire la sua voce.
- Non penserai …
- Non penso nulla. Pensare
non serve. Basta avere gli occhi.
La ragazza Occhi Verdi li abbassò.
- Vuoi dire che si può
lavorare anche senza le mani? - chiese.
Il prete la fissò con astio,
ma solo per il tempo di un soffio. Era la prima volta che incrociava il
suo
sguardo.
- Si può lavorare in molti
modi. Non tutti onorevoli - disse, di nuovo con il naso nel piatto.
Occhi Verdi notò che era un
bel naso, nonostante lui cercasse di nasconderlo. Ogni tanto le persone
lo
fanno, di tentare di imbruttirsi apposta. Anche lei ci aveva provato,
quando
erano cominciate le disgrazie. In fin dei conti se ci riescono i fiori
a tirar
dentro i petali, di notte, perché non avrebbe dovuto
provarci lei? Ma era stato
tutto inutile purtroppo. Gli occhi di un falco non si possono ingannare.
Cèsar portava avanti la
discussione tutto da solo. Era un vecchio allegro, e Occhi Verdi era
lieta di
averlo vicino. Se per caso l'avesse raccolta il prete …
Cèsar lodò la zuppa di
Occhi Verdi, si informò se le piacevano le pesche ('abbiamo in sacco di pesche, di questa stagione, e
a Luìs le cose dolci
non piacciono, per cui finisce che marciscono per terra'), le
chiese se le
sarebbe piaciuto fare un giro nel giardino e nell'orto, quando il sole
fosse
stato meno caldo.
- Non sono un granché in
questo periodo. E' ancora tutto secco, ma penso che presto avremo di
nuovo un
po' di pioggia e allora vedrai che bellezza, bambina.
La ragazza disse di sì, e poi
si alzò per togliere i piatti dalla tavola. Il prete, con la
mano sugli occhi,
sembrava essere altrove. Cèsar tirò fuori delle
noci, ne spaccò quattro per lei
e ne mise due davanti a Luìs. Ma lui si alzò,
ignorandole, e disse che andava a
pregare. Loro lo
lasciarono andare.
- Chi è? - chiese Occhi Verdi
quando il prete fu sparito nel sole del giardino.
- Tu vorresti che ti
chiedessi lo stesso?
- No.
- Neanche lui lo vuole. Luìs
… vuole soltanto scomparire. Ecco tutto.
La ragazza fissò il vecchio
qualche istante.
- Scomparire?
- Diventare talmente sottile
da non esistere più per nessuno. Non lo vedi? Non ti vede
mai davvero quando
parla. E se deve proprio ti dice qualcosa che ti mette i brividi. Non
dorme mai
e non si riposa. Vedessi come zappa. Una furia. Ma io ormai ci ho fatto
l'abitudine.
- Perché? - chiese lei. Ogni
volta che pensava a Luìs non poteva impedirsi di pensare
alle ginocchia. Allo
straccio bagnato, alla vasca. Alla furia gelata di quel tocco. Per lei
Luìs era
una mano di ghiaccio sulla schiena, acqua gelida, forbici, uno straccio
cacciato
a forza in mezzo alle ginocchia.
Rabbrividì.
- Stai bene?
In un angolo c'era una vasca
come tutte le altre, ma questa aveva una brocca d'acqua accanto. Si
chinò per
non mostrare al vecchio che aveva le guance in fiamme.
Le
ginocchia.
Ma in quell'istante il suono
di una campanella ruppe l'immobilità dell'aria.
- Aspetta - fece Cèsar
alzandosi - tu non muoverti di qui.
E sparì zoppicando in
giardino.
La ragazza Occhi Verdi rimase
a chiedersi che fosse quel suono. Nella penombra scura della cucina,
sembrava
il trillo di un violino, una musica. Come il giorno del suo primo
ballo, a
casa, quando c'era la musica, e l'atrio di marmo era pieno di gente che
saliva
lo scalone. Lei era lì, sopra la balaustra, con la sua
balia, a spiare chi
arrivava. Poi era passata sua madre. Il vestito le stringeva, le aveva
chiesto
di allentarlo, ma sua madre … sua madre aveva detto che
doveva. Gli aveva anzi
stretto un bottone sul collo. Ogni bottone era una piccola spilla.
Ricordava
ancora lo schiocco che facevano quando il gancio del fermaglio
…
- Era Juan - ansimò il
vecchio rientrando con un paio di conigli uccisi che pendevano da una
cordicella - Viene una volta alla settimana. Ci porta quello di cui
abbiamo
bisogno e poi se ne torna in paese. E' l'unico che accetta di farlo. Ma
qui non
c'è mica la peste … penso che sia Luìs
a spaventarlo. Prima certe volte si
fermava. Adesso resta sempre sulla soglia.
Posò i conigli sul tavolo.
Uno aveva gli occhi spalancati.
- Non pensavo che venisse
qualcuno. Qualcuno dal paese. Fin qui, intendo.
Cèsar sorrise.
- I conigli non crescono
nell'orto.
Anche Occhi Verdi rise. Accarezzò
il pelo del coniglio. Era bianco e morbido.
- Perché mi hai detto di
aspettare qui? Mi occupo io della cucina, avrei potuto andare io a
prenderli…
- E' meglio che Juan non
ti veda - disse Cèsar avvicinandosi alla
brocca - è meglio che non ti veda nessuno, per il momento.
Vuoi un po' d'acqua?
- E perché mai? - chiese lei,
senza ascoltarlo.
Cèsar gonfiò le guance
d'acqua, con la strana parodia di un mostro cattivo. Poi fece una
specie di
sorriso.
- Perché voglio tenerti sempre
qui - disse posandole una mano sul braccio - E non voglio che a
qualcuno,
vedendoti, possa venire in mente di rubarti.
Occhi Verdi sbiancò a quel
contatto, si ritrasse come se il tocco del vecchio fosse di calce viva.
Cèsar si accorse che
arrossiva con violenza e strofinava la mano allo straccio come volesse
sfinirla.
- Scusami, non sapevo che …
Ma lei era già oltre la
porta.
- Forse ho la peste. Sono
infetta - disse. E poi sparì nella luce del giardino.
Cèsar rimase seduto a
contemplare i conigli. Quello dagli occhi addormentati aveva un po' di
sangue
alle gengive. Le mosche si davano da fare.
Non fece niente per scacciarle.
Sospirò. Sapeva che non era né la peste
né il sangue a far sentire così sporchi
gli uomini.