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Autore: Isyde    22/08/2010    5 recensioni
-Non c'è nulla di male nell'amare, Severus.- rispose, con voce rotta.
-Io so cosa voglio dalla vita.-
-E cosa sentiamo?- ora si stava decisamente divertendo.
-Voglio poter scegliere. L'idea di dipendere dalle decisioni altrui, mi fa rabbrividire. Sarò io a stabilire cosa fare o meno.
"Quinta Classificata al Contest Severus'Love di Ranerottola"
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Contest :Severus' Love di Ranerottola


Tempo di Scelte.

 

 



Capitolo Uno.






Il freddo pungente sferzava con violenza su di lei, arrossandole le guance e il naso. Si fermò ansante e risistemò quell'ingombrante sacchetto che teneva fra le braccia. La sua geniale idea, quella di partecipare comunque alla gita ad Hogsmede, ma sprecando la sua giornata a fare acquisti, ora non le sembrava più tanto intelligente. In fondo avrebbe potuto mandare un gufo a sua madre con la lista di ciò che aveva bisogno e nel giro di qualche giorno avrebbe potuto ricevere tutto il materiale.

Sbuffò di nuovo dandosi della stupida.

Ormai la pila di oggetti si stava pericolosamente inclinando a destra, impedendole di impugnare al meglio l'ombrello. Non poteva nemmeno utilizzare la magia, visto che non aveva ancora compiuto i tanto desiderati diciassette anni, non voleva certo ritrovarsi in tribunale con suo padre che la condannava a qualche mese di prigione ad Azkaban.

Deglutì e chiuse gli occhi. Deprimersi non serviva a nulla, si disse. Alzò il viso verso il cielo scuro e alcuni fiocchi di neve la raggiunsero, posandosi sulla fronte e sul mento. Sorrise appena e con rinnovata energia, s'incamminò verso il piccolo sentiero, facendo attenzione alle lastre di ghiaccio.

Aveva appena dato le spalle alla stamberga strillante, quando una palla di neve le sfiorò la spalla.

Per la sorpresa e lo spavento, fece scivolare l'ombrello che cadde a terra, posandosi poco lontano dalla palla di neve, ormai distrutta. Strinse come meglio poteva il pesante sacchetto e si guardò intorno. Sapeva benissimo che i Grifondoro adoravano giochi come quelli. Di solito però preferivano non usare la magia, giusto per godersi il lato selvaggio dei Babbani. Eppure quella palla sembrava incantata. Quindi poteva essere benissimo stato qualche Corvonero maggiorenne.

Si morse il labbro e strinse gli occhi, furente.

Ne aveva abbastanza di quegli spacconi, solo perché non era un tipo che socializzava e che passava il suo tempo libero a studiare o per fatti suoi, non voleva dire che era pazza o altro.

Semplicemente, lei, non voleva essere disturbata e preferiva non avere compagnia per la maggior parte del tempo.

Ricominciò a camminare più velocemente di prima, arrivando e superando Mielandia. Quasi tirò un sospiro di sollievo, quando non vide nessun movimento intorno a lei. Gli studenti cominciavano a rientrare e fra meno di dieci minuti sarebbe scattato il coprifuoco. Emise un rumore stridulo, a metà fra uno sbuffo e un lamento. Decise di prendere un po' di fiato e risistemarsi l'ombrello che ormai non usava più.

Proprio mentre stava procedendo lentamente in una difficile e delicata mossa, quella di far passare il gambo dell'ombrello dal braccio sinistro, ormai indolenzito, a quello destro; una palla di neve le arrivò dritta in faccia.

Sentì la neve schiantarsi contro ogni porzione di viso, infilarsi fra i ciuffi che penzolavano sulla sua fronte e stuzzicare l'entrata della sua bocca, aperta per la sorpresa.

La forza con cui era stata colpita aveva fatto arrossire la pelle per irritazione, gli occhi lacrimavano sia per il dolore, soprattutto al naso, sia per l'umiliazione.

Solo quando chinò la testa e alcuni strati di neve si staccarono dal suo viso per andare a posarsi sul terreno ghiacciato, si accorse di aver lasciato andare le braccia. Il suo sacchetto, quel prezioso sacchetto riempito di libri, inchiostro, pergamene, un bilanciere nuovo, alcuni sacchetti con ingredienti che non si utilizzavano a scuola e due riviste, era a terra.

Una macchia nera stava colorando la neve, segno che la boccetta di inchiostro si era rotta, spargendo il suo colore ovunque. Il sacchetto stesso, lacerato e con un grosso squarcio, si stava velocemente macchiando.

Respirò a fondo, si passò una mano sul viso e tolse ogni traccia di neve, con estrema lentezza.

Cercò di concentrarsi al meglio su quell'operazione, ignorando gli schiamazzi che si sentivano fino a lei. Tremò per la rabbia, ma non si scompose più di tanto. Si stava chinando per raccogliere il salvabile quando un'altra palla le colpì alla nuca.

Non era stata forte, ma per un secondo rimase immobile. Passò una mano sulla nuca e tolse frettolosamente i pezzi più grandi.

Gli schiamazzi, se prima erano appena udibili, ora erano delle vere e proprie urla di giubileo.

Recuperò i libri, le riviste e il bilanciere, mise nella tasca interna il sacchetto con gli ingredienti, ignorando con fermezza quegli idioti, si rialzò e riprese il suo cammino.

Davanti a lei, vide due figure che se ne stavano in piedi a parlare.

Severus Niton e Lucius Malfoy, probabilmente chiacchieravano del più e del meno, ignari di cosa le stava succedendo.

Ma come potevano sapere, che lei era oggetto di bullismo e scherzi dal dubbio gusto? Si domandò, non erano della stessa casa, si conoscevano poco, in più era di un anno più piccola, anche se frequentava alcuni corsi con quelli del settimo anno.

Lei era solamente quella di Tassorosso con un sacco di libri, quella della vita sociale pari a zero.

Rabbrividì, la neve rimasta attaccata sulla nuca, si stava sciogliendo. Piccole gocce s'insinuavano sotto i suoi abiti.

Bene, pensò, avrebbe anche preso un bel raffreddore.

-Vance!- qualcuno gridò il suo nome, e la ragazza si girò di scatto, irritata da tutta quell'assurda situazione.

Ben due palle di neve la colpirono al volto.

La ragazza, stavolta, lasciò ogni oggetto cadere per terra. Ogni singola cellula del suo corpo trasudava rabbia, sfilò la bacchetta dalla tasca del mantello ed avanzò a stento fra l'alta neve, verso quelli che erano i suoi aguzzini.

-Vance, che vuoi farci? Sculacciarci per caso?- urlò qualcuno che la ragazza ben conosceva.

James Potter e il suo compare, Sirius Black si stavano divertendo. Ridevano in modo sguaianato e assolutamente svergognato, indicandola con il dito.

La signorina Vance aprì la bocca, pronta a lanciare una maledizione, ruotò il polso facendo girare appena la bacchetta.

-Stupef...- Vance spalancò gli occhi. Il suo braccio sembrava bloccato. Alzò lo sguardo e vide Severus Piton, fissarla a metà fra il disgusto e le pena.

-Non mi sembra un'azione intelligente la tua.- parlò Lucius Malfoy, che se ne stava dietro di lei. -Vorrei ricordarti che tuo padre è il Ministro degli Interni, cugina. Non vorrai mica farti arrestare e condannare da tuo padre vero, Emmeline?- ironizzò Malfoy avvicinandosi alla giovane.

La ragazza abbassò la bacchetta e con uno strattone liberò il braccio dalla ferma morsa di Piton e scoccò ai due uno sguardo furente.

-Lasciatemi in pace.- mormorò in preda dall'ira.

Lucius Malfoy sorrise e scrollò le spalle. -Bene, io ritorno a scuola, devo incontrarmi con Narcissa.- dichiarò la giovane serpe, lasciando il compagno di casa.

Emmeline si guardò intorno, Potter e Black erano scappati alla sola vista di Malfoy e Piton.

Sicuramente era dovuto dall'assenza del loro amico Caposcuola Lupin, che guarda caso, li difendeva in continuazione.

Sospirò nuovamente e si chinò per raccogliere ciò che aveva buttato.

Sentiva lo sguardo accigliato di Piton su di lei. Non capiva perché non avesse seguito suo cugino, i Serpeverde del sesto e del settimo anno tendevano a rimanere fra loro. Era raro vederli con studenti di altre case.

Sistemato ormai il tutto sulle sua braccia, si accorse che non stava più nevicando. Alzò lo sguardo e vide la tela bagnata del suo ombrello.

-Abbiamo cinque minuti per rientrare ad Hogwarts, sempre se tu non voglia beccarti una punizione esemplare dalla professoressa Sprite.- disse Severus fissandola annoiato.

-No, certo che no.- si affrettò a dire Emmeline e confortata dalla sua presenza, riprese a camminare velocemente.

Durante quel breve viaggio, nessuno dei due parlò.

Severus Piton era troppo interessato ad osservarla.

Non aveva mai avuto l'occasione, né la voglia di parlare con lei, ma poteva dire di conoscerla grazie ai commenti ed ai racconti del suo compagni di studi.

Emmeline Vance era...bizzarra, ecco tutto.

Una Tassorosso remissiva e silenziosa, l'unica studentessa a poter frequentare le lezioni di Incantesimi e Trasfigurazione del settimo anno, pur essendo iscritta al sesto.

Un curioso caso di saccenza. In più, invece di essere rispettata dal resto della scuola, ultimamente era soggetto di scherzi e prepotenze da parte di un gruppo di persone, che ben conosceva.

Era rimasto sconcertato dalla maleducazione ed idiozia di Black e compagni. Non capiva come mai se la prendessero con una ragazza.

-Hai detto qualcosa?- domandò improvvisamente Emmeline, l'aveva sentito borbottare e voleva sapere se era contro di lei, oppure contro quei cretini dei Grifondoro.

-Niente. Siamo arrivati Vance. Tieni il tuo ombrello.- disse solamente Severus porgendoli l'ombrello, accuratamente chiuso.

Lui stava quasi per andarsene ma il suo sguardo fu catturato dal nuovo bilanciere.

-E' un ottimo modello.- aggiunse prima di voltarsi e proseguire verso la Sala Grande.

Emmeline rimase per un po' a fissare quella magra schiena. Avrebbe voluto ringraziarlo, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono e come al solito aveva fatto una brutta figura.

Si diede della stupida e decise di scendere nei sotterranei caldi della casa di Tassorosso.





   
 
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