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Autore: Briseide    16/10/2005    4 recensioni
Draco Malfoy ed Hermione Granger. Una catena di equilibri delicati, tenuta in piedi unicamente dalla loro voglia di stare insieme. Poi, arriva l'elemento d'intrusione: Le Labbra Del Miglior Amico. E ora che si fa?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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IV capitolo

Wish you were here





So, so you think you can tell?
Heaven from Hell?
Blue skies from pain
Can you tell a green field
From a cold steel rail?
A smile from a veil?
Do you think you can tell?

Wish you were here – Pink Floyd


Non avrebbe mai pensato che sarebbe andata a finire in quel modo.
Che un giorno, le parole di qualcuno che era la cosa più importante della sua vita che non fosse egli stesso, lo avrebbero portato a dover affrontare e sostenere quell’esame, che aveva cercato di rinviare fino alla fine, prendendo tempo e nascondendosi spesso dietro a delle azioni, che per quanto coraggiose e significative, non ponevano fine a quel dissidio che aveva dentro la testa.

Per quanto lo avessero ferito i suoi comportamenti, per quanto quella freddezza fosse valsa a gelare ogni piccola emozione dentro di lui, per quanto avesse provato ribrezzo al solo vederlo, quell’uomo era suo padre, e come tale scorreva inesorabilmente dentro di lui, nel suo sangue, nella sua educazione e soprattutto nel suo passato, che sapeva essere incancellabile.
La sua maledizione.
Qualsiasi strada avesse intrapreso, quella percorsa un tempo sarebbe rimasta alle sue spalle, e aveva sempre avuto la sensazione che dietro di lui mordesse il terreno, per cercare di riprenderlo e portarlo in quello che avrebbe dovuto accettare essere il suo posto.

Era del tutto convinto, che non si meritava la sua visita. Ma non lo faceva di certo per lui.
Draco non aveva mai avuto molta immaginazione, non aveva mai sperato ad alta voce né fornito motivo a qualcuno di poter pensare che fosse solito farlo tra sé e sé.
Sapeva cosa fare e come farlo, in genere, azioni sicure frutto di lunghe riflessione nel buio della sua camera da prefetto, o del suo studio o del suo ufficio. Odiava la teoria faceva affidamento unicamente sulla pratica.
Ed era probabilmente per questi motivi, che suo padre ricevette uno sguardo sinceramente stupito da suo figlio. Uno stupore che non lo riguardava neanche lontanamente, a ben pensarci.

Se ne stava lì, davanti a quella cella, senza dire niente, gli occhi fissi nei suoi ma persi nel vuoto che gli davano in risposta. Eppure in quel vuoto, Draco sembrava leggerci una qualche risposta, un qualcosa di interessante, forse persino importante.
Non avrebbe mai creduto che suo padre, Lucius Malfoy, lo avrebbe portato a dover firmare un compromesso. Dover accettare di vivere in mezzo a quella gente, babbani, per cercare di salvarsi la vita, agire nell’ombra, rischiare la propria reputazione, nascondere ogni preoccupazione e timore, e tutto quello lo aveva accettato perché lei glielo aveva imposto.
Obbligato da una donna, da Hermione Granger, della quale per giunta si era anche innamorato.

E mentre fissava quegli occhi, osservava la loro luce, ancora non contaminata dalla pazzia, anche se ormai era solo un pallore dell’antico bagliore fulgente che c’era un tempo, sentiva qualcosa stringergli la gola.
Forse avrebbe pianto dal sollievo e dalla felicità, se non si fosse trattato di Draco Malfoy.
Lì in piedi, con i suoi occhi in quelli del padre, aveva un solo pensiero per la testa, non meno doloroso di tutti gli altri che aveva pensato potesse aver provato.
Vorrei che fossi qui, Hermione.

Qui, accanto a me, e di fronte a lui, per vedere quanto siamo diversi.


°°°

- Buongiorno.
- …
- Grazie, anche a te.

Seppur avesse voluto evitare che accadesse – ma non era quello il caso – quel sopracciglio avrebbe fatto ugualmente di testa sua, alzandosi e andando ad esprimere tutta l’insofferente e nervosa perplessità per la scena alla quale aveva appena assistito.

- Si può sapere con chi stai parlando?
- Con il tuo inconscio, che mi ha augurato con un espressione umana una buona giornata, mi pare ovvio. Sai che nonostante voglia negarlo, io sono un uomo speranzoso.

Blaise era l’unica persona che Draco avesse mai conosciuto, che parlava con tutti senza guadare mai in faccia nessuno. Ne aveva incontrate a dirla tutta, di persone così nell’arco della sua esistenza, ma Blaise era l’unico che riuscisse a far passare quella forma di maleducazione – o debolezza – inosservate, con una elegante noncuranza. Era sempre troppo preso a fare altro, qualsiasi altra cosa, per poter anche guardare in faccia chi gli rivolgeva la parola.
In quel momento, per esempio, era chino su una scrivania, e stava riempiendo una pergamena con la sua minuta grafia.
Draco allungò lo sguardo sopra la spalla di Blaise. Si trovò ad assottigliare gli occhi, nel tentativo alquanto stancante di distinguere qualcosa di familiare in quella linea continua di inchiostro nero che segnava la pergamena.
Grafia minuscola ma estremamente fluida ed elegante. La sua mano era stretta con vigore attorno alla piuma, scorreva rapidamente accarezzando la pagina ruvida, non sostava mai a mezz’aria, neanche per il dubbio di un secondo, si sollevava dal foglio solo il minimo indispensabile. E non c’era neanche una sola macchia d’inchiostro.

Draco si allontanò da Blaise con un sospiro stanco e annoiato, e andò ad afferrare un plico di fogli di pergamena adagiati sulla sua scrivania.
Dita lunghe e sottili, che impressero con una certa violenza, seppure tremassero, la loro impronta trasparente sulla carta leggera di quei fogli, nel leggere un nome in fondo alla pagina.
Hermione Granger.
Cercò senza aiutarsi con lo sguardo una piuma per mettere la sua firma e spedire in amministrazione quel documento. La trovò poco dopo.
Draco Malfoy.
Quella era l’unica occasione, ultimamente, in cui lui ed Hermione erano accostati, vicini, nonostante le loro firme non si sfiorassero neanche, nei lineari settori dello spazio ritagliato per loro sul documento.
- Ma che diavolo stai scrivendo, si può sapere?
L’aggressività che riversò nella domanda di Blaise, recava macchie d’inchiostro nero accanto ad inchiostro blu. Non era con l’amico grafomane che se la stava prendendo, e parve ovvio ad entrambi, in una sfumatura di rabbia e in un sorriso sardonico, rivolto ad una parola che si discostava non poco da un motivo di sorriso, che Blaise stava scrivendo in quel momento.
- Una lettera.
- Un’altra?
- Paghi tu le inesistenti spese postali?
Un grugnito gli fornì la risposta. Ci mancavano solo le spese postali, pensò in un mugugno mesto Draco, mentre faceva cenno di entrare a chi era dietro la porta da quasi un minuto.

Blaise aveva sempre qualcosa da scrivere. Era molto compiaciuto, tra l’altro, della sua grafomania e non perdeva occasione di poter scrivere qualcosa a qualcuno. Contrariamente a quanto chiunque si sarebbe potuto aspettare da uno come lui, non era mai per se stesso che scriveva. O almeno così sosteneva lui. Le lettere erano indirizzate tutte ad altri – o meglio altre – che non fossero il suo ego, il suo io, o la sua persona per intendersi.
Fingeva in quelle pagine e pagine senza fine, di abbracciare il cortese ideale del vassallaggio d’amore, lodando ed elogiando la bella di turno, nel tentare di spiegarle come potesse essere capitato che non volesse più saperne di lei.

- Signor Malfoy scusi, ci sarebbe quel documento da spedire al più presto, mi chiedevo se…
Odiava i giri di parole. Questa la risposta che la graziosa ragazza sui vent’anni avrebbe potuto darsi, dopo essersi chiesta cosa avesse mai detto di tanto sgarbato o fastidioso per vedersi quasi lanciare i fogli, con un gesto brusco e uno successivo di sbrigativo commiato.
Odiava anche quelle patetiche scene tipiche di una portineria. Questa la seconda motivazione di quel gesto e quel congedo.

- Credo di essere in debito con te.
- Dovresti smetterla di portartene a letto una diversa a settimana, Blaise. Ora puoi spedire quell’ammasso di stronzate, immagino.
- Sinceramente, Draco, penso che tu dovresti provare a scrivere qualcosa di diverso da una sterile firma su un documento. Visto che non sei in grado di esprimerti umanamente a voce, ti consiglierei sul serio di scrivere piuttosto quello che dovresti saper dire ed esprimere.

Lo avrebbe volentieri mandato dove meritava di essere, se solo non fosse profondamente infastidito dal pensiero di risultare rozzo e volgare rispetto agli standard cortesi e raffinati di Blaise. Alla fine, aveva optato per un velato eufemismo, che non poteva sapere, si sarebbe poi trasformato nelle ormai note Ultime Parole Famose.

- E io penso che mi vedrai alle prese con una lettera solo quando il mio peggior nemico, e sottolineo peggiore, l’uomo più nefasto esistente a questo mondo, busserà alla mia porta disarmato.

Gli fu concesso solo un silenzio di pochi secondi.

- E’ la sagoma di Potter, quella?

Fu con un sorriso, che Blaise a braccia conserte, appoggiato al bordo del tavolo, ammirava un Draco Malfoy con una piuma in mano, e un foglio completamente vuoto, e delle grandi verità e atroci ammissioni da dover mettere per iscritto.
Conoscendo il tipo, non si meravigliò affatto nel sentirsi attribuire dallo stesso Malfoy, una nascita ben poco nobile e aristocratica – ed etica – quale vantava di avere.

°°°

My, my baby blue
Yeah, I've been thinking about you
My, my baby blue
Yeah, you're so jaded
And I'm the one that jaded you

Jaded - Aerosmith


Ginny Weasley amava la gente. Le piaceva girare per luoghi affollati mano nella mano di qualcuno così come da sola, trovava divertente la calca nelle vie principali di Londra all’apertura dei saldi, non aveva mai perso l’occasione di andare ad una festa, e le piaceva da matti interagire con chiunque le fosse intorno.
L’eccezione che confermava la sua regola, era il Ministero della Magia, per il semplice fatto che non sopportava neanche una delle persone che lo frequentavano, escluso suo padre ed Hermione.

Maghi in carriera con la puzza sotto al naso, donne stressate legate in rigidi tailleur grigio topo sommerse da scartoffie, i corridoi risuonavano solo del rumore pedante dei loro tacchi sul pavimento di marmo pregiato.
Le porte sbattevano continuamente, non c’era un solo mago che accompagnasse gentilmente la porta allo stipite, e se c’era una cosa che lei non riusciva a tollerare, erano le porte sbattute con forza, qualunque fosse il motivo di quella mancanza di tatto e grazia. A casa sua, quando qualcuno era nervoso, si premurava sempre di fare il giro della casa per chiudere le porte, fin da quando era bambina.

Storcendo il naso superò un capannello di uomini in cerchio, concentrati su una cartellina al centro, tenuta da quello che probabilmente svolgeva un ruolo di preminenza: dare ordini, delegare a qualcun altro l’incarico di controllare che venissero eseguiti.
Sorrise forzatamente ad una ragazza che le sfrecciò accanto, osservò incuriosita una giovane donna, che dovette evitare. Stava leggendo con dolorosa attenzione un foglio che aveva l’aria di una lettera. Ginny si voltò, seguendo con lo sguardo la schiena della giovane, sempre più curva ad ogni riga letta.
Poi, lo vide.
Una porta dopo quella dove lei stava sostando in quel momento, fissava contrariato l’insegna sul vetro lucido, ostinato a non bussare evidentemente. Aveva portato una mano sulla fronte e si era scompigliato quei ciuffi ribelli della sua frangetta, scoprendo del tutto involontariamente quel segno indelebile che aveva sulla fronte.
Un tempo era lei, a farlo e senza poterlo impedire Ginny si ritrovò a fare lo stesso gesto su se stessa, sebbene fosse molto meno piacevole come occorrenza: il segno che le era rimasto era ben diverso da una cicatrice, semmai sarebbe rimasto quello della porta che le era arrivata in faccia prima che potesse fare un passo indietro.
Soffocò un urlo di dolore e si morse un labbro, ancora un po’ frastornata.

- Oh Dio, mi scusi tanto, le ho fatto male?

Le era giunta in lontananza una voce ovattata, manierata ed esageratamente costernata. Non sapeva neanche chi fosse, dopotutto. Scosse la testa massaggiandosi il punto colpito e abbozzò un sorriso di circostanza.

- Non importa, non mi ha fatto male.
Non più di altri, almeno.

Quando la porta incriminata si fu richiusa una volta per tutte, trovò dritta davanti a lei un sorriso pronto a diventare qualcosa di più e due occhi scintillanti di enfatico divertimento. Ancora in piedi davanti alla sua porta, Harry Potter stava ormai ridendo, come non lo sentiva fare da tempo. Non che fosse convinta che non lo avesse più fatto, semplicemente lei non aveva avuto molte occasioni per potersene rendere conto.

Avrebbe voluto ridere anche lei, ma non ci riusciva. Era quel qualcosa che le premeva sullo sterno e che pulsava in gola che sbarrava il passaggio a quell’allegria di cui aveva bisogno in quel momento. Eppure, prima che i suoi occhi iniziassero a divenire così lucidi, era stata certa che quel sorriso le aveva raggiunto almeno gli occhi, perché Harry non aveva smesso di ridere, e tanto meno di guardarla.
Guardarla in quel modo, con quel misto di rispetto e tenerezza che aveva sempre anche quando la toccava, la prima volta come la seconda, come l’ultima.

- Harry.

Era quello il suo saluto, l’unico che in quel momento potesse permettersi. Allora lui aveva smesso di ridere e si era avvicinato di pochi passi, pur mantenendo quella distanza provvidenziale.

- Come stai?

La sua voce si era spezzata d’improvviso, a metà frase e non era più tornata come prima, per tutto il resto del loro discorso, costruito con parole fugaci e sguardi interdetti, incerti, febbrili. Che domanda era, la sua? Tutti avrebbero potuto conoscere la risposta, lui più di altri. Ginny non era affatto brava a nascondere le proprie sensazioni quando si trovava davanti l’artefice e la causa delle stesse.

- Un po’ indaffarata.

Avrebbe voluto rigirargli la domanda, ma non ce la fece. La sua vista iniziava a perdere nitidezza e aveva lasciato che il panico la cogliesse quando si era resa conto che era vicino alle lacrime. Aveva pregato tutte le divinità della terra perché le permettessero di incontrare Harry. Era l’unico modo per poterlo vedere ancora, dopo la decisione di non cercarlo volontariamente. Si era affidata ad un destino truccato, e ora sentiva qualcosa scoppiarle nel petto ad ogni respiro, il che stava risultando persino doloroso. E non si era mai sentita tanto stanca come in quel momento.

Ancora tu
Non mi sorprende lo sai
Ancora tu
Ma non dovevamo vederci più?
E come stai?
Domanda inutile
Stai come me
E ci scappa da ridere

Ancora tu – Lucio Battisti


- Ma che ci fai qui?
- Ti va un caffè?

Le aveva proposto ignorando del tutto la sua domanda. Chissà se l’aveva sentita, dopotutto, aveva coperto le sue parole frettolosamente.
Digli di no, digli di no.


- Perché no?

Stupida. Stupida. Stupida.
Stupida e innamorata.


Con un gesto impacciato le fece cenno di seguirlo. Gli si accostò, e facendo bene attenzione a non sfiorarlo neanche per sbaglio, lo seguì. Camminava accanto a lui, con una compostezza e un imbarazzo che non aveva mai provato, neanche quando tra loro le cose avevano iniziato a precipitare vertiginosamente, in quel turbine di incomprensioni e bugie dal quale si erano lasciati travolgere.
Sbirciò cautamente verso di lui, una sola occhiata, uno sguardo veloce, niente di più, solo per rendersi conto che per tutto quel tempo non aveva fatto altro che pensare a quanto avrebbe voluto che lui fosse stato lì, con lei.
Ci fu un attimo in cui pensò anche di dirglielo. Sarebbe bastato davvero poco, accostarsi a lui e sollevare la testa, cercare i suoi occhi e raccontargli tutto.
Di quando la sera non aveva altro da fare se non maledire il suo orgoglio e la sua capacità di fare sempre la scelta sbagliata.
Intere notti a pensare a lui.
Vorrei che fossi qui.

La caffetteria era proprio dietro l’angolo: era funzionale, arredata in modo informale e piena di gente. C’era un buon profumo di caffè caldo, e il rosa antico della fodera di ogni sedia era delizioso, ebbe modo di pensare Ginny.
Così perfetto, e così freddo.
Non aveva niente a che vedere con loro due.
Afferrò d’istinto la mano di Harry – quasi spaurita dal pensiero che il loro rapporto potesse assomigliare anche solo lontanamente a quel posto – e voltò le spalle all’insegna.
Lui non si ribellò, sul momento le sfuggì quell’irrigidimento delle spalle. Guardando la strada che aveva davanti, pensò bene di non voler conoscere l’espressione di Harry. Fosse stato per lei, quella mano non l’avrebbe mai lasciata, ed era stato un gran sollievo scoprire che le loro mani potevano ancora unirsi così saldamente. Restava solo da scoprire se le loro dita sarebbero ancora state in grado di intrecciarsi come un tempo, così strette da dare quasi l’impressione ad entrambi che avrebbero vissuto la loro intera vita così, mano nella mano.
Ma era stata solo un’impressione.

- Andiamo al Paiolo Magico.

Aveva sussurrato al vuoto che aveva davanti. Harry non aveva detto niente, ma si era incamminato verso l’angolo a destra, verso il Paiolo Magico, mentre si trovava a maledire quel passante, che tagliandogli la strada, lo aveva costretto a lasciare la mano di Ginny.
Passandosela tra i capelli, pensò che avrebbe trovato un modo prima o dopo per riprenderla ancora e scaldarla nella sua.
Lo avrebbe trovato eccome.



TBC



Mi scuso per il ritardo, ma come avevo avvisato, ho avuto un pò di problemi poco piacevoli da risolvere, di cui in parte devo ancora occuparmi.
Questo capitolo l'ho dedicato alle prossime azioni che proteranno delle conseguenze - non prevedo niente di semplice in effetti - e... beh ho dato un piccolo spazio anche a Blaise, perchè ho una sorta di dipendenza da lui. ^^
E ora, i ringraziamenti doverosi, siete troppo carini ^^'

Sabry: Lieta che Ginny ti sia piaciuta, ogni volta è una fatica. Questa è la Ginny che piace a me, solo che ogni tanto temo di discostarmi troppo da quella della Row. Quel capitolo era un pò triste si, ma questo lascia buone speranze. Almeno credo. ;)

Clo87: Graaazie!! Chiedo scusa per la lunga attesa, ma in compenso questo è meno triste infondo, no?

Evian: * scava una buca e si sotterra* troppo buona\o sul serio. :)

ADoris: Eccoli Harry e Ginny. Che ne dici, fanno progressi questi due? Draco ed Hermione sono... non lo so, non ho parole neanche io per definirli. Ora come ora mi vengono in mente solo un pò di insulti per la fatica che mi fanno fare, ma li adoro infondo. Affidiamoci a Blaise, chissà che non aiuti a sbrogliare la situazione! ;) Baci anche a te!

eva_elamela: Mamma mia che commentone, grazie! Hai ragione, quella sul vecchio Lucius non è stata una genialata della nostra Hermione... e poi dicono alle serpi, che hanno la lingua biforcuta! Draco ed Hermione sono sempre difficili da capire, mannaggia a loro, ma vediamo se ti do una mano. Hermione ha detto una cavolata immensa, per lei, ma Draco che da sempre ha avuto a che vedere con il confronto con suo padre, qualche perplessità se l'è fatta venire. ^^ Per il resto... beh, credo che il titolo di questo capitolo sia inequivocabile! ^^ Un bacio.

Samia: Ron ringrazia molto, è molto gratificante per lui essere apprezzato. ^^ Le tue recensioni sono sempre bellissime, sai? Grazie mille davvero!

Allora, per oggi ho concluso. Mi metterò al più presto al lavoro per il prossimo capitolo, temo che mi aspetti una bella chiacchierata in caffetteria e una rispolveratina al caro vecchio Jacopo Ortis e alle sue lettere! Grazie a tutti per l'appoggio e le recensioni che lasciate, sono davvero di grande aiuto! E un thanks anche a chi legge senza recensire.

Un bacio,
Bris.

  
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