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Autore: storyteller lover    24/08/2010    3 recensioni
“Hai da fare sta sera?” Le chiese lui, appoggiandosi agli scaffali.
“Credo che sta sera sarò ancora qui a cercare uno stupido file su non so quale stupida missione per qualcuno che non lo leggerà prima di dopodomani mattina.” Sbottò Anko, rossa in viso e accaldata. Stare in ginocchio per tanto tempo le aveva fatto salire il sangue alla testa e adesso non vedeva l’ora di uscire di lì al più presto.
“Stare soli spesso non risolve nulla. La solitudine non è di molto aiuto quando…” Cercò di dirle.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anko Mitarashi, Kakashi Hatake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
- Questa storia fa parte della serie 'Dialoghi a due'
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Bene, eccomi qui che pubblico un’altra storia. Dico subito che è stata scritta in occasione di una sfida, organizzata sul forum dell’Urd Cafè, indetta da slice, autrice anche su efp. Il tema generale e titolo della sfida:

"E tu cosa ne sai della magia, Merlino?"
Questa frase è detta da Artù nella serie televisiva Merlin a Merlino, appunto, e leggendola non si può che dare dello sciocco al famoso principe.

Quello che voglio che facciate, qualora aderiate alla sfida, è che usiate un momento di rabbia per far dire una frase del genere da un personaggio di Naruto ad un altro.

Ad esempio:
Sasuke e Naruto.
Sasuke: "Ma cosa vuoi saperne tu di rane, Naruto?"
O Chouji e Ino.
Ino: "Cosa ne sai tu di cucina, Chouji?"

Quindi l'oggetto della frase deve essere ben conosciuto dal coprotagonista. Infatti, nel caso di Sasuke e Naruto ho usato le rane e Naruto stesso come la magia e Merlino.
Per questo serve l'arrabbiatura, perché - riprendendo il solito esempio - Sasuke non direbbe mai una fesseria del genere in condizioni normali; beh, nessuno lo farebbe se conoscesse la persona che ha davanti.
Poi il personaggio alterato può rendersi conto di aver detto una castroneria, può continuare ottusamente per la strada scelta... può reagire nel modo che più vi piace.
La frase non deve essere per forza nella forma dell'esempio o del titolo, l'importante è che ci sia una frase chiave e non solo il concetto, vago.
La frase non deve necessariamente essere detta all'inizio o alla fine, ma nel personaggio che la dice ci deve essere una distinta nota di rabbia.
Tutto il resto della storia è a vosta discrezione, ma ovviamente deve vorticare intorno al complemento oggetto della frase. (le rane nell'esempio di Sasuke, e la cucina nell'esempio di Ino).
 
Premetto che la storia è venuta fuori da sola. Avevo pensato a qualcosa del genere, ma l’idea era per la maggior parte completamente diversa. Voglio usare questo spazio per dire solo un paio di cose sulla fan fiction:
1)   È una What…if?, il che mi ha dato la possibilità di inserire dei particolari qua e là che molto probabilmente non sono proprio in linea con la storia del manga.
2)   È un misto tra  i pensieri dei due personaggi principali. Pur parlando tra loro si trovano su due lunghezze d’onda completamente opposte.
3)   Spero  vi piaccia.



Loneliness

“Non sei venuta ieri sera. Pensavo ti saresti fatta viva sul tardi,” le disse Kakashi.
Era apparso dal nulla, come sempre. Le mani in tasca, il copri fronte inclinato e lo sguardo spassionato.
“Non ero del morale giusto. Avevo voglia di stare sola”,  rispose Anko, intenta a cercare un fascicolo nell’archivio del villaggio.
Shizune le aveva chiesto di portaglielo, ma lei proprio non riusciva a trovarlo.
Tutte quelle scartoffie e quell’odore di chiuso la infastidivano.
E poi aveva sempre odiato gli archivi. Sono luoghi bui e chiusi, silenziosi e umidi.
“Hai da fare sta sera?”, le chiese lui, appoggiandosi agli scaffali.
“Credo che sta sera sarò ancora qui a cercare uno stupido file su non so quale stupida missione per qualcuno che non lo leggerà prima di dopodomani mattina,” sbottò Anko, rossa in viso e accaldata. Stare in ginocchio per tanto tempo le aveva fatto salire il sangue alla testa e adesso non vedeva l’ora di uscire di lì al più presto.
Aveva bisogno di dormire.
Non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
Troppi ricordi, troppi incubi ricorrenti.
“Sei nervosa. C’è qualcosa che non va?”, continuò Kakashi. Voleva parlarle.
Era da quasi una settimana che non si vedevano.
Da qualche tempo, aveva iniziato ad considerare con serietà quei loro incontri poco occasionali.
Non aveva fatto lui il primo passo, ma non era andata poi così male.
Forse, questa volta sarebbe stato diverso.
Quelle notti a volte brevi e sfuggenti, ogni tanto dolci, erano diventate inaspettatamente piacevoli.
“Non sono nervosa. È che ieri non è stata proprio una bella giornata, e oggi non va molto meglio. Quindi: non sono nervosa. In più non posso andarmene prima di aver trovato quello che… aspetta. Forse, forse ci sono…” disse Anko con impazienza, sfilando una cartella foderata di un colore giallo sbiadito. No, non era quello giusto, anche se era stranamente familiare.
In alto, quasi al margine dell’angolo destro, c’era scritto: Riservato S443267.
La “S” stava per “Sannin”, mentre il codice a sei cifre era il numero che identificava anonimamente un ninja del villaggio. Tutti ne avevano uno.
Il suo era J571209.
Numeri estratti a caso, ma Anko conosceva bene quella sequenza. L'aveva imparata molto tempo fa...

“S443267. È questo qui, sensei?”
“Sì, piccola Anko. E questa è la sezione dell’archivio che mi riguarda.”

Le aveva detto un giorno. E poi aveva dato alle fiamme ogni singolo foglio davanti ai suoi occhi, lasciando solo il codice.

“Devi bruciare anche il mio, sensei?”
“Sì, è meglio che nessuno sappia."


Quante bugie.
“Dove stiamo andando, Orochimaru-sensei?”
“In un posto.”


“L’hai trovato?”, le chiese all’improvviso Kakashi, richiamandola dal suo flusso di pensieri.
“No. Stupido numero, maledetto fascicolo!” Mormorò con rabbia, rinfilalndo bruscamente il fascicolo in mezzo agli altri. Era troppo, ci rinunciava. Avrebbe parlato più avanti con Shizune.
Alzatasi di scatto, fece come per andarsene, ma Kakashi era ancora lì.
“Non dovevi trovare qualcosa?” le chiese, ammiccando.
Anko conosceva bene quello sguardo.
Glielo aveva visto in faccia forse due o tre volte quando erano soli.
Era tenero, ma non era proprio quello di cui aveva bisogno in quel momento. E sebbene il tono con cui le aveva parlato fosse gentile, il tutto non fece che urtarla.
“Non sono affari tuoi. Mi fai passare, per favore? Voglio andare a casa,” gli disse.
“Ti accompagno?” propose Kakashi, senza spostarsi.
“No. Ho bisogno di stare sola,” rispose bruscamente.
Iniziava a innervosirsi sul serio. La spalla le doleva da qualche giorno, soprattutto di notte.
Cercò di passare, ma Kakashi insisteva. Con calma, con naturalezza, ma insisteva.
“Mi fai passare o no?” gli disse, quasi a voler lasciare intendere che stava perdendo la pazienza.
“C’è qualcosa che non va?” Fu la sua risposta. Nella sua voce c’era un lieve accenno di interessamento, ma Anko non lo notò.
“Non ne voglio parlare. Per sta sera non è il caso, mi dispiace. Forse tra qualche giorno, non lo so. Ti cerco io. Però, fammi un favore. Lasciami stare sola per un po’, e poi tornerò ad essere quella di sempre, lo prometto.” Gli disse, convinta di averla avuta vinta.
Ma, diversamente da quanto credeva, Kakashi non si mosse.
“Stare soli spesso non risolve nulla. La solitudine non è  molto di aiuto quando…” Cercò di dirle. Stava per poggiarle una mano sulla spalla per consolarla, ma…
“E tu cosa diavolo puoi saperne della solitudine?” Gli si rivolse con ira. La sua pazienza aveva superato il limite. Con un gesto brusco allontanò la mano di Kakashi.
“Probabilmente niente.” Rispose lui e, così dicendo, si scansò, lasciandola andare.
Sentì solo un rumore di passi che si allontanavano svelti moriva piano, piano.
Qualche secondo dopo,  la porta veniva chiusa con fare frettoloso.
Visto che si trovava già lì, Kakashi pensò di restare ancora qualche minuto in mezzo a quegli scaffali, al chiuso e in compagnia di un'oscurità sempre più polverosa.


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