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Autore: Cassandra    05/12/2003    8 recensioni
La prima parte della storia è una semplice trasposizione di alcune scene della 39° puntata di Saiyuki dopo le quali, il racconto si modifica acquisendo un corso diverso dalla serie televisiva. A questo proposito, dopo la prima parte, il racconto è da considerarsi quasi un universo alternativo ( oltre ad un delirio completo ) dove accadono eventi completamente indipendenti. Questo determina anche il titolo in quanto, le parole inglesi WHAT IF … vengono tradotte E SE … Normalmente, questa dicitura è usata per segnalare racconti dove gli eventi, a un bivio presente nelle serie regolare, prendono strade molto diverse ( Es. Lady Oscar, al famoso ballo, invece di presentarsi in alta uniforme, asseconda i desideri paterni e veste come una donna ).
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What if …

What if …

 

La prima parte della storia è una semplice trasposizione di alcune scene della 39° puntata di Saiyuki dopo le quali, il racconto si modifica acquisendo un corso diverso dalla serie televisiva.

A questo proposito, dopo la prima parte, il racconto è da considerarsi quasi un universo alternativo ( oltre ad un delirio completo ) dove accadono eventi completamente indipendenti.

Questo determina anche il titolo in quanto, le parole inglesi WHAT IF … vengono tradotte E SE …

Normalmente, questa dicitura è usata per segnalare racconti dove gli eventi, a un bivio presente nelle serie regolare, prendono strade molto diverse ( Es. Lady Oscar, al famoso ballo, invece di presentarsi in alta uniforme, asseconda i desideri paterni e veste come una donna ).

Ovviamente, i personaggi di Saiyuki non appartengono a me ma a Kazuya Minekura

 

Introduzione

( si ricorda che questa parte, tranne qualche licenza, ricalca fedelmente l’episodio 39 )

 

Il monaco era seduto scompostamente sulla lunga panca, la gamba destra piegata in modo da potervi appoggiare distrattamente il braccio e l’altra a penzoloni giù dal legno.

La parte superiore della veste cerimoniale, abbassata sino alla vita, permetteva di vedere il nero top fasciare il busto del Venerabile Genjo Sanzo Hoshi.

Guardando, senza vedere, il mondo al di fuori della finestra, l’uomo aveva la mente lontana … persa nel tempo … persa a una distanza di quasi dieci anni … perso in una giornata di pioggia come quella.

Il suo umore rispecchiava il cielo, tetro e portatore dei ricordi che tanto avrebbe voluto cancellare … ricordi del giorno in cui aveva perso per sempre la sua infanzia ed il suo adorato maestro.

Aveva iniziato a piovere durante la notte e, nonostante fossero trascorse parecchie ore, l’acqua non sembrava intenzionata a smettere di cadere.

Sanzo aspirò l’ennesima boccata di fumo dalla sigaretta che teneva fra le labbra: l’ultima di una lunga serie i cui, mozziconi avevano ormai riempito il posacenere.

Era completamente solo nella casa che avevano affittato per la notte: i suoi compagni lo avevano lasciato con il pretesto di andare a fare provviste … una scusa patetica per uscire dal suo raggio d’azione ma  a cui lui si era guardato bene dall’obbiettare.

Preferiva che si allontanassero … che non potessero vederlo in procinto di leccarsi le ferite come quel debole individuo che era … che non vedessero mentre si contemplava le mani, nei suoi ricordi ancora sporche del sangue del Venerabile Komyo Sanzo Hoshi.

L’uomo che era stato il suo maestro … l’uomo che era stato padre … l’uomo che era morto per salvare la sua inutile vita.

Goku era stato l’unico del gruppo ad apparire titubante all’idea di lasciarlo solo.

Tzè, come se lui avesse avuto bisogno della compagnia di qualcuno.

Assurdo che, dopo quattro anni di convivenza, la scimmia non avesse ancora imparato ad allontanarsi quando vedeva il cielo annuvolarsi.

Stupido animale!

Come evocata dai suoi pensieri, la creatura eretica irruppe nella stanza:

“Sanzo, ti sei svegliato. Ah, ma cosa fai? Perché non rimani sdraiato? … E smettila di fumare … Ah, guarda cosa ti ho comprato: delle caramelle per la gola, una mascherina e anche delle pesche sciroppate …”

Durante questo fiume di parole, Goku era entrato in casa , aveva posato il sacchetto di carta che teneva fra le mani ed aveva iniziato ad estrarne il contenuto per poi aggiungere, dopo una breve pausa per riprendere fiato:

“Senti, vuoi mangiare adesso?”

“Non ho il raffreddore” puntualizzò freddamente il monaco senza nemmeno voltarsi verso il suo interlocutore.

In quel momento l’unica cosa che Sanzo desiderava era stare solo con il suo dolore, possibile che quell’essere petulante non riuscisse a comprendere il suo stato d’animo?

Possibile che Goku dovesse stargli sempre appiccicato?

Il diciottenne, sorpreso dalla durezza nella voce del suo sole, alzò il capo per osservarlo con gli immensi occhi dorati: il biondo monaco aveva gli occhi lucidi e la pelle era di un pallore allarmante.

“Però non hai il colorito di una persona sana” osò mormorare prima di accorgersi che l’altro stava accendendosi l’ennesima sigaretta.

D’impulso, il demone si avvicinò al bonzo strappandogliela di bocca: “Insomma, vuoi capirlo che non devi fumare?” e poi, più dolcemente avvicinando la propria mano alla fronte dell’uomo “Voglio sentire se hai la febbre …”

Questo era decisamente troppo per il biondo monaco che scostò, in maniera violenta, la mano del ragazzo.

Gli occhi viola dell’uomo, lanciavano lampi di furia all’indirizzo di Goku:

“Ti ho già detto che non sono malato”

“E all’ora cos’hai?” domandò l’altro che, anche se conosceva gli effetti del maltempo sul suo mentore, non era ancora riuscito a rassegnarsi a vederlo ogni volta ridotto in quello stato.

Quattro anni … avevano vissuto insieme quattro anni eppure, la persona che per lui era più importante non si era mai degnata di dargli la minima spiegazione sul motivo del suo tormento.

“Non mangi niente, non parli … Ti comporti in modo strano … Che cosa ti è successo? Se c’è un motivo parla …” ora Goku si sentiva sul punto di scoppiare in lacrime ma, aveva imparato che queste riuscivano solo ad irritare maggiormente l’uomo che adorava e che ora lo guardava senza vederlo.

“A te non deve interessare” la voce di Sanzo sembrava provenire da un luogo molto lontano, un luogo distante dieci anni.

“Non è vero che non mi deve interessare! Avanti, dimmi cosa c’è che non va? Ho forse fatto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare?” tornò alla carica.

Il tono petulante della scimmia fece infuriare il monaco:

“Fai silenzio!”

“Oh, che ho detto …” mormorò il giovane ma il suo compagno aveva già raggiunto il limite della sua sopportazione.

Sanzo non era mai stato un tipo molto paziente ed in quel momento, il suo umore che risentiva anche del maltempo lo spinse a rovesciare, con un calcio, il tavolo e le cose su di esso appoggiate.

 Goku osservò, come ipnotizzato, il barattolo delle pesche rotolare sino ad un angolo della stanza.

Il giovane dagli occhi dorati sentiva una bruciante sensazione di sconfitta: non era la prima volta che la rabbia di Sanzo si riversava su di lui ed avrebbe dovuto, ormai, essersene abituato ma, ogni volta che pioveva, gli pareva che la situazione fosse ancora peggiore della precedente.

“Ma … cosa ti prende … e pensare che io mi stavo solo preoccupando per te …” mormorò il demone.

“Nessuno te l’ha chiesto” ribatté l’altro dandogli il colpo di grazia.

L’essere eretico si irrigidì rendendosi tristemente conto di quanto fosse vero, il monaco non aveva mai chiesto di preoccuparsi per lui … erano le persone a cui si voleva bene a cui si domandavano tali attenzioni e Sanzo non voleva certo impegolarsi con uno sporco demone come Goku.

Il monaco non aveva mai nascosto i suoi sentimenti verso gli youkai ( si scrive così demoni in giapponese?_Nd.Cassandra )

Il suo sole non aveva bisogno di lui e, anche le sue ultime parole rimarcavano questo concetto:

“Mi sembra di averti detto di andartene!”

Era decisamente troppo per il ragazzo che corse fuori dalla costruzione quasi travolgendo Gojyo e Hakkai.

I due, che rientravano in quel momento dalla spesa, lo osservarono allibiti.

“Che c’è Goku?” gli domandò il demone gentile.

Il volto dell’essere eretico appariva stravolto: gli occhi dorati, pieni di un’incommensurabile tristezza, sembravano essere stati privati della loro luce e le labbra, serrate in un’espressione desolata, tremavano leggermente  dimostrando quanto il giovane fosse sul punto di prorompere in una crisi di pianto.

Le lacrime però non arrivavano: un groppo alla gola di Seiten Taisei Son Goku impediva loro di sgorgare e di attenuare il dolore del diciottenne.

Il demone scappò via sottraendosi ai loro sguardi indagatori mentre la voce di Gojyo, gli risuonava ancora nelle orecchie:

“Hey, scimmia, dove vai?”

Già, dove stava andando?

Nemmeno lui sapeva darsi una risposta.

Semplicemente, non se la sentiva di dare spiegazioni su un sentimento che nemmeno lui riusciva a comprendere e quindi scappava.

Scappava incurante della pioggia che cadeva incessante … incurante dei richiami dei compagni … incurante del mondo intero che ancora una volta lo stava rifiutando.

 

Goku non avrebbe saputo dire per quanto la sua folle corsa era durata, semplicemente, ad un certo punto, si era ritrovato sulla riva di un fiume ingrossato dalla pioggia.

Poco distante, una cascata si immetteva in esso rendendo ancora più suggestivo l’ambiente su cui, poco distante, vegliava la gigantesca statua di un Budda.

Eppure, nonostante la bellezza della scena fosse notevole, questa non riusciva a raggiungere il cuore del demone su cui, implacabile, la pioggia continuava a scendere, infradiciandogli gli abiti che gli si attaccavano alla pelle.

 “C’era bisogno di parlarmi così? Io non …” mormorava tra sé, ripensando alla scena di poco prima ed alla sua stupidità.

Sì, perché lui era uno stupido se cercava ancora l’affetto di Sanzo …

Se sperava ancora di essere, per lui, qualcosa di diverso da una seccatura … da una responsabilità che si era accollato e da cui non si poteva liberare.

Anche sapendo che il suo sole lo considerava, in base ai casi, una Bakasaru … un animale domestico … uno sporco demone ... anche sapendo che mai, Sanzo lo avrebbe ritenuto una persona da amare, Goku continuava ad adorarlo quanto la sua personale divinità.

Fino a poco tempo prima, rimanergli accanto, anche subendo il suo disprezzo, gli era bastato … perché ora si trovava a desiderare disperatamente qualcosa di diverso?

Forse la soluzione era liberarlo della sua incomoda presenza, anche se l’idea di lasciare il suo sole gli straziava il cuore.

Almeno Sanzo sarebbe stato felice di non averlo più tra i piedi e lui era pronto a qualsiasi cosa pur di non arrecargli ulteriori disagi.

Avrebbe dovuto farlo da tempo … se non fosse stato tanto egoista, lo avrebbe fatto durante il secondo anno trascorso a Cho’An.

Ricordava ancora il monaco anziano che, sogghignando malignamente, gli aveva fatto notare che stava crescendo velocemente e, molto presto, non essendo più bisognoso della protezione del Venerabile Sanzo, questo lo avrebbe finalmente allontanato.

Temendo questa eventualità, Goku aveva ripreso le abitudini che stava lentamente perdendo e che dipendevano in gran parte dalla lunga prigionia: una volta uscito dalla grotta, infatti, gli era difficile esprimere i propri pensieri a parole ed era quindi obbligato a frasi semplici tipo ‘Ho fame’.

Dopo 500 anni di reclusione doveva anche imparare a riconoscere nuovamente oggetti, luci e suoni tanto da apparire, almeno mentalmente, come un bambino piccolo.

In seguito, ripresa confidenza con il mondo esterno, questi atteggiamenti stavano lentamente venendo meno ma, le parole del monaco lo avevano indotto a ‘fare marcia indietro’ riprendendo nuovamente far ammattire il bonzo corrotto con le sue petulanti richieste.

Non gli importava se Sanzo, esasperato, lo picchiava: l’importante era che continuasse a considerarlo la sua Stupida Scimmia.

Poi avevano iniziato quel lungo viaggio e Goku, ogni tanto, aveva tentato di comportarsi da adulto ma, quando questo accadeva, i suoi stessi compagni apparivano tanto preoccupati da spingerlo a riprendere i soliti atteggiamenti.

Accidenti, persino quando voleva semplicemente riflettere doveva fingere di dormire per non essere subissato dalla loro apprensione … o almeno da quella di Hakkai e Gojyo dato che Sanzo se ne fregava altamente.

Al monaco era mai importato di lui?

Il demone non era in grado di rispondere o, se fosse stato sincero con sé stesso, avrebbe ammesso di non voler conoscere la risposta.

“Sei tutto solo, Son Goku?” la voce, che aveva interrotto i pensieri del demone, apparteneva ad un giovane uomo seduto a gambe incrociate sulla testa del Budda e che lo osservava con un’espressione indolente.

Il ragazzino alzò il capo per guardare Homura, il potente Dio della Guerra che più di una volta si era trovato ad affrontare venendone miseramente sconfitto.

“Stà lontano … Ti consiglio caldamente di non avvicinarti: sono di pessimo umore” gli fece notare il castano giovane.

Homura sorrise in cuor sua a quella bellicosa frase e per nulla impressionato, balzò dalla statua per poi galleggiare dolcemente, sino a terra.

“Dico sul serio … non mi prendo responsabilità” ripeté il demone con un tono che stranamente, indusse Homura ad osservare meglio il suo avversario.

Improvvisamente, il dio si era reso conto del tono stanco, sconfitto,  che il demone stava usando.

Chiaramente, doveva essergli accaduto qualcosa di brutto e, i numerosi mesi che l’uomo aveva passato osservando il quartetto di Konzen, lo spinsero a pensare che quest’ultimo, nella sua stupidità, avesse nuovamente ferito il giovane.

Quel bastardo non si meritava l’affetto ingiustificato che Son Goku riversava su di lui … non meritava di essere il suo sole …

Nonostante questi pensieri  riempissero la mente dell’uomo, ad alta voce si limitò a chiedere:

“Hai lo sguardo di chi sta per piangere. Ti hanno trattato male?”

“Fa silenzio!” gli urlò l’altro dandogli la conferma dei suoi sospetti e gettandosi sul dio con una furia disperata.

Homura si limitò a scostarsi prima di rispondere al colpo gettando il suo avversario nel fiume.

“Sei debole … troppo debole …” constatò mentre Goku si rialzava e tornava ad attaccare.

“Sta zitto!” urlò  durante l’assalto.

Homura avvertì nella sua voce tutta la disperazione dell’essere eretico che parve lacerargli l’animo.

“Che ti succede, Son Goku? La tua forza non dovrebbe essere tanto insignificante” disse mentre lo sbatteva nuovamente in acqua.

Stavolta, tramortito, Goku non si alzò dando il tempo a Homura di avvicinarsi ed afferrarlo per la collottola.

 “Avanti, devi ricordarti chi sei realmente, Seiten Taisei Son Goku” gli disse rafforzando in cuor suo la decisione che, non molto tempo prima, aveva preso.

Sarebbe diventato il sole di Son Goku … avrebbe pensato lui a proteggerlo da tutto e da tutti.

Si sarebbero costruiti un nuovo mondo … un mondo in cui gli esseri eretici come loro non avrebbero più dovuto temere la prigionia ed il dolore.

In effetti, questo piano era molto diverso da quello elaborato all’inizio … quello in cui, il demone sarebbe dovuto diventare la causa della sua dipartita durante uno scontro all’ultimo sangue …

Quello che aveva in mente ora, non prevedeva più la ricerca di una morte onorevole bensì, della felicità dovuta ad un mondo ed un amore perfetti … due cose che 500 anni prima gli erano state negate.

Il dio si sentì invadere da un prepotente istinto protettivo mentre osservava il fanciullo ormai svenuto.

Sebbene avesse diciotto anni ( senza contare i 500 di prigionia durante i quali, il tempo non era trascorso per Son Goku ) non aveva raggiunto ancora l’apice della sua altezza, i tratti infantili erano ancora ampiamente presenti sul suo volto e non vi era la minima traccia di barba.

In pratica, si rendeva conto il dio, il demone dagli occhi dorati aveva inconsciamente arrestato il suo sviluppo, fisico e probabilmente mentale, per rimanere in eterno la stupida scimmia di Konzen Doji.

Poco male, lontano dal suo mentore, il demone avrebbe velocemente recuperato il tempo perduto.

Homura abbassò quindi il giovane ( fino a quel momento trattenuto per la collottola ) facendogli adagiare il capo sulla sua spalla, sino a sfiorargli la morbida guancia, per poi farlo semisdraiare fra le sue braccia.

Goku era così bello ed innocente nel sonno, le sue labbra socchiuse erano un chiaro invito che il dio accolse baciandolo.

 


 

   
 
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