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Autore: chiaki89    25/08/2010    6 recensioni
Sono passati sei anni dall’arrivo dei Volturi. Leah, unica donna fra i licantropi, è sempre più insofferente verso tutto ciò che la circonda, nonostante ci siano stati piccoli miglioramenti.
Ma l’arrivo di un vampiro mai visto nella zona sconvolgerà di nuovo tutto.
Chi è Jeremy? Perché è arrivato a Forks?
Queste domande diventano superflue quando Leah si ritrova costretta con l’inganno a sorvegliarlo quotidianamente.
Ed è l’inizio di una nuova storia, nella quale incontrerete ancora tutti i personaggi che avete amato, e anche qualcuno in più.
“Quando il vampiro platinato si voltò ebbi la soddisfazione di vederlo stupito per un secondo buono. Presi fiato per dare libero sfogo alla mia volgarità ma lui mi precedette con una risata decisamente maleducata.
“E così, quel cosino è un lupo? Avete anche donne-lupo? Ridicolo! Inaudito!” continuò a sghignazzare.
“Ehm, lei è l’unica…” rispose cautamente Jacob, guardandomi.

[…]
Raccolsi un grosso masso di granito e lo scagliai con precisione. Gli staccai di netto un braccio. Mi permisi di rivolgergli un sorriso compiaciuto, consapevole che stavo giocando col fuoco.”
Tratto dal cap.3
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harvest Moon'
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RITORNO

 

 

Le sanguisughe continuavano a camminare, incuranti del fatto che gli stavo pressappoco fiatando sul collo. Jeremy era tutto preso dal racconto della sua vita da umano, tanto per soddisfare il suo ego. Che piaga.

“Sono nato nel 1800, da quanto mi ricordo. La mia famiglia era ricca…”

Ma guarda, non me lo sarei mai immaginato da uno come lui.

“…eravamo proprietari di un’azienda di produzione del cotone…”

Uhm, strano, così banale? Lo facevo più un costruttore di shuttle. Nell’ottocento, si intende. Sarebbe stato in grado di affermarlo, quell’idiota.

“Mio padre aveva notato la mia straordinaria abilità nel gestire gli affari aziendali e mi lasciò in mano il tutto quando avevo solo diciotto anni.”.

Ah, ecco. Attendevo proprio che la sua modestia venisse a galla. Quel tizio era sconvolgente, e non era un complimento.

“Ero particolarmente dotato nel controllare i lavoratori all’interno dell’azienda, riuscendo così ad ottimizzare il lavoro stesso. Nessuno si è mai opposto a ciò che volevo.”.

Però, sempre più modesto. Non si sapeva proprio limitare, eh?

Edward annuì, assorto, senza prestare attenzione ai miei pensieri, al momento privi di intenzioni omicide. Al momento.

“Dunque è per questo che hai acquisito il tuo particolare potere, giusto?”, chiese il succhiasangue.

L’imbecille platinato si strinse tra le spalle. “Penso di sì. L’importante però è che io ce l’abbia, questo potere!”, disse esplodendo poi in una risata fragorosa.

Cos’è, si credeva spiritoso? Decisamente aveva mancato le lezioni basilari su “come si diventa un vampiro simpatico”. Va bene, nessuna sanguisuga mi sarebbe mai stata simpatica e okay, non ero particolarmente simpatica neanche io. Però lui superava ogni limite umano. Anzi, anche quelli non-umani.

“In quanti eravate in famiglia?”, chiese Bella dolcemente. Santo cielo, sembrava una tipica discussione da avere davanti ad un the all’inglese. Cara, mi passi i biscotti? Bleah.

“Beh, come immaginerete, le mie memorie sono molto nebulose. Non ricordo gran che. Avevo un padre, una madre e mi pare una sorella più piccola. Non li vedo da circa un paio di secoli.”. Il tono era noncurante, ma la sua espressione sembrava volesse dire qualcosa di più. Bah, non era importante. Magari gli dispiaceva di non essere riuscito a far vedere che fenomeno da baraccone era diventato.

Eppure…quel pensiero diede una vaga fitta al mio cuore dimenticato. Chi ero io per parlare del rapporto padre/figlio dopo la trasformazione? Io stessa ero diventata un fenomeno da baraccone. Un mostro travestito da paladina della giustizia.

Il leggipensieri stava chiacchierando beatamente con la mia disgrazia personale sulle diversità culturali tra diciannovesimo e ventesimo secolo, perciò mi concessi di crogiolarmi ancora un poco nell’autocommiserazione.

Nonostante tutto quello che mi aveva detto mia madre, non potevo smettere di sentirmi colpevole della morte di papà. Lui era morto d’infarto poco dopo aver scoperto il mio destino da licantropo: il collegamento era abbastanza ovvio. Mio padre mi voleva molto bene, lo sapevo, e non aveva sopportato la mia condanna: aveva già il cuore malandato e quello era stato il colpo di grazia. Papà era lungimirante ed ancor prima che lo capissi io lui aveva compreso che un corpo che non cambiava si sarebbe tradotto, per me, nell’impossibilità di avere una futura famiglia. E sapeva che io la desideravo, fin da quando stavo con Sam.

Basta.

E Sam mi era stato sottratto per lo stesso motivo per cui mi sarebbe stata negata ogni possibilità di essere una madre. Chi l’avrebbe detto che la scontrosa Leah Clearwater desiderasse dei figli? Nessuno se lo chiedeva. A nessuno importava.

Adesso basta. Dacci un taglio, Leah.

Ogni tanto era bello avere la vocina della propria coscienza in piena attività. Mi impediva di precipitare nel baratro di dolore in cui a volte avrei voluto abbandonarmi. Ma non ero così debole. Avrei resistito ad ogni ostacolo la vita mi avesse messo davanti.

Insomma, non ero scappata neppure quando mi avevano affibbiato quella palla al piede di Jeremy. Questo la diceva lunga sulla mia reale capacità di sopportazione.

I due vampiri intanto continuavano a ciarlare come vecchie comari (avrebbero fatto invidia a mia nonna e a quella di Quil, due fuoriclasse del pettegolezzo) mentre Bella camminava placidamente al loro fianco. All’improvviso quell’essere inutile fece una domanda che mi punse sul vivo, per i tremendi ricordi che vi erano legati.

“Perché siete rimasti qui così a lungo? Benché siate sedentari, mi pare strano che abbiate deciso di restare per più di dieci anni, se la memoria non m’inganna.”.

Purtroppo io conoscevo benissimo il colpevole del perdurare della loro puzzolente presenza vicino ai nostri territori: quel Jacob.

Nel periodo post-Volturi, quando i Cullen meditavano di lasciare Forks, il poveretto non aveva voluto saperne di lasciare la sua mezza vampira, così come i genitori iperprotettivi di lei non erano intenzionati a mollarla da sola con lui. Bella aveva fatto fuoco e fiamme a riguardo.

Io già esultavo con tutto il cuore al pensiero di poter tornare umana: speravo che con la migrazione delle sanguisughe in un luogo lontano la mia condizione si sarebbe invertita. Invece di dovermi spostare io, lasciando praticamente sola mia mamma, si sarebbero mossi loro. Dovevo però immaginare che il branco non avrebbe mai accettato la partenza di Jacob. Tutti amavano Jacob.

Che cosa malsana.

Non avevano pensato alla mia situazione, nossignore, e avevano proposto ai Cullen di restare almeno finché Renesmee non avesse raggiunto la completa maturità. Entro allora l’amata di Jacob si sarebbe potuta trasferire a La Push senza problemi, con il benestare dei genitori, mentre i succhiasangue se ne sarebbero potuti partire con tranquillità.

Grazie Jacob. Grazie branco. Grazie sanguisughe. Grazie per avermi condannato la vita per altri sei anni.

I miei pensieri si tinsero di rosso mentre ascoltavo la spiegazione di Edward, ovviamente addolcita rispetto a quella che avrei raccontato io. Un basso gorgoglio veniva dalla mia gola, un ringhiare soffocato che esprimeva solo vagamente la mia smisurata rabbia. I vampiri si voltarono verso di me, perplessi, ma l’occhiata furibonda che lanciai li fece desistere dal chiedermi qualcosa. Bestiacce schifose.

“Leah.”

La voce cristallina del leggipensieri mi distrasse. Voleva per caso rimproverarmi per i miei pensieri poco amichevoli? Che illuso.

“Non mi permetterei mai di giudicare i tuoi pensieri, Leah. Volevo solo dirti che avrei intenzione di portare Jeremy a conoscere gli escursionisti qui vicini.”.

Spalancai la bocca in modo molto poco elegante. Cosa?

Ma era matto? Non aveva detto che volevano solo avvicinarsi, e neanche troppo? Era vero che quell’idiota al momento si stava comportando piuttosto bene, però non mi sembrava il caso di tentare la fortuna. Feci un ampio cenno di diniego con il capo. Non se ne parlava proprio.

“Andiamo, Leah! Lasciami provare!”. Sgranai gli occhi, guardandolo. Quello scemo dai capelli troppo biondi sembrava far di tutto per indispormi. Quando aveva intenzione di piantarla con tutta quella familiarità inopportuna?

Mi impuntai testardamente e scossi di nuovo la testa. No e ancora no.

“Dai, lupacchiotta! Posso usare il potere di controllo su me stesso, diminuendo il rischio. Fammi provare, per favore!”.

Aveva davvero una testa di granito. Certi concetti proprio non gli entravano in quella scatola straordinariamente vuota. Il che era sorprendente.

Al mio ennesimo rifiuto, lui ghignò.

Un’espressione pericolosamente simile a quella che aveva sfoggiato durante il nostro primo incontro, prima di impedirmi di attaccarlo. Mi suonò un campanello d’allarme, ma era troppo tardi.

Ormai mi trovavo come un’idiota a rincorrere in cerchio la mia coda, come un comune cane. Mi girava la testa, nonostante i miei poteri da licantropo, ma non riuscivo assolutamente a fermarmi. L’odio per quel bastardo saliva sempre di più ad ogni giro. Ed erano tanti, quei giri.

Non ricordavo di aver mai subito qualcosa di più umiliante.

“Se mi lasci provare ti lascio libera” sghignazzò lui, apparentemente soddisfatto, osservandomi girare come una trottola impazzita.

“Jeremy, smettila!”, esclamò Bella. Non usò il suo scudo per proteggermi e per una volta apprezzai il gesto.

Leggipensieri, di’ a quel cretino che può fare quello che gli pare. Provvederò personalmente ad ammazzarlo più tardi. Riferisci.

Edward eseguì, aggiungendo qualche frase di rimprovero. Immediatamente fui in grado di fermare il mio moto circolare e, malgrado la nausea che evitai di dimostrare, lanciai uno sguardo fulminante all’imbecille. Lui indietreggiò di qualche centimetro, ostentando però un sorriso trionfante. Se sperava di sfuggire alla mia vendetta era un illuso. Già stavo macchinando.


***


La chiacchierata con gli escursionisti, alias “il potenziale pasto dei succhiasangue”, non durò più di dieci minuti. Dieci, dannatissimi minuti che parvero eterni. Irrigidita dalla tensione, con le zampe flesse e pronte a scattare, le orecchie e il naso sensibili ad ogni cambiamento della situazione. Mantenni un’immobilità strabiliante, per evitare che quei poveracci mi vedessero e cominciassero ad urlare “al mostro!”; ironia della sorte, ero proprio io, il mostro, che avrebbe potuto salvarli dal mutevole appetito dell’esperimento vampiresco.

Li osservai disgustata: quei patetici uomini sfoggiavano davanti a Bella un’espressione che avrebbero mostrato gli antichi Greci di fronte ad un’apparizione in carne ed ossa di Afrodite. Ci mancava solo che cominciassero a sbavare, poi eravamo a posto.

Quando i succhiasangue decisero che era ora di smetterla con quella partita con la fortuna ritornarono vicino a me; ci avviammo poi lontano dai campeggiatori. Una volta fermi, Jeremy mi rivolse un sorrisetto saccente.

Mossa sbagliata, idiota.

Ero abbastanza vicina a lui da poterlo sorprendere con la mia velocità, di nuovo. Per fortuna quel deficiente pareva non imparare mai dai propri errori.

Con uno scatto deciso, gli strappai il braccio: il rumore era simile allo stridio dell’acciaio sulla pietra dura e riempì le mie orecchie come un canto gioioso.

Ridacchiai soddisfatta, continuando a tenere l’arto tra le mascelle. Più che una risata sembrava che stessi tossicchiando in preda ad una crisi. Lanciai lontano la schifezza che ancora tenevo in bocca – bleah – puntando poi lo sguardo sul proprietario del pezzo di pietra che avevo scaraventato via. Il significato del mio sguardo era chiaro, non erano necessarie le spiegazioni di Edward.

Jeremy si inchinò, irriverente, e poi scoppiò a ridere. “Sei forte, Leah!”.

Vi prego, basta! Quel vampiro non aveva proprio un briciolo di cervello e faceva perdere a me preziosissimi neuroni. Si divertiva a farsi mutilare e minacciare dalla sottoscritta, cosa che andava oltre ogni mia comprensione. Evidentemente controllava il suo dolore con il proprio potere. Mutilarlo stava diventando quasi noioso.

Sbuffai pesantemente, rinunciando a capirci qualcosa.

Leggipensieri, se la battuta di caccia è finita direi che si potrebbe tornare alla base. Sempre che non abbiate ancora voglia di mettere a rischio la vita di un altro po’ di gente, si intende.

“Possiamo tornare a casa.”, rispose lui, asciutto ma non scortese. Possibile che nessuno capisse che con me la buona creanza era totalmente sprecata? Al massimo mi faceva saltare di più i nervi. “Ci vediamo domani, Leah. Ti va bene?”, continuò fingendo di non aver sentito i miei pensieri.

Col cavolo. Quel cretino lo controllo finché non entra in casa vostra, non mi fido.

“D’accordo. Andiamo allora”. Prese teneramente la mano di Bella e fece cenno a Jeremy di seguirlo.

In brevissimo tempo arrivammo a casa Cullen, più maleodorante che mai. Mi trasformai al riparo degli alberi e mi avviai verso il porticato, alla ricerca di qualcuno su cui scaricare la mia rabbia per l’umiliazione subita. Anche se avevo in mente un soggetto in particolare.

Fui subito accontentata. Vidi uscire dalla porta d’ingresso il divino alfa, con un sorriso così largo da farmi venire voglia di distruggerlo a suon di ceffoni. Ma in fondo sarebbero bastate le parole, ero una professionista nel lanciare mazze chiodate con la voce. Altro che pugnali.

“Tu!”, ringhiai, piantandogli un dito nell’ampio petto con violenza inaudita. Lui deglutì in modo vistoso, confusamente spaventato, e mormorò un “hey” poco convinto.

“Hai una vaga idea”, dissi calcando ogni singola parola con la giusta dose di veleno, “del guaio in cui mi hai cacciata affibbiandomi quello scemo, eh?”.

Lui si limitò a sbattere le palpebre stupidamente. Ottima mossa, se voleva farmi incazzare ancora di più.

“Rispondi!”, sibilai furibonda. Jacob parve riprendere la facoltà della parola, ma ovviamente con la domanda sbagliata.

“Che è successo, Leah? Jeremy ti ha fatto del male?”. La domanda era venata da sincera preoccupazione e attenuò lievemente il mio cipiglio.

“Non avrebbe mai potuto farmi del male, ti pare? Non sono mica una novellina!”. Ma per chi mi aveva preso? Voleva ferirmi nell’orgoglio, per caso?

“Cosa ti ha fatto allora? Non capisco…”. Eccolo il falso cucciolo indifeso. Non era sufficiente il fatto che l’idiota platinato esistesse per farmi infuriare? Ah, no. Dimenticavo che Jeremy si preparava a far parte della famiglia di Nessie. Che sbadata, era ovvio che Jacob già lo considerava un amicone.

“Che cosa mi ha fatto? Vuoi davvero sapere cosa…”. La mia voce sfumò, mentre tra i miei pensieri filtrava il ricordo dell’azione umiliante a cui mi aveva costretta quella sanguisuga maledetta. Immaginai di raccontare tutto a Jake e mi prefigurai le reazioni.

Il sommo alfa si sarebbe verosimilmente sganasciato dalle risate e, nonostante le mie minacce, avrebbe raccontato (o rivelato telepaticamente) ogni cosa al branco. Sarei diventata lo zimbello di tutti.

Io ero in grado di nascondere qualche pensiero al branco; Jake ne era totalmente incapace e l’aveva già dimostrato in almeno un paio di occasioni.

Mi morsi forte la lingua, fino a farla sanguinare, consapevole che non potevo dire nulla. Invece avevo un desiderio folle di urlare improperi. Quel bastardo mi aveva legato le mani: era astuto, il maledetto.

Articolai, a beneficio di Jacob, un “lascia stare” più minaccioso di qualsiasi altra parola. Lui pareva perplesso, ma ebbe il buon senso di non insistere. Un vero miracolo.

Gli voltai le spalle e corsi verso casa mia, senza trasformarmi, lasciando dietro il tanfo e i vampiri, ma non la furia che si stava addensando sempre di più nel mio petto. Quella sembrava avere una voglia incredibile di farmi compagnia.

Ottimo, speriamo di non fare a pezzi la mamma, visto lo status mentale.

Un gran bentornato alla vocina della mia coscienza.


***


Riuscii a calmarmi prima di entrare in casa, per ogni evenienza. Ma mia madre non c’era, lo potevo odorare alla perfezione, e neppure Seth.

“Ciao, papà”.

In solitudine, mi concessi di salutare la foto di Harry Clearwater che occhieggiava benevola dal portafoto sul mobile dell’ingresso.

Salii le scale lentamente, senza usare nessuno dei miei poteri sovraumani, dirigendomi con calma verso il bagno. Avevo bisogno di quiete, fisica e mentale. Mi spogliai e feci scorrere l’acqua fredda della doccia. In ogni caso, anche se avessi usato dell’acqua calda, l’effetto sarebbe stato lo stesso. La mia pelle era troppo bollente per percepire la differenza.

Lasciai che le gocce fredde lavassero via tutta la fatica della giornata, che non si ripercuoteva solo nel mio corpo. Rimasi sotto la doccia per tutto il tempo che ritenni necessario, cioè almeno mezz’ora.

Poi udii distintamente, al di sopra dello scroscio dell’acqua, l’arrivo di Seth ed infine di mia madre. A quel punto mi decisi ad uscire.

Scesi in cucina, perfettamente asciutta e vestita, circa trenta secondi dopo. “Ciao mamma”, dissi laconica.

“Ciao Lee. È andata bene la giornata?”.

Non ebbe neppure un tremito nel chiedermi come era andata la prima sessione di sorveglianza ad un vampiro fuori controllo. Mia madre era una dura, era risaputo. Tuttavia, anche lei era diventata più tollerante verso i vampiri da quando si era messa ufficialmente con Charlie. Mi sentivo tradita, ma era pur sempre mia mamma e non l’avrei mai potuta odiare. 

Mi strinsi nelle spalle. “Nessun morto.”, risposi asciutta.

“Meglio così”. Si mise a cucinare senza dire altro.

Tra noi era sempre così. Poche parole, prive di particolari significati. I nostri caratteri erano talmente simili da impedirci di manifestare appieno i nostri sentimenti l’una per l’altra. Poche carezze, ancora meno abbracci, ma sempre e solo nel momento giusto.

Quando Sam mi aveva lasciata.

Quando mi ero trasformata la prima volta.

Quando era morto papà.

Erano gli ultimi, veri abbracci che ricordavo. Le mani forti e nervose di Sue Clearwater non erano particolarmente adatte per confortare, eppure io le avevo accolte come un rifugio sicuro. Sole, nell’intimità della mia stanza, avevamo abbassato un poco le nostre difese, tornando subito dopo le donne dure e indipendenti che eravamo.

Con Charlie la mamma riusciva a lasciarsi andare all’amore che provava nei suoi confronti, ma con me era diverso. Io non ero impacciata e tenera come Charlie.

Eppure sapevamo di volerci bene e tanto bastava: niente gesti teatrali, niente parole zuccherose. Solo un muto affetto che aleggiava tra noi due, inespresso ma sempre presente.

L’incedere elefantesco di Seth mi distrasse. Il bambinone troppo cresciuto aveva raggiunto la mamma e l’aveva abbracciata con trasporto. “Cosa c’è per cena?”, chiese allegro.

Eccola l’altra faccia della medaglia, la mia immagine speculare. Seth il buono.

Mia madre fece un mezzo sorriso, avvolta dalle braccia bollenti di mio fratello. “Lo sai benissimo, il tuo naso non ti può ingannare.”, rispose secca, ma la sua voce aveva una vena morbida che la smentiva. Seth ridacchiò. “Lee, vieni alla festa sulla spiaggia? È tra due settimane. Licantropi e umani under trenta.”. Lo fissai incredula. Da quando mi credeva un tipo da feste? Anche se conoscendo i party della riserva si sarebbe probabilmente trattato di una semplice mangiata intorno ad un falò.

“No.”.

A seguito della mia risposta lui si lanciò in un’opera di convincimento tale che riuscì a strapparmi un “ci devo pensare” pur di farlo smettere. Soddisfatto, si sedette a tavola per mangiare.

“Lee.”.

“Dimmi mamma. C’è qualche problema?”. Non poteva aver da ridire sul mio modo di mangiare, che confrontato a quello di Seth era decisamente molto più controllato.

“Volevo solo ricordarti che settimana prossima arriva vostro cugino, Joshua.”. Il nome mi portò il ricordo nostalgico di corse sulla spiaggia, giochi infantili all’ombra della foresta e di confidenze condivise nell’adolescenza. Frammenti della Leah che non esisteva più.

“Certo, certo”. Pessima abitudine che avevo preso da Jacob. “Ormai non c’è più nulla da discutere, no? Hai deciso che resterà qui in casa nostra e io non posso farci nulla. Ma continuo a non approvare.”

Seth riemerse a fatica dal suo pasto. Era disgustoso. “Perché non lo vuoi qui, Lee? Pensavo che fosse il tuo migliore amico!”.

Era il mio migliore amico”, dissi sottolineando pesantemente il tempo passato. “Ci darà un sacco di problemi la sua presenza qui in casa, visti i nostri impegni da licantropi. Però mamma ha deciso così.”.

“Esatto. Quindi basta discutere.”, replicò freddamente mia madre.


***


A partire dal giorno seguente si affermò una spiacevole routine. Al mattino andavo a casa Cullen, prendevo sotto custodia quel rompiscatole di Jeremy e lo portavo in giro a testare il suo autocontrollo. Ero costretta a rimanere con lui fino a pomeriggio tardo, annoiandomi terribilmente.

Solo al settimo giorno di sorveglianza mi divertii sul serio, poiché l’idiota aveva mosso un po’ troppi passi in direzione degli umani e questo gli era valso un pestaggio coi fiocchi. A suo favore dovetti dire, davanti a tutta la famiglia di sanguisughe, che non aveva neanche tentato di ribellarsi alla mia “magnanima” punizione. L’altro lato vagamente positivo della faccenda era che la sorveglianza mi permetteva di chiacchierare per dieci minuti con Rosalie quando riaccompagnavo a casa quella maledetta piaga.

Tuttavia, mettendo sui piatti della bilancia i risvolti positivi contro quelli negativi, questi ultimi erano di gran lunga più significativi. Tradotto in parole povere, quel compito mi stava trasformando l’esistenza in un inferno.

Rimanere tutta la giornata appiccicata ad un vampiro. Bleah.


***


Lo stesso giorno in cui avevo pestato degnamente Jeremy tornai a casa ritemprata e di buon umore. Era scontato.

Mi trovavo ad un centinaio di metri dalla porta d’ingresso quando fiutai qualcosa di strano. L’odore di Seth e della mamma erano normali. Ma ce n’era un altro, che non faticai ad immaginare a chi appartenesse. Aprii lentamente la porta facendola cigolare sui cardini. Il cicaleccio arrivava dal salotto e mi ci diressi con passo felpato, cercando di prendere tempo.

Superata la soglia della stanza, ebbi appena il tempo di scorgere mia madre e mio fratello incastrati nel divano.

“Ciao.”, dissi svogliatamente. Era arrivato il momento.

Immediatamente dalla poltrona di fronte a loro si alzò un ragazzo poco più alto di me, con capelli castano scuro lunghi fino alle spalle e occhi del colore del cioccolato fondente. Mi sorrise felice, con uno sguardo buono e spensierato. Non era cambiato di una virgola.

Mio cugino. Il mio vecchio migliore amico. Joshua.

La sua voce calda era quella di sempre.

“Lee-Lee, sono tornato.”

 

 

 

 

 

 

 

*Note dell’autrice*: Ecco qui un nuovo capitolo! Spero davvero che vi piaccia, perché ci sono affezionata: in “Ritorno” entra finalmente in scena Joshua, un nuovo personaggio. Mi auguro che non vi sembri troppo inverosimile; a me è parso plausibile che Leah potesse aver avuto un amico prima della rottura con Sam (ovviamente non durante, altrimenti con ogni probabilità l’acidità di Leah non avrebbe raggiunto questi livelli). Lei stessa, in BD afferma “che un tempo era persino simpatica”. Incrocio le dita nella speranza di incontrare la vostra approvazione.

Ho dato anche un’interpretazione personale al rapporto Leah/Sue: trovo che sia l’unico possibile tra due persone così indipendenti e toste. Critiche e commenti a riguardo sono più che graditi, visto che sono decisamente alle prime armi!

Ovviamente critiche e commenti sono più che apprezzati anche riguardo al resto del capitolo.

Infine, come sempre, un grazie dal profondo del cuore a chi aggiunge la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate, a chi recensisce e a chi, semplicemente, si sofferma a leggere questa modesta storia. Grazie davvero, senza di voi la storia non andrebbe avanti.

 

E ora veniamo alle note dolenti: si avvicina settembre, mese d’esami! Ho un esame piuttosto impegnativo che mi attende alla fine del mese, quindi mi appello alla vostra pazienza nel caso di eventuali ritardi. Il prossimo capitolo verrà pubblicato al 99,9 % l’8 di settembre, salvo eventuali problemi, insieme ad una sorta di spin-off demenziale intitolato “Harvest moon- personaggi alla riscossa”, che sarà pubblicato nel fandom di Twilight. In ogni caso metterò un link in fondo al prossimo capitolo. A presto, e grazie ancora di tutto!

 

 

HorseFly: Grazie mille! *_* Che bellissimi complimenti! Hai ragione, fanno davvero bene all’autostima: la mia, per inciso, si trova generalmente qualche metro sottoterra, ma quando ho letto la tua recensione ha raggiunto livelli umanamente accettabili! Sono felice di averti fatto ridere ancora, anche se nella mia immaginazione Leah (nella scena che hai citato) si sarebbe messa a dare man forte a Kate! XD Non sentirti stupida per avermi fatto una critica, anzi hai fatto benissimo a dire quello che pensavi! Io apprezzo anche le critiche!

Riguardo a Jeremy ti dirò che non assomiglia per niente a Spike (anche se lo adoro), i capelli sono un pochino più scuri e anche i lineamenti sono abbastanza diversi. Purtroppo, poiché la vicenda è narrata dal punto di vista di Leah, non posso descriverlo nel dettaglio: mi sembrerebbe assurdo che la nostra licantropa, con un odio dirompente per i vampiri, si mettesse ad osservare e descrivere per filo e per segno una sanguisuga! ^^ Ho cercato una foto che potesse rappresentare a grandi linee Jeremy ma, sfortunatamente, non ne ho proprio trovate! :-(

Ti ringrazio tanto anche per aver proposto la storia tra le scelte, a quanto pare non è stata accettata ma ti assicuro che quando ho visto la tua segnalazione mi sono sentita commossa e onorata! Alla prossima, spero! Baci!

 

@ vannagio: E per l’ennesima volta una tua recensione mi fa saltare sulla sedia! ^_^ Ammetto che le tue recensioni sono diventate una piacevolissima costante! Grazie per i complimenti! Sei davvero troppo gentile! Sono contentissima che il capitolo ti sia sembrato “divertente e frizzante” e che continui a considerare la mia Leah IC: come ti ho già detto è una cosa a cui tengo moltissimo.

Non odio particolarmente Eddy e Bella però devo ammettere che provo come un piacere sadico a prenderli in giro! Farlo dal punto di vista di Leah è particolarmente appagante!

Della storia di Jeremy in realtà ho detto poco in questo capitolo, ci sono altre cose ancora da scoprire! Ci tengo però a precisare che Jeremy non è ispirato a Garrett, la somiglianza in questo frangente è puramente casuale! ^_^

Al prossimo capitolo! Bacioni!

 

@ Shin_Igami: Grazie per la recensione carissimo! ^_^ Sono decisamente felice che il capitolo ti sia piaciuto…o sbaglio? XD

Riguardo al potere di Jeremy ovviamente ci sono ancora un paio di cosine da sapere, che con il tempo verranno a galla!

Mi fa piacere anche che tu ritenga i personaggi come dotati di un certo spessore, benché descritti dal punto di vista di Leah! Come dico spesso, “Leah è stronza, ma non scema”! È più che in grado di capire ciò che accade intorno a lei!

Alla prossima! Baci!

 

@ Autumn Reace: Ciao! Sono contenta che apprezzi la fanfiction e la scelta di Leah come protagonista! Non tutti la amano, purtroppo! Mi fa piacere che anche lo stile ti sembri azzeccato, è stato il mio obiettivo fin da subito riuscire a creare un parallelismo tra il suo carattere e lo stile di scrittura. Ovviamente nei limiti delle mie modeste possibilità.

Riguardo a chi andrà l’amore di Leah è ancora una questione del tutto aperta, come vedi qui c’è un altro personaggio nuovo, e non sarà l’ultimo! Spero comunque che la vicenda continui ad interessarti!

Ahimè, hai più che ragione sulla ripetizione della parola “platinato”: nelle mie intenzioni questo doveva diventare un soprannome che Leah affibbia a Jeremy (infatti il vampiro non è esattamente platinato, i capelli sono un biondo molto chiaro, ma non platino). Mi rendo però conto che, pur essendo una sorta di soprannome, questo è diventato eccessivamente ripetitivo. Prometto che cercherò di non abusarne più! Ogni tanto quando sono presa dalla foga dello scrivere tralascio queste cose importanti, quindi grazie per avermelo fatto presente! Alla prossima, spero! Mi servono un po’ di critiche, altrimenti come faccio a migliorare? Baci!

 

   
 
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