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Autore: minimelania    25/08/2010    3 recensioni
Dall'Incipit: 'Il sole galleggiava immobile quando giunse la nave della peste. Si chiusero i cancelli del porto, e si aspettò di vedere che passava. Ne capitavano spesso in quei giorni di navi piene di gente, stracci marci e gemiti simili al verso dei gabbiani. Sfilavano all'orizzonte nel tetro ronzio delle api. Erano tempi in cui la disgrazia d'altri costituiva già da sola una fortuna...'
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primavera

Juan tornò a portare conigli anche il giorno dopo. Cèsar lo ricevette sospettoso.
- Non hai nient'altro da fare, ragazzo, che portare conigli a me e a Luìs?
Il ragazzo allungò il collo e scomparve.
Forse aveva cercato di guardare oltre il muro del cancello che il vecchio usava per andare nell'orto. Era in comunicazione con la casa, e le cucine.
In un angolo del focolare Cèsar trovò Occhi Verdi intenta a sbucciare arance.
- Questi sono per la cena - disse solo, e lasciò andare i conigli sul tavolo.
Uno aveva, stretto tra i denti, un minuscolo bocciolo di ginestra. Occhi Verdi rimase lì a fissarlo per molto tempo.
Più tardi, alzandosi dall'angolo del tavolo dove si era ricavata un cantuccio e dove aveva i coltelli per sbucciare e qualche coccio per la verdura, vide che tutti e due lavoravano nell'orto. Erano trascorsi solo pochi giorni, ma ormai quei giorni li sapeva a memoria. Si asciugò le mani allo straccio, si accoccolò sul limitare del sole, dove la soglia sfidava l'aria greve del pomeriggio.
Al mattino Luìs si alzava presto. Prima di tutti, anche del vecchio, anche del sole, e scompariva verso la strada che portava al mare. A lei era proibita quella strada, la stessa che la prima notte aveva percorso con Cèsar. In fondo c'era una spiaggia di sassi e la barca. Quella che serviva a Cèsar per i morti.
Non poteva prendere neppure il sentiero che portava al paese. Era largo, pieno di sassi e strani cespugli legnosi. Cèsar le aveva spiegato che c'erano rovi, e sassi duri, e serpenti che nascondevano la testa ad ogni pietra. Quando gli aveva chiesto perché quei serpenti nascondessero la testa ad ogni pietra, la sua unica risposa era stata:
- Perché non vogliono guardare quassù.
La ragazza aveva atteso invano che aggiungesse qualche altra parola. Ma non ce n'erano state altre.
Dopo che Luìs era uscito, la mattina, era la volta di Cèsar. Lo sentiva strascicare i piedi da qualche parte nell'immenso labirinto quando il sole raggiungeva il rampicante contro la sua finestra.
A volte sembrava al piano di sopra, a volte sotto, in una delle oscure girandole di corridoi. Doveva avere una stanza da qualche parte, ma lei non l'aveva mia vista. Ogni volta che scendeva in cucina, Cèsar era al focolare, o nell'orto. Non una volta lo aveva visto uscire da qualche porta.
Quando sentiva Cèsar era il segnale di avventurarsi già dal letto anche lei. Luìs era andato e non aveva più motivo di temere il silenzio. Solo allora scendeva in cucina.
Gli preparava una colazione a base di formaggio di capra e pane piatto, poi il vecchio usciva in giardino e mentre il sole intiepidiva le foglie della notte trascorsa, zoppicava fino a un recinto fatti di giunchi. Dentro c'erano le sue galline. Sette in tutto. Belle come l'aurora, bianche e grasse quanto lui era secco e polveroso. Le chiamava per nome, una per una.
Poi Luìs tornava e in silenzio, evitando la porta della cucina, andava fino al limitare dell'orto. Si chinava sul vecchio pozzo e immergeva una mano nell'acqua. Quella non era acqua da bere, le aveva detto Cèsar, ma lui vi immergeva la mano e la beveva. Non l'aveva mai visto bere altro che quell'acqua grigia e sporca in cui gli insetti facevano il nido.
Nel trascorrere del giorno molte volte lo vedeva tornare alla fonte. Sembrava ci si specchiasse dentro. Una volta c'era andata anche lei, ma l'acqua era troppo scura e fonda. Non ci aveva visto niente altro che buio.
I due lavoravano nell'orto, e ogni tanto lei andava da loro. Si accoccolava sotto il melagrano, con le ginocchia strette alla vita. Allora Cèsar alzava lo sguardo e sorrideva col sorriso ferito che hanno certi animali molto vecchi. Era una gioia vederlo lavorare, le ricordava le lente mucche che pascolano con grazia infinita, le capre sterili e testarde, la notte quando uno scricciolo fischia lontano. Poi veniva vicino a lei.
- Che mi hai portato?
Beveva un sorso di vino e sorrideva alla frutta che lei aveva colto.
Luìs invece restava a zappare. Non si fermava e non guardava mai da quella parte. Occhi Verdi aveva l'impressione che qualcosa nei suoi occhi lo inquietasse, che lo straccio bagnato, l'acqua fredda fossero a entrambi rimasti attaccati dentro la pelle. Non voleva sentirlo, ma a volte, quando la notte bussava oscuri passi, lei lo sentiva camminare avanti e indietro, muoversi lento come un fantasma inquieto. Anche lei si muoveva dentro il letto e non riusciva a smettere di pensare alle ginocchia e allo straccio che scavava freddo e sterile. Poi qualcosa la riportava in giardino.
Cèsar, con gli occhi chiusi, contro il tronco, ascoltava il rumore delle foglie. Poi lei andava in cucina. Luìs non la vedeva allontanarsi, infilarsi le unghie dentro palmi. La pausa era finita.

Fu una di quelle mattine, che Occhi Verdi vide per la prima volta Juan. Si incontrarono non certo per caso, ma perché lui l'aspettava da giorni, alla svolta dietro la fontana. Si era detto:
- Prima o poi passerà: l'acqua del pozzo è rancida. Il vecchio zoppica, manderà lei alla fonte.
La sua previsione fu colmata come una brocca sotto il rivolo d'acqua. E Occhi Verdi una mattina apparve dietro la svolta del muro di cinta. C'era una grata accanto a lei, da cui un tempo i parenti passavano regali agli appestati. Quando lo vide era troppo tardi, l'unico gesto che fece fu aggrapparsi a quella a quella.
Il ragazzo, camminava avanti e indietro.
- Sei tu quella che tengono nascosta? - chiese.
Occhi Verdi sbatté le palpebre. Non l'aveva visto subito, le era sbucato davanti all'improvviso. Si ricordò di quel che aveva detto Cèsar e con gli occhi cercò un nascondiglio.
- Non ti voglio mica fare del male - disse, muovendo un passo - Non scappare.
Lei si nascose dietro un albero.
- Aspetta …
Ma la voce di Cèsar che chiamava la sua pupilla oltre il muro lo scacciò. Fece in tempo a lanciarle un bacio. Occhi Verdi non disse niente al vecchio.
La sera, rientrando dall'orto con un cesto di fichi scuri e melanzane rattrappite, Cèsar vide Luìs che rincasava. Era fermo vicino al melagrano.
- Sei stato alla scogliera? - chiese - Hai visto qualcuno sulla strada? Mi era sembrato che oggi, il ragazzo …
Ma Luìs scosse la testa e passò oltre.
- Ieri l'ho visto accanto al muro - continuò Cèsar, seguendolo in cucina - e anche oggi. Quando mi ha visto si è nascosto dietro una pietra. Ma prima era sull'albero, l'ho visto. Non mi piace che stia da queste parti. Lo sai che non deve vederla, c'è pericolo …
Sembrò che Luìs neanche sentisse. Scosse la testa un paio di volte e fece un cenno vago con la mano.
- Credi che si sia accorto di lei? Che abbia capito da dove l'abbiamo portata?
- L'hai portata. Io non ho fatto niente, ricordarlo.
Cèsar sputò per terra.
- Sei una bestia, Luìs. Davvero credi che si doveva lasciarla …
- Lo fai da anni questo lavoro, vecchio. Lo sai che vivi e morti non si mescolano. Non almeno di propria volontà.
- Non è ancora morta.
- Appunto. Ma se la voce si diffonde in paese … allora presto lo sarà davvero. Non dovrebbe stare qui, lo sai. Quelli hanno ucciso per molto meno.
- Ormai è qui. Non ha ancora la febbre. Se nessuno la vede, sarà salva.
- La febbre può venire anche dopo. E se nessuno la vede. E quel ragazzo?
- Quel ragazzo non la vedrà.
- Lo spero.
- E comunque ormai è qui, insieme a noi.
- E chi è entrato non può andarsene, vero?
Spesso sulle labbra di Luìs si dipingeva un cartiglio di ironia.

C'era una fonte vicino alla scogliera. Occhi Verdi andava a prendere acqua. Cèsar le aveva insegnato il sentiero che passava in mezzo alle ginestre. Di là non la vedeva nessuno. Trascinava la brocca con due mani.
- Posso aiutarti? - chiese Juan. Sbucava da dietro un costone di roccia. Era da solo, a piedi scalzi. Occhi Verdi si guardò intorno spaventata.
- Guarda che non ti faccio niente - e per mostrarglielo si avvicinò e le prese la brocca.
- Dove vuoi che la porti?
- Non voglio. Cèsar ha detto …
- Non ti farò niente.
- Ma Cèsar …
Il ragazzo staccò un ramo a una ginestra.
- Hai guardato tra i denti del coniglio?
- Sei stato tu?
- Chi altri?
- Non ti conosco.
- Neppure io. Andiamo?
Si incamminarono insieme alla fonte. Lei a occhi bassi, lui che il sudore faceva somigliare a un pesce d'oro.
- Sei tu quella che tengono nascosta.
Occhi Verdi guardò da un'altra parte.
- Da dove sei arrivata?
- Cèsar mi ha detto di non dirlo. E ha detto anche, se vedo qualcuno, di nascondermi.
- Cèsar il vecchio? Lui dice tante cose. Ma è vecchio e pazzo e non capisce bene. Davvero ti ha detto di nasconderti?
Occhi Verdi afferrò la brocca.
- Non è vecchio e non è pazzo - protestò - E' Cèsar.
- Certo. E' Cèsar proprio perché è vecchio e pazzo. In paese tutti lo conoscono. Lo chiamano Cèsar dei morti.
- Cèsar dei morti?
- Sì. Oppure il vecchio del melograno. Lui, è sempre lui. O anche Cèsar.
Occhi Verdi ci stette un po' a pensare.
- Perché lo chiamano così?
- Cèsar dei morti? Perché vive coi morti. Non con i vivi. Con i morti. Al lebbrosario. Ci sono i fantasmi al lebbrosario.
- Io non ne ho visti.
- Ah no?
- No. Neanche uno. Invece c'è Luìs.
- Luìs?
- Il prete.
Juan scosse la testa un paio di volte.
- Perché ti tiene prigioniera, il vecchio Cèsar?
- Non mi tiene prigioniera, mi ha trovata.
- E dove ti ha trovata?
- In un posto.
Juan sorrise, e strappò un altro rametto a una ginestra.
- Tieni, lo vuoi?
Le ci fece il solletico al naso, glie lo passò sul mento ed infine glie lo fece scivolare oltre il bordo della camicia. Poi le dette un bacio sulla guancia. Occhi Verdi diventò di fiamma.
- Sei molto bella. Come ti chiami?
Uno strano fuoco alle viscere le faceva tenere gli occhi bassi.
- Cèsar mi chiama la ragazza Occhi Verdi - disse piano. E sentiva il fiore di ginestra tanto vicino, premuto ad un capezzolo.
Juan la prese per la vita. Lei non seppe fare un solo gesto per tenerlo lontano.
- E perché? - sussurrò lui ridendo. Il suo fiato sapeva di zucchero e le arrossava la punta delle orecchie - I tuoi occhi non sono verdi affatto.
Occhi Verdi sentì le gambe sciogliersi. Il rametto le scivolò sul ventre.
- No. Ma a lui sembra di sì. Io penso. E ora scusami, devo tornare. Io …
Lui la strinse ancora di più. Contro la coscia Occhi Verdi sentì che la premeva.
- Non te ne andare - disse baciandola. La lingua le scivolò tra i denti, morbida. Poi sentì che le sue mani cominciavano …
- Io devo andare - si staccò - davvero …
Lui le prese la mano tra le sue. Erano calde. Anzi caldissime, come se tutto il sangue di tutti gli uomini del mondo fosse tutto dentro le splendide vene dei polsi.
- Quando torni?
- Non lo so.
- Ma tornerai.
- Solo se Cèsar …
- Lo sai perché lo chiamano il vecchio del Melagrano? - chiese.
Lei fece segno di no.
- Il melograno è un frutto che secca, ma dentro resta rosso. Di sangue. E come il rosso tinge tutto quel che tocca. Vuoi rimanere con lui e morire?
La ragazza lo guardò.
- Che significa?
- Significa che Cèsar sta coi morti. Tu non sei morta. Sei calda.
- Non è vero.
Si chinò ad afferrare la brocca, Juan sedette sul bordo della strada.
- La fontana è sempre qui. E' qui da sempre. E anche i morti devono mangiare.
- Davvero il melagrano resta per sempre pieno di sangue, dentro?
Juan scosse la testa. Sulle labbra gli giocava un sorriso di porpora.
- Non per sempre - soffiò piano - Solamente finché non torna la vera primavera. 

  
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