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Autore: Mary15389    26/08/2010    1 recensioni
Uno strano incontro può cambiare la vita di una giovane italiana appena sbarcata a Washington?
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My life has just begun CAP3 CAPITOLO 3

La strada davanti ai miei occhi si allungava, così che la mia mente aveva modo di vagare, di ricordare, di riflettere, di valutare. Ero alla guida dal mio nuovo SUV. Sul sedile accanto a me una cassetta piena di effetti personali che avrebbero riempito la mia nuova scrivania. Avevo messo dentro di tutto perché non avevo proprio idea di quanto spazio avrei avuto a disposizione, e di come sistemare le cose. Per il mio essere sempre decisa nel portare materiale in più piuttosto che nel rimpiangere di aver risparmiato.
Sul sedile posteriore la mia ventiquattrore. Piena di oggetti, anche quelli scelti a caso e in abbondanza, perché non si sa mai cosa ti riserva la vita. Il lavoro prevedeva di averne sempre una pronta e a disposizione.
Ma quello che per me era più strano era avere un distintivo nella tasca che recava la scritta FBI. E ovviamente insieme a questo, una pistola alla cintura. Ebbene si, ero diventata un’agente dell’FBI.
Avevo seguito quella vocina dentro di me, mi ero presentata all’Accademia e avevo superato tutte le prove necessarie per accedere all’addestramento. Avevo terminato anche questo, avevo fatto i corsi accessori e avevo preso le varie abilitazioni. E ora ero pronta ad essere assegnata ad una squadra definitiva di profilers.
Ed era proprio verso la sede di Quantico che stavo guidando. Pronta ad incontrare i miei nuovi colleghi. Dovevo ammettere di essere anche molto spaventata. Non sapevo chi mi sarei trovata davanti, come sarebbe stata l’accoglienza, come avrei reagito, che danni avrei combinato.
Ma questo futuro, insieme al suo carico di paura, mi stimolava molto. Ed era per questo che mi ero impegnata per superare tutte le prove che mi si erano poste davanti sempre nel migliore dei modi. Ero fatta così.
Mentre la mia mente rifletteva ancora, ecco davanti a me il palazzo della sede dell’FBI della Virginia. Architettura semplice, quasi terrificante. Si stagliava sull’orizzonte, incutendo timore in chiunque vi si trovasse ai piedi. Enorme, grigio, ricco di piccole finestre. E io sentivo che a momenti sarei stata ingoiata dal mostro.
Mi avvicinai alla guardiola, e in breve tempo, dopo l’identificazione, mi fecero entrare nel garage. Posteggiai il SUV e mi avviai all’ascensore con i crampi allo stomaco. Entrai nell’ascensore, sola, e schiacciai il pulsante del piano desiderato.
La salita mi era sembrata allo stesso tempo interminabile e troppo breve. All’apertura delle porte del vano ascensore, mi ritrovai davanti una folla di gente che correva avanti e indietro freneticamente. Ma quello che colpì maggiormente la mia attenzione fu la grande porta a vetri che recava il simbolo della Behavioral Analysis Unit. Per un attimo i crampi cessarono per lasciare il posto all’emozione più vera.
I brividi mi percorsero schiena e braccia. Paradossalmente era come se fossi nata per appartenere a quel posto.
Con la ventiquattrore in mano e la cassetta sotto braccio varcai l’ingresso di quello che sarebbe stato il mio open space. Gente anche lì indaffarata in ogni attività. Chi rispondeva al telefono, chi correva da un ufficio all’altro, chi portava fascicoli…
Io rovistai nella tasca e tirai fuori il foglietto sul quale avevo appuntato il nome dell’agente supervisore a cui mi era stato detto di rivolgermi. Fermai la prima persona che mi passò davanti e le chiesi gentilmente di indicarmi l’ufficio giusto. Temevo che molta gente mi avrebbe ignorata così intenta nelle proprie attività, e invece al primo tentativo mi venne indicato che l’ufficio di Aaron Hotchner era quello in cima alla scala.
Ecco che erano tornati i crampi. Salii la scala, mi avvicinai alla porta con su scritto il nome dell’agente che cercavo e bussai. Nessuna risposta. Riprovai a bussare, ma ancora nessuna risposta. Poi mi accorsi anche delle luci spente.
I crampi allo stomaco mi stavano quasi facendo arrivare al puro panico. Che non avessi capito qualche cosa? Che avessi sbagliato giorno per presentarmi?
“Agente Liardi?”
Una voce interruppe le mie domande. Mi girai lentamente e mi trovai davanti una bellissima donna, bionda con gli occhi azzurri. Alta, delicata, dolce e con un amorevole pancione.
“Si, sono io…”
“Sono l’agente Jennifer Jereau. La stavamo aspettando.”
“Ma io..” volevo spiegare che io cercavo l’agente Hotchner e che stavo iniziando a confondermi, ma la giovane donna mi interruppe, con un sorriso fraterno.
“Non si preoccupi, so che le era stato dato il nominativo dell’agente supervisore Hotchner, ma stiamo partendo per un caso. Sono già tutti sull’aereo, io ero rimasta qui ad aspettare lei.”
Ecco il panico. Ero appena arrivata e dovevo subito andare sul campo a risolvere un caso?
“Lasci la cassetta nel mio ufficio,” continuò l’agente Jereau “e venga con me sul jet. La aggiornerò sul caso durante il viaggio e lì conoscerà gli altri membri della squadra.”
Mi stava già molto simpatica. Anche se mi chiedevo come facesse a lavorare con quel pancione, come mai non avesse deciso di mettersi già in maternità, per allontanarsi dalle brutture che il suo, anzi il nostro lavoro riservava e vivere in serenità quello che dicono essere il periodo più bello della vita di una donna.
“Mi scusi per prima,” sentivo la necessità di chiarire “ma sono stata presa alla sprovvista. Sono l’agente Nicole Liardi, non mi ero nemmeno presentata nel modo giusto..” Le porsi una mano che prontamente strinse sorridente.
“Siamo colleghe, quindi può darmi del tu. Sul lavoro preferisco essere chiamata JJ! Io mi occupo della scelta dei casi e del contatto con i media.”
“Ovviamente lo stesso vale anche per te, JJ!”
Eravamo arrivate al jet, e i crampi allo stomaco erano tornati. Lasciai che fosse lei a fare strada. Salii la scaletta dietro di lei ed entrai nel veicolo imbarazzata, tenendo lo sguardo basso.
“Ragazzi siamo pronti a decollare, questa è l’agente Nicole Liardi..”
Alzai finalmente gli occhi e rimasi di sasso. Se me l'avessero detto prima non ci avrei creduto. Il destino mi stava proprio giocando un brutto scherzo.

  
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