Il funerale di mia nonna non
lo scorderò mai. Credo. Insomma, un funerale non è una cosa che si dimentica
facilmente no? No. Decisamente no.
Bhè, ci tengo a precisare che mia nonna non era proprio
una donna amabile…cioè, almeno per quanto io mi sia sforzato, nel mio passato,
di trovare una sola cosa buona in lei, io non ci sono mai riuscito. Bhè, si…cioè, credo.
Comunque, come ho gia detto –
ma credo sia indispensabile ripeterlo – il giorno del suo funerale rimarrà per
sempre impresso nella mia testa pelata. Ma voi non fatevi pensieri assurdi! Io
mia nonna la odiavo – nel caso qualcuno dovesse ancora arrivarci – così come la
odio tutt’ora che è morta e sepolta a qualche metro
sotto terra.
Insomma, almeno credo, voi vi
starete domandando: ma perché fu una giornata così significativa per te? Bhè la risposta è facile. Il testamento.
Ovviamente non mi aspettavo
nulla da quella vecchia arpia – tranne magari qualche offesa registrata in un
nastro, o un gestaccio in un video – dato che comunque l’odio tra noi due era
reciproco…ma non fu così. Purtroppo.
O comunque…purtroppo è la parola che avrei detto qualche mese fa al ricordo di
quel giorno. Ora come ora, credo che il testamento di quella psicopatica fu la
cosa migliore che mi potesse capitare. Cioè, scusate se non sono il massimo
della sicurezza oggi ma mi sento confuso, credo.
Ad ogni modo, ero seduto
vicino a mio padre, in lacrime, che era abbracciato con sua moglie (mia madre).
Il mio sguardo era come sempre: distratto e perso nel vuoto. Mia madre mi
diceva sempre che sembravo un idiota senza cervello e che avrei dovuto prestare
più attenzione alle cose che mi accadevano intorno…ma io non l’ascoltai mai. I
consigli delle madri vanno ascoltati relativamente – almeno così la penso, dopo
aver sperimentato sulla mia pelle certi fatti e conseguenze dell’ascoltar il
parere materno – e che quindi vanno assecondati con un “si” orale senza però
obbedire realmente.
Comunque sia – scusate per la
piccola degressione ma ci tenevo molto a dare questo
consiglio – tornando al giorno del funerale della bisbetica N (per comodità la
definirò così d’ora in avanti mia nonna)…
Un simpatico omino in giacca
e cravatta stava armeggiando con le cinghie di una borsetta vecchia e consunta,
la fronte imperlata di sudore.
Ero anche io abbastanza
sudato quel giorno…bhè mi sembra naturale, era l’11
di agosto Sant’Iddio!
Alla fine, tirò fuori un
foglietto di carta molto magro, e una cassetta tutta bianca.
E mi venne naturale farmi una
risata – ovviamente dentro la mia testona altrimenti a mio padre gli sarebbe
venuto un collasso nervoso – dato che le cassette VHS sono normalmente nere…e
mia nonna aveva voluto distinguersi anche in quello! Una cassetta bianca! Ma
Iddio Sacramento non si può! Comunque sia…
“La signora Rossi ha
registrato in una video cassetta i suoi ultimi desideri “disse il simpatico
omino “e qualunque siano esse, dovranno essere rispettate, in quanto ultime
parole della sua vita”.
Inserita la cassetta nel
video l’omino pigiò con aria teatrale il bottone “play” e si scostò lentamente
– molto lentamente – da di mezzo, in modo da non impedire la visuale agli
“spettatori”.
Io sprofondai sulla sedia, e
cominciai a girarmi i pollici con aria pigra: mi mancavano i poc corn, e sarei potuto
benissimo essere stato scambiato per uno che sta guardando un film di blando
interesse.
Comunque sia, la faccia rossa
di N apparve nel video. Si schiarì quasi impercettibilmente la voce, e con voce
lamentosa, inziò il suo “discorso”.
“Salve a tutti, spero stiate
bene, almeno non quanto me che sto morendo, e che possiate vivere fino alla
fine dei giorni”. Grazie tante.
“Io mi chiamo Francesca
Rossi, e con questo video ho intenzione di esprimere le mie ultime, confidando
nel rispetto dei parenti e nell’amore della famiglia”.
Ricordo che reprimere una
risata fu quasi impossibile – amore della famiglia!! Era come il diavolo in
persona quella befana! -.
Comunque, il discorso
continuò per parecchi minuti, rotto solo dal pianto disperato di mio padre, e
dai sospiri di qualche lontano parente o amico, che io sinceramente, non avevo
mai visto, e con cui speravo non poterli avvicinare mai.
Sprofondato nel sonno della
quiete, i miei pollici continuavano a girare.
Si fermarono solamente quando
le loro compagne di bordo, le orecchie, avvisarono il signor comandante, che la
malefica N, riprodotta dal videoregistratore, stava nominando il suo nome.
Così mi misi in posizione
retta, e osservai incredulo le labbra consunte di quella megera.
“Ad Antonio Scato, mio nipote. Mio…carissimo nipote”. Gia. Caro come un
nido di vespe assassine.
“Lascio tutte le mie
banconote – lasciate da mio marito, defunto durante la guerra – con l’augurio
di una vita felice con una gentile consorte e tanti marmocchi uggiolanti”.
Tonf.
Paf.
Crick.
Il cervello – quel minchione
– prese a rotolare giu per le cavità oscene del mio
corpo, fino a rotolarmi fuori dal culo –
metaforicamente parlando, scusate ma non possiedo la raffinatezza del Manzoni -.
Sbatteva su tutto il mio
corpo.
Pluff.
Peng.
Incredibile. Quella
grandissima p…ehm N, mi aveva lasciato tutti i suoi soldi…e Dio solo sa quanti
erano. Questo non era previsto. Ehm, cioè…non posso accertarlo.
Comunque sia – e questo fu
davvero un colpo basso, ma solo in certo senso negativo – il messaggio per me
non era ancora finito.
“A patto che” continuò la malefica
N “Il suddetto Antonio non inizi e finisca a pieni voti, il liceo scientifico
del suo paese”. Merda!
“Sono sempre stata
amareggiata dal fatto che egli, appena concluse le scuole medie – in quattro
anni, per precisione – non ascoltò il mio consiglio di tentare un liceo
scientifico, ma si gettò direttamente nel mondo del lavoro”. Grandissima P…!
“Così…mio caro Antonio, i
soldi sono tuoi, a patto che tu, ascolti, una volta per tutte, il consiglio che
ti feci parecchi anni fa, quando ancora i miei capelli non erano così grigi…”.
Poi il discorso se ne andava a cavolfiori nei suoi capelli e in varie lamentele
varie, nella quale lei – grandissima Stronza! –
chiedeva persino che tutte le guerre del mondo cessassero, come suo ultimo
desiderio.
Bhè.
Allora rimasi fermo. Le
orecchie che rimbombavano sordamente. Poi mi alzai, scaraventando con una
manata la seggiola su cui mi ero seduto a terra, e corsi fuori dalla stanza.
Fuori, il mio commento fu
solo uno: una bestemmia a cielo aperto, come ringraziamento a Dio per avermi
dato una N così Stronza e Disgraziata!