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Autore: Lover    26/08/2010    2 recensioni
Leggendo alcune fanfiction su Carlisle, mi sono resa conto di come si sia sempre tentato di fare delle ipotesi sul suo passato. Ho notato anche che sono poche nella nostra amata lingua, perciò ho deciso di approfittare. Questa fanfiction tratta la storia di Carlisle prima e dopo Edward, piccoli problemi di cuore compresi! Prevalentemente yaoi, shounenai, slash, insomma omosessuale!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Splendida, tenebrosa, Volterra

 

Carlisle scivolò sulla sedia dalla quale si era alzato pochi istanti prima, avendo come la sensazione di aver appena assistito ad un momento di svolta. Aveva incontrato altri vampiri, vampiri come lui! L'entusiasmo si smorzò a quel pensiero. Come lui, già, mostri assetati di carne e sangue. La visione dei loro occhi rossi come il fuoco lo tormentava, eppure c'era una parte di lui che non li rifiutava affatto. Anzi, li ammirava.

Ciò era estremamente spaventoso, ai limiti della pericolosità.

Il fragile equilibrio che aveva trovato in anni di autocontrollo forzato stava rompendosi dopo soli cinque minuti. Meno, forse. Il tempo aveva perso la sua originaria cognizione matematica per farsi qualcosa di più personale, più profondo. Scordò che i Pace stessero a preoccuparsi per lui, continuò a pensare ancora avvolto da un'emozione particolare.

C'era un angolo della sua anima che si era steso in un sorriso solare. Pareva dare il benvenuto a quel nuovo incontro, quasi fino a quel momento avesse segretamente disprezzato e snobbato ogni altro tipo di compagnia in vista di quell'attimo. C'era un silenzio dall'altro lato, il lato che gli ordinava di dimenticare quello che era appena accaduto e continuare la sua vita così com'era. E poi c'era il suo cuore, pieno di solitudine e gonfio di lacrime mai versate. C'era il suo cuore spezzato, troncato, pronafato e ridotto in pezzi di cupo ed imbronciato silenzio da un morso. Un morso di creature simili a quelle che desiderava tanto rivedere.

In quel mentre, il volto di Aro si fece largo nella sua memoria come un'apparizione non richiesta. Era vero, era un vampiro, aveva gli occhi rossi e probabilmente aveva ammazzato quanta più gente lui avesse mai immaginato o sperato di conoscere. Eppure quegli sguardi che gli aveva riservato, il modo in cui l'aveva toccato, la passione dipinta nel suo invito e l'irruenza nel prendere le sue difese verso il piccolo vampiro biondo l'avevano colpito.

Si sentiva toccato da Aro, ad un livello troppo profondo da poterlo ignorare.

Una campana lontano suonò le nove di sera. Lo fece riprendere dal mondo di fantasmi in cui si era tuffato ed alzare dalla sedia, raccogliendo i libri sparsi sopra il tavolo e raggiungendo la porta per tornare a casa. Avrebbe dovuto trovare una scusa con Gaetana, ma anche con sé stesso per la decisione che aveva appena preso.

 

-Signor Pace, mi scusate?-

Tancredi alzò gli occhi da quello che stava facendo. Carlisle immaginò che stesse stendendo diligentemente qualche conto della sua attività mercantile, oppure la lista delle nuove amanti. Aveva ragione Gaetana, a volte, ad essere tanto iperprotettiva.

-Dimmi pure, figliolo. Vieni avanti.-

Carlisle entrò nello studio del signor Pace e sorrise, spostandosi una ciocca dei capelli dietro all'orecchio destro.

-Dovrei chiedervi un favore.-

L'altro alzò gli occhi, sorpreso. Carlisle comprendeva il suo sbigottimento: in tanti mesi di convivenza, avevano scambiato si e no due parole e per l'uomo lui era stato niente più che un'ombra macchiata di sole.

-Un favore? Certo, nessun problema.-

Si umettò le labbra, era in imbarazzo.

-Ecco, domani io avrei un impegno piuttosto importante all'università. Non penso mi sarà possibile tornare a casa prima di sera, perciò non potrò badare a...-

-Non ti preoccupare, figliolo, non c'è nessun problema!- esclamò il signor Pace, allegro. Evidentemente l'aveva trovato di buon umore, poiché rideva ignorando il fatto che era tornato a casa ad un orario fin troppo tardo e lo stava importunando con delle bugie sciocche. -Ti sei sempre comportato bene e non hai mai saltato un giorno di lavoro.-

Il mercante si sporse verso di lui e gli sorrise con aria complice.

-Mia madre è molto contenta che tu le faccia compagnia, la aiuti a sentirsi utile e credo che il fatto di avere un bel ragazzo che le gira attorno sia per lei fonte di divertimento.-

Gli diede una gomitata ed ammiccò. Carlisle sorrise, pensando a come Gaetana vedesse tutto in lui tranne che la sua prestanza fisica.

-Penso mi consideri un figlio, più che altro, signor Pace.-

-Ad ogni modo, accordato.- concluse sbrigativamente l'altro. Carlisle lo seguì con gli occhi mentre tornava alla scrivania ed al suo lavoro. Mentre l'altro prendeva a mischiare alcune carte, attese che dicesse qualcos'altro.

-Grazie, allora. Grazie infinite.-

Tancredi sorrise.

-Se è per uno studente modello, questo ed altro. E poi, il denaro che mi risparmi in cibo lo posso investire in una giornata di chiacchiere con mia madre.-

Assunse un'aria giustamente colpevole. -Ammetto, è molto tempo che non parliamo.-

-Gaetana desidera che voi le dedichiate più tempo.-

-Domani starò con lei tutto il giorno, lo prometto.- giurò l'uomo, incrociando le dita sulla bocca.

Carlisle uscì dall'ufficio felice, in un certo senso. In fondo, aveva appena raccontato una bugia ad un uomo che gli aveva sempre dato la sua piena fiducia e questo non avrebbe dovuto compiacerlo o gratificarlo in nessun modo. In quella maniera, però, pareva aver contribuito al crearsi di un'atmosfera positiva in casa. Andò in camera sua, velocemente come soltanto lui sapeva fare, e si inginocchiò davanti alla croce del padre sussurrando una preghiera. Le parole dell'Ode si mischiavano al respiro sereno di Gaetana e al grattare della penna del figlio su un foglio. Strinse le mani convulsamente, si strinse alla sua fede, e riportò alla mente quegli attimi passati alla spiaggia.

Sentiva che ne avrebbe avuto bisogno, il giorno successivo.

 

Erano appena le sei quando scese in strada e prese a correre. Tutte le case erano silenziose, le luci spente e gli unici bagliori che si potevano scorgere erano quelli degli ultimi raggi lunari che si infrangevano contro i vetri dei panettieri. Nessun nobile avrebbe mai messo un piede giù dal letto prima del mezzogiorno. Continuò a correre fra i campi, dove i contadini iniziavano a svegliarsi. Le loro case, perse per la campagna, erano come dei fari nell'alba. Si tenne sempre a debita distanza dalle abitazione, preferendo celarsi fra gli alberi e sentire le foglie frustargli le guance.

Da tempo non godeva di una libertà simile. Era qualcosa di spaventoso, di assoluto, in esso non vedeva la possibilità di controllo di sé.

Volterra era un piccolo paesino fortificato, poche case di pietra sparse a guisa di una manciata di sassi fra strade sterrate. Il centro era costituito da una chiesa piuttosto imponente e maestosa, che faceva da capo ad una piazza elegante e signorile. La situazione cambiava leggermente, da qui partivano varie stradine dove si affacciavano meravigliose tenute nobili, utilizzate prevalentemente per le vacanze di qualche signorotto locale. Era un posto bellissimo, Carlisle non l'aveva mai visto prima di allora ma ne rimase incredibilmente affascinato. Mentre rimaneva a godersi il panorama mozzafiato per qualche minuto, assaporando l'aria ghiacciata sul volto, avvertì subito un profumo familiare. Era qualcosa di antico ma insieme fresco, vitale. Era bello come può esserlo la vista di un burrone fra la neve, oppure lo scorrere del sangue sul marmo. Gli dava i brividi in tutto il corpo, lo spaventava tanto da fargli attivare i sistemi di difesa e ripensare sulla sua decisione. Lo attirava, lo attirava con lo stesso fascino che la preda prova per il suo predatore e che la porta ad abbracciarlo anche se sa che le costerà la sua esistenza. Adorava quel profumo perché era fin dentro di lui, inciso nel suo cuore, scolpito nella sua pelle, impresso a fuoco nella sua mente, scavato nella sua anima, conficcato nelle sue narici. Adorava quel profumo, come si può adorare la morte prima del suo arrivo. Lo portava a ripensare alla sua decisione. Aveva fatto bene ad andare fin lì? Forse sarebbe dovuto tornare a Siena, andare all'università come aveva raccontato a Pace e dimenticare tutta quella storia. Avrebbe dovuto. La sua natura, però, sembrava decisa a fare tutt'altro. Mosse i primi, struggenti passi verso quella fonte di paradiso. In fondo, tutte le prede amano il loro predatore fino a pochi istanti prima di venire smembrate dalle sue labbra di rubino. Rosse come il sangue, con denti aguzzi come avorio vero.

Prese a correre verso la direzione che il suo corpo, il suo maledetto istinto, aveva scelto. Giunse in breve tempo ad una piccola villa, dall'aria antiquata e buia come coloro che vi vivevano. Rispecchiava, in un certo senso, i suoi abitanti e per questo si distingueva da tutte le altre della via. Era spettrale, vista a quell'ora di mattina, ed era certo che nessuno nei dintorni si sarebbe mai rischiato a bussare ai battenti di legno e ferro arrugginito per chiedere un'informazione o consegnare un invito per un ballo. Lui, invece, bussò senza dare ascolto a quell'angolo di ragione che lo pregava di scappare. Tre colpi distinti, poi il silenzio. Ormai aveva scelto, aveva scelto e dentro di lui una parte gioiva accanto ad una che moriva nel buio. Era qualcosa di sbagliato, ma qualcosa che lo faceva stare bene, soddisfatto di sé. Col tempo, avrebbe imparato a vedere in quella soddisfazione una forma di masochismo, di desiderio di dolore per vendicare l'esistenza che gli era stata imposta e la presenza della sua ombra che si trovava a dover imporre agli altri. La volontà di ferirsi, forse la voglia di capire quale sarebbe stata la sua strada, ma nulla di più l'aveva portato a bussare a quella porta di quella villa in quella piccola via di quella piccola città di mura e case chiamata Volterra.

Tutto il resto sarebbe arrivato. A volte lo scorrere di quella cosa frustrante e finita che è il tempo si rivela l'unica via per capire o per capirci.

Venne ad aprirgli una donna in divisa da cameriera. Lo salutò, nonostante l'ora non proprio consona, con un sorriso cordiale ed un gesto che voleva essere un invito ad entrare. Carlisle si lasciò guidare per corridoi di marmo definiti da pareti foderate di velluto viola, finché giunse in una sala dalle dimensioni contenute e dallo stile sobrio. Capì dovesse essere un salotto per il thè, ma era più che certo che nessuna teiera aveva mai respirato l'aria tingendola di una piacevole fragranza capace di rendere ospitale e calda persino la polvere che si sollevava dai divani. Non immaginava Aro, Caius e Marcus seduti sulle poltroncine di raso a chiacchierare amabilmente di teatro mentre le loro dita si attorcigliavano a stringere tazze colme di accogliente infuso. Immaginava invece mani fredde dalle unghie affilate che si stringevano attorno ai polsi di una vittima indifesa che gettava grida perdute nella discrezione del marmo e del ferro arrugginito.

-Carlisle.- lo salutò una voce familiare, che accolse con entusiasmo assurdamente esagerato.

-Aro.- salutò a sua volta, voltandosi. Il vampiro moro era alla porta, assieme a Marcus.

-Siamo molto felici che tu abbia deciso di venirci a trovare.- sorrise Marcus, inclinando la testa e mostrando i canini affilati.

-Il signor Caius è uscito. Mi ha lasciato detto che verrà a salutare il signor Carlisle prima che se ne vada.- informò la cameriera, chinando il capo.

Aro le sorrise glacialmente e la congedò con brutalità. Quando fu uscita, Carlisle restò a fissare la porta che le aveva appena visto oltrepassare con cauto sconvolgimento. Il battito del cuore della donna si udiva ancora, nonostante si fosse allontanata.

-Esseri inferiori, fatti per servire quelli come noi.- spiegò Aro, notando la sua espressione ed intuendone la causa. Era bravo in queste cose, ma non era stato il semplice intuito a fornirgli il suo nome la sera precedente.

-Esseri inferiori?- ripeté, contrariato. Incrociò le braccia al petto e fissò gli altri due vampiri in attesa di una replica. Invece di rispondere, si accomodarono e l'invitarono a fare lo stesso.

-So bene che hai un'opinione che diverge dalla nostra, in fatto di umani intendo.- esordì Aro, con tranquilla indifferenza.

-Sono stato umano anch'io, mi considero ancora uno di loro in un certo senso.-

I suoi due ospiti si permisero una risata più aperta.

-Oh, Carlisle, diciamo la verità senza troppi giri di parole. Tu non sei più umano da secoli, o sbaglio? Non puoi continuare a mentire a te stesso.-

-Voi come fate a sapere tanto di me?- chiese, irritato. Non era possibile che avanzassero tante ipotesi solo per intuizione, c'era qualcosa di più. Qualcosa che sembravano non volergli rivelare.

-Ieri sera, quando avete stretto la mano a Caius. È stato come se aveste comunicato, vi ho visto annuire da sotto il cappuccio del mantello.-

-Avevi ragione, Aro. È davvero sveglio.- commentò Marcus, con voce particolarmente viva ed interessata. Carlisle non lo conosceva da molto, ma riuscire ad attrarlo per farlo uscire dal suo mondo dei sogni non doveva essere cosa facile.

-E poi mi avete fatto la stessa cosa con me. Quella vostra particolare espressione sul volto, quel misto di concentrazione e sorpresa. Sembravata quasi colpito, quasi sofferente.-

Aro accavallò le gambe e torse la bocca fine in una smorfia rosso rubino. Evidentemente aveva rivelato qualcosa che non avrebbe voluto sentire.

-Si, questo è il talento del nostro vampiro.- gli spiegò Marcus, vedendo che l'altro non accennava a parlare.

-Un talento?- ripeté Carlisle, scioccato. Non aveva mai immaginato che dei vampiri potessero avere una particolare capacità o qualità. Il fatto che esistessero, che egli stesso esistesse, lo turbava.

-Si.- rispose Aro, fissandolo negli occhi. Aveva l'aria di volergli respirare l'anima, ma che ci fosse qualcosa che glielo impediva. Gli piacevano da morire quegli occhi, il pensiero che uno come Aro potesse desiderare di conoscerlo lo onorava e lo disgustava al tempo stesso. -Io so leggere nella mente delle persone, ma solo se queste mi consentono di toccarle.-

-Molto più di questo, è pura comprensione dello spirito. Aro riesce a carpire i pensieri del presente e ad estirpare passato e futuro dell'individuo.-

Ricordò la sera precedente, quando gli aveva stretto le dita in quella che esteriormente gli era parsa

una presentazione. Era stato di più, molto di più, un intromissione nel suo io più segreto.

-Davvero? È... terrificante.-

Aro sorrise, facendo scintillare i suoi denti candidi alla luce che entrava dalle finestre. Ormai il sole cominciava a filtrare attraverso le vetrate, appoggiandosi sulle loro epidermidi e dando loro vita.

-È affascinante, non trovi?-

Si chiese che cosa avesse visto in lui da spingerlo ad invitarlo a casa loro. Forse l'aveva interessato il passato, oppure l'aveva attratto il futuro? Il fatto che uno come lui potesse trovarlo degno di un più approfondito studio non era qualcosa di completamente positivo. Ricordò l'espressione di rabbia negli occhi di Aro. Era stato più di un attimo, più di un istante di pura ed intensa rabbia. No, frustrazione definiva meglio il velo che era calato sulle iridi rosse.

Che fosse quello che non era riuscito a vedere ad interessarlo maggiormente? Carlisle sorrise, al pensiero, felice come un bambino che vuole giocare con ciò che i genitori gli vietano.

-Si, molto.- commentò, semplicemente. Aro continuava a studiarlo da lontano, con l'aria di una pantera che segue i movimenti di una gazzella.

-Non tanto quanto te.- terminò l'altro, distogliendo lo sguardo.

-Penso sia talmente ingiusto, Aro, che noi sappiamo tanto del giovane Carlisle senza avergli detto niente di noi.- s'intromise Marcus. Dallo sguardo che lanciò al vampiro che gli stava seduto a fianco, capì che era sconvolto dalla sua debolezza.

-Si, presentiamoci come si deve.- mormorò Aro, alzando gli occhi.

-Noi siamo i Volturi.- annunciò Marcus, con orgoglio.

-I Volturi?-

Carlisle non ne aveva mai sentito parlare.

-Si, siamo la famiglia reale dei vampiri.-

-Vampiri quasi millenari, a cui fa capo tutta la razza. Tutto ciò che accade fra i vampiri è sotto la nostra responsabilità, ogni nuovo nato entra spontaneamente o meno sotto la nostra osservazione e tutela.-

-Siete una famiglia reale? Prima di adesso non ho mai pensato che ne esistesse una.-

Aro sorrise.

-Risulterebbe compromettente che uscissimo per le strade ad annunciarlo, no? Non dovrebbe nemmeno esistere la razza vampira.-

-E poi, se ci mettessimo delle corone in testa ed uscissimo in parata per le strade rischieremmo seriamente di venire attaccati da chiunque.-

-Siete come dei nobili, quindi. Perché invitarmi fra di voi?-

Nessuno dei due rispose. Rimasero in silenzio, Marcus che lanciava qualche occhiata ad Aro ed Aro che lo evitava tenendo gli occhi ostinatamente puntati altrove.

In quel momento entrò Caius, senza nemmeno bussare o preoccuparsi di annunciare la sua presenza.

-Perchè il nostro amato Aro pensa tu sia interessante da conoscere.- disse il biondo vampiro, levandosi il cappotto di dosso e sospirando di stanchezza.

-Caius, non è apprezzata la tua presenza qui.- ringhiò Marcus. Aro fu attraversato da un tremito, che nessuno notò tranne Carlisle che gli stava seduto davanti.

Non capiva quanto stava accadendo, ma ciò che aveva ricavato dall'osservazione attenta dei comportamenti degli altri gli fece pensare che vi fossero delle tensioni fra i membri del trio.

-Tu si e io no. Perché questa disparità di ruoli, Marcus?-

Caius si sedette accanto a Carlisle e gli mise il braccio attorno alle spalle.

-In fondo, siamo sempre stati tutti uguali. I Volturi, gli avete raccontato la nostra storia e spiegato il nostro ruolo?-

-Caius, se te ne vai è meglio.-

La voce di Aro era spezzata da un'ira profonda, il suo corpo la tradiva solo attraverso le mani scosse. Il compagno, tuttavia, rimase seduto dov'era e si voltò verso Carlisle.

-Non è una bellezza?- gli sussurrò, ruotando con due dita il suo volto verso il proprio e sorridendogli sensualmente.

-Io credo di non capire.- confessò, infastidito.

-Io penso, Carlisle, che tu sia soltanto una bella bambola per i nostri scaffali. Per la mensola di Aro, a voler essere precisi. Niente di più. Non c'è niente di affascinante in te, tranne la tua capacità di aver sedotto un vampiro che voleva affascinare te.-

Non ebbe nemmeno il tempo di indignarsi, di ribattere in qualche modo, che un lampo scuro passò davanti ai suoi occhi e cadde sulla figura inerme di Caius. Non appena capì che cosa stesse succedendo, la mano di Aro stringeva la gola del vampiro biondo artigliandola con le lunghe unghie. Marcus era dietro di lui, in piedi, che si consumava nell'incertezza di quale dei due avrebbe dovuto difendere.

-Aro, per favore.- disse infine senza troppa convinzione.

-Non lo devi toccare, con quelle tue mani sudice di arrogante ignoranza, Caius.- sibilò Aro, stringendo la presa. Caius lasciò cadere il braccio dalle spalle di Carlisle e lo avvicinò mollemente al fianco.

Carlisle scattò in piedi e si allontanò dalla colluttazione. Aro lo seguì con lo sguardo, affrettandosi a lasciare il biondo compagno. Sembrava sorpreso egli stesso di quanto era riuscito a fare, si guardava le mani e poi gli altri compagni con un'espressione di assoluto sconvolgimento. Era come se la rabbia gli avesse comandato di agire senza ragionarci troppo sopra, come se l'avesse ipnotizzato.

-Perdonatemi.- disse infine il vampiro, tendendo la mano per aiutare Caius a rialzarsi. Questi la rifiutò e si tirò in piedi da solo, uscendo da quella porta che aveva appena oltrepassato.

-Marcus, è meglio se lo controlli.- disse all'altro membro del trio rimasto nella stanza. Questo annuì, seguendo quello che era uscito senza proferire parola. Carlisle rimase ad osservare, senza capire che cosa stesse accadendo, mentre la stanza si svuotava piano.

 

Note dell'autrice


Salve salve a tutte! Ecco il nuovo capitolo! Come al solito, frustrazione, passioni represse, turbe mentali e psicosi religiose di un dottore ed un vampiro sbandato!

CondroitinSolfato -_- allora allora, come al solito avevate previsto tutto! Devo cercare di stupirvi, prossimamente! Sono felice che il mio capitolo vi sia piaciuto! Soprattutto l'ultima frase. Per quanto riguarda le mogli, non entreranno mai in scena. Forse per personaggi da fondo, ma già parlare di Bella ed Esme mi creerà dei problemi!


Gattino Bianco -_- Prego del tuo grazie! Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto! Grazie anche per avermi inserito fra le tue autrici preferite! Spero di essere all'altezza! Aro... non è definibile. Insomma, a lui piace Carlisle e lo desidera pazzamente, ma un tipo che vive per 1000 anni non si fa attrarre solo dal sesso. è ossessionato dalla purezza e dalla mente di Carlisle, ma lo si capirà più avanti.


Grazie a tutte quelle che leggono, mi inseriscono nelle "preferite", "ricordate" e "seguite". E, naturalmente, mi considerano la loro autrice preferita!



  
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