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Autore: minimelania    27/08/2010    1 recensioni
Dall'Incipit: 'Il sole galleggiava immobile quando giunse la nave della peste. Si chiusero i cancelli del porto, e si aspettò di vedere che passava. Ne capitavano spesso in quei giorni di navi piene di gente, stracci marci e gemiti simili al verso dei gabbiani. Sfilavano all'orizzonte nel tetro ronzio delle api. Erano tempi in cui la disgrazia d'altri costituiva già da sola una fortuna...'
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primavera

Occhi Verdi aspettava, dentro il letto. Non riusciva a dormire, non poteva. Sentiva Luìs nel corridoio, avanti e indietro, al piano di sotto. Vigilava, faceva la guardia, forse si era accorto di qualcosa.
O forse semplicemente aspettava che succedesse qualcosa. Luìs non dormiva mai, sembrava che non ne avesse bisogno. A volte faceva un gesto con la mano, portandosela agli occhi come per ripararsi dal troppo sole. Occhi Verdi pensava che fosse tutto quello il suo dormire. Non l'aveva mai visto fare altro.
Di notte Luìs vigilava. Andava avanti e indietro per le stanze, muoveva passi su passi, ascoltava ogni rumore nelle stanze cave. E spiava il respiro di Occhi Verdi come prima aveva spiato quello del grande melagrano in cortile, l'odore delle panche di legno, l'opacità della polvere, il silenzio.
Ogni cosa che dormisse, viva, attirava il suo respiro instancabile. E Occhi Verdi, nel suo letto di pietra, aggrovigliava le ginocchia alle coperte con la sottile inquietudine di un martire.
Quella notte, ad un tratto, mentre l'upupa dormiva nella sua tana di frasche, lui venne a lei.
Lo sentì avvicinarsi dal freddo che le correva lungo la schiena. Soffocò con le unghie il guanciale, strinse la fodera, morse le coperte.
Lo sentì muovere un passo oltre la soglia. Era lì, in silenzio, come un'ombra. La luna lasciava tracce grigie sul pavimento, dove moriva l'ombra del rampicante.
- Dormi? - le chiese.
Lei trattenne il fiato.
- Vorrei dormire - disse lui, avvicinandosi. Le passò una mano sulla schiena, rapprese le coperte alle dita, sentì la stoffa riscaldargli il palmo.
- Vorrei dormire ma non ci riesco.
Lasciò che la mano torcesse appena il lembo del lenzuolo, sorrise. Poi si sedette accanto a lei, sul materasso.
- Una volta queste stanze erano piene - disse toccandole i capelli - una volta in queste stanze c'era la morte e il resto. Ora non c'è più niente. Solo Cèsar, polvere e spine che strappiamo al giardino.
Occhi Verdi stava a pancia sotto, immobile. Sentiva la mano di Luìs ferma sul cavo della schiena. Un dito sopra la costola destra, un dito dall'unghia perfettamente liscia.
- Ho sonno - disse Luìs.
- Chiudi gli occhi.
Luìs, con la sua fronte di luna arcana, rise.
- Non posso - mormorò. La sua bocca era vicina all'orecchio.
- Non posso proprio. Ormai non posso più.
Occhi Verdi sentì che la sua mani risaliva lungo le vertebre. Lungo le ossa scure che si nascondono nell'ombra della carne. Le sembrò che una foresta di nubi si arrotolasse contro la finestra.
- Che cosa vuoi? - chiese affondando nel guanciale.
- Un po' di pace - disse lui.
- Solo con me?
- Solo con te.
Occhi Verdi pensò alla strana vita che fanno le meduse in fondo al mare. Vagano inquiete coi loro occhi di glassa. Non hanno naso, bocca, ventre, e sentono. Non hanno niente e continuano a sentire. Lasciò che le dita di Luìs si attorcigliassero all'intrico dei capelli, le si insinuassero dentro orecchie. Quando sentì che le ginocchia si scioglievano, lui era lì, sopra di lei.
- Non muoverti.
Lei non si mosse. Chiuse gli occhi e attese. Restarono così, tutta la notte.
Era il ventre di lei che nascondeva appiccicose calde meraviglie. E Luìs le ascoltava in silenzio: era la vita che trepidava inquieta dentro la carne.

- Dormi? - le chiese Juan.
Occhi Verdi aprì gli occhi. Era mattina. La finestra cigolava sul battente, c'era il sole.
- Cosa fai? - chiese tirandosi su, spaventata.
Lui rise. Era nudo, sopra di lei.
- Non mi hai sentito arrivare?
Si mosse, con il membro le strofinò la carne.
- Ancora?
Il suo fiato sapeva di zucchero. Occhi Verdi lo respinse a fatica, ma lui continuava a trattenerla.
- Come sei entrato?
Lui indicò la finestra.
- Sei tu che mi ha fatto entrare, ieri sera.
Occhi Verdi guardò la stoffa del guanciale, dove due stampe di teste affondavano dentro il sudore. Vide le lenzuola ancora grevi e arricciate di corpi, mosse un piede e ci trovò la gamba liscia, possente, calda, odorosa di Juan. Era bellissimo, Juan, quella mattina. E la stringeva tra le braccia come un dio. Come un dorato dio del paradiso.
- Posso svegliarmi? - chiese lei. Lui rise.
- Sei già sveglia.
- E gli altri?
- Cèsar è uscito stamattina all'alba. Ha dato da mangiare alle galline e poi ha preso il sentiero che scende. Forse per la città. O forse altro. Scende, a volte, alla capanna di un pastore. Altre volte al villaggio, per la lana. Si fila da solo le sue tuniche. Altre volte va a raccogliere frutta. Comunque siamo da soli - disse, e le affondò il mento tra i capelli - Completamente soli tutto il giorno.
Occhi Verdi liberò una mano. Sentì il contatto freddo della pietra sotto il materasso. Si accorse di essere nuda, anche lei.
- E Luìs? - chiese.
Juan socchiuse gli occhi. Scosse la testa, le prese una mano. Se l'appoggiò sul membro, rise di nuovo.
- Siamo soli, e ti amo - le soffiò.
Occhi Verdi lo guardò dal basso in alto.
- Io … io devo andare da Luìs, io devo ...
Torse una spalla, scostò le coperte, tentò di posare un piede in terra.
- E' freddo il pavimento - disse lui - Sicura di non voler restare a letto?
E prima che lei potesse dire anche soltanto un'altra parola, le avvolse le braccia intorno al corpo. Occhi Verdi sentì che erano calde, come caldo era tutto il resto.
- Io devo andare da …
- Ci andrai dopo.
E con il membro le affondò dentro la carne.

Qualche ora dopo aprì gli occhi di nuovo. Si guardò intorno, era pomeriggio. Juan dormiva abbandonato sul cuscino. Provò ad alzarsi, con la punta del piede scostò le coperte, provò un brivido. Stava per posare il piede a terra, quando lui aprì gli occhi dorati dalle ciglia lunghe come lacci.
- Non ti muovere - mormorò, circondandola - Non ti muovere, non ne ho abbastanza, resta.
Con le labbra le tracciava incantesimi a fior di pelle.


  
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