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Autore: allanon9    30/08/2010    3 recensioni
Cosa succede se i nostri 5 venissero costretti a passare un intero weekend in una splendida casetta sulla spiaggia di Malibù?
Genere: Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Un grazie enorme per le vostre recensioni.

Giulia: grazie, anche tu scrivi davvero bene, sono contenta che ti piacciano le mie storie.

Sonia: anch'io ho riso scrivendo di Rigsby, a volte è proprio un bambinone! In quanto a Jane e Lisbon era ovvio che lui la fraintendesse no?

Soarez: un piccolo omaggio a Cho, che ha davvero un gran fisico per un piccoletto, come si dice il vino buono sta nella botte piccola.

Cla: beh Jane non è proprio cretino, forse un po' infantile e facilone, ma così affascinante...non trovi?

Seconda parte

 

Il pomeriggio passò tranquillamente tra bagni in mare e bagni di sole, verso le sei tornarono in casa e dopo le docce, i tre membri più giovani del team, si prepararono per uscire.

“Vi va di andare al cinema e poi magari a mangiare qualcosa?” disse Rigsby attirato dall’aria vacanziera del posto.

“Voi andate pure, io preferisco riposare.” Disse Jane ingoiando un’aspirina.

“Anch’io preferisco rimanere a casa, divertitevi.” Disse Lisbon guardandolo sospettosamente, Jane non prendeva quasi mai l’aspirina.

“Vai anche tu Lisbon, ti annoierai qui.” Disse lui cercando di spronarla ad uscire un po’.

“Non mi annoierò affatto, c’è un film in televisione che voglio assolutamente vedere.” Lo rassicurò lei.

“Capo, ma sei in vacanza!” disse Grace incredula.

“Uscirò con voi domani sera ragazzi, divertitevi…tranquilli.” Disse poi spingendoli fuori dalla porta.

Wayne ridacchiò quando la porta si chiuse alle loro spalle: “E’ come se il capo volesse rimanere sola con Jane!”

“Ti ho sentito Rigsby!” la voce di Lisbon lo fece impallidire e, senza dire nient’altro, si allontanò con gli altri due che si trattenevano a stento dallo scoppiare a ridere.

“Potevi andare con loro Lisbon, non ho bisogno di una babysitter, non combinerò guai per stasera.” Disse Jane, sforzandosi di sembrare allegro.

“Ti brucia molto?” gli chiese lei come se non l’avesse sentito.

“No.”

“Bugiardo. Non avresti dovuto tornare in spiaggia questo pomeriggio. Comunque, ho trovato della pomata contro le scottature nel bagno, stenditi che te la spalmo.”

Disse tirandolo verso la stanza dei ragazzi.

Jane sbuffò.

“Ma non è poi così grave Lisbon, avevo la maglietta e poi basta che non ci dorma sopra e domani starò bene.” Si lamentò lui.

“Piantala e fa come ti ho detto.”

“Tu e la tua mania del controllo.” Borbottò Jane togliendosi la maglia e stendendosi sul letto a pancia sotto.

“Cosa?” disse lei.

“Niente.” La risposta di Jane si soffocò nel cuscino nel quale aveva seppellito la faccia.

“Uhm…in fondo non è un’ustione grave Jane, solo una lieve scottatura. Un po’ di balsamo e domani, se non prenderai sole, andrà decisamente meglio.” Disse mentre con mani delicate spalmava la crema sulla sua schiena arrossata.

“E io cosa avevo detto donna?”

“Taci.” Gli intimò lei cominciando a strofinargli delicatamente la crema su tutta la schiena.

Un mugugno di piacere sfuggì dalla bocca di Jane, che ringraziò Dio, o chi per lui, di essere a pancia in giù, il suo corpo stava rispondendo a tradimento, beh a dire il vero stava rispondendo nel modo giusto per il quale era stato progettato, a quella dolce carezza.

“Hai anche mal di testa?” gli chiese lei con la voce leggermente roca, o forse Jane se l’era sognato?

“Meh, niente che non si possa sopportare.” Rispose lui finalmente alzando la testa.

“Stai giù. Allora perché hai preso l’aspirina?” gli chiese scendendo a spalmargli la crema sulle cosce muscolose.

Quei gesti così intimi stavano provocando, oltre che in Jane, anche in Lisbon reazioni da tempo sopite.

Il semplice gesto di spalmare la crema sulla pelle bollente per la scottatura del suo consulente, le provocava mille brividi lungo gli avambracci, le spalle e la colonna vertebrale, e non erano dovuti certamente al freddo della sera, vista la stagione.

“Ma che fai mi spii?” ritorse lui cercando di distogliere il pensiero dalle mani calde e morbide di Lisbon che scendevano lungo il suo corpo, facendo sentire anche a lui i brividi nonostante la sua pelle fosse bollente.

“Certo che no, che sciocchezza.” Disse lei mettendo fine a quel dolce tormento.

“Ok, puoi alzarti. Per un po’ non metterti la maglia, fai assorbire bene la crema.”

Disse col fiato corto, come dopo una corsa, uscendo dalla stanza prima che lui potesse leggerle il turbamento negli occhi.

Lui si alzò appena lei fu fuori e quando fu certo di essere presentabile, la raggiunse nel saloncino e si sedette sul divano.

“Grazie Lisbon, se vuoi puoi andare a raggiungere i ragazzi, non devi rimanere a casa per colpa mia.”

Le disse con voce dolce.

Lei roteò gli occhi al cielo, ma sorrise: “Dio Jane, il tuo ego è veramente enorme. Sono stanca ecco perché non sono uscita. Ti va del the freddo?” disse poi alzandosi per prenderne un bicchiere.

“Si molto, grazie.” Rispose lui col suo fiammeggiante sorriso.

Si sedettero sugli scalini della veranda a bere il loro the finché Lisbon non si scoprì affamata.

“Cinese o pizza?” gli chiese.

“Qualsiasi cosa, non è che abbia troppa fame.” Disse lui massaggiandosi le tempie.

“Allora ordinerò la pizza.” Disse lei entrando per telefonare.

Il cibo arrivò dopo venti minuti e i due mangiarono seduti sugli scalini, il cartone aperto tra loro.

“Si sta bene qui non è vero?” disse Lisbon guardando verso l’oceano.

“Sì. Ho sempre desiderato vivere in una casa vicino all’oceano.” Le rispose piano.

“Beh, se non ricordo male la tua casa era vicino all’oceano…Dio Jane, mi dispiace io…” borbottò Lisbon, si era appena ricordata che la casa di Jane, quella in cui Red John aveva assassinato la sua famiglia, era proprio a Malibù.

“Non importa. Sì è vero la mia casa è a qualche isolato da qui, appena ho avuto abbastanza denaro ne comprai una enorme, ma a mia moglie non piaceva molto veramente, diceva che era troppo grande e pacchiana, io però l’adoravo. Vi avevo persino lo studio dove ricevevo i miei clienti. Sai,” aggiunse a voce talmente bassa che lei stentò ad udirla.

“Dopo tutti gli anni passati a girovagare col Luna Park senza una meta, mi ero illuso di poter mettere radici da qualche parte. Odiavo il nostro camper quasi quanto odio Red John!”

Sospirò, lo sguardo lontano e triste.

“Credo che andrò a dormire adesso. A domani Lisbon, ricordati la nostra nuotata.” Si alzò sorridendo, come se quello che le aveva appena raccontato non gli avesse minimamente fatto male.

Gli occhi verdi di Lisbon luccicavano alla luce della luna piena, quell’uomo era un maestro dell’inganno, ma a lei, a volte, lasciava intravedere il vero Patrick, quello ferito e spezzato.

“Spero che tu possa riposare un po’ Jane, ne hai bisogno.” Gli disse con un dolce sorriso.

“Prenderò le pillole Lisbon, credo anch’io di aver bisogno di dormire.”

Ed entrò in casa.

Lisbon rimase ancora fuori, si sedette sul divanetto di vimini circondandosi le ginocchia con le braccia.

A volte avrebbe tanto voluto  lasciarsi andare agli impulsi del cuore che, in momenti così, la spingevano a volerlo consolare magari con un forte abbraccio.

Invece il suo lato razionale la teneva legata e in controllo, facendole sprecare occasioni importanti.

Sospirando guardò l’orologio.

Le dieci. Non era poi così tardi ma la giornata passata al sole e a nuotare l’aveva stancata, anche se piacevolmente.

Rientrò anche lei e dopo essersi lavata i denti ed indossato la sua maglia Lisbon 99, si affacciò alla porta della stanza dei ragazzi.

Jane dormiva tranquillo, a pancia in giù con un braccio ripiegato sotto il cuscino e l’altro lungo il fianco, il viso rivolto verso la porta, le rughe di espressione che si intrecciavano sul suo volto abbronzato durante il giorno, spianate.

Si avvicinò piano e, mollando la presa sul suo autocontrollo, spostò una ciocca di capelli dalla fronte del consulente. Era caldo, l’effetto dell’eccessiva esposizione al sole, evidentemente, gli aveva fatto aumentare un po’ la temperatura ecco perché aveva mal di testa.

“Mi dispiace Jane.” Mormorò piano.

“Vorrei tanto che Red John non esistesse, anche se questo significherebbe che noi due … che noi due non ci conosceremmo.”

Jane si mosse leggermente nel sonno, voltandosi sul fianco ma non sembrò svegliarsi. Lisbon uscì dalla stanza e andò a dormire.

Veramente non prese subito sonno, persa nelle sue elucubrazioni, e sentì distintamente i suoi tre sottoposti rientrare piano ridacchiando.

Solo dopo che Van Pelt ebbe spento la luce e si fu addormentata, anche lei si abbandonò nelle braccia di Morfeo.

  
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