Serie TV > The Mentalist
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Autore: allanon9    26/08/2010    4 recensioni
Cosa succede se i nostri 5 venissero costretti a passare un intero weekend in una splendida casetta sulla spiaggia di Malibù?
Genere: Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: Allanon9
Spoilers: 2x23

Pairing: Jisbon e anche un po’ di Rigspelt
Rating: Commedy,  leggermente Angst verso la fine.
Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto
dalla serie "The Mentalist" di proprietà della CBS.

 

Il weekend

 

Teresa si svegliò alle sei, nonostante quello fosse il primo giorno di un weekend di vacanza, perché voleva fare un bagno nell’oceano di mattina presto, come facevano lei e sua madre quando era bambina.

Si alzò piano, cercando di non disturbare Grace che dormiva nel letto accanto al suo, i lunghi capelli rossi sparpagliati sul cuscino.

Sorrise, la sua recluta sembrava molto giovane e vulnerabile nel sonno.

Uscì dalla stanza e notò la porta aperta della stanza dei maschi. La curiosità fu più forte di lei e sbirciò dentro.

Cho dormiva a pancia in su con la testa reclinata di lato, il lenzuolo ben modellato al suo corpo, anche nel sonno aveva l’impassibile espressione di quando era sveglio.

Rigsby era scompostamente disteso a pancia in giù, il lenzuolo gli era caduto per terra lasciandolo coperto dai soli boxer aderenti. Lisbon pensò che Rigsby era agitato anche nei suoi sogni.

Lo sguardo si spostò sul terzo letto che era vuoto ed intatto.

Si morse le labbra.

Jane non aveva di nuovo dormito, splendido.

Jane non era stato più lo stesso dopo l’ultimo caso di Red John, la sparizione di Christina Frye prima e la sua prigionia col successivo incontro misterioso con il serial killer poi, l’avevano provato davvero molto. Non che lui l’avrebbe mai ammesso, ma lei era sicura che stesse davvero male.

Bevuto un sorso d’acqua si recò giù per le scale che davano direttamente sulla spiaggia.

Sul bagnasciuga vide una figura solitaria che riconobbe essere Jane.

I passi attutiti dalla sabbia si avvicinò piano all’uomo.

Il profilo di Jane si stagliava netto nella luce del sole appena sorto, i suoi capelli erano accesi di riflessi d’oro rosso e gli occhi, dello stesso colore azzurro dell’acqua, erano persi nel contemplare l’orizzonte.

Lisbon notò una traccia d’umidità nell’angolo dei suoi occhi e il cuore le si strinse.

“Jane.” Disse piano.

Lui si voltò sorpreso verso di lei sbattendo velocemente le palpebre come se si fosse appena svegliato da un sogno.

“Hei Lisbon, non ti ho sentita arrivare.” Sorrise scacciando da Lisbon la sensazione che fosse triste.

“Come mai così presto già in piedi?” le chiese alzandosi a sua volta e stiracchiandosi pigramente.

“Mi andava di fare un bagno. Ma tu sei rimasto qui tutta la notte?, non hai dormito?”

Lui fece spallucce.

“Meh, in realtà ho sonnecchiato sul divano fino ad un’ora fa. Poi il richiamo dell’oceano è stato troppo forte per resistergli e sono venuto qui.”

Lisbon lo guardò scettica ma non aggiunse altro. Ormai lo conosceva abbastanza da sapere che più di così non si sarebbe sbottonato.

“Ok, accetterò per buone le tue parole. Ti va una nuotata?”

Il sorriso sincero della donna arrivò dritto al cuore di Jane come un balsamo.

“Sicuro donna, ma non aspettarti di battermi.” Disse togliendosi la maglietta e rimanendo con i pantaloncini, pronto a tuffarsi.

“Hei, ma io non intendevo sfidarti in una gara Jane.” Si lamentò Lisbon.

“Strano, pensavo di aver ricevuto quest’input dal tuo cervello. Pronta?” il luccichio malizioso dei suoi occhi spinse Lisbon a raddrizzare le spalle e ad annuire vigorosamente.

“Via.” Dissero insieme.

Corsero verso le onde e cominciarono a nuotare verso il punto che avevano prefissato come meta. Nonostante la sua piccola struttura Lisbon riuscì a tenergli testa e quasi a vincere.

Uscirono sbuffando dall’acqua entrambi sorridenti.

“Complimenti Lisbon, ottimo stile.”

“Grazie. Che ne dici di fare colazione? Tutta questa adrenalina mi ha messo fame. A proposito, domani voglio la rivincita.”

Lui rise.

“Quando vuoi Lisbon.”

In casa dormivano ancora tutti e i due cercarono di fare il meno rumore possibile.

“Va a farti la doccia Lisbon, penso io alla colazione.” Le disse dirigendosi nel piccolo cucinino di cui era dotato il cottage.

La donna sparì nel bagno e quando ritornò nella stanza un delizioso aroma di caffè l’accolse.

Jane aveva preparato dei toast caldi da imburrare, caffè per lei e succo d’arancia per un reggimento.

Teresa si sedette al tavolo e si servì.

Jane prese solo il succo d’arancia e rimase in piedi a sorseggiarlo, senza mai toglierle gli occhi di dosso.

“Non mangi?” le chiese lei.

“Uhm…dopo magari, ora ho di meglio da fare.” Disse ermetico.

Lisbon lo guardò sospettosa.

“Fare cosa?”

Lui alzò le spalle e si sedette di fronte a lei.

“Ami molto il mare, Lisbon, ma era un po’ che non ti concedevi il lusso di una vacanza.” Lei sorrise della sua espressione concentrata e lui continuò.

“E’ una cosa che facevi sempre con tua madre, intendo le nuotate mattutine, vero?” le parole uscirono dalla bocca di Jane in un soffio leggero.

Il sorriso di Lisbon le morì sulle labbra e incrociò le braccia al petto sulla difensiva.

“Esci subito dalla mia testa Jane, non ti ho dato il permesso di entrarci.” Sibilò piano per non svegliare i ragazzi.

“Scusa, non lo faccio apposta lo sai.” Disse lui rilassandosi contro la spalliera della sedia.

Lisbon lo fissò arrabbiata per un nano secondo.

“Ok, ma basta. Non ho nessuna intenzione di passare l’intero weekend a proteggere i miei pensieri da te.”

“Capito. Vado a fare la doccia.” Disse alzandosi.

Jane si chiuse nel bagno. Aprì l’acqua della doccia e un dolce aroma di cannella riempi le sue narici.

Chiuse gli occhi inalandolo, era come se Lisbon fosse lì con lui.

S’infilò sotto il getto dell’acqua mettendola fredda, il suo corpo traditore aveva bisogno di una scossa per rientrare nei ranghi. Strano però.

Quando qualche settimana prima era uscito con Kristina, il semplice fatto di aver flirtato con lei e di averla fatta ridere, l’aveva precipitato in un mondo di sensi di colpa verso la moglie morta.

Ora invece, che si stava eccitando come un quindicenne al solo sentire il profumo del bagnoschiuma del suo capo, non sentiva niente se non un piccolo brivido di paura.

Paura di non essere giusto per lei.

Sospirò piano, l’acqua che gli scivolava sulla faccia stanca.

L’aver dormito sul divano, o meglio sonnecchiato, ora gli presentava il conto. Si sentiva la schiena rigida e dolorante e neppure la nuotata aveva alleviato i suoi muscoli contratti.

Tornò a mettere l’acqua calda e un sospiro di sollievo gli sfuggi al contatto della pelle col calore. La sua mente tornò alla notte appena trascorsa.

Non era entusiasta di passare il fine settimana coi suoi colleghi in quell’angusto cottage, temeva di dormire in una stanza piena di gente, aveva paura di quello che potessero capire se per caso avesse avuto uno dei suoi incubi, ma la squadra aveva “vinto”  un fine settimana di vacanza spesato di tutto, dopo l’ultimo caso che aveva visto coinvolto Red John.

Così Hightower e quel suo nuovo strizzacervelli avevano pensato bene di mettere il team in ferie e convivenza forzate “Per saggiare il vostro grado di fiducia reciproca e se riuscirete a convivere senza saltarvi addosso l’un l’altro” (quest’ultima affermazione del gran capo era stata seguita da una significativa occhiata verso Grace e Wayne).

Jane apprezzava l’intelligenza della donna, la ammirava anche, ma a volte si scopriva ad odiarla fortemente per come cercava di manipolarli, quella avrebbe dovuto essere una sua esclusiva prerogativa.

Uscì dalla doccia e si avvolse un telo nei fianchi. Fece la sua apparizione nel saloncino e un gridolino di Grace gli fece uscire la testa dall’asciugamani che stava usando per asciugarsi i capelli.

“Che c’è?” chiese con aria innocente.

“Nien…niente.” Balbettò imbarazzata la rossa.

Lisbon, almeno apparentemente, non vi badò subito, aveva già visto Jane a torso nudo quella mattina, ma ora sotto l’asciugami non indossava nulla effettivamente…

“Avete lasciato un po’ di caffè?” chiese poi alle donne, entrando nella stanza da letto dove gli altri due agenti si stavano vestendo, come se non avesse notato il turbamento delle due donne.

“Uh…si certo.” Rispose Grace, poi, rivolta a Lisbon: “Hei capo, ma chi immaginava che Jane fosse fatto in quel modo?!”

Teresa mise la sua tazza nell’acquaio.

“In quale modo?” rispose, fingendo di non capire.

“E dai capo, non dirmi che non hai notato che razza di fisico ha il nostro consulente!” esclamò incredula

Van Pelt.

“E’ normale.” Disse lei sempre neutra.

Van Pelt era senza parole. Teresa o era cieca o era gay.

Quando gli uomini si furono serviti del caffè e della colazione uscirono tutti insieme per andare in spiaggia.

Sia Grace che Lisbon non poterono fare a meno di notare quanto quei tre fossero fisicamente molto attraenti.

Cho pur essendo di piccola statura, come Jane del resto, aveva dei muscoli davvero invidiabili e con quel costume nero aderente era davvero uno sballo.

Grace naturalmente aveva già ammirato Rigsby anche in versione adamitica, ma comunque non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, cosa ampiamente ricambiata dal bell’agente in questione.

E poi c’era Jane.

Lisbon l’osservava attraverso le lenti scure mentre era impegnato in una partita a racchettine sul bagnasciuga con Rigsby.

Non aveva i muscoli di Wayne, ma il suo fisico asciutto e tonico era notevole e questo era sorprendente dato che passava ogni momento libero stravaccato sul divano del bullpen.

Dal canto loro, gli uomini, erano affascinati dalle due donne ognuno in modo diverso.

Wayne, pur apprezzando la figuretta snella ed aggraziata di Lisbon, non aveva occhi che per Grace, statuaria nel suo piccolo bikini nero.

Cho le ammirava entrambe: Grace così alta e prosperosa e Lisbon piccola ma assolutamente con le curve al posto giusto.

A Jane piaceva molto il costume di Grace, ma aveva occhi solo per Teresa.

Le piaceva tutta, dai capelli raccolti sulla sommità della testa per non bagnarli, alle labbra leggermente sporgenti in quel suo tipico broncio, al piccolo corpo sinuoso coperto dal bikini arancione, beh coperto…

Perse la partita, perché si era distratto e sentendo improvvisamente troppo caldo si tuffò in acqua lanciando la racchetta sulla riva.

“Tuffatevi anche voi, dai.” Li incitò schizzandoli.

I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte, mentre le ragazze ridevano e facevano le ritrose.

“E’ troppo fredda.”

“Sciocchezze! Forza o vengo e vi prendo con la forza.” Le ammonì Jane.

Sicure che avrebbe mantenuto la parola, le due giovani si convinsero ad entrare in acqua con i propri piedi.

Subito subirono gli schizzi dei compagni al quale risposero senza pietà.

Dopo quasi mezz’ora passata a farsi scherzi e gavettoni, ridendo come ragazzini, Jane, Lisbon e Van Pelt si sdraiarono al sole, Kimball si posizionò su una sdraio sotto l’ombrellone a leggere uno dei suoi libri e Wayne, dopo una vigorosa nuotata, si sdraiò accanto a Jane.

“Van Pelt mi spalmeresti la protezione solare sulla schiena per favore?” disse Teresa sdraiandosi sullo stomaco.

“Certo capo.” Disse la ragazza prendendo il flacone dalle mani di Lisbon.

Wayne guardò i lenti movimenti della rossa e si sentì seccare la gola immaginandone le mani su di sé. Naturalmente la cosa non sfuggi a Jane che, con l’aria più innocente del mondo, disse: “Hei Rigsby, dovresti anche tu mettere la protezione, sei così pallido...Cho perché non gli fai il favore?”

L’asiatico, senza staccare gli occhi dal libro, rispose laconico come sempre: “Scordatelo.”

“Van Pelt spalmeresti la crema anche a Rigsby?” disse allora voltandosi verso la recluta.

La ragazza arrossì come un pomodoro e balbettò un imbarazzato: “Cer…certo perché no?”

Rigsby cominciò a tossicchiare imbarazzato anche lui.

“Sei sempre il solito Jane, me la paghi questa.” Gli sussurrò mentre si voltava sulla schiena e si sottoponeva a quella dolce tortura.

Jane ridacchiò e si voltò anche lui sulla schiena seppellendo il viso nell’incavo del gomito.

Il rumore delle onde, il lieve chiacchiericcio di Van Pelt e Lisbon e la stanchezza accumulata nella notte passata insonne, gli fecero da ninna nanna e si addormentò.

Si svegliò solo un attimo quando Lisbon gli disse: “Hey Jane, fatti mettere un po’ di crema anche tu o ti scotterai la schiena.”

Lui sorrise con gli occhi chiusi e le rispose: “Non è necessario dolcezza, non mi scotterò.” E tornò a dormire.

Verso le undici però un pizzicore strano nella schiena e nelle gambe lo fece svegliare del tutto.

Si sollevò sulle ginocchia e la sensazione di bruciore aumentò.

“Ouh, ma che diavolo…?” borbottò.

“Ben svegliato bell’addormentato.” Disse Rigsby sorridendo ironico.

“Dove sono gli altri?” chiese Jane disorientato dalla dormita.

“In acqua e io ho intenzione di raggiungerli, che fai vieni?”

Lui annuì cercando di guardarsi le spalle.

“Sei rosso come un peperone Jane, Lisbon ti aveva avvertito ma tu non l’hai ascoltata, anzi le hai risposto: Non è necessario dolcezza, non mi scotterò!” Gli disse entrando in acqua ridacchiando.

“Non importa, sopravvivrò.”

Rispose Jane impassibile raggiungendolo.

Dapprima la fresca acqua dell’oceano diede un po’ di refrigerio alle spalle e alle gambe brucianti di Jane, ma dopo l’iniziale benessere si sentì peggio.

“Uhm…ragazzi sono un po’ stanco di nuotare, vado a farmi una doccia e ad ordinare il pranzo.” Disse prendendo la sua tovaglia e drappeggiandosela addosso.

“Va tutto bene?” gli chiese Lisbon.

“Sì certo. Vanno bene dei panini?”

“Sì.” Risposero gli altri uscendo anche loro dall’acqua e sedendosi sulle tovaglie.

“Ora veniamo anche noi, non finire l’acqua calda…e ordina dei panini in più per Rigsby o finirà che qualcuno rimarrà senza pranzo.” Gli gridò dietro Lisbon.

Lui fece un segno di assenso con la mano e risalì il breve tratto di spiaggia che lo separava dal portico della casa.

Subito andò in bagno per togliersi l’acqua salata di dosso, un bruciore tremendo si estendeva per tutto il retro del suo corpo.

Aprì l’acqua calda e si infilò sotto il getto ma il calore era insopportabile, mise l’acqua fredda e subito si sentì meglio.

Con delicatezza si spalmò il bagnoschiuma e si risciacquò e quindi si asciugò tamponando la pelle.

Quasi subito però il bruciore tornò insistente e Jane fece una smorfia a se stesso nello specchio.

“Idiota.” Si disse e indossati gli slip e un paio di pantaloncini si diresse nel saloncino per chiamare il ristorante.

Aveva appena fatto l’ordinazione quando il resto della squadra entrò ridendo.

“Salve ragazzi, tra poco meno di mezz’ora porteranno il pranzo.” Disse sorridendo infilandosi una maglietta bianca.

Lisbon notò la lieve smorfia che fece mentre si abbassava l’indumento sulla schiena, ma fece finta di niente.

“Chi comincia con la doccia?” disse Wayne allegro.

“Prima le donne.” Rispose Cho con garbo.

“Vai pure Van Pelt, io farò dopo.” Poi, voltandosi in direzione di Jane, che si era sdraiato a pancia in giù sul divano, disse: “Jane ti posso parlare?”

Lui si alzò lentamente come al solito e la seguì nella stanza delle ragazze.

“Che c’è?”

“Togliti la maglietta.”

Jane rimase un attimo a bocca aperta, poi un sorriso malizioso si allargò sulla sua faccia.

“Accidenti Lisbon, ma di là c’è gente, non puoi aspettare più tardi?”

Lisbon arrossì violentemente.

“Non essere idiota Jane, fammi vedere la schiena.” Sibilò seccata.

“Va bene, ma ti assicuro che non è la mia parte migliore.” Disse lui sempre scherzando.

“Jane…”

Lui alzò le mani in segno di resa.

Si tolse la maglietta e lei si avvicinò per ispezionargli le spalle.

“Se ti tocco bruci?” disse appoggiando lievemente il dito sulla scapola del suo consulente.

Jane sussultò ma negò con la testa.

“E qui?” gli chiese continuando a scendere lungo la colonna vertebrale.

“Un po’, non è niente Lisbon, sta già passando.”

Cercò di rassicurarla lui rimettendosi la maglietta.

“Sei uno sciocco asino Jane, ti avevo detto di metterti la protezione. Dopo pranzo vedrò se abbiamo qualcosa contro le scottature in casa.”

Disse uscendo dalla stanza esasperata.

Lui sorrise lievemente, non ricordava che fosse stata lei a dirgli di mettersi la crema, aveva sognato sua moglie che lo invitava a proteggersi dal sole e lui, come al solito, l’aveva rassicurata che non era necessario, poi lei l’aveva raggiunto e gli aveva spalmato la schiena di fresca crema solare.

Sospirò, questa vacanza non era una buona idea, troppi ricordi affioravano nella sua mente.

Raggiunse i compagni nel cucinino, i panini erano arrivati.

Ne prese uno con prosciutto e formaggio e si sedette su una sedia attento a non appoggiarsi allo schienale, almeno le gambe gli bruciavano meno, pensò.

Mangiarono in un’atmosfera rilassata e amichevole, scambiandosi le prime impressioni su quel posto.

“Meno male che Hightower non ci ha spediti in uno di quei camping sperduti nelle montagne, qui a Malibù almeno c’è la movida.” Disse Rigsby ingoiando l’ultimo boccone del terzo panino.

“Giusto.” Concordò Grace versandogli dell’altra Coca Cola.

Lisbon sbuffò scettica e Cho e Jane non dissero nulla.

“Non so voi, ma io voglio tornare in spiaggia.” Disse Grace alzandosi dalla sedia.

“Sì, vengo anch’io.” Disse Lisbon.

Anche gli altri aderirono e Lisbon disse rivolta al suo consulente: “Fossi in te starei lontana dal sole per un po’.”

Lui sorrise sbruffone come al solito.

“Terrò la maglietta, tranquilla.”

Lei fece una smorfia e uscirono.

Grazie a tutte per le belle recensioni della Oneshot Il party, siete state veramente carinissime.

  
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