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Autore: minimelania    31/08/2010    2 recensioni
Dall'Incipit: 'Il sole galleggiava immobile quando giunse la nave della peste. Si chiusero i cancelli del porto, e si aspettò di vedere che passava. Ne capitavano spesso in quei giorni di navi piene di gente, stracci marci e gemiti simili al verso dei gabbiani. Sfilavano all'orizzonte nel tetro ronzio delle api. Erano tempi in cui la disgrazia d'altri costituiva già da sola una fortuna...'
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primavera

Luìs l'aspettava in riva al mare.
Occhi Verdi se ne accorse all'imbrunire, quando Juan era andato, e Cèsar non ancora tornato.
- Ti disturbo? - gli chiese avanzando sulla sabbia.
Le caviglie le affondavano tra i sassi al limite del mare.
Luìs non si mosse. Con la veste polverosa rimboccata, tirava sassi piatti sopra l'acqua.
- Ti disturbo? - chiese di nuovo lei. Si accoccolò subito dietro le sue spalle, vicino a un masso levigato, l'unico, su cui un lichene cresceva come brina.
Guardò cosa faceva. Raccoglieva sassi sulla battigia. Non sassi di tutte le forme, solo sassi piatti, quelli che l’onda leviga fino a farli sembrare usciti dal tornio. Con la veste rimboccata alle ginocchia li pescava nel punto in cui rotolano avanti e indietro sbattuti dalle onde. Sulla riva del mare si addensavano nuvole assenti, sembrava si preparasse una tempesta di quelle annunciate dal volo impazzito degli uccelli. La sabbia lambiva la risacca, e tutto era grigio, deserto. Sembrava una statua di sale.
- Ti sei fatto male?
Sotto la veste, Luìs aveva un lungo rigo di sangue. Scendeva fin sotto la caviglia.
- Non mi sono fatto niente - disse lui, e continuò a fare quello che stava facendo.
- Mi dispiace se io … ma cosa fai?
Le lunghe mani di Luìs accarezzavano le pietre lisce. Le sollevava dal limite del mare, dove la sabbia si confonde con l'acqua. Le lasciava un istante al sole e poi le scagliava lontanissimo, lasciandole planare sull'acqua. Alcune facevano decine di piccoli salti a pelo d'acqua prima di uscire dalla vista con un tonfo.
- Lascio che muoiano, come dovrebbero. Come dovrebbe chi è malato e marcio, come dovrebbe chi nasconde morte.
Lei lo guardò, non capiva.
- Vai via. Cèsar sarà quasi tornato. Vattene.
Lei strisciò fino alle sue caviglie.
- Che ti ho fatto? - chiese prendendogli un lembo della veste.
Luìs si allontanò senza guardarla.
- Dove sei stata tutto il giorno?
A Occhi Verdi venne da piangere.
- Io …
- Non voglio saperlo - disse lui - non mi interessa cosa sei o che fai.

Cèsar tornò fregandosi le mani, con un cestino di agrumi barattati al mercato con le uova e un bel po' di notizie senza senso.
- Tieni - disse a Occhi Verdi - ti ho comprato questa.
Le tese un involto. Dentro c'era una veste verde color smeraldo, con larghe maniche e un bordo di pizzo. Occhi Verdi la indossò felice.
- Non sai quanto mi è costato comprarla senza dare nell'occhio! - rise il vecchio - Il vecchio Cèsar che scende al mercato e si avvicina ad un banco da donne! Non succedeva da parecchio tempo …
Occhi Verdi stava rimestando un ramaiolo di cavolo.
- Da quanto tempo? - chiese.
Cèsar si rabbuiò.
- Da tanto. Da quando lo facevo per Maria.
- Chi è Maria? - chiese lei.
- Chi era. Era mia moglie, Maria. Perché una volta il vecchio Cèsar aveva addirittura una moglie.
Occhi Verdi si accostò alla tavola e porse al vecchio un bicchiere di vino.
- Era bella tua moglie? - chiese. Poi si sedette.
Il vecchio sorrise dentro il vino.
- Se era bella? La più bella donna del paese. I ragazzi se la litigavano. Non poteva andare per strada che la gente le fischiava dietro. Venivano dalla costa per vederla, dalle montagne intorno, dalle navi. Si passavano la voce, e se scendeva al mercato con sua madre, tutti, tutti giravano la testa per vederla. Era alta, era bellissima, imponente. Sembrava una statua, la mia Maria. E la volevano tutti, ma alla fine, fu il vecchio Cèsar a portarsela via. C'è altro vino?
Occhi Verdi glielo versò, e si mise una mano sul mento.
- Non è ancora ritornato, Luìs?
- Era alla spiaggia, ancora poco fa.
- Ci va sempre a quest'ora.
- Lo so.
- E tu, che cosa hai fatto tutto oggi? Era caldo, ti sei annoiata, in casa …
Occhi Verdi non seppe che rispondere.
- Mi piacerebbe ascoltare di Maria.
Il vecchio sorrise e bevve tutto il secondo bicchiere di vino. Aveva il mento ancora polveroso, e gli occhi incrostati di fatica.
- Aspetta ­ - disse Occhi Verdi, e gli portò uno straccio e acqua perché potesse pulirsi. L'acqua era tiepida e il vecchio Cèsar fu grato alla ragazza per quel gesto.
- Ti piacerebbe ascoltare di Maria?
Occhi Verdi fece cenno di sì.
- La zuppa non è ancora pronta - disse il vecchio - e Luìs non è ancora arrivato. Non ci vedo niente di male a raccontarti un po' della mia storia. Mettiti comoda.
Così il vecchio aveva cominciato.

- Un tempo Cèsar possedeva una barca. Non era il Cèsar che vedi ora. Non era vecchio, stanco o rugoso. Era un bel ragazzo simpatico, con occhi neri e tanto amore nelle mani. Era nato per coltivare il mare, e aiutava suo padre in una barca presa in affitto. Non erano ricchi, anzi erano poveri, ma non c'era una sera in cui Cèsar non fosse felice, al tramonto, di come era andata la giornata. Le giornate erano tutte belle, perché erano piene di onde, spruzzi, acqua e reti. Lui non aveva bisogno di niente, e quindi aveva tutto, capisci? Ma poi un giorno, arrotolando le reti davanti al molo appena costruito, aveva visto qualcosa che luccicava in pieno sole. Non aveva capito subito cosa era, e si era avvicinato per capire il perché del luccicore. Il venditore della bancarella stava mostrando certi oggetti a delle donne. Erano collane di pietruzze colorate, piccoli oggetti di corallo, una stella fatta con cocci di vetro levigati. Era stata la stella a brillare, quando il mercante l'aveva alzata al sole. Ora invece la teneva sopra il palmo e la mostrava alle donne.
- E' bellissima, ma è lontana, è fredda. E poi le stelle non si muovono mai - stava dicendo una all'altra, e a Cèsar venne fatto di alzare gli occhi. La ragazza che aveva parlato era bellissima, e piena d'amore in uno sguardo luminoso e inquieto. A Cèsar non era stato più capace di scacciare il suo volto dagli occhi.
Era così che l'aveva conosciuta, perché lei aveva detto che le stelle non si muovevano e invece lui sapeva che non era così. Aveva atteso che le ragazze lasciassero il banco, e poi le aveva seguite. Aveva scoperto dove stava la ragazza dai capelli neri, e il giorno dopo era tornato al mercato con la segreta speranza di vederla. Si erano affrontati così, per giorni e giorni, lei senza sapere che aveva occhi di diamante stretti intorno, lui dietro un cesto, o contro un muro, o in un anfratto a sognare segretamente il giorno in cui le stelle, le avrebbe spiegato, si muovono in cielo come nubi e ogni notte rotolano fisse verso l'altrove. Voleva spiegarglielo, voleva che lo sapesse anche lei che le stelle non stavano ferme. Lo voleva come mai non aveva voluto nient'altro. Al terzo giorno, messo il cappello della festa e una camicia che gli aveva regalato sua nonna, uscì di casa e andò a chiederla in sposa. Erano ricchi i genitori di lei, per lo meno possedevano una barca, ma suo padre conosceva gli uomini, e quel giovane simpatico gli piacque.
- Ti frequenti con mia figlia? - chiese. Aveva lunghi baffi e una pancia che rotolava quasi fino a terra.
- No, signore - disse lui - non ci ho neanche mai parlato.
- La conosci di fama, perché è bella?
- Non so neanche il suo nome, signore. Non lo sapevo fino a ieri, fino a quando non ho deciso di venirvela a chiedere.
- E allora perché la vuoi sposare? - aveva chiesto il padre, arrotolando un grosso sigaro tra le dita cicciute. Era enorme, e come un colosso prendeva tutto il vano della porta seduto sul suo trono di banano - forse perché e bella, o perché è ricca, o ti piace il modo in cui cammina, le sue gambe? Ha un bel seno, mi dicono, ma io non posso giudicare, sono il padre.
Cèsar aveva riso, era arrossito. Non gli andava di dirgli che quel seno gli aveva intossicato già tre notti. Ma non era poi quello il motivo per cui la stava chiedendo a suo padre.
Si era seduto su una panca, accanto a lui, e di era tolto il cappello.
- Davvero volete sapere perché la voglio?
- Avanti.
- La voglio perché ha detto che le stelle stanno ferme nel cielo, non girano. E questo non è vero, signore. Le stelle girano, si muovono, eccome. Solo che sono come dei fantasmi. Non si muovono veloci, non si vede. Ma se uno stacca l'occhio per qualche tempo, poi si accorge che sono mutate. Lei invece ha detto che non possono muoversi. Per questo voglio sposarla, perché sappia, che tutto ha una vita, anche il silenzio.
Il grasso vecchio lo aveva guardato come si guardano le mosche per aria.
- Mi stai chiedendo mia figlia per questo?
Cèsar aveva annuito. Il vecchio gli aveva passato il suo sigaro.
- Scende tra poco, se ti vuole è tua. Ma io spero che con un matto del genere non ci si metta. Non porta mai fortuna la follia.
Ma lei era scesa, e lo aveva voluto. Lui le aveva mostrato come le stelle girano sempre e non stanno mai ferme. Era stato un amore profondissimo.

Occhi Verdi sorrise.
- E poi?
- E poi, e poi … - sorrise Cèsar - e poi guarda che ti brucia la zuppa!
Occhi Verdi corse al focolare. Era vero, la zuppa stava bruciando. Trafficò qualche istante con la pentola, provò a tirarla via dal fuoco con un cencio, ma tutto invano. Quando cercò di toccarla, si accorse che era troppo calda, e si scottò. Lanciando un grido si fece indietro. La zuppa era tutta sul pavimento.
- Stai ferma - disse Luìs, comparso alle sue spalle.
E prima che Cèsar fosse riuscito ad alzarsi, aveva preso la pentola tra le dita e l'aveva rimessa al suo posto.
- Ceneremo con qualcos'altro - rise il vecchio - Vero, Luìs?
Ma Occhi Verdi che lo aveva visto rialzare il metallo senza scottarsi, gli lanciò uno sguardo un poco inquieto. Lui le sorrise da un'altezza infinita.
- Non è detto che quello che brucia debba per forza farmi male, sai?


  
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