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Autore: Guardian1    01/09/2010    1 recensioni
[Completa, riveduta e corretta.]
Sono passati tredici anni dagli eventi di Final Fantasy IX, ed ecco che la vita di Eiko Carol viene stravolta di nuovo da un nemico creduto morto da tempo. Che cosa può fare una ragazza sola per cambiare le cose?
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eiko Carol, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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capitolo sette
i peccati dei padri



missing is a pain
in everyplace
making a toothache
out of a day.
But to miss something
that never was:
the longest guilt
the regret that comes down
like a fine ash
year after year


la nostalgia fa male
dappertutto
dà il mal di denti
per tutto il giorno.
Ma provare nostalgia per qualcosa
che non è mai esistito:
i sensi di colpa più lunghi
il rimpianto che viene giù
come cenere sottile
anno dopo anno


- marge piercy



Che scuse che mi inventai.

Lui non è Vivi, è un mostro-specchio, è Kuja che è tornato, è un mimic, è un mimo, è un lurido imbroglione, è un Valzer, è Tango Nero, è una cosa orribile che è strisciata dalle viscere del mondo e, e, e forse sono morta, forse sto sognando, non può essere vero, può essere vero tutto ma non questo, lui non è Vivi-

Mi trasferirono in un’altra camera, perché dovevano riparare la finestra della mia stanza precedente, e le manine premurose di Rain curarono tagli, ferite, e la mia brutta distorsione alla caviglia. Mi si avvicinò e si sedette accanto a me; Shiny, Tide e gli altri lo imitarono, spostando delicatamente le umide ciocche viola che mi si erano appiccicate alla fronte sudata. Io però rimasi in silenzio. Fissavo il soffitto, una bambola di vetro in una culla, gli occhi vitrei e la bocca una muta incisione sanguinante.

E la aprii soltanto quando venne lui.

« Vattene. »

Era ancora il vecchio Tango Nero. Agitava freneticamente la testa, come un uccellino terrorizzato e in fin di vita, sbatacchiando distrattamente braccia e gambe come se avesse dimenticato a cosa servissero; aveva caritatevolmente riattivato l’incantesimo, e al posto del suo viso era tornata l’ombra nera dagli occhi d’oro.

Mi aveva detto una bugia. Lui non era Vivi. Era prevedibile che Tango mentisse; mentiva e mentiva come un orologio rotto, avrebbe fatto di tutto per trapanarmi la testa, per infilarmi un dito in gola e farmi vomitare. Di tutto. Bugia. Bugia. Bugia.

Bugia.

« Eiko. »

Il mio nome non toccherà più le tue sudicie labbra. « Vattene. »

« Linden-bloom. »

« Vattene via, Tango. »

« Tu non sai. Non hai mai saputo. Non avevi idea. Tu non hai idea. Ve ne state tranquilli nei vostri palazzi e ogni anno tu vai lì e riponi dei fiori ma non conta niente, la mia gente non è che un sogno e una teoria nei libri di testo, e dov’ero io, dov’ero io, lui mi aveva promesso che ci sarebbe stato sempre per me- »

« Vattene via. »

La sua frase terminò in un urlo lungo e vacillante. Quando parlò di nuovo, le sue parole erano asciutte, il tono misurato: un’inaspettata lucidità.

« Non è mai stata mia intenzione portarti con me, Eiko Carol. Se sei entrata in questo inferno devi ringraziare solo te stessa. »

La mia voce non era che un rantolo incrinato. « Vorrei che mi avessi ucciso. Vorrei che avessi ucciso tutti quanti. »

« Rinunceresti alla vita » – ma se l’avevo già fatto? – « solo per il ricordo di un ragazzino? »

« Vattene via. »

Mi sferrò un colpo violento prendendomi quasi solo le mani, che però già facevano male e si sarebbero semplicemente coperte di un secondo strato di blu violaceo. Mi ero già abituata ad essere picchiata. « Continui a non capire, linden-bloom. »

Lui non era Vivi.



« Eiko, devi mangiare. »

Rain mi pulì il porridge dalle labbra. Quella volta mi stavo rifiutando di aprire la bocca; semplicemente, lo trovavo uno spreco tremendo. Forse, se avessi smesso di mangiare sarei morta, e morire sembrava l’alternativa giusta.

« Non guarirai se non metti qualcosa sotto i denti. E poi guarda là, la tua caviglia è già tutta un’altra cosa rispetto a ieri. » Tentò una piccola risata che terminò in un sospiro. « Oh, Eiko, se solo usassi la tua magia bianca- »

« No. »

Con maestria, Rain mi ficcò la cucchiaiata in bocca proprio sul “no;” sputacchiai, indignata, qualcosa mi colò sul mento e lui dovette asciugarmelo nuovamente.

« Rain. »

« Eiko, devi mangiare » ripeté caparbiamente. « Non è bene che ti comporti così. »

Mi rizzai a sedere, a distanza di sicurezza dal cucchiaio prepotente, per evitare che lui mi infarcisse la bocca ad ogni parola. « Perché? Perché no? »

« È inutile tenere in ostaggio il Signore. » Alzò ancora il cucchiaio, la voce flebile e calda come la cenere, come sempre. « Lui… lui farà delle cose, Eiko, per costringerti a mangiare. »

« Non è mai riuscito a fare niente per costringermi a fare niente. »

« Può farci del male di fronte a te. » Spinse con la punta del cucchiaio sulle mie labbra. « Può ucciderci di fronte a te. Tutti quanti. Solo per costringerti a mangiare. »

Completamente sconvolta, lo fissai. Tango non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non avrebbe potuto. Ma in fondo, non era esattamente questo il ragionamento che avrebbe fatto? Ferire gli altri per sottomettermi al suo volere. Come con Rain e la chiave inglese. Come con tutto.

« Forse… forse sarebbe meglio così. »

« Adesso stai cominciando a ragionare come lui, Principessa. » Gli occhi di Rain si fecero seri. « Ti prego, mangia. »

« Rain? »

Lui teneva ancora il cucchiaio sollevato, e le mie labbra si separarono involontariamente per accettare un piccolo sorso del fumante purè d’avena caldo. « Sì, Eiko? »

« Potresti toglierti il cappello? »

Rain tentennò, appoggiandomi la scodella calda in grembo prima di accontentarmi, lasciandomi a quel buio, ai quei suoi lineamenti intrecciati alle ombre. Infilai una mano nelle tenebre, provai a toccarle. Erano glaciali. Non c’era niente, lì.

Si rimise il cappello, e questa volta, sorrise. « Ti voglio bene, Eiko. »

Io ingoiai il boccone. Se anche le mie lacrime gocciolarono sul cucchiaio mentre dischiudevo le labbra screpolate per mangiare, lui non parve notarlo né fece commenti. Rain avrebbe potuto essere il figlio di Vivi.

Ma lui non era Vivi.



Venne a osservarmi nella vasca. Non sapevo se la cosa mi importasse più. Non lo guardai, e mi accovacciai nell’angolino; di tanto in tanto sbatteva le ali contro le pareti per spolverarle, mentre io mi insaponavo, mentre l’acqua calda mi carezzava la pelle. I capelli stavano crescendo, scomposti; Tide si era offerto di tagliarmeli, ma io avevo detto di no. Prendermi cura di me mi sembrava uno sforzo troppo gravoso.

Mi era quasi piaciuto, quando era stato soltanto Tango Nero. Di certo avevo provato pietà. Il mio amore per Vivi aveva offuscato il mio giudizio.

Il mio amore per Vivi aveva sempre offuscato il mio giudizio.

Un vento caldo rombava all’esterno. Contemplai l’idea di sprofondare nell’acqua sterile e bollente e lasciarmi morire, ma ero troppo scoraggiata e fiacca persino per quello; ero rotta, gli ingranaggi e le leve si erano arrugginite, la mia bocca e le mie labbra erano sigillate nel silenzio.

« Tango, puoi smetterla qui » dissi all’improvviso. « Non c’è bisogno di mentire. »

Lui si voltò, proiettando delle ombre sulle fredde pareti di pietra; i granelli di polvere gli danzarono attorno creando un alone luminoso. « Carol, sei una codarda. Sei una stupida. Sei un’ignorante. »

« La tua faccia. » Immersi la mano nell’acqua, e la lasciai filtrare tra le dita. « Non devi più nasconderti dietro quella nebbia. Non sei nemmeno un mago nero, è così? Sei uno dei residui di Kuja. Sei un jenoma. Sei, sei una cosa che ha lasciato qui nel seminterrato, e sei cresciuto, come muffa. O un fungo. Un micete. Una malattia. »

« Eiko… »

« Sei pazzo. Ne sei consapevole? Allora sei ancora più pazzo. Sei disgustosamente e merdosamente fuori, e credi di essere Vivi- »

« … E-Eiko… »

« -Vivi non l’avrebbe mai sfiorata, e non avrebbe mai sfiorato Lindblum, e non avrebbe mai sfiorato Gidan e Garden, e non avrebbe mai sfiorato- »

« Perché ero nato. »

Mi fermai e mi girai verso di lui. La sua voce si librava nell’aria, tenue, una piuma.

« Quanto volevo vivere… »

Erano parole semplici. Me le sarei ripetute all’infinito.

« Linden-bloom, quante dolcissime sciocchezze sdolcinate. Quello che abbiamo fatto insieme sarà stato davvero tanto coraggioso? Gidan camminava in mezzo a noi come un angelo della morte, in quei luoghi oscuri, il suo cuore era un verme menomato di nero peggio di quello di Kuja. Peggio di Garland. Danzava la danza della morte e tutto quello che toccava si polverizzava, linden-bloom. Siamo andati ad Alexandria e quella è esplosa. Siamo andati a Lindblum e quella è esplosa. Siamo andati a Burmesia e quella è esplosa. Siamo andati a Cleyra e quella è esplosa. Siamo andati a Tera, il pianeta morto, e quello è morto. Davvero sai cos’ha fatto Gidan, lì, giù, giù, nel buio, con le sue mani, i piedi e la bocca? »

« Gidan era un eroe. Devi stare zitto, zitto! »

« Gidan era un bugiardo! » Sputò quelle parole come se fossero magma. « Era un attore che recitava la parte dell’essere umano! “Vivere la vita al massimo!” Non vale quando non hai una vita da vivere, linden-bloom, quando sei un mostro come me e i miei bambini! maghi neri? Puah. Mi ha insegnato che la vita non dura per sempre, e la lezione l’ho imparata bene soltanto adesso. Mi rifiuto di starmene con le mani in mano, linden-bloom, mi rifiuto di Fermarmi, mi rifiuto di restare solo nella mia sofferenza! Lui ne pagherà il prezzo! »

Cadde il silenzio. Stava riprendendo fiato; io rimasi in acqua, in punta di piedi per sentire il fondo. La mia voce era un bisbiglio morto.

« Allora che intenzioni hai, Tango? »

Lui scrollò le spalle, come se fosse una stupidaggine. « Conferire con la Morte. Il suo nome è Trivia. Il fatto che tu lo sappia non significa niente per me. Meno che niente. »

« No, no, intendevo… » Cosa intendevo? Il mio tono era piatto. Il mio sangue sembrava troppo caldo per le vene in cui fluiva. Era diventato troppo, scorreva in troppe direzioni, dovevo metabolizzare troppe cose. Trivia? Trivia se n’era andato per sempre. Non avrebbe potuto riportare indietro Trivia; a volte lo rivedevo nei miei incubi peggiori, ma era sparito. Ma Trivia, il sogno della morte, dell’annichilamento e del male, non era questo il punto, il punto era- « Perché continui a mentire? Avresti potuto trovare una lettera di Vivi dovunque. Gidan l’ha incorniciato nella sala grande del Castello di Alexandria. È morto. Tu stesso hai detto che è morto. »

Lui si stava spogliando del cappotto. Sotto c’erano altri vestiti, soprabiti su soprabiti, vesti; stava sbottonando tutto. Era esile come mai avrei pensato, e si tolse guanti su guanti fino a rivelare le mani, bianche come il ventre delle creature che vivono a chilometri sottoterra.

« E non ho detto il falso, Principessa. È morto. »

« E allora perché? » La mia voce tremava di lacrime. Non avevo dormito. « Perché mi hai detto- »

« Cosa diventano i bruchi, mia gioia, quando escono dal bozzolo? »

« … Farfalle. Tango, smettila di giocare con me- »

« E cosa diventano, piccola mia, quando crescono? »

Io chinai la testa di lato per guardarlo. Si stava sbottonando l’ultima vestaglia, e intravidi un lampo di pelle diafana; irritato, lui si levò il cappello, e la nebbia si dissolse nel nulla. Il suo viso era bellissimo e orrendo; elegantemente rifinito e cesellato, come un angelo in un quadro, le sopracciglia chiare e le ciglia ancora più chiare e un paio di enormi occhi d’oro incastonati in un volto smunto e famelico. Era rivestito di cicatrici, come se un animale selvaggio avesse cercato di strappargli la faccia. Unghiate.

Delle ciocche fradicie gli ricaddero sulle guance mentre lui continuava la sua opera; il resto era goffamente legato in una coda alta arrabattata dietro la testa. Doveva avere un sacco di capelli, per giunta lunghissimi, ma erano untuosi, sporchi di polvere e di sangue raggrumato. Sembrava una cosa selvaggia. Lo era.

« Diventano piccoli ingegneri ruvidi » mormorò. « Diventano spigolosi topi di biblioteca, malevoli, disincantati, e gli cresce la lingua biforcuta. »

Una grossa cicatrice gli fioriva sul petto, da quel poco che potevo vedere; si aprì la camicia e si inginocchiò, le ali frusciarono come il vento fuori mentre gli si ripiegavano sulla schiena. Era la vecchia cicatrice di un ustione, vecchia, scintillante e raggrinzita.

« È qui che il Terzo mi ha toccato. »

Il Terzo? Il Valzer Nero numero Tre. Pigiai le braccia su un lato della vasca, per osservare meglio, e notai che c’erano dei bernoccoli ovunque. Non gli avrei creduto. Non era lui. Aveva detto che non era lui. La terra mi si sgretolava sotto i piedi.

« Ma tu non c’eri. » La sua voce era quasi gentile. « Non eri ancora con noi. »

« Quella cicatrice avrebbe potuto fartela chiunque. Qualunque cosa. Avresti potuto fartela da solo. »

« … Vuoi ancora diventare un pompiere, Eiko? »

Alzai di scattò la testa.

« Un ragazzino svestito. » La sua voce si fece cantilenante come al solito, come se le sue parole facessero parte di una nenia, leggera, ritmica, e totalmente folle. « Un ragazzino svestito, che si è lasciato i panni alle spalle – il cappotto, i pantaloni, il cappello, tutto quello che ha toccato la morte inarrestabile delle cose che gli sono fuoriuscite dalle sue stesse mani. Ha corso nudo e ha gridato nella foresta per allontanarsi da tutte le cose morte, e si è gettato nel fiume, e non è morto. E ha mangiato veleno, e non è morto.

« È scappato nei deserti e ha mangiato cose strane e ha bevuto l’acqua che dimorava dietro i loro occhi. Gli sono cresciuti dei grossi bozzi sulla schiena, e si è rotolato nella sabbia, e si è grattato e grattato e poi sono sbocciati due germogli neri di uccello d’odio e li ha usati per volare. E poi è volato ad un tempio, dove è stato accolto come figlio ed erede, e il suo cuore è marcito ed è morto e la sua mente è venuta via come gli strati di una cipolla finché non ha capito cosa fare. Il ragazzino svestito si è vestito di nero e ha danzato la danza della morte, e dalla danza ha scelto il suo nome; e si è creato dei bambini, preparandosi alla mietitura del mondo per la quale era nato. Esiste solo per uccidere. Esiste solo per uccidere. Esiste solo per uccidere.

« Chi è quel ragazzino, Eiko?

« Sono nato come Vivi il bruco » – e il suo sorriso era glorioso e terribile – « Adesso sono la farfalla, e sono morto. »

I miei ricordi diventeranno parte del cielo…

Le lacrime mi rigarono le guance. Afferrai il ciglio della vasca per trovare un appiglio, tremante, in preda agli spasmi, la fronte abbassata quel tanto che bastava per sfiorare la roccia e la mia voce un lamento strozzato di dolore. Il mio corno cigolò sui mattoni. Vivi. Vivi. Vivi. Oh, Dei, una volta era stata una preghiera, e adesso era una maledizione che mi usciva dalle labbra. « Ti amavo. Ti amavo. Ti amavo tantissimo. »

« E ora? » La sua voce era di nuovo quella del bambino; acuta, incerta.

Non riuscivo a parlare senza digrignare i denti, il volto premuto nel granito. « E ora ti odio tantissimo e vorrei che la terra t’ingoiasse e non ti lasciasse andare mai più. »

È Vivi, è un mostro-specchio, è Kuja che è tornato. È Vivi impazzito, Vivi morto nella testa. E adesso per te è morto due volte.

Oh, Madein, quanto soffriamo! Soffriamo e soffriamo.


« E ora conosci il mio desiderio. » Le sue dita mi stavano accarezzando i capelli umidi. « Quasi ogni giorno, Eiko, l’odio è più grande dell’impulso di precipitare nel nulla. »

I miei singhiozzi rimbombarono sui muri, i vagiti di un bambino infelice, e non mi preoccupai del fatto che mi stesse toccando o di qualsiasi altra cosa. Non c’erano forze onnipotenti in quella stanza, quel giorno, non per me.

« Odiami, amore. » Perché doveva essere così tenero? Era peggio di una tortura. « Odiami nel mio vero nome. »

« Ti odio, Vivi! » piagnucolai. « Ti odio! »

Piansi nel grembo di Vivi Orunitia mentre lui canticchiava e vezzeggiava i miei bagnati capelli viola. Avevo diciannove anni. Lui ne aveva ventidue. Aveva l’odore della polvere, e delle cose morte, e di cenere, e io gridavo per anni di fiducia infranta, per un’innocenza perduta molto più importante della verginità, per i peccati dei padri che erano ricaduti sui figli.

Le bugie erano state immensamente più dolci della verità. La verità era un incubo livido che sanguinava.

Lui era Vivi.



Mi tenne la testa e le spalle finché si fece buio, le grida notturne degli antoleon risuonavano per le pianure silenziose. Avevo smesso di piangere già da tempo, la mia bocca una fessura screpolata, tutto il mio intero corpo un mal di testa.

Vivi fece scivolare dal mio collo le mani umide, gonfie per l’acqua, raccogliendomi da sotto le ascelle e posizionandomi sul bordo freddo della vasca. Se anche Rain fosse passato di lì e se ne fosse andato, non avrei potuto saperlo, e lui non disse nulla; eravamo soli, il mago nero pazzo ed io, e lui avvolse fastidiosamente un asciugamano intorno al mio corpo scosso dai tremori. Non avevo la forza di alzarmi e rimasi seduta, serrando i pugni sul tessuto ruvido.

Lui mi toccò il corno da sciamana, e fu come una scarica di Thundaga; rabbrividii, fragile come la migliore porcellana di mia madre, e lui si allontanò per dirigersi alla finestra.

« Sai dove vanno i maghi neri » disse di lì a poco, « quando muoiono? »

Avevo sempre presunto che andassero in paradiso. Garnet mi aveva fatto accoccolare nel suo grembo e avevamo parlato del posto migliore in cui era andato Vivi, dove andavano gli spiriti buoni, e decidemmo che si sarebbe trovato con suo nonno, i suoi bambini e gli altri maghi neri.

Che grandissima stronzata.

« No. »

« Nello stesso posto in cui andrei io, se morissi, linden-bloom. » Cominciò a ridere. « Da nessuna parte. »

Tango Nero – Vivi – rise e rise e rise, incontrollabile, e per fermarsi dovette sbattere la testa contro il muro con tanta violenza che pensai che si sarebbe spaccato il cranio, e mi aspettavo un suono simile a quello di un melone umidiccio che viene martellato. Lui fece semplicemente spallucce, si raddrizzò, e mise un piede sul davanzale.

« Non l’ho uccisa, sai » sussurrò. « L’ho lasciata con qualche livido e slogatura sul pavimento, ma quando me ne sono andato e sono arrivate le guardie, il suo cuore batteva. »

« Cosa? » Mi pareva di avere una commozione cerebrale. « Chi? »

« Cornelia. » La voce di Vivi era amara. « L’odioso premio e successo di Gidan. Tua nipote. Io sono figlio del fratello di Gidan, fatto dalle stesse mani di Kuja. Questo non fa di lei mia cugina? »

« Elia? » Ero come rinata. « Elia non è… »

« Il suo cuore batteva, linden-bloom. » Un altro passo sul davanzale, le sue mani stavano tornando nei guanti e si stava riabbottonando tutto. « La mia vita sembra risolversi attorno a piccole donne che non muoiono. »

Si buttò dalla finestra. Il cuore mi salì in gola finché non rividi la sua figura stagliata sulla luna, le ali che sbattevano e lo trascinavano lontano.

« Come? » bisbigliai, mentre le lacrime rifacevano la loro comparsa e le dita si chiudevano per terra. Avevo pianto lacrime che avrebbero potuto riempire oceani, laghi e fiumi ma avevo ancora abbastanza acqua per versarne di nuove. « Come diamine siamo arrivati a questo? »





Note NECESSARIE (?) della traduttrice: so. Much. ANGST. DX Ed è solo un capitolo di transizione :DDD
Però dai, è la mia prima e forse unica traduzione su FFIX, uno dei protagonisti non poteva non essere Vivi, siamo seri XD Anche se è un Vivi completamente fuori di testa. Vivi, il personaggio più tenero e dolce della storia dei Final Fantasy. ;_; And there goes my childhood ;O;
Mentre processate queste nuove informazioni, due parole. E un link, per chi volesse approfondire. Beneath è un’altra storia di Guardian1, che precede di circa un anno Go Not Gently. Ufficialmente non sono collegate, che io sappia, ma nella pratica potrebbero tranquillamente esserlo. Interessanti sono le frasi, che traduco rapidamente: “Perché lui era stato l’ultimo dei quattro [Valzer ndt], e Kuja aveva voluto la perfezione. Oh, quanto aveva riso; era stato di ottimo umore quando aveva creato il quarto mago. Tutti e quattro avevano il suo viso, le cui condizioni variavano a seconda dell’umore di cui era stato quel giorno.
Tutto considerato, tenendo presente che i Valzer sono uno migliore del precedente, che in definitiva Vivi è più forte di loro e di tutti i maghi neri incontrati nel gioco, che sempre Vivi sembra effettivamente un prototipo particolare anche solo dalla forma e che Kuja, il loro creatore (Vivi e i tre Valzer sono sicuramente antecedenti ai maghi creati da Brahne), era leggermente vanesio…
Insomma, personalmente non credo che il gioco avesse di questi sottotesti, specie dal momento che il finale, per quanto aperto, sembra già indicare la morte tutto sommato serena di Vivi – ma è un’ipotesi intrigante e per giunta verosimile. Soprattutto per una fic. Soprattutto perché “Yay! VIVI È SOPRAVVISSUTO, FIGO, GANZ– oh, è impazzito ed è diventato uno sterminatore di massa. Vivi. Oh. E picchia Eiko e odia Gidan. OH.”
Comunque. Via. Mi sono dilungata decisamente troppo. Sono solo contenta che siamo arrivati fin qui. <3 Se ho aggiornato straordinariamente presto, però, è tutto merito della mia carissima beta, la_vale. Andate ad adorarla, perché mi ha betato cinque capitoli in una botta sola. Ora devo finire di tradurre un paio di cosette prima di concludere la storia, ma spero di non metterci molto.
Alla prossima. :)
   
 
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