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Autore: PSunshine    03/09/2010    5 recensioni
Ma c'è una cosa che nessuno sa, a parte io, Tom e Bill. Una cosa che nessuno dovrebbe sapere, e che forse vi farà venir voglia di leggere la mia storia. Io sono la ragazza con cui Tom Kaulitz ha perso la verginità a soli tredici anni.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno

Dove ero rimasta? Ah, sì, la verginità di Tom Kaulitz. Già. Avevo undici anni, e fu anche la mia prima volta. Sì, ok, lo so cosa starete pensando: “E' una puttanella”. Effettivamente, non sono una santa. Non lo sono mai stata. Ma cercate di capirmi; sono cresciuta con i Kaulitz. È vero, avevo soltanto undici anni, ma potete biasimarmi? Tom era un mezzo pervertito anche da bambino, e non mi dispiacevano affatto tutte le attenzioni che mi dedicava. Ero cotta di lui. Cotta è dire poco. Avrei fatto qualsiasi cosa perchè mi notasse almeno un po'.
Sin da piccola giocavo sempre con i gemelli e con i loro amichetti maschi; ero una maschiaccia anch'io. Ma mi distinguevo da loro per un'unica cosa: il look. Ero sempre andata d'accordo con Bill su questo. Amavo vestire di nero e mettere quintali di matita scura agli occhi. Ero sempre stata affascinata dall'abbigliamento un po' “dark”, ed ero decisamente femminile nel vestire. Ma torniamo alla mia storia.
Io ed i Kaulitz passavamo praticamente tutte le giornate insieme, prima che diventassero i “Devilish” e, successivamente, i “Tokio Hotel”. Insieme scorrazzavamo con le nostre biciclette per le strade di Loitsche. Facevo shopping con Bill e imbrattavo i muri di vecchie case abbandonate facendo graffiti con Tom. Fino a quando quel giorno, che ricordo come se fosse ieri, Tom mi chiese, con tutta la naturalezza possibile, -Ti va di provare?-
Eh sì. Ci “provammo”. Era la prima volta per entrambi, quindi lascio tutto alla vostra immaginazione. Eravamo poco più che bambini, e... per farla breve, da una parte fu un'esperienza orrenda. Io piansi per il dolore, Tom entrò nel panico perchè non voleva farmi male, dovemmo gettare le lenzuola sporche di sangue per non farle vedere a mia madre. Ma nonostante tutto, quando ricordo quei momenti, lo faccio con un sorriso. Un sorriso un po' malinconico, poiché da allora il mio rapporto con Tom cambiò radicalmente.
Dopo aver fatto sesso non era più lo stesso tra di noi. Quando ci vedevamo c'era imbarazzo, troppo per poter andare avanti con la nostra “relazione”, “amicizia”, o quello che era. Iniziammo ad ignorarci sempre di più, e così anche con Bill, fino a quando le nostre discussioni si ridussero ad un “Ciao” “Ciao, come va?” “Bene, tu?” “Bene”.
Quando iniziarono a spostarsi con il gruppo, sembrava tutto destinato a finire nel dimenticatoio. Tutto ciò che avevamo passato, tutte le esperienze fatte insieme. Loro erano star, ed io ero solo la ragazzina della porta accanto, quella un po' strana ed emarginata per il modo di vestire stravagante.
Quando tornavano a casa, spesso i nostri genitori organizzavano dei pranzi tutti insieme, come i vecchi tempi. Io e i gemelli parlavamo, ma non eravamo molto a nostro agio.
Più che altro io battibeccavo col chitarrista: ci prendevamo in giro, ci punzecchiavamo. Ma non ci insultavamo, questo no. Infondo ci volevamo bene.
Con Bill era diverso. Con lui parlavo normalmente, anche se, ovviamente, non eravamo “intimi” come due vecchi amici cresciuti insieme.
Semplicemente, cercavamo di convivere tutti e tre nonostante l'imbarazzo che ci attanagliava.
Non parlarono mai di me alla stampa, poiché mi dissero che avrebbero preferito non farmi assalire dalle domande indiscrete dei giornalisti. Gliene fui grata, perchè se c'era una cosa che odiavo era dover parlare di me. Potevo discorrere per ore sulle questioni più futili e vaghe, ma l'argomento “me” non doveva essere toccato. Non fraintendetemi, non odiavo me stessa, no. Solo che sapevo di non piacere alla maggior parte della gente, soprattutto quella con dei pregiudizi. E, purtroppo, le uniche due persone che conoscevo che dei giudizi altrui se ne fregavano, ora erano troppo impegnati a condurre la propria vita perfetta per accorgersi di me.
Non li biasimavo per quello. Insomma, sapevo che fare musica era il loro sogno da sempre. Li avevo visti entrare in quel mondo quando erano ancora piccolissimi, e li avevo sempre sostenuti.
Io avevo iniziato a suonare la chitarra a dodici anni, ma non l'avevo mai detto a Tom. Se avessi iniziato un po' prima, probabilmente sarei stata entusiasta di dirglielo, e sarebbe stato lui ad insegnarmi le regole basilari; ma avevo deciso di incominciare quando ormai il nostro rapporto era in discesa libera, quindi dovetti imparare da autodidatta. Ma non ero male. Me la cavavo, insomma.
Avevo molte amiche, ma nessuna da poter definire “la mia migliore amica”, e per quanto riguarda i ragazzi... diciamo che a loro interessava soltanto portarmi a letto. La maggior parte delle volte non ci riuscivano, ma in tutta Loitsche correva voce che io fossi una facile. Ma non me ne curavo. Ne dicevano a tonnellate di stronzate sul mio conto, e avevo imparato a conviverci.

Stesa sul letto, avevo le cuffiette dell'I-pod nelle orecchie ed ero entrata come al solito in un mondo a parte, quello fatto di note e voci che avevano il potere di calmarmi. Feci scorrere i vari brani. AC/DC, Godsmack, Die Toten Hosen, Guns 'n Roses, Panik... e tanti altri; dulcis in fundo c'erano loro. I Tokio Hotel.
Sì, ero una loro fan. Ovviamente. Compravo i loro cd, ascoltavo la loro musica. Ma al contrario delle altre ragazze non avevo loro poster, non andavo ai concerti e, soprattutto, non attendevo con ansia il giorno in cui avrei vinto un M&G. A me non serviva.
Sospirai voltandomi su un fianco mentre le note di “In die Nacht” risuonavano dolci nelle mie orecchie. Quanto amavo il suono della voce di Bill unito a quello della chitarra di Tom? Riuscivano a calmarmi, a rilassarmi, a non farmi pensare a nulla se non a stare bene.
-Lola?- mia madre mi chiamò aprendo la porta della mia stanza, e tolsi una cuffietta guardandola.
-Che c'è?-
-Fammi un favore, vai a gettare la spazzatura. Sono piena di cose da fare e tu, come al solito, non ti degni di darmi una mano...-
Oddio no. Inizia la predica.
-Sì, mamma, adesso vado- sbuffai e mi alzai dal divano prendendo la felpa e mettendomela, e andai a prendere la busta della spazzatura. Quando gettai l'immondizia, mi fermai alla cassetta della posta per prendere le lettere, e vidi nel vialetto della casa accanto una lunga Mercedes nera tirata a lucido. Eccoli. Erano arrivati. Sapevo che sarebbero tornati di lì a poco, il tour era finito da un paio di mesi e di solito restavano a casa per qualche settimana prima di reimmergersi nel lavoro.
Vidi due omoni uscire dall'auto e aprire il portabagagli, caricandosi addosso le valige ed entrando in casa, poi uscirono loro. Bill indossava un jeans scuro e una giacca bianca, mentre Tom portava una camicia da boscaiolo azzurra e gli occhiali da Sole. Subito Simone si precipitò a salutarli, dando ad entrambi due baci sulla guancia, e sorrisi spontaneamente guardandola. Aveva sempre voluto bene ai suoi figli, e nonostante avessi preso il distacco un po' da tutta la famiglia, quando mi vedeva era sempre molto gentile con me.
Vidi Bill voltarsi e vedermi, e sorrisi appena facendogli un cenno con la testa. Ricambiò il sorriso e mi salutò con la mano. Tom lo vide e seguì il suo sguardo, e piegò il capo a mo' di saluto. Poi entrarono in casa.

 

* * *

Ciao a tutti :D sono contenta che questa fan fiction vi "intrighi" :P per ora ho un po' di idee, spero di riuscire a creare una storia decente, e non una mezza cavolata, visto che non mi sembra molto originale come trama.
Comunque, passiamo ai primi ringraziamenti :) ringrazio Splash_BK, memy881, DasIstGelogen, iolly21 e macoth93 per le recensioni ;) Un bacio, e al prossimo capitolo ù.ù

  
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