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Autore: _Syn    03/09/2010    2 recensioni
Seguito di "Goodbye for now"
Era incredibilmente reale.
Lì, nel buio, il volto di Gokudera era così reale che per un attimo non si rese conto di quanto fosse diverso. E Tsuna – dovette restare nascosto ancora un po’, solo un attimo in più, prima di essere in grado di andare da lui. Fu forse Tsuna a permettergli di guardare meglio Hayato: dieci anni di meno, migliaia di momenti che erano appartenuti a entrambi andati perduti, mai nati. Li guardò insieme, Tsuna e Gokudera, e qualcosa dentro di lui scatenò una pioggia che ardeva sulla pelle e al tempo stesso risanava altre ferite. Nel dolore, brillò la speranza.
Era incredibilmente reale.
Il modo in cui il suo corpo si mosse verso di loro. Il momento perfetto e giusto in cui loro due lo videro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autrice: AlexielFay
Fandom: Katekyo Hitman Reborn
Personaggi: Gokudera Hayato, Tsunayoshi Sawada, Yamamoto Takeshi
Pairing: 80x27x59
Genere: Introspettivo, Angst, Malinconico
Rating: Giallo
Avvertimenti: OneShot, Shounen-ai, Spoiler Future!Arc

PromptSenso di colpa

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: http://alexiel-fay.livejournal.com/20132.html

Seguito di "Goodbye for now"

Incredibilmente reale.

[80x27x59]

Era incredibilmente reale.

Lì, nel buio, il volto di Gokudera era così reale che per un attimo non si rese conto di quanto fosse diverso. E Tsuna – dovette restare nascosto ancora un po’, solo un attimo in più, prima di essere in grado di andare da lui. Fu forse Tsuna a permettergli di guardare meglio Hayato: dieci anni di meno, migliaia di momenti che erano appartenuti a entrambi andati perduti, mai nati. Li guardò insieme, Tsuna e Gokudera, e qualcosa dentro di lui scatenò una pioggia che ardeva sulla pelle e al tempo stesso risanava altre ferite. Nel dolore, brillò la speranza.

Era incredibilmente reale.

Il modo in cui il suo corpo si mosse verso di loro. Il momento perfetto e giusto in cui loro due lo videro.


Yamamoto indugiò un istante sul volto di Gokudera, rendendosi conto che era da tanto tempo, troppo, che non vedeva quell’espressione. Aveva smesso, Gokudera, di guardarlo così; aveva smesso di guardarlo in verità. Solo per qualche secondo, l’ultima volta che l’aveva visto, l’aveva guardato. Ma non così.

Ora, il fatto che non lo perdesse di vista neanche un istante, come fosse diffidente, gli donava una strana quiete. Sapeva che non era neanche un bene il fatto che non si fidasse completamente di lui, che da quel punto di vista non era ancora cresciuto; gli erano mancati quegli occhi. Ma Hayato non lo sapeva.

Eppure gli andava bene, bastava: era lì davanti a lui, l’aspetto del ragazzo che era stato dieci anni prima, e quella parvenza di maturità che gli brillava intorno come l’alone della luna. Il Gokudera di quell’epoca, per forza di cose, aveva dovuto inglobare in sé tutta la luminosità di quel satellite in poco tempo, per poi essere risucchiato da tutte le responsabilità di cui si era fatto carico. Ogni cosa era crollata quel giorno e ora, a vederlo così, giovane e ancora privo di vere consapevolezze, Yamamoto si sentì invadere da un’ondata di tenerezza e nostalgia.



***



Il futuro era più spaventoso di quanto avessero potuto immaginare. Hayato crollò sul letto, le ginocchia deboli, e cercò di fermare le immagini che gli scorrevano nella mente. Il Decimo in una bara, il Decimo morto, il Decimo morto per colpa di...

Solitamente qui ci dormivi tu, Gokudera.” la voce di Yamamoto era diversa. Sussultò quando lo chiamò, chiedendosi cosa stesse cercando di fare. Non aveva voglia di fare conversazione, non dopo tutte le parole che non avrebbe voluto ascoltare. Il Decimo, il padre di Yamamoto, e chissà quanti altri ancora. Voleva solo chiudere gli occhi.

Per questa notte dormirete tu e Tsuna qui.” aggiunse. “Ma se preferisci stare solo...”

Sono il braccio destro del Decimo, certo che rimango!”

Yamamoto sorrise. Anche dieci anni prima avrebbe sorriso, ma forse in maniera leggermente diversa. Come uno che non sa. Come uno che non ha ancora vissuto certe cose e la vita, magari, avrebbe un suono più bello.

Anche Gokudera dovette notare quella sfumatura diversa nel sorriso di Yamamoto. Dopotutto, lui aveva lasciato il vecchio Takeshi da poche ore, se lo ricordava meglio di tutti.

Perché ci sono solo due letti, idiota del baseball?” sbottò.

Yamamoto lo guardò stranito, l’espressione vagamente ebete che Gokudera cercava sempre di cancellargli a forza di pugni.

Che vuoi dire?”

Gokudera sbuffò, scrollando le spalle e guardando distrattamente oltre la porta per controllare che il Decimo arrivasse.

Tu dove diamine hai intenzione di dormire?!”

I suoi occhi emanavano rabbia, ma anche colpa. Per un solo istante, uno e basta, a Yamamoto parve di vedere gli occhi dell’Hayato che aveva visto l’ultima volta proprio in quella stessa stanza. Lo colpì forte quella sensazione, come se le sue difese fossero cadute di nuovo, come quando gli aveva detto di aver bisogno di lui. Come se fosse passato solo un secondo.

Io ho delle cose da fare.” rispose semplicemente. C’era tanto da fare, punti strategici da controllare, la salute di Lal Mirch, Byakuran, Irie Shouichi... Sembrava che il tempo di dormire fosse lontano anni luce.

Se vuoi resto fin quando non arriva Tsuna, Gokudera. Così parliamo.” gli sorrise, ne aveva bisogno. Talmente bisogno che quel sorriso, invece di donargli pace, lo trapassò e bruciò. Dio come gli mancava...

Gokudera, intanto, rabbrividì. Un dejà-vu. Per quanto fosse assurdo – com’era possibile avere dejà-vu nel futuro? - Hayato non riuscì a spiegarsi quella sensazione, come se gli stesse urlando qualcosa dal profondo silenzio che circondava lui e Yamamoto, nella stanza insieme a lui.

Come se ci fossero già stati – ma questo era chiaro. Tuttavia... era come se ci fossero già stati in un modo che scuoteva violentemente i nervi di Hayato, rendendolo stranamente a disagio.

Lui nervoso davanti a Yamamoto? Per favore, si disse, era la cosa più ridicola che avesse mai pensato.

Che faccia, Gokudera.” commentò Takeshi ridacchiando, come al suo solito. A differenza di Hayato, lui sembrava perfettamente a suo agio, come se quella fosse una stanza qualunque, e non quella in cui il sé futuro era stato fino a pochi giorni prima. O forse cercava solo di aiutarlo, cosa che l’avrebbe irritato ancora di più.

E odiava quel suo atteggiamento, quel suo modo di essere. Perché era come se volesse farlo sentire inferiore, un disadattato, un inutile idiota impulsivo senza possibilità di superarlo in nulla. O almeno, era quello che Hayato aveva sempre pensato. Ora, a dieci anni nel futuro e con prospettive decisamente tragiche, Hayato si chiese se non fosse il caso di rivedere un paio di cose.

Fatti gli affari tuoi, idiota.” ribatté.

Dai, dai... Cerca di rilassarti.”

Finiscila.” disse. Sul materasso avvertiva ancora la sensazione che ci fosse il Gokudera del futuro e non lui. “O ti faccio saltare in aria.”

Non aveva proprio voglia di sorbirsi la gentilezza di Yamamoto. Era lui quello che avrebbe dovuto cercare di esserlo, era nel futuro che il sangue era stato sparso. La forza avrebbe dovuto portarla lui, non Yamamoto. Perché non era distrutto? Perché cercava di tenerlo su? Perché era così... forte? Arrossì a quel pensiero: da quando pensava certe cose?

Non era in grado di reggere altro, per quel giorno. Anzi, non era mai in grado di reggere il signor baseball, perciò era meglio per lui chiudere la bocca e mettersi a dormire in fretta.

D’accordo. Allora per evitare incidenti sarà meglio che ti metta a dormire.” e lo disse con affetto e premura, aumentando il senso di irritazione che bruciava nelle vene di Hayato.

Strinse un lembo della coperta tra le dita, giusto per non prendere della dinamite dalle tasche e cacciarla in gola a quel cretino. Perché non la smetteva di sorridere? Doveva solo evitare di muovere i muscoli del viso, lasciare che quelle labbra restassero dritte. Doveva smettere di far brillare gli occhi in quel modo, come se avesse mille stelline dietro le pupille. O forse erano lacrime? Si sentì scuotere dentro ancora una volta, ritrovando quel senso di strano disagio.

Era fastidioso oltre misura.

E ora ci si metteva anche quella sensazione di imbarazzo e nervosismo. Che diavolo... Odiava non sapere nulla di sé, di quello che doveva essere in quell’epoca. Era diverso? Scosse la testa e si sollevò appena, solo per tirare via le coperte e stendersi. Il Decimo sarebbe arrivato a momenti, stava ancora discutendo qualcosa insieme a Lal e Reborn.

Si girò verso il muro, dando le spalle a Yamamoto, e chiuse gli occhi, pur sapendo che non avrebbe trovato la tranquillità del sonno profondo fin quando Tsuna non fosse entrato nella stanza.


Eppure, quando Yamamoto uscì, si sentì come se una parte di lui fosse stata portata via. I suoi passi dietro la porta ormai chiusa e il suo saluto, rivolto a lui e al Decimo, suonarono come un secondo addio. Un addio che non aveva potuto rivolgergli, un addio in cui avrebbe desiderato...

Finiscila!’

Respirò profondamente e non chiuse gli occhi. Neanche per un istante.

C’era il pensiero di Yamamoto.

C’era il brivido gelido che i suoi occhi avevano fatto nascere quando aveva sorriso – ancora e ancora.

C’era il singhiozzo – il primo, poi il secondo, il terzo... sempre – del Decimo. Fermò il respiro, chiedendosi quanto ancora avrebbero dovuto sopportare. Era solo l’inizio, ma sembrava passata un’eternità da quando erano arrivati in quell’epoca.

Affondò la testa nel cuscino, bevendo ogni singulto del Decimo, cercando di fare sua quella sofferenza, per aggiungerla al dolore che già provava. E ancora colpa, e ancora momenti già vissuti che restavano intrappolati nel buio dove lui non poteva vederli né afferrarli, ma solo sentirli.

Poi ripensò al sorriso di Yamamoto, al fatto che lui avesse dieci anni in più di devastazione dentro. Così forte.

La forza che donava agli altri con quel sorriso la tagliava via dalla propria.

Lacrime e singhiozzi.

Colpa.

Dolore.

Proteggere il Decimo.


Il Decimo... Solo per un attimo, nascosto nei suoi pensieri, Gokudera si permise di pensare il suo nome e di lasciare che gli desse la forza.

Tsuna. Tsuna. Tsuna.

Il mattino dopo, gli avrebbe sorriso.

***

Prima di andare da Lal e Reborn, Yamamoto restò vicino alla porta della stanza in cui aveva lasciato Gokudera e Tsuna. Vi regnava il silenzio che indugia per un attimo sulle teste di chi sente il bisogno incontrastabile di liberarsi dalla paura e dalla sofferenza.

Chiuse gli occhi, toccando con una mano la superficie della porta: ora che Tsuna e Gokudera erano lì con lui, divisi solo da quell’ostacolo di metallo, gli sembrava quasi impossibile, come morire, allontanarsi da loro. Allontanarsi dal respiro di Tsuna che non era riuscito a salvare, allontanarsi dalla voce di Gokudera, che ancora viveva nella sua mente, recente e calda.

Avrebbe voluto entrare di nuovo e guardarli dormire, silenzioso, sempre che fossero riusciti ad addormentarsi.

Credeva di essere riuscito a controllare quel senso di colpa che Gokudera aveva lasciato esplodere, ferendo se stesso e portandolo alla disperazione. Ora che Tsuna era di nuovo lì, vivo eppure così in pericolo, il petto si riempì di vuoto.

Eppure essere stato capace di guardarlo ancora una volta, sentire il suo respiro e vedere il suo sorriso, l’espressione stupita nel ritrovarlo così... ventiquattrenne, non aveva solo riportato a galla il senso di colpa. C’era anche una speranza, la redenzione, la scintilla di quelle fiamme che avevano sempre illuminato la loro via. C’era meno buio.

Ora doveva solo allontanarsi, di pochi metri, e lasciarli dormire. Il cielo avrebbe illuminato ogni cosa il giorno dopo, e forse avrebbe rappresentato un passo in meno da compiere per raggiungere la vittoria e la vita.

  
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