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Autore: Gaia Loire    04/09/2010    0 recensioni
Raccolta di oneshot per la community fic100_ita

E’ il Salvatore che si è caricato il peso di un mondo intero sulle spalle, il pifferaio di Hamelin che dopo aver scacciato tutti i topi dalla città non ottiene alcuna ricompensa, ed è Giuda quando lo bacia e lui ricorda ogni cosa.

Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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In musica, per intermezzo s'intende generalmente una composizione posta tra altre entità musicali o drammatiche, come ad esempio gli atti di una commedia o i movimenti di un lungo lavoro strumentale.

Le scariche elettriche del temporale si addensano sopra la sua testa anche quando il cielo è sereno. Lelouch conosce i fenomeni meteorologici a menadito, persino meglio di Milly che istruisce tutti loro ogni giorno dallo schermo usato di una vecchia televisione.

La tempesta scoppierà da un momento all’altro: i fulmini si dirameranno dalle nuvole, si incendieranno e si spegneranno nel giro di un battito di ciglia, e quando la pioggia si scaricherà sulla sua testa, abbondante come se non vedesse uno sfogo dopo decadi di siccità, Lelouch non potrà fare a meno di ricordare.
Ricorderà il primo vagito, la prima bugia, il primo bacio. Ma la pioggia non è altro che un intermezzo tra lunghe, desolate giornate di sole: l’andante moderato di una sinfonia suonata troppo spesso, la pausa tra parole difficili tra pronunciare, l’ovattato limbo di un’esistenza difficile.

I sentimenti che Lelouch ha provato per Shirley non sono mai stati troppo, nè troppo poco, solamente l’immagine tranquilla che rimanda a una vita spesa in campagna, con una moglie bella e florida e dei bambini vivaci, proni a cacciarsi nei guai ad ogni occasione. Una lunga, pacifica esistenza che si conclude dopo un intervallo di serenità che si estende a perdita d’occhio, un orizzonte che si estende troppo in là per il suo sguardo.


Se Lelouch non avesse mai incontrato C.C., la storia sarebbe finita così. Avrebbe capitolato di fronte all’amore di Shirley, alla sua docilità, alla sua devozione oltre il tempo e lo spazio: la condanna e la benedizione della normalità l’avrebbero sedotto, stregato e affascinato.

E’ sedotta, stregata e affascinata. Conosce i sintomi, i segnali, gli avvertimenti, o meglio, li ricorda oltre la spessa coltre dell’ordine che lui le ha impartito, ma non è mai stata ipocondriaca; al contrario, non ammette di essere malata finchè la febbre non la incatena al letto. Non c’è niente di normale in quello che prova: lo sporco sotto le sue unghie non sono altro che tracce di sangue, così insolite sulle sue dita da pianista, da tessitrice, da brava ragazza.

Ma Lelouch non è un bravo ragazzo.
Shirley non può essere altro che un intermezzo, un ritmo sostenuto ma moderato, la breve parentesi di un autunno durato troppo poco, fatto di foglie dorate che si depositano ai suoi piedi, illuminate da un riflesso cupreo che si oscura non appena cala la notte.
Lelouch è una creatura della notte. Il biancore lattiginoso della luna fa risaltare il suo viso come poche altre cose, inonda i suoi occhi di un chiarore soprannaturale che al sorgere del giorno quasi lo acceca.

La luce del sole divampa sul suo viso come una rivelazione. Se c’è una cosa che a Shirley manca, questa è il tempo. Dovrebbe fermarsi per pensare, riflettere, elaborare, ma i secondi le scivolano tra le dita come sabbia vulcanica, incandescente al suo tocco, nera come i capelli di Lelouch e il mantello che indossa sulle spalle sottili, quasi femminili. Shirley ha i colori della melassa bruciata, del caramello cotto, e anche lei andrà a fuoco, presto o tardi, ma se c’è un termine o una conclusione, la battuta finale, allora sa che la musica terminerà tra le braccia di Lelouch.

In qualche modo conterà per lui, anche se rotta, ferita, bruciata.

La musica esita, trema, si arrotola seguendo il ritmo del suo respiro spezzato. Il palmo delle mani le fa male da morire, e Shirley stringerebbe le dita in un tentativo di sollievo, se potesse, ma anche il suo sangue scorre lentamente, parodiando una farsa, un Carnevale Veneziano. Le maschere danzano sotto i suoi occhi, colorate come corolle di fiori. Il suo corpo è cera fusa, ardente nell’ultimo spasmo, nel gesto frenetico del ballerino che ha dimenticato come fermare i suoi passi.

Quando la pioggia finalmente scende, tuttavia, non lava gli errori di Lelouch: si limita a spazzarne via le ceneri, brusca e impietosa, e la melodia riprende, scandendo i propri battiti, avviandosi verso una conclusione che non prevede alcun tipo di parentesi.

  
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