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Autore: rotinpieces    04/09/2010    1 recensioni
Princess of lust
Dignity put to dust
A virginal sight
Their apple to bite
I'll be there for you soon
First wish for this night:
Let me be your delight.

Lei era semplicemente il suo sogno segreto, quello che non si sarebbe mai avverato perché avrebbe significato passare dalla parte del nemico. Insomma, era il suo peccato.
[Sirius x Nuovo Pg]
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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A Grimmauld Place si stava svolgendo una riunione straordinaria dell’Ordine della Fenice: Dumbledore, come sempre, stava seduto a capotavola e la presiedeva

Salve! (:

Erano decenni che non aggiornavo, ma finalmente, rileggendo la saga per l’ennesima volta, ho avuto l’ispirazione per scrivere l’ultima (chilometrica) shot. Dubito di ricevere recensioni, ma la pubblico perché ci ho messo davvero gran parte del mio infinito amore per la saga e soprattutto per Sirius.

Ho amato, amo e amerò per il resto della mia vita ciò che il genio di J. K. Rowling è stato in grado di regalarmi. Lei non lo saprà mai, ma questa piccola, insignificante storia gliela dedico.

Grazie Joanne, per avermi trasmesso una passione per la scrittura che senza di te non sarebbe mai nata; grazie per avermi trasmesso valori importanti come amore, amicizia e lealtà; grazie per tutto quello che hai, inconsciamente, fatto per me. <3

I quattro versi finali sono tratti dalla canzone Safeguard to Paradise, degli Epica e riassumono in breve quello che Althea prova dopo la morte di Sirius e quello che ho provato io dopo la fine della saga.

Beh, i disclaimer sono sempre i soliti: Sirius Black così come tutti i personaggi citati nella sottostante fanfiction non sono di mia proprietà, ma appartengono a J. K. Rowling, eccezion fatta per Althea e Holly che sono personaggi fittizi creati dalla sottoscritta. La canzone inserita non è di mia proprietà, ma è frutto dello straordinario talento di Mark Jansen, che ahimé non mi appartiene, di Ad, Coen, Yves, Arien e Simone.

Detto questo, enjoy it!

Eli.

 

 

Deep Purple:

Capitolo VII.

Beyond The Veil.

 

12 gennaio 1996

 

A Grimmauld Place si stava svolgendo una riunione straordinaria dell’Ordine della Fenice: Dumbledore, come sempre, stava seduto a capotavola e la presiedeva. Stava mettendo al corrente i membri dell’Ordine dei suoi sospetti a proposito dell’esistenza di un collegamento tra la mente di Harry Potter e Lord Voldemort, seppure per ora era chiaro che il Mago Oscuro non ne era a conoscenza oppure non aveva ancora imparato a controllare questi canali di comunicazioni tra la sua mente e quella del ragazzo. Il Preside aveva ovvie ragioni per sostenere che appena Voldemort si fosse accorto del contatto lo avrebbe sfruttato per raggiungere il suo scopo, ovvero quello di penetrare nell’Ufficio Misteri. Non sapeva ancora come avrebbe fatto e quando avrebbe indotto Harry al Ministero per recuperare la profezia, ma riteneva opportuno che nel frattempo il giovane Potter studiasse l’Occlumanzia in modo tale che fosse in grado di difendersi da un’eventuale incursione forzata e indesiderata nella sua mente.

Nessuno ebbe niente da ridire su ciò che Dumbledore aveva appena detto pertanto si passò ad organizzare i turni di guardia davanti all’Ufficio Misteri, intensificando la sorveglianza ed elaborando stratagemmi per allontanare i Deatheaters.

Ogni volta che in una riunione dell’Ordine si arrivava a questo punto, Sirius non poteva fare a meno di alzarsi e lasciare la stanza. Si recava in salotto, si preparava un bicchiere di Whisky Incendiario e poi si lasciava sprofondare su una grande e comoda poltrona rossa, da poco rimessa completamente a nuovo da Molly, mettendosi ad osservare in religioso silenzio il cielo nero della notte.

Quella sera non fece eccezione.

Uscì dalla cucina e andò dritto verso lo scaffale dei liquori. Si versò un bicchiere più generoso del solito, sperando che in qualche modo l’alcool riuscisse a bruciare tutta la rabbia e la frustrazione che ormai si portava appresso da mesi.

Nessuno aveva compreso il senso di prigionia che lo opprimeva, mentre era costretto a trascorrere i suoi giorni a Grimmauld Place, 12 e di certo le sporadiche visite di Piton, farcite di commenti sprezzanti e divertiti, così come le stesse riunioni dell’Ordine che non facevano altro che farlo sentire inutile, non erano un toccasana per i suoi nervi in continua tensione.

Il tempo sembrava passare in maniera diseguale in funzione del suo umore; quando riusciva a sentirsi abbastanza rilassato, in genere era anche in compagnia di qualcuno, come Remus, e le ore sembravano prendersi gioco di lui e trascorrere come se fossero minuti. Quando invece si trovava da solo, a vagare tra antichi quadri e tendaggi ammuffiti erano i minuti a prenderlo in giro visto che sembravano durare molto più dei soliti sessanta secondi. Durante i suoi giretti, spesso si era ritrovato davanti a quell’odioso albero genealogico e in molte di quelle occasioni aveva desiderato distruggerlo, bruciarlo, farlo Evanescere. Aveva cercato a lungo un modo per toglierlo da quel muro su cui sembrava aver messo le radici, setacciando a fondo nella biblioteca della dimora della Nobile e Antichissima Casata dei Black e mandando Kreacher a frugare nei vecchi manieri. Dopo innumerevoli tentativi si rese conto che era inutile concentrare i suoi sforzi su quell’impresa apparentemente impossibile e decise allora di disfarsi di tutti i cimeli della famiglia Black sparsi per i vecchi scaffali polverosi o nelle spettrali stanze. Aveva passato giornate intere, migrando da una camera all’altra e stringendo un enorme sacchetto nero tra le mani, uno di quelli che usavano anche i Babbani in modo che gli spazzini lo confondessero con gli altri e lo portassero via come se fossero normali rifiuti. Tutto ciò non era approvato dall’elfo domestico, così odiosamente devoto a sua madre e, purtroppo, sua unica compagnia costante in quella topaia che nella sua memoria risvegliava solo incubi sopiti da anni e che mai avrebbero dovuto riprendere vita. Ogni tanto, si era ritrovato ad osservare con disprezzo i miseri tentativi della creatura di salvare qualsiasi calice scheggiato che fosse mai stato toccato da Walburga o diversi ritratti di famiglia; più di una volta aveva tentato di fermarlo e nonostante gli avessi sequestrato dalle mani grinzose ciò che stava cercando di trafugare, era convinto che l’essere riusciva comunque a mettere da parte qualcosa. Ovviamente era infastidito, ma non si sognava nemmeno di mettere le mani nel putrido angolino in cui Kreacher riposava.

Merlino, come gli sarebbe piaciuto potersi disfare di qualsiasi cosa gli ricordasse che in quella casa non era altro che un Traditore del suo Sangue, un misero volto bruciato, un’onta pietosa nell’immenso casato dei Black!

Sua madre però aveva calcolato tutto; era quindi costretto a tenersi quel maledetto arazzo e anche l’orrendo quadro che ogni volta che qualcuno entrava dava il benvenuto agli ospiti coprendoli di spregevoli insulti.

Chiuse la mano sinistra in un pugno così stretto che le nocche divennero quasi bianche. Si trattenne dal fare lo stesso con l’altra mano, visto che teneva stretto il bicchiere di Whisky, e bevve un sorso per cercare di calmarsi. Mentre l’alcool si faceva strada nella sua gola, bruciandola man mano che scendeva, Sirius chiuse gli occhi e si disse che uno scatto d’ira non avrebbe risolto niente.

Era già successo in passato che si fosse lasciato andare e avesse imposto di essere ascoltato cercando, senza successo, il consenso degli altri a farlo uscire di casa. In fondo c’erano diverse possibilità: avrebbe potuto travestirsi, prendere una Pozione Polisucco e trasformarsi in uno di loro, provare a fare qualche lavoro sottoforma di cane. Dopotutto era un Animagus abusivo, non era iscritto all’albo e pertanto nessuno avrebbe potuto riconoscerlo a parte chi era a conoscenza del fatto che sapesse trasformarsi in un grosso animale nero. Tuttavia, erano riusciti a controbattere a qualsiasi sua proposta, smontando ogni sua speranza e riducendo in misere parole insensate qualsiasi piano avesse elaborato per riuscire a liberarsi da quella prigionia forzata.

Sotto questo punto di vista, era come se fosse tornato ad Azkaban: era di nuovo in trappola.

La vita a Grimmauld Place per lui era fatta solo di divieti, non c’era niente che potesse fare senza qualcuno gli dicesse: « Sirius è troppo pericoloso! » e iniziasse ad elencare un’infinita lista di rischi che avrebbe corso che ormai lui conosceva parola per parola. Se mai l’avessero messa per iscritto, avrebbe potuto anche dettare la punteggiatura, vista la precisione con cui conosceva gli svariati modi in cui avrebbe potuto mettersi nei guai secondo gli altri membri dell’Ordine.

Da un lato però, era felice. Erano ormai due anni che era riuscito ad evadere da Azkaban ed era da tempo che Harry sapeva della sua innocenza. Questo era importantissimo per lui; essere riuscito a lasciarsi indietro quell’inferno di urla, pianti e sofferenze e riuscire a conquistare la fiducia del figlio di James era ciò che più desiderava.

Eppure, moriva dalla voglia di agire. Non era quel genere di persona che se ne sta seduta su una poltrona a guardare fuori dalla finestra con un bicchiere di Whisky in mano lasciando che fossero gli altri a sgobbare al posto suo. Assolutamente no.

Lui voleva dare il suo contributo e non ne poteva più di stare fermo ad aspettare che arrivasse il momento giusto o che i pericoli si riducessero. Anche perché, sinceramente, era una pura e semplice utopia sperare che andando avanti i rischi si riducessero visto che Lord Voldemort era ritornato al potere! Che senso aveva lasciarlo lì a marcire a Grimmauld Place?

Finì con un gran sorso il Whisky Incendiario che era rimasto e poi posò il bicchiere su un tavolino. Poggiò la testa sullo schienale della poltrona e sospirò, cercando di calmare l’apprensione per la sorte di Harry la quale si era terribilmente acuita man mano che Dumbledore andava avanti con il suo discorso. Sperava con tutto il cuore che Harry si rendesse conto che la minaccia di un attacco diretto di Voldemort fosse un pericolo così enorme che anche un odio così radicato –e ampiamente ricambiato- come quello che provava per Piton poteva essere lasciato da parte per un attimo. Dal canto suo, sapeva che il suo figlioccio non ci sarebbe mai riuscito, o perlomeno non del tutto, ma contava sul suo buon senso e sulla sua volontà di sconfiggere l’Oscuro una volta per tutte.

Gli venne in mente James e sorrise; probabilmente anche lui nella stessa situazione avrebbe provato le stesse cose che stava provando lui e senza dubbio sarebbe stato molto orgoglioso del figlio. Prongs sarebbe stato il miglior padre del mondo, ne era più che sicuro.

Aprì gli occhi e si mise ad osservare il cielo plumbeo di Londra, costantemente privo di stelle per colpa delle macchine e delle fabbriche Babbane.

« A volte, James, vorrei che tu fossi qui. » sussurrò al nulla « Tu mi capiresti. Lo hai sempre fatto. »

Si passò le mani sul viso e poi tra i lunghi capelli ondulati, accorgendosi all’improvviso che c’era una persona seduta sulla poltrona di fianco a lui.

La luce della Luna metteva in risalto i solchi che l’età, ma soprattutto la stanchezza e la sua precaria condizione, avevano lasciato sul suo viso. Remus non gli era mai sembrato così fragile, malandato e sfiduciato come in quel momento; era così simile a lui.

L’accenno di un sorriso increspò le labbra dell’amico mentre la sua mano si allungava per posarsi sulla sua spalla in segno di comprensione. I suoi occhi brillavano di una malinconia terribile.

« Anche io ti capisco, Sirius. »

« Lo so. »

« Lo facciamo solo per il tuo bene. »

« So anche questo. »

« Porta pazienza fino a che non riusciremo a trovarti un modo per farti scagionare. »

« Ci proverò. »

Lo sguardo di Remus si fece improvvisamente più cupo e più serio di quanto non lo fosse già stato in precedenza.

« Non fare pazzie. »

Sirius interruppe il contatto visivo e tornò a fissare il cielo, combattuto tra la cocente e insistente voglia di scappare e quella di essere coscienzioso, per una volta in vita sua. Non avrebbe rassicurato l’amico, sarebbe stato ipocrita da parte sua promettergli che non avrebbe agito d’impulso quando invece sapeva che alla prima occasione l’avrebbe sicuramente fatto.

« Non sono io quello che tra i due è un po’… Lunatico. O sbaglio? » disse ghignando e osservò con la coda dell’occhio la reazione di Remus.

Il suo amico si mise a ridacchiare e si alzò. Gli diede un’altra pacca sulla spalla e aggiunse:

« Cambierai mai, Padfoot? »

« No, Moony. »

Sirius era sicuro che Remus se ne fosse andato con il sorriso sulle labbra.

 

***

 

Ogni tanto, gli capitava anche di pensare ad Althea. Dopotutto, erano ben quattordici anni che non si vedevano e insieme ne avevano passate tante. Da ragazzo, l’aveva sicuramente amata, ma da adulto non avrebbe saputo dire se sarebbe stata la stessa cosa.

Era difficile decidersi sul da farsi; la voglia di rivederla era molta, anche se ad alimentarla era più una semplice curiosità che il forte sentimento che l’aveva legato a lei anni prima, ma per quanto ne sapeva, lei avrebbe potuto trovarsi dall’altra parte del mondo o aver cambiato nome.

Un giorno, in preda alla noia, decise di chiedere informazioni a Kreacher: anche se non sapeva come facesse, l’elfo domestico era sempre informato su quello che succedeva alle famiglie Purosangue con cui i Black erano imparentati, specialmente se si trattava dei Lestrange visto che Bellatrix ne era entrata a far parte. Tuttavia, spesso la creatura si lasciava andare a lodi e dichiarazioni di eterna devozione anche al casato dei Malfoy, quindi Sirius pensò che dopotutto fosse il caso di tentare, anche se sapeva che Althea non rientrava esattamente nelle simpatie dell’elfo. Fece un respiro profondo per distendere i nervi e trattenersi dal prendere a calci quell’odiato tirapiedi di Walburga.

« Kreacher! »

L’elfo si fece attendere e una volta entrato in salotto, si piegò nel solito, profondo inchino, borbottando una sfilza di offese nei confronti del suo padrone e delle persone che frequentava.

« Desidera, signore? »

« Sai Kreacher, mi sta bene che tu mi insulti, ma ogni tanto dovresti provare a cambiare. Le oscenità che escono dalla tua bocca sono così monotone che dopo un po’ annoiano. »

« Kreacher farà il possibile. » Un altro inchino venne seguito da un gruppo di ingiurie, non molto diverse da quelle sentite alla fine dell’ultima frase pronunciata dall’elfo.

« Comunque, ti ordino di dirmi tutto quello che sai su quello che ha fatto Althea Malfoy negli ultimi quattordici anni della sua vita e di scoprire dove si trova attualmente. »

Kreacher sgranò gli occhi, probabilmente sbigottito e sconvolto dal fatto che il suo padrone chiedesse informazioni sulla famiglia Malfoy. Una strana consapevolezza sembrò farsi strada nel viso dell’elfo.

Sirius lo osservò con stizza mentre esitava a rispondere e assottigliava il suo sguardo come per cercare di capire se c’era qualche secondo fine nella domanda che gli aveva posto.

« Il padrone vuole che Kreacher gli dica i segreti dei Malfoy per dirlo alla sporca feccia che ormai cammina tutti i giorni nella casa della mia padrona! »

Sirius non riuscì a trattenersi e prese l’elfo per il collo, avvicinandolo al suo viso.

« Kreacher, ti ordino di dirmi dov’è Althea. »

La creatura si coprì le orecchie, dibattendosi, ma l’incanto lo relegava nella condizione di elfo domestico lo costrinse ad eseguire l’ordine, seppur contro la sua volontà.

« Al Malfoy Manor! In Scozia, sul mare! Kreacher non sa nient’altro, lo giura! »

Lasciò che l’elfo rotolasse per terra e si rimettesse in piedi a fatica per poi cacciarlo dalla stanza.

« Non ti voglio più vedere per un po’, sparisci. »

Kreacher si inchinò, borbottando le consuete offese e se ne andò, mentre Padfoot si rinchiuse in biblioteca vagliando tutte le possibilità che poteva avere per raggiungerla.

 

***

 

 

17 gennaio 1996

 

« Albus, ti posso parlare due minuti in privato? »

Gli occhi azzurri di Dumbledore brillarono per un attimo sotto gli occhiali a mezzaluna, posandosi prima sul tomo che Sirius aveva in mano e poi sul viso del ragazzo.

« Certo, sono a tua disposizione. »

 

***

10 febbraio 1996

 

Dopo tre settimane da quella conversazione, era riuscito a creare una Passaporta abusiva per poter raggiungere la Scozia. Non si sapeva ancora spiegare il motivo per cui Dumbledore l’avesse aiutato e gli avesse rivelato l’incantesimo per crearne una; proprio per questo aveva esitato parecchio prima di agire. Comunque, c’era ancora un interrogativo a cui non era riuscito a dare risposta: che cosa aveva in mente Dumbledore questa volta?

Beh, ci avrebbe pensato al suo ritorno, aveva cose ben più importanti a cui pensare in quel momento, visto che la Passaporta si sarebbe attivata da un momento all’altro. Strinse forte il collo del calice e chiuse gli occhi.

Tre… due… uno.

 

***

 

Si ritrovò nel mezzo di un boschetto. Si trasformò subito in cane, provocando la fuga di uno spaventatissimo pavone che evidentemente non aveva mai visto un essere umano tramutato in animale. Sirius sbuffò: « Pavoni? » pensò, scocciato « Siamo sicuri che qui non ci abiti Lucius? »

Avanzò nascondendosi tra i cespugli, attento a non farsi vedere. Si stupì del fatto che non ci fossero Barriere Anti-Mago o incantesimi potenti per tenere alla larga gli ospiti indesiderati; era evidente che Althea era sicura che nessuno sarebbe venuto a disturbarla e non a torto, visto che praticamente non c’era anima viva.

Quel posto, gli ricordava molto Hogwarts: il maniero si ergeva sulla ripida scogliera scozzese, su un manto di terra brulla a cui margini si trovava il bosco dove Sirius era stato catapultato. Era sempre stata la residenza preferita di Althea e lui ebbe il sospetto che ora si fosse stabilita in un posto così particolare perché aveva nostalgia della scuola. Si accorse che c’era un vialetto di ghiaino che portava all’entrata della dimora Malfoy.

Bene, era lì. E ora? Cos’avrebbe fatto?

Il fatto che ci fossero pavoni che si aggiravano per il giardino era un chiaro segno che non era Althea ad abitare quel maniero, ma il fratellastro Lucius. Possibile che Kreacher avesse mentito?

No, ovviamente, era costretto da una magia a dire la verità.

« Dannato Dumbledore, ecco perché mi ha aiutato. Il posto era sbagliato! » imprecò mentalmente Sirius e incominciò a cercare un oggetto adatto per costruire una nuova Passaporta.

Doveva andarsene di lì e in fretta.

Nel frattempo però lo colse un altro dubbio.

Se i pavoni non erano tipici di Althea, nemmeno l’assenza di protezione e segretezza lo era di Lucius. Era impossibile che Malfoy non si preoccupasse di celare i suoi loschi affari.

Combattuto, Sirius si accucciò per terra osservando il vialetto e aspettando che qualcuno passasse; finì con l’addormentarsi.

 

Si trovava su una scogliera e vedeva solo una figura indefinita su una roccia, quasi in procinto di buttarsi e lasciarsi inghiottire dalle onde del mare. Corse verso di lei e man mano che la nebbia, inspiegabilmente apparsa attorno a lui, si diradava gli sembrò di riconoscere quella persona.

Capelli lunghi e biondi, il viso appuntito, il fisico esile.

Tutti tratti dei Malfoy.

La donna si voltò a guardarlo e lui non si stupì nel trovarsi di fronte due occhi viola.

Esattamente ciò che non facevano di lei una Malfoy.

« Sirius! »

 

Sentì che qualcuno gli stava accarezzando la testa.

« Ehi » sussurrò piano una voce di donna che lui non conosceva « Certo che sei un cagnone enorme, da dove salti fuori? Non ti ho mai visto da queste parti »

Due mani gentili gli presero il viso, o meglio il muso, e si ritrovò a faccia a faccia con il viso quasi completamente coperto di una giovane donna. Effettivamente faceva davvero freddo di sera, lassù in Scozia, a due passi dal mare e Sirius si ritrovò a pensare che avrebbe voluto anche lui un berretto e una sciarpa come i suoi. Poi i loro occhi si incrociarono e allora capì.

L’aveva trovata.

Lei sembrò notare qualcosa di strano, una strana espressione sospettosa si dipinse sul suo viso, ma liquidò i suoi pensieri con un’alzata di spalle e si limitò a dire: « Dai, vieni dentro, altrimenti morirai di freddo », facendogli cenno di seguirla.

Sirius la seguì scodinzolando, incapace di dare un ordine a tutte le emozioni che stavano tempestando dentro di lui in quel preciso istante. Era assolutamente sicuro che fosse lei; occhi come i suoi erano impossibili da confondere, ma ora non era più tanto sicuro di volerci avere ancora a che fare. Erano passati quattordici anni, dopotutto, e lei nel frattempo si sarebbe potuta sposare, avere dei figli e magari essere cambiata radicalmente. Forse non era più l’Althea diciannovenne che aveva dovuto lasciare per Azkaban.

Entrarono in casa e Sirius si sentì molto sollevato mentre un caldo tepore lo avvolgeva. Lei chiamò un elfo domestico e gli ordinò di preparare una cena molto abbondante poi salì le scale, facendogli segno di seguirla. Nonostante la situazione bizzarra, Sirius non poté fare a meno di notare quanto fosse immenso quel maniero: che cosa se ne faceva Althea di una dimora così immensa? Era assolutamente impossibile che ci abitasse da sola… Poi, però, si ricordò che lei una volta gli aveva confidato che aveva sempre desiderato di vivere in una casa grande come Villa Malfoy, in Inghilterra, anche a costo di andarci vivere senza alcun genere di compagnia. A lei, piacevano le cose fatte in grande, non avrebbe mai rinunciato ad abitare in un posto del genere.

Si fermarono finalmente ad una porta e Althea puntò la bacchetta contro la serratura, mormorando una serie infinita di incantesimi.

« Non hai protetto la casa, ma proteggi le stanze singolarmente? » avrebbe voluto chiederle, visto che non capiva il senso logico di quella scelta, ma poi pensò che probabilmente aveva le sue buone ragioni.

Finalmente entrarono e Sirius capì il motivo di tutti quegli incantesimi: quella era la sua camera da letto ed era normale che facesse di tutto per renderla il più difesa possibile. Lo fece entrare e poi chiuse la porta alle loro spalle, ripetendo le stesse formule di poco prima.

Sirius nel frattempo si limitò ad osservarla attentamente, stando accucciato per terra. Non era tanto diversa da come se la ricordava, dopotutto; il solito fisico esile, ma flessuoso, curve appena accennate, capelli incredibilmente lunghi e il suo tipico portamento fiero. Sicuramente, era un po’ più alta e decisamente molto più bionda di quanto ricordasse e la sua voce era molto più bassa, quasi roca, di quanto non lo fosse quando aveva diciannove anni. Tuttavia, non l’aveva ancora vista bene in faccia, quindi prima di tirare le somme aspettò che si girasse, cosa che non fece neppure dopo aver finito con gli incantesimi. Continuò a guardarla, interrogativo e sondando contemporaneamente quello che stava provando: c’era una parte di lui che avrebbe voluto riprendere la forma umana e abbracciarla, ma l’altra, prevaleva, era sospettosa e si aspettava che da un momento all’altro lei si volgesse guardandolo con odio e lo facesse fuori seduta stante, o peggio ancora che lo consegnasse a Voldemort. Sirius non aveva paura di affrontarlo, certo, ma temeva che il Signore Oscuro avrebbe potuto usarlo per attirare Harry in qualche trappola mortale.

Improvvisamente si sentì molto agitato e per la prima volta in vita sua, si rese conto di quanto a volte la sua impulsività fosse eccessiva e lo portasse a compiere azioni molto pericolose.

C’era la remota possibilità che lei non avesse capito quale fosse la vera identità di quel cane, ma era un’ipotesi così poco probabile che Sirius non si sforzò nemmeno di considerarla.

Dopo qualche minuto di totale silenzio, Sirius decise di riprendere la forma umana.

Non pensava che lei fosse diventata una seguace di Voldemort; dopotutto non aveva mai odiato i Muggleborn e i Mudblood fino a quel punto e non traeva piacere dall’uccidere o dal torturare fino alla follia le persone come quella pazza di Bellatrix.

Si alzò da terra e gli parve di sentire un singhiozzo sfuggire dalle labbra della donna; ciò venne confermato dal fatto che lei si portò una mano sulla bocca e poggiò la testa contro la porta, tremando un poco.

Quel gesto, fu quello che gli fece perdere il controllo.

Abbandonato ogni dubbio e ogni timore, si diresse verso di lei e la fece voltare, in modo da poterla vedere in faccia. Althea, fiera come sempre, era riuscita a trattenersi dal versare lacrime, anche se questo sembrava richiederle uno sforzo immenso; l’unico segno che potesse confermare la sua commozione erano gli occhi lucidi. Si guardarono a lungo e intensamente; lei orgogliosa, gelida e lui incredulo.

Quella non era la sua Althea diciannovenne, ma, se possibile, da donna gli piaceva anche di più: il suo corpo non era cambiato più di tanto però il suo viso, ora così adulto e serio lo preferiva a quello di adolescente. La prima impressione che ebbe, fu che era diventata di sicuro una donna carismatica; finalmente sembrava sapere quello che voleva e conosceva anche il modo per ottenerlo.

Le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, senza dire una parola, sentendo gli occhi di lei indagare e analizzare ogni centimetro del suo viso, alla ricerca di cosa, lui non lo sapeva.

« Che c’è? » cominciò lei con voce spezzata « Dopo quattordici anni ti sembro ancora la stessa? » continuò la frase imprimendo più forza nella voce, accorgendosi forse che poco prima sembrava che stesse per mettersi a piangere da un momento all’altro.

« Non sei la stessa. » rispose Sirius, piano, tornando a guardarla negli occhi « Sei più adulta. »

« Ovvio, avevo diciannove anni l’ultima volta che ci siamo visti, ora ne ho trentatrè. »

Sarcastica e acida.

Sì, non era cambiata di una virgola.

« Dolcissima come sempre. »

Sirius era sicuro di aver visto il barlume di un sorriso illuminare il viso di Althea per un millesimo di secondo, ma subito si spense e la serietà tornò ad impossessarsi dei lineamenti della donna.

« E tu sei un pluri-omicida evaso da Azkaban tre anni fa. Che ci fai qui? Potrei avvertire il Ministero della Magia, lo sai vero? »

« Se tu credessi davvero che io sia un pluri-omicida avresti avvertito il Ministero secoli fa. » fece una piccola pausa « O magari mi avresti ucciso direttamente quand’ero ancora un adorabile randagio. »

« Più che adorabile, io direi che sei un enorme randagio. Ti rendi conto di quello che hai rischiato venendo qui? E se ci fosse stato Lucius? Come hai saputo che sono qui? Chi te l’ha detto? Perché sei venuto? »

Sirius alzò un sopracciglio, sinceramente stupito che lei lo mitragliasse di domande. In realtà, sapeva che Althea non gli sarebbe corsa incontro piangendo come una fontana e spergiurandogli amore eterno, ma non si aspettava che lei per prima cosa si preoccupasse di che cosa sarebbe potuto succedergli invece di chiedergli semplicemente: “Perché hai aspettato tre anni prima di farti vedere?”. Che poi, se mai gli avesse fatto questa domanda, lui aveva già la risposta pronta: non è che non avesse voluto cercarla, è che non ne aveva proprio la possibilità.

Aveva passato gli ultimi tre anni a nascondersi e a viaggiare continuamente in groppa a un Ippogrifo nutrendosi a malapena. Senza contare che non aveva idea di dove lei si potesse trovare.

« Lo so cos’ho rischiato, non devi ricordarmi anche tu che corro un sacco di rischi se esco e che quindi dovrei stare barricato in casa, lo so. » disse con un tono stranamente calmo « Da quando sei in buoni rapporti con Lucius? Ho dato per scontato che lui non ci fosse. In ogni caso ho saputo che sei qui grazie a Kreacher, il vecchio tirapiedi di Walburga. La riposta all’ultima domanda è ovvia. Volevo vederti. »

« Lascia stare Lucius, è una cosa di cui non mi capacito nemmeno io. » affermò lei scrollando la testa e Sirius ebbe l’impressione che la tensione si stesse lentamente sciogliendo. In quell’istante stava trattenendo davvero a stento la voglia di stringerla a sé. « Comunque, » riprese con fermezza « a me non importa un bel niente di vederti di nuovo. »

« Bugiarda » rispose Sirius con un ghigno.

« È la verità! » ribatté Althea infuriata.

« Allora spiegami perché » le accarezzò una guancia, avvicinando il suo viso a quello di lei « hai chiuso la porta se non avevi alcuna intenzione di vedermi o passare del tempo con me? »

« Abitudine. » borbottò lei, mentre Sirius passò l’altra mano attorno alla sua vita. Era sicuro di aver sentito un brivido correrle lungo la schiena mentre gliel’accarezzava piano. Alla fine, stanco di trattenersi, l’abbracciò. Sperò con tutto il cuore che lei ricambiasse e si sentì mancare quando le mani di lei si posarono sul suo petto perché pensò che avesse intenzione di respingerlo. Poi però, quando esse continuarono la loro salita per andare poi a circondargli il collo, Sirius provò una sensazione meravigliosa, come se si fosse tolto un macigno dal cuore, e la strinse ancora più forte, sentendo che lei si era lasciata andare e stava piangendo.

Dopo un po’ Sirius prese tra le mani il viso rigato di lacrime di Althea e finalmente la baciò con trasporto. Sentendo che lei ricambiava con altrettanta foga, le prese le gambe e le alzò. Lei prontamente le allacciò attorno alla sua vita e si lasciò condurre sul letto.

 

Sirius pensò che dopotutto Althea non doveva essere così orgogliosa se era ceduta così facilmente, oppure che, a modo suo, dovesse amarlo davvero dal più profondo del cuore. Dal canto suo, lui ancora non riusciva a capire che cosa provava; sicuramente le voleva bene, visto che era stata la donna più importante della sua vita e in un’occasione aveva anche fantasticato di portarla all’altare, ma non sapeva dire se l’amava ancora come prima o se era qualcosa di diverso. Per ora, si accontentava di averla tra le braccia e di sentire il suo respiro caldo contro il suo petto.

Era sicura che lei non stesse dormendo, probabilmente cercava di realizzare che cosa era appena successo e di rendersi conto che non era un sogno, bensì realtà.

Lui non aveva bisogno di incantesimi per capire che cosa pensava, lo sapeva e basta perché la conosceva meglio delle sue tasche. Aveva imparato che se giocava con ciocche di capelli era a disagio o sotto pressione e che se invece se ne spostava una dietro la schiena lo faceva o per stizza o semplicemente per sfogare la sua vanità. Sapeva che avrebbe voluto frequentare Babbanologia solo per sapere qualcosa di più sulla musica. Amava cantare, ma non aveva la voce adatta per fare strada così si limitava a improvvisare qualcosa sotto la doccia, senza preoccuparsi di stonare. Conosceva ogni piccola sciocchezza di lei; sotto quell’apparente sicurezza, lei nascondeva una profonda indecisione e una scarsa fiducia nel mondo che le stava attorno. Si comportava da donna matura e probabilmente aveva successo, qualsiasi cosa facesse, però in fondo era sempre rimasta una bambina introversa in cerca di attenzioni. Sirius era a conoscenza di tutto questo e spesso aveva pensato che fosse proprio questo che aveva conquistato Althea. Lui capiva i suoi sentimenti e riempiva il vuoto che la donna aveva nel suo cuore; recava un po’ di tregua alla solitudine che vi albergava.

« Althea » decise di rompere il silenzio, ricordandosi improvvisamente di non aver notato protezioni attorno alla sua dimora. Lei alzò lo sguardo, un po’ assonnata. « Come mai non c’è nessuna protezione sul maniero? »

« Come, » rispose lei fissandolo come se avesse appena fatto la domanda più sciocca del mondo « non ti ricordi? Incanto Fidelius! Io sono il Custode Segreto e ancora molto tempo fa ti ho rivelato la collocazione esatta di questo posto. »

Sirius si fermò un attimo a pensare, accigliato: ma se Althea era il Custode Segreto, come mai Kreacher aveva saputo dirgli esattamente dove lei si trovava? Probabilmente, l’ultima volta che l’elfo aveva sentito parlare di lei, Althea si trovava in Scozia e quindi aveva dato per scontato che i Malfoy avessero una dimora da quelle parti.

« Già, me n’ero completamente dimenticato. »

« Beh, è anche Indisegnabile. L’ho circondata di ogni genere di difesa di cui sono a conoscenza. »

« Capisco. » rispose Sirius, ancora soprappensiero « Comunque, » continuò poi, deciso a distrarsi « come mai i tuoi capelli sono diventati così biondi? È l’influenza di Lucius? Ti presta la tinta per farli diventare biondo platino come i suoi? »

Althea ridacchiò e alzò il viso, allungandosi per lasciargli un bacio sul mento. Sirius era sicuro che stesse sorridendo e curioso di vedere se ora le sue labbra si incurvavano in modo diverso da come ricordava, abbassò le iridi grigie su di lei smettendo di giocare con i suoi capelli.

Ora sapeva perché odiava il fatto che il cielo di Londra non fosse trapuntato di stelle e perché osservare quei piccoli puntini luminosi e lontani dalla cella di Azkaban lo faceva sentire meglio: ogni volta che vedeva qualcosa di brillante, gli tornava in mente quel sorriso.

« No, il biondo di Lucius è assolutamente naturale, te lo posso assicurare. »

« Sicura? Magari quando era al terzo anno a Hogwarts aveva già cominciato a tingersi. »

Vide Althea alzare gli occhi al cielo e trattenere a stento una risatina.

« Il ricordo più vecchio che riesco a ricordare risale al 1966, quando avevo quattro anni e Lucius ne aveva dodici. Come fratello non è mai stato né dispettoso né ingiusto solo… Distante. Estremamente distante. Non credo mi abbia mai considerata davvero. » scrollò la testa, contrariata « Comunque, Lucius era appena tornato dal suo primo anno a Hogwarts e ricordo che mi stupii perché nonostante fosse rimasto a lungo assente da casa, era rimasto sempre lo stesso. Ricordo di avergli detto qualcosa che suonava come: “Ciao Lucius, bentornato! Non sei cambiato per niente, hai sempre i capelli chiari quasi quanto quelli di papà!”»

Sirius sorrise pensando alla faccia che Lucius avrebbe potuto avere in quel momento.

« In questo momento non mi viene in mente che cosa mi rispose, ma so che non capii ciò che mi disse. »

Althea fissò un punto impreciso davanti a sé, pensierosa.

« Probabilmente era una minaccia! » concluse in fine, con un’alzata di spalle.

« Conoscendo Lucius, è probabile. Non mi hai ancora detto che hai fatto ai capelli in ogni caso. »

Lei esitò un attimo.

« Che cosa mi risponderesti se ti dicessi che li preferisco così? Il mio colore naturale non mi ha mai convinta. »

« Ah, capisco. »

« Tutto qui? »

« Perché, dovrei dire qualcos’altro? »

« No. Siccome ti eri preoccupato di sapere il motivo per cui li ho schiariti, pensavo fosse una cosa che ti avesse colpito. »

« Althea… Ti stai giustificando. »

Sirius non ebbe risposta e per la prima volta cominciò seriamente a chiedersi se quella che teneva tra le braccia era davvero la diciannovenne che era stato costretto a lasciare. Si scostò da lei e si mise a sedere, costringendola a fare lo stesso.

« Che ti sta succedendo? Che ne hai fatto della Vipera che conoscevo? »

La donna lo fulminò, per poi scendere dal letto e infilarsi la vestaglia. In seguito si risedette e incrociò le braccia al petto. Inspiegabilmente, ghignò.

« La Vipera è rimasta sopita per quattordici anni perché un certo Black non era in circolazione, sta a te risvegliarla. » disse con voce maliziosa, allungandosi per arrivare a pochi centimetri dal suo viso. Sirius era già pronto a prenderla per la nuca e annullare la distanza quando Althea schizzò giù dal letto e andò ad aprire la porta della sua stanza.

« Allora, non vuoi cenare? Ti aspetto giù, fa con comodo. »

Lui rimase a guardarla per un po’, leggermente deluso dal mancato contatto e si avviò verso il bagno che era vicino alla camera. Tanto, avrebbero avuto tutta la notte davanti, no?

 

***

4 aprile 1996

 

Sirius aprì gli occhi e si ritrovò a fissare Althea seduta davanti a lui che stringeva il cuscino candido al petto, coprendo il corpo nudo. Si fece forza e si mise a sedere a sua volta, avvicinandosi a lei.

« Potresti anche togliere quel cuscino… » cominciò cercando di dare alla sua voce un tono malizioso, nonostante fosse impastata dal sonno.

Lei frappose la sua mano fra i loro due visi e gli riservò uno sguardo gelido.

« Che giorni è oggi? »

L’unica risposta che Sirius fu in grado di elaborare a quella domanda fu: « Eh? »

« Ti ho chiesto che giorno è oggi, Black. »

L’uomo si spremette le meningi: era un tranello o c’era davvero qualcosa di importante quel giorno? Sbuffò, allontanandosi da lei e cercò di rimettere in ordine i suoi pensieri. Allora, era appena iniziato aprile… Uhm, che cosa ci potrebbe essere in aprile di così rilevante?

La prima volta che si erano parlati era stata nel pieno dell’estate, quindi era impossibile che fosse quella la ricorrenza. Il primo bacio? No, quello fu in dicembre. La prima volta? No, nemmeno quella doveva essere la risposta giusta.

Calcolò rapidamente quanti giorni erano passati dall’ultima volta che aveva guardato il calendario, cioè il primo aprile, e realizzò che ne erano passati tre. Ciò stava a significare che quel giorno era il quattro aprile e quindi…

« Oh. Buon compleanno! »

« Una volta te lo ricordavi sempre. Eri sempre il primo a farmi gli auguri. »

Sirius corrugò la fronte senza realmente capire che cosa intendesse.

« Vorresti dire che hai visto qualcun altro stamattina prima di me? »

« Stamattina? Sono le tre del pomeriggio! In ogni caso, in mattinata è arrivato un gufo di Lucius. Il primo a farmi gli auguri quest’anno è stato lui. »

« Allora la prossima volta dovrai svegliarmi prima, no? » sbottò lui, liquidando la faccenda con un’alzata di spalle e buttandosi sul letto per ricominciare a dormire.

Althea, indignata, gli lanciò addosso il cuscino e si vestì velocemente, dirigendosi poi verso la porta della sua stanza. Sirius era sicuro che ora lo stesse osservando con sguardo truce e con le braccia incrociate al petto.

« Sai una cosa, Black? Sei proprio il Gryffindor idiota che ricordavo »

Sirius ridacchiò e pensò che anche lei, in fondo, era la Slytherin che ricordava.

 

***

17 giugno 1996

 

Erano un paio di settimane che Sirius ed Althea non si vedeva e il motivo era piuttosto semplice. Pareva infatti che Lucius sospettasse della sorellastra e che tentasse spesso di fare irruzione nella sua mente. La fortuna era che lei era sempre stata una buona Occlumante e in ogni caso non aveva la minima idea di dove si trovasse il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice, visto che era protetto dall’Incanto Fidelius e il Custode Segreto era Dumbledore, o di dove Sirius passasse il tempo quando non era con lei.

Tuttavia, questo era l’ultimo di suoi pensieri in quel momento, mentre correva al Ministero insieme agli altri membri dell’Ordine per soccorrere Harry e i suoi amici nell’Ufficio Misteri.

Forse non era esattamente una cosa idonea da pensare in quel contesto, ma Sirius non si era mai sentito così libero.

Dopo tutti quei mesi passati nella casa in cui mai avrebbe voluto rimettere piede, un’incursione d’emergenza al Ministero e il rischio di essere catturato di nuovo e rispedito ad Azkaban erano la cosa più bella che gli potesse capitare.

Finalmente aveva la possibilità di dare il suo contributo, di rendersi utile all’Ordine e di agire per combattere e distruggere il Lato Oscuro. Ancora una volta era in mezzo ad una guerra, ma era così entusiasta all’idea di poter proteggere la persona più importante per lui, Harry, che si sentiva in grado di affrontare anche Voldemort, anche se le possibilità di venire ucciso surclassavano di brutto quelle di poter uscire vivo da uno scontro del genere.

Sirius, accompagnato da Remus, Tonks, Malocchio e Kingsley, si era appena materializzato di fronte all’Ufficio Misteri e ora stava cercando insieme ai compagni la porta giusta. Decisero di controllare una porta a testa, in quanto ognuno di loro era piuttosto abile e in grado di cavarsela da solo. Sirius era ancora sulla soglia della porta che aveva aperto ed era in procinto di entrare, quando sentì Tonks urlare: « Presto, sono qui dentro! ».

Senza farselo ripetere due volte, seguì la donna in una camera circolare con enormi spalti di pietra al cui centro stava una piattaforma con un grande arco. Sirius non si preoccupò nemmeno delle voci che sentiva sussurrare sempre più forte man mano che si avvicinava al velo logoro che danzava nell’arco di pietra, tanto era eccitato all’idea di combattere e di rendersi utile per l’Ordine.

Si scaraventò subito su un Deatheater e cominciò a duellare furiosamente, scagliando incantesimi uno dopo l’altro ed evitando con prontezza gli attacchi dell’avversario. Una volta che lo mise al tappeto, il suo sguardo si volse automaticamente nella direzione dove si trovava Harry, che non aveva mai smesso di osservare con la coda dell’occhio da quando era entrato nella Camera della Morte.

Harry stava cercando di tenere lontano da Macnair la profezia, ma sembrava in difficoltà. Sirius corse nella sua direzione proprio mentre Dolohov alzava di nuovo la bacchetta per attirare a sé la piccola sfera. Sirius gli diede una forte spallata per impedirgli di finire di pronunciare la formula e distrasse il Deatheater che si mise seduta stante a duellare con lui. Altre scintille guizzanti cominciarono a sprizzare dalla sua bacchetta e da quella del suo avversario, fino a che Dolohov non alzò la sua per compiere una maledizione che aveva già visto molte volte. Stava per aprire bocca per urlare « Protego! », ma Harry lo precedette togliendo di mezzo il Deatheater, gridando: « Petrificus Totalus! ».

Sirius non poté fare a meno di provare un travolgente e breve impeto d’orgoglio per il suo figlioccio che si era appena dimostrato abile e pronto proprio come James. Avvicinandosi a lui, esclamò: « Bravo! » e spinse giù la sua testa per evitare un paio di Schiantesimi che volavano verso di loro. Gli raccomandò velocemente di andarsene, ma non fece in tempo ad aggiungere di trascinare con sé anche Neville che altri getti vennero loro incontro e dovettero di nuovo abbassarsi per fare in modo che non li prendessero in pieno. Harry lo scrutava preoccupato, probabilmente perché si era accorto anche lui che un fiotto di luce verde l’aveva evitato per un pelo. Sirius vide subito da quale bacchetta era volato quell’incantesimo: sua cugina Bellatrix, dopo aver battuto Tonks, stava scendendo euforica i gradini di pietra per raggiungere la piattaforma e buttarsi di nuovo nella mischia.

Si girò di nuovo verso Harry e gli urlò di nuovo di prendere la profezia e di scappare assieme a Neville, correndo verso Bellatrix. Nello stesso istante, la donna si voltò verso di lui e con la sua voce acuta e infantile gli rivolse la parola.

« Ciao cugino, finalmente di puoi rendere utile, eh? È stato frustrante non poter proteggere il piccolo Potty per tutto questo tempo? Chissà cosa ne direbbero la Mezzosangue e il tuo amichetto se sapessero che sei finito ad Azkaban.. »

Sirius sentì la rabbia montare dentro di sé e cominciò ad attaccarla con furia, mentre lei schivava gli attacchi e lanciava maledizioni, ridendo sguaiatamente.

« Non nominarli mai più! » urlò, lanciando incantesimi in maniera sempre più veloce, tanto che ad un certo punto gli sembrò che Bellatrix non fosse più così fluida nei movimenti e non riuscisse ad evitare ogni attacco così facilmente. Sirius attaccò con più ferocia, provocandola, ormai ignaro di ciò che gli stava accadendo intorno.

« Gli anni ad Azkaban ti hanno arrugginita, eh, cugina? Non sei riuscita a colpirmi nemmeno una volta! » e in quello stesso istante, lui schivava un attacco e un fiotto di scintille rosse colpì la donna sulla spalla sinistra, facendola lievemente barcollare.

Bellatrix ghignò, si passò la lingua sulle labbra e tornò a duellare, con più intensità. Dal canto suo, Sirius continuava a respingere gli incantesimi in maniera piuttosto efficace e approfittava del fatto che le provocazioni sembravano distrarla.

« Ma come? Il vecchio Voldemort non ti ha insegnato niente di più valido? » e scoppiò a ridere deliberatamente. Il sentir pronunciare il nome del suo signore, provocò in Bellatrix l’esatta reazione che Sirius sperava. La donna cominciò ad attaccare con furia, cominciando ad impegnarsi seriamente nel duello.

« Come osi pronunciare il nome dell’Oscuro Signore! Tu, traditore.. » ma non finì la frase perché dovette abbassarsi di scatto per evitare uno Schiantesimo.

Bellatrix reagì lanciando al suo indirizzo un altro fiotto di luce rossa che lui riuscì ad evitare, cogliendo l’occasione per deriderla ancora.

« Avanti, puoi fare di meglio! » le gridò, e non fece nemmeno molto caso al fatto che la sua fosse l’unica voce a riecheggiare nella vastissima sala.

La donna scagliò un altro getto di luce rossa verso di lui e stavolta, Sirius non fu in grado di schivare il colpo e venne colpito in pieno petto. L’aveva colto di sorpresa, non si era aspettato che la cugina reagisse così in fretta al suo attacco, visto come aveva combinato finora. Il colpo fu così forte che bloccò la sua risata e gli fece sgranare gli occhi.

In quel momento, Sirius non pensò a nulla. Sapeva che lo Schiantesimo l’aveva colpito in pieno e che esattamente dietro di lui si trovava l’arco sotto il quale danzava il velo logoro, da cui ora sentiva in maniera molto chiara delle voci rivolgergli sussurri in lingue incomprensibili. Si rese conto di essere attratto da quei rumori indistinti e mentre sentiva il corpo piegarsi all’indietro e sfiorare appena il velo, realizzò che per lui era la fine.

Un misto di paura e stupore lo colse. Ebbe solo mezzo secondo di panico prima di comprendere che non sarebbe più potuto stare al fianco di Harry e pregò con tutto il cuore che Dumbledore, Lupin, Hagrid e tutti gli altri avessero cura di lui.

Poi, il velo lo avvolse.

 

***

18 giugno 1996

 

Quella mattina Althea fu svegliata da un ticchettio proveniente dalla finestra; un grosso allocco continuava a beccare contro il vetro nella speranza di farla alzare dal letto. La donna si alzò controvoglia e fece planare il volatile sopra alla scrivania dove lui porse la zampa con fare di superiorità in attesa della ricompensa per aver portato la Gazzetta del Profeta. Althea infilò uno zellino nella saccoccia dell’allocco e afferrò il quotidiano, dando un’occhiata rapida e distratta alla prima pagina.

Lanciò il giornale sul letto e si stiracchiò. Fece tutto con una calma insolita: guardarsi allo specchio, lavarsi i denti, vestirsi… Poi scese le scale e andò in sala da pranzo, dove Holly, il suo elfo domestico, aveva già preparato la colazione. L’accolse con un profondo inchino e le diede il buongiorno.

Althea si sedette e mangiò lentamente, riflettendo sul fatto che non vedeva Sirius da parecchio tempo. Una strana inquietudine si fece strada nel suo cuore e pregò con tutto il cuore che fosse prudente e che non facesse nessuna sciocchezza.

Tornò a dedicare la sua attenzione al suo porridge, ma ormai quello aveva perso ogni attrattiva. Si ricordò di aver lasciato il Profeta in camera: negli ultimi tempi non l’aveva seguita con particolare interesse, era sempre piena di articoli insulsi che certo non informavano seriamente i lettori. Ciò che le dava più fastidio era quell’insistenza nel non ammettere che Voldemort era tornato; era sicura che il Signore Oscuro fosse rinato, ancora prima che fosse palese che Lucius aveva ricominciato a lavorare per lui. Credeva a ciò che andava dicendo Dumbledore da quasi un anno e trovava stupide tutte quelle persone che non riuscivano ad affrontare la paura nei confronti del Lord e si ostinavano ad andare in giro con due fette di prosciutto sugli occhi.

Si chiese per quale motivo aveva continuato a leggere il Profeta nonostante tutte le stupidaggini che raccontava: aveva forse continuato a pensare che quell’idiota di Fudge si rendesse finalmente conto che i suoi peggiori timori erano diventati realtà?

Sbuffò e tornò in camera, decisa a scrivere una lettera alla direzione del quotidiano per disdire il suo abbonamento. Fissò il giornale abbandonato sul letto e gli diede un’ultima possibilità. Si sedette, cauta, con uno strano ronzio in testa che sembrava aumentare man mano che si avvicinava al giornale, come se volesse farla desistere dal leggerlo. Accigliata, lo ignorò e quando lesse il titolo della prima pagina non riuscì ad evitare di sgranare gli occhi. A caratteri cubitali, infatti, c’era scritto: “IL RITORNO DI COLUI-CHE-NON-DEVE-ESSERE-NOMINATO”.

Althea non si trattenne dall’esclamare: « Era ora! Finalmente se ne sono accorti! » e con atteggiamento critico, si mise a spulciare l’articolo, sbuffando ogni volta che finiva di leggere una frase del Ministro della Magia e dopo aver appreso che Dumbledore era stato reintegrato seduta stante sia nella posizione di Preside di Hogwarts, che in quella di membro della Confederazione Internazione dei Maghi e di Stregone Capo del Wizengamot. Seguì con interesse anche la descrizione dell’attacco che copriva ben tre facciate del Profeta, ma alle ultime tre righe dell’articolo si bloccò.

Nello scontro contro i sostenitori di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, sono intervenuti personalmente il professor Dumbledore, gli Auror Tonks e Kingsley, il Lupo Mannaro Remus Lupin e Sirius Black. Quest’ultimo, durante la battaglia, si è schierato dalla parte di Dumbledore e ha combattuto valorosamente fino alla morte, causata da uno dei seguaci di Voi-Sapete-Chi. È stato dichiarato quindi innocente ed è stato automaticamente sciolto da tutte le accuse.

Althea si sentì svuotata.

Fino alla morte.

No, non poteva esserci scritta quella parola.

Sirius… Sirius non poteva essere…

Lasciò scivolare il quotidiano per terra e si raggomitolò sul letto, stringendo forte le ginocchia contro il petto. Rimase lì, per ore, forse per giorni, lasciandosi lentamente morire e permettendo al dolore di logorarla in maniera atroce ed infinitamente flemmatica, incapace di versare anche una sola lacrima.

 

Memories that fade away
Have not left their mark
But you live on, every single day
In many different ways

  
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