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Autore: Gillywater    05/09/2010    16 recensioni
La storia tra Sana e Akito è finita da tre lunghi anni. Lei ora sta con Naozumi e lui, come sempre, cerca di fare chiarezza nel caos che ha in mente. Ma cosa potrebbero mai combinare, quei due, senza l'aiuto provvidenziale degli amici?
"Fuka non era propriamente annoiata, solo che quella storia era stata costretta a sentirla per anni. Anni. Non confidenze sussurrate nei bagni della scuola, che si perdevano in uno sbuffo di fumo, mentre la sigaretta stretta tra le dita si consumava. Anni. Ore continue della sua vita che lei e Tsuyoshi, soprattutto, avevano passato a scervellarsi per capire quali contorti ragionamenti si nascondessero dietro le menti malate di Akito e Sana. E nessuno dei due, quasi servisse qualcosa sottolinearlo, riusciva a capire perché si erano lasciati e perché attendessero tanto tempo a rimettersi insieme."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SHE IS
 
Capitolo 6: She Is (I Parte)


Do not get me wrong I cannot
wait for you to come home
For now you're not here and
I'm not there, it's like we're on our own
To figure it out, consider
how to find a place to stand
Instead of walking away and
instead of nowhere to land
                   She Is – The Fray
 
-A Sana e Akito! –
Ecco, Sana ancora non si capacitava. Per la seconda volta, sì. Non che non le facesse piacere il fatto che i suoi amici volessero festeggiare il tanto atteso momento della laurea – momento che, per inciso, aveva spesso dubitato sarebbe mai arrivato – semplicemente quel brindisi le ricordava terribilmente quello di un pranzo nuziale. Mandò giù.
Tsuyoshi rise – Una cosa in meno di cui preoccuparmi. Il mio psicologo ne sarà felice... –
Hisae tamburellò con delicatezza le dita della mano sulla superficie del tavolo – Non era uno psichiatra? – domandò con aria innocente.
Si trovavano ad un bar vicino all’università di Akito e Sana. Quando avevano finito di discutere la tesi, i due, si erano accoccolati tra le braccia di amici e parenti – Misako e il signor Fuyuki, con gli occhi colmi dall’emozione di vedere i due pargoli completare la propria istruzione e prepararsi al vero e duro mondo del lavoro – godendosi quell’attimo di successo personale.
Poi i parenti se ne erano andati e Sana e Akito erano stati trascinati da un gruppo di pazzi squinternati – Fuka, Tsuyoshi, Aya, Hisae e Gomi, addirittura più urlanti del solito – a quel bar dove adoravano ritrovarsi al tramonto per un veloce aperitivo.
Tsuyoshi parve scandalizzato – Gli psichiatri curano i pazzi! – esclamò indignato – Io non ne ho bisogno, sono normale
Alcune paia d’occhi scettici indugiarono su di lui, valutando se fosse o meno il caso di rispondergli.
Sana osservò Akito chiedendosi come mai rimanesse zitto.
– Cosa credi di essere tu? – domandò il ragazzo.
Appunto.
Tsuyoshi lo ignorò, increspando le labbra e voltandosi dall’altra parte.
Aya rise, portandosi una mano al grembo – Akito, quanto sei sciocco –
Sana sbuffò : per inciso, “sciocco” era l’insulto di maggior rilievo che si potesse mai sentire pronunciare ad Aya. Un fiore delicato, ecco cos’era quella donna.
La ragazza infierì – Si, Akito, sei proprio sciocco. E poi voglio dire... Tu dici a Tsuyoshi che non è normale? Tu? – domandò Sana ridendo.
Akito la squadrò – Kurata, potessi parlare, ti ascolterei pure. Ma credo che mi limiterò ad ignorarti. Nonostante ti sia appena laureata sei sempre la solita zuccona... – affermò lui, prendendola in giro.
Come sempre.
Sana fece spallucce – Come vuoi, intanto non sai sostenere una conversazione con me senza insultarmi. Forse dallo psichi... Ehm, psicologo ci dovresti andare tu, non Tsuyoshi... –
Un intenso annuire da parte dell’amico le fece comprendere quando condividesse il punto di vista di Sana. Anche perché, diciamola tutta, se quel pover’uomo di Tsuyoshi si era ritrovato ad andare in analisi un giorno sì e l’altro pure, la colpa era soprattutto dei suoi due amici rintronati.
Questa consapevolezza spiazzò Sana, che decise di ignorare il fattaccio catalogandolo come “dettaglio”. Sorvolando sul fatto che la vita della ragazza, ultimamente, fosse un po’ troppo piena di “dettagli”, Fuka interruppe l’animato dibattito esordendo con la sua proposta – Domani è sabato, nessuno di noi va a lavorare. Che ne dite se stasera uscissimo tutti quanti per festeggiare il lieto evento? –
Sana la scrutò inarcando un sopracciglio : il tono di voce ironico che aveva utilizzato lasciava intendere che il fatto che lei e Akito si fossero appena laureati, era paragonabile all’annuncio del loro matrimonio imminente. Cosa che in realtà non era.
Decisamente troppo ironica, quella Fuka lì.
Aya sorrise radiosa – Certo! Che bella idea, che ne dite ragazzi? – chiese all’indirizzo di Gomi ed Hisae che si stavano scrutando in cagnesco.
Il ragazzo aveva appena cominciato a trangugiare il dodicesimo tramezzino della giornata. Hisae aveva il voltastomaco.
-Ottima idea, speriamo ci sia qualcosa da mangiare – esordì Gomi, sputacchiando cadaveri di un innocente panino su tutto il tavolo intorno a sé.
L’occhiata sprezzante di Hisae palesò a tutti – nel caso negli ultimi dieci anni ancora qualcuno non l’avesse capito – cosa effettivamente pensasse lei di lui.
Sana sorrise. Il fatto che quella ne fosse innamorata, di quel mangione ingordo che non era altro, era solo un altro inutile dettaglio.
L’ennesimo.
Tsuyoshi – Potremmo andare a quel nuovo ristorantino che... –
Fuka lo fermò – No, niente ristoranti, mi sono rotta di mettere le gambe sotto un tavolo e di mangiare. Ultimamente non faccio altro... – lo sguardo perplesso dei suoi amici la costrinse ad aggiungere, con un sospiro – Per lavoro, ovviamente! Che ne dite di andare in discoteca... Una cosa tranquilla, senza fare troppo macello... –
Tsuyoshi apparve lievemente irritato – Ma Aya...-
Ma Aya lo interruppe – Oh che pesantezza, Tsuyoshi. Sono incinta, non malata, ricordatelo! – lo rimbeccò quella, guardandolo malissimo e costringendolo a stare zitto.
L’espressione di Akito lasciò intuire a Sana che, se avesse potuto, si sarebbe alzato in piedi, avrebbe baciato Aya e sarebbe anche potuto arrivare a costruirle una statua di oro massiccio in onore della sua eterna saggezza.
“Meglio sorvolare su certe stupidate” si ripromise Sana.
-Allora dove andiamo? – tagliò corto Akito, tirando un pugno a Gomi che aveva cominciato a rubare alcune olive dal suo piatto. Quello, dolorante, batté in ritirata, proteggendosi dietro la sua trincea, ergo la figurina snella di Hisae.
-Discoteca – urlò Sana, tanto forte che tutto il bar si voltò a guardarla. La ragazza divenne rossa come un peperone e si ricompose sulla sua seggiola, ignorando gli sguardi curiosi di chi aveva riconosciuto la famosa attrice.
Gomi rise – E discoteca sia! –
-Andiamo all’Air (*) ? – propose Fuka, rovistando nella sua borsetta alla ricerca di qualche spicciolo da lasciare come mancia ai camerieri.
Aya acconsentì – Adoro quel locale è così giovanile –
- È da pazzi – commentò tra i denti Tsuyoshi, che venne però ignorato da tutti.
Il gruppetto si alzò pronto per uscire, tranne Gomi, ancora intento a spolverare le briciole rimaste nel vassoio dei tramezzini. Dire che dava la nausea era un eufemismo.
-Dovremo prendere i mezzi – constatò Hisae, afferrando per un braccio il ragazzo e trascinandolo come un bue verso la porta a vetri, dalla quale entrava un luminoso raggio di sole.
Era una giornata stupenda.
-Esatto, direi che la metropolitana è più veloce. Con il traffico del venerdì sera chissà cosa troviamo per strada andando in macchina – disse Sana, inforcando gli occhiali da sole e prendendo Fuka sotto braccio.
Cominciarono a camminare, diretti ognuno a casa propria.
-Ci troviamo tutti da noi per... – Sana si picchiettò un paio di volte le dita sul mento – Per le undici di stasera? – chiese infine, ignorando completamente Akito che cercava di farle lo sgambetto mentre camminavano, neanche fosse stato un bambinetto di cinque anni.
La ragazza sbuffò – Hayama, hai finito di rompere? –
-Okay, allora stasera ci troviamo tutti a casa di Fuka – constatò Hisae, spingendo ancora Gomi che reclamava il sacrosanto diritto di tornare a prendere qualcosa da sgranocchiare mentre tornava a casa. Insomma, lo aspettava pur sempre una camminata di ben trecento metri, lungo il tragitto sarebbe potuto accadere qualunque cosa, come biasimarlo, povero eroe incompreso.
-Ma è anche casa mia! – esclamò Sana offesa.
- Kurata taci –
-Ragazzi perché il cameriere ci sta rincorrendo? –
-Non so, qualcuno non ha pagato? –
-No, ho controllato, i soldi erano giusti... –
I ragazzi rimasero immobili, mentre alcuni passanti per caso imprecavano contro di loro che ingombravano mezzo marciapiedi e rendevano difficoltoso il passaggio.
Il cameriere li rincorse trafelato, scrutando le loro facce alla ricerca di...
-Signorina, signorino! – esclamò, all’indirizzo di Sana e Akito che si trovavano casualmente l’uno accanto all’altra – solo perché lui, dopo aver tentato invano di farla ruzzolare per terra, stava impiegando tutte le sue energie nel tentativo di rubarle la borsetta. In ogni caso, Hayama parve vagamente irritato per essersi sentito chiamare signorino.
-Ma cosa... – cominciò a dire Sana, quando si ritrovò un biglietto bianco tra le mani che recitava, con caratteri eleganti la sigla “Buono sconto per coppie in luna di miele”.
Sana inarcò un sopracciglio e non si accorse delle risatine che cominciavano a diffondersi tra i suoi amici. Tranne Akito, che sorpreso, spalancò gli occhi ed osservò quell’ometto in giacca e cravatta che ancora li guardava con gli occhioni sgranati.
- Ho dimenticato di darvi questo buono. Vi permetterà di consumare due colazioni gratis al prossimo ingresso – spiegò, sorridendo dolcemente all’indirizzo dei due.
Sana lo osservò – P... Perché lo da a noi? –
-Non vi state per sposare? –
Le imprecazioni di Akito echeggiarono per tutto il quartiere, mentre Tsuyoshi e Gomi si piegavano in due dalle risate e le ragazze li imitavano, solo più discretamente.
- Maledetto ficcanaso, fatti gli affari tuoi! – gli urlò dietro, mentre il poverino scappava spaventatissimo. Sana era semplicemente senza parole.
Ma alla fine, il ragazzo intascò il buono e se ne andò.
Poteva sempre tornare utile, dopotutto.
 
*
 
-Sana, datti una mossa saranno qui a momenti – urlò Fuka aldilà della porta del bagno dell’amica, mentre spulciava nel portagioie di Sana alla ricerca di un paio di orecchini da indossare.
Ne trovò uno che la colpì, molto raffinato ed elegante, con un luccicante brillantino incastonato su di un piccolo ciondolo di metallo. Decise che, dopotutto, poteva anche prenderlo in prestito.
-Ho quasi fatto – urlò comunque l’amica in risposta.
Fuka scosse la testa e scelse per Sana un bel tubino nero, modesto ma anche incredibilmente corto.
Tanto, ora che l’amica si fosse decisa ad uscire dal bagno, sarebbe stato talmente tardi che, forse, pure il bambino di Aya sarebbe già venuto al mondo, nel frattempo.
Fuka sospirò, rassegnata – Datti una mossa – ripeté, con molta meno convinzione di prima.
-Ho quasi fatto –
Il fatto che continuasse a ripetere che aveva quasi fatto da circa mezzora, probabilmente era di poco conto. Puntuale come la morte, il suono del campanello della porta rimbombò per tutta la casa.
Fuka quasi gridò – Sana muoviti sono arrivati, maledizione!-
-Ho quasi fatto –
E tre.
Quando aprì la porta e si ritrovò faccia a faccia con Akito, si rese conto che molto probabilmente la sua espressione rappresentasse al meglio i suoi stessi pensieri. Quello infatti ghignò ed entrò in casa senza nemmeno salutarla, ne rivolgerle qualche cenno di riconoscimento. Si andò a spaparanzare sul tappeto, mentre Hisae aiutava Aya a togliersi il cappotto.
-Scommetto tutto quello che ho che Kurata è appena uscita dalla doccia –
Fuka rise – Mi spiace Akito. Sana è ancora in doccia – lo corresse lei, scuotendo ancora la testa con il fare rassegnato di poco prima.
Sana sarebbe, a detta di tutti, stata in ritardo pure il giorno della sua morte. L’avrebbe molto probabilmente messa in attesa, dicendo, chissà, l’ormai nota frase “Ho quasi fatto”. Magari, a pensarci bene, la morte avrebbe pure acconsentito ad aspettare che Sana avesse finito di fare quello che stava facendo. Qualunque cosa fosse.
-Pagare! – esclamò Tsuyoshi, andandosi a sedere accanto ad Akito e cominciando una partita alla play station insieme a lui.
-Volevo giocare anche io – si lamentò Gomi, andandosi a sedere alle loro spalle – visto che i due si erano posti nella posizione strategica quale era il tappeto liso del salotto – e decidendo che, dopotutto, anche la funzione di tifoso poteva dirsi soddisfacente.
-Vai, vai Tsuyoshi, sbattila in porta quella maledetta! –
Il solito sguardo disgustato di Hisae dimostrò quale fosse il suo pensiero per quella visione. Il sorriso invece con cui Aya accarezzò la scena, aveva un non so che di nostalgico, quasi volesse imprimere quel ricordo nella sua mente, per non potersi mai scordare di quegli attimi di pura felicità vissuta.
-Ho fatto! – sentirono che Sana urlava dalla sua stanza – Devo solo asciugarmi i capelli, farmi la piega, truccarmi e vestirmi, poi sono pronta! –
Il silenzio che seguì le sue parole chiarì quanto i suoi amici fossero consapevoli che quelle azioni le avrebbero probabilmente portato via mezza giornata.
-Beh, almeno riusciremo a finire il torneo – decretò Akito, lasciando posto a Gomi che si giocava i quarti di finale contro Tsuyoshi.
Hisae intrattenne le amiche con il suo nuovo strambo progetto per le prossime vacanze di Natale; mostrò loro alcuni cataloghi di agenzie di viaggio ed esordì con la sua solita frase tipo :
-Ragazze, avevo pensato che... –
Ecco, il mix Sana in ritardo e Hisae che pensava, poteva rivelarsi alquanto letale.
 
*
 
L’Air era incredibilmente gremita quella sera. Frotte di ragazzi che ballavano ed altri che rincorrevano, imploranti, la ragazza di turno che aveva dato loro picche, affollavano ogni angolo del locale, facendo quasi girare la testa per la confusione.
I ragazzi si erano accomodati su un paio di comodi divanetti che circondavano un tavolino di cristallo – troppo, troppo fragile per essere tenuto all’interno di un posto che una sera si e l’altra pure era lo scenario di risse e quant’altro -  sul soppalco dal quale si poteva intravedere la pista da ballo, fasci di luci colorate li investivano di tanto in tanto, facendo brillare i luminosi colori dell’arredamento e dei vestiti delle ragazze.
Una biondina formosa, con indosso un abitino striminzito argentato con le pailette in tinta, passò loro accanto, ed un fischio sommesso di Gomi fece luce su quanto la questione fosse passata per nulla inosservata.
-Bella sventola! – commentò, voltandosi per rimirare le onde disegnate dal fondoschiena della bionda, mentre lo muoveva al ritmo della musica dance che passava in quel momento per le casse rimbombanti.
Hisae si incupì e non commentò.
-Se ti piace quel genere di ragazza... – disse laconicamente Fuka, lanciando un occhiata di sbieco alla sua amica, che ancora teneva lo sguardo fisso sul tavolo.
A volte, Gomi come tutto il resto del genere maschile al completo, sapeva essere davvero molto idiota. Macché, completamente rintronato.
Sana e Akito erano andati a prendere qualcosa da bere al bancone e li potevano intravedere a fatica di sotto, tra la calca di gente che stavano fendendo con facilità strabiliante.
Sana se ne stava appesa come un uccellino sul trespolo al braccio di Hayama, mentre lui a suon di gomitate e pugni scansava tutti quelli che trovava sul suo cammino.
Quando raggiunsero il primo cameriere libero – dicesi anche abbastanza sobrio e sano da poter prestare loro quel minimo di attenzione che meritavano – fecero le ordinazioni.
- Un Sex on the beach... Analcolico – specificò Sana, ripensando alle parole di Aya che si era raccomandata qualcosa come duecento volte di non prendere nulla di troppo pesante perché non le faceva bene.
-Tavolo cinque barra quattro – aggiunse Akito con una smorfia.
Rimasero in attesa che il bel ragazzo annotasse tutto sul suo computer tascabile e poi questo si allontanò con il vassoio sotto braccio.
-Aveva la faccia da idiota – sentenziò Akito, osservando il cameriere che con espressione beota volteggiava verso il bancone.
-E figurati... Invece era davvero un bel ragazzo, aveva degli occhi così magnetici... –
L’espressione di Akito dimostrò chiaramente quanto la sua attenzione fosse stata attratta dagli occhi magnetici di quel vermiciattolo disgustoso.
-Lascia perdere Kurata, capisco che tu abbia sprecato tutte le tue ultime risorse cerebrali per studiare – sbottò Akito, afferrandola per un braccio per poterla trascinare di nuovo verso il loro tavolo. Sana non si divincolò.
Improvvisamente un bel ragazzetto con la camicia sbottonata – che lasciava intravedere un fisichino niente male – si avvicinò a Sana e la prese per mano, talmente inaspettatamente che riuscì a strapparla dalla ferrea presa di Akito.
-Tu sei Sana, vero? L’attrice della TV – le domandò, rimirando la ragazza da capo a piedi e soffermandosi con interesse sulle gambe lasciate scoperte.
-Ehm.. S... Si... – balbettò lei – Che cosa vuoi? –
Quello le sorrise e si avvicinò ancora di più per passarle un braccio intorno alle spalle –Mi chiamo Junichi, ti ho notata mentre te ne stavi laggiù a parlare con quel cameriere – le disse, ammiccando – Mi chiedevo se volevi venire al mio tavolo, stasera, sai per conoscerci meglio, ballare un po’ insieme e magari...-
 
This is going to break me clean in two
This is going to bring me close to you

                   She Is – The Fray 
 
-E magari levarti dai piedi – gli fece eco una voce tremante di rabbia.
Akito, evidentemente, dopo aver compiuto qualche metro ed essersi accorto che la pelle calda del braccio di Sana non stava più tra le sue mani, doveva essersi fatto largo tra quella folla di marmocchi, sempre utilizzando i suoi metodi gentili e pacati – leggesi quindi spintoni, minacce e colpi in testa – per tornare indietro a cercarla.
E l’aveva trovata con un braccio di un emerito sconosciuto – per non dire un'altra parola che Akito avrebbe sicuramente preferito – intorno alle spalle.
Diciamo che gli prudevano un pochino le mani. Niente di eccessivo.
Akito strattonò Sana e la spinse alle sue spalle, poi piantò i suoi occhi ambrati in quelli blu mare del suo interlocutore – Levati di mezzo, nanerottolo – ringhiò, ed evidentemente l’espressione furiosa che aveva in voltò servì come minaccia, abbastanza per far allontanare l’altro alla velocità della luce.
A quel punto Akito afferrò Sana per un braccio e la spinse contro di sé, facendole poi scivolare la sua mano sul fianco della ragazza. Sana tremò.
 – Ti perdo di vista un secondo e già mezza discoteca ti salta addosso – sbottò, era arrabbiato – E’ mai possibile? –
Sana non gli rispose, si limitò a stare in silenzio e a godersi il profumo che poteva percepire stando così vicina ad Akito.
Bagnoschiuma sportivo e sudore.
 
*
 
Dopo il terzo drink, Sana cominciava ad essere brilla. Non ubriaca – di certo non si sarebbe riversata in qualche bagno a vomitare pure l’anima – semplicemente faticava a pronunciare un discorso serio e di senso compiuto e a stare in piedi.
Il che, rifletté ironicamente Akito, non apportava poi una differenza sostanziale da quando la ragazza era invece sobria. Lui fece quindi spallucce.
In ogni caso, Sana cominciava ad essere brilla. E Akito leggermente incavolato.
Quando poi il ragazzo voltò lo sguardo sul resto della combriccola notò, con suo incredibile smarrimento, che pure Hisae e Fuka non erano poi conciate tanto meglio – sebbene mantenessero una certa dignità anche da ubriache e fossero anche in grado di terminare un discorso senza interrompersi, dimenticando completamente quello che stavano dicendo - per non parlare di Gomi che rideva convulsamente per ogni minima cavolata.
Notò il suo amico afferrare una nocciolina e stringerla tra le dita, con le sopracciglia corrugate di chi sta compiendo il lavoro più difficile di tutta la sua vita. Quando la nocciolina si frantumò in tanti pezzettini, Gomi rimase a fissare le briciole con espressione idiota – altra cosa molto simile a quando era invece sobrio – e poi ricadde all’indietro, scosso da un eccesso di risa.
Akito scosse il capo.
Fortunatamente Aya e Tsuyoshi sembravano aver mantenuto il lume della ragione. Il futuro paparino – come continuava a chiamarlo Akito da qualche giorno a questa parte – osservava con espressione preoccupata il povero Gomi, il cui cervello era completamente dipartito, ormai.
-Non lo recuperiamo più – dichiarò solennemente, scoppiando a ridere per la sua stessa battuta.
-Noi non siamo ubriache – recitarono Fuka ed Hisae all’unisono e furono anche abbastanza convincenti.
Fuka sobbalzò – A proposito Sana, mi sono dimenticata di dirti che io tra mezzoretta devo andare via perché stasera parto –
L’espressione ebete di Sana accompagnò la sua domanda – Dove vai? –
-Devo incontrarmi con alcuni colleghi di lavoro – spiegò Fuka, senza guardare negli occhi nessuno.
Akito la osservò, non bevendosi nemmeno per un attimo quella scusa ridicola. Sicuramente Fuka avrà avuto qualcuno dei suoi intrallazzi e non le andava di parlarne con nessuno. Poco male, si disse, un segreto in meno da condividere.
-Allora quando vai via io ed Aya veniamo con te – esordì Tsuyoshi prima che la sua dolce metà potesse proferire parola – Non le fa bene dormire poco e poi, a dirtela tutta, non mi piace l’idea di lasciarti prendere la metropolitana da sola –
Fuka sorrise – Grazie Tsuyoshi, ma... –
-No Fuka, Tsuyoshi ha ragione – disse Sana, con voce pastosa e con l’espressione di chi ha ripetuto quella frase talmente tante volte che ormai nemmeno si ricorda più cosa significhi.
Anche perché Tsuyoshi aveva ragione il novantanove virgola nove percento delle volte.
I suoi amici posarono gli occhi su di lei e le rivolsero uno sguardo interrogativo, al quale Sana rispose con un sorriso innocente.
Gli occhi le luccicavano, accesi improvvisamente dagli effetti dell’alcool che cominciava ad entrare in circolo.
Akito si alzò in piedi – Ora basta Kurata, ti porto a fare un giro, sei conciata da fare schifo –
L’afferrò per le spalle e la sollevò in piedi. Sembrava fatta di burro fuso, Sana, infatti assecondò i suoi movimenti con una facilità che gli ricordò un po’ il pongo che si plasmava sotto il tocco deciso delle sue dita di bambino.
-Dove mi porti? – gli domandò lei, maliziosa, facendogli l’occhiolino.
Akito roteò gli occhi al cielo – Se fossi sincero, temo che la risposta non ti piacerebbe –
Sicuramente sarebbe stata una parolaccia.
-Diciamo che spero che un po’ d’aria fresca e una camminata possa giovarti – le spiegò, ignorando i risolini maliziosi dei suoi amici, che li guardavano allontanarsi abbracciati – solo perché Sana non si sarebbe mai retta in piedi sulle proprie gambe – e costringendola a scendere le scale.
Quando furono fuori dal locale, una folata d’aria fresca colpì Sana in pieno viso, costringendola a tornare parzialmente sul mondo dei vivi.
Si strinse nelle spalle, mentre i brividi cominciavano ad affiorarle sulla pelle.
Metà ottobre offriva ancora giornate soleggiate e serene, durante le quali una felpa o un maglioncino potevano offrire il giusto riparo dai primi freddi autunnali. Ma la sera era letale.
Akito istintivamente si tolse il giubbino di pelle e glielo posò sulle spalle – Ti sembra normale uscire di casa con un vestitino come quello? – la rimbeccò, indicando il micro abito che Fuka l’aveva costretta ad indossare quella sera – Con un semplice copri spalle di cotone? Non ti sei accorta di quanto faccia freddo, Kurata? – incalzò lui, cominciando a passeggiare lungo un marciapiede isolato.
La notte era incredibilmente limpida – distesa di blu profondo sulle loro teste, punteggiato da tanti diamanti preziosi, che erano le stelle, e che ammiccavano loro quasi fossero state amiche del cuore che custodivano i loro più cari segreti.
Sana si immobilizzò fissando quello spettacolo sopra la sua testa – Akito, guarda che bello! – gli disse, indicando il cielo.
Le guance di Sana erano arrossate per lo sbalzo di temperatura, i capelli leggermente arruffati e gli occhi luccicanti come pietre preziose. Si stringeva nella giacca di Akito, al cui interno sembrava improvvisamente piccolissima, e continuava a fissare quel deserto di velluto blu sopra la sua testa con l’espressione innocente e meravigliata di una bambina.
Akito si sentì tremare dentro – Si, è bellissimo – disse, la voce divenuta improvvisamente roca.
Sana abbassò lo sguardo su di lui e il sorriso che fino ad un attimo prima aleggiava sulle sue labbra rosse si spense.
Rimasero a fissarsi così per alcuni minuti interminabili, occhi negli occhi, mentre Akito se ne stava in attesa di una sua mossa. Una mossa qualsiasi, purché parlasse o facesse qualcosa. Qualunque cosa.
 
This is going to bring me clarity
This'll take the heart right out of me

                     She Is – The Fray
 
E poi Sana si avvicinò a lui, talmente tanto che Akito poté sentire il profumo dei suoi capelli inondargli le narici, arrivargli al cervello e mandarlo completamente in tilt.
-Ho voglia di tornare a casa – gli disse, inclinando la testa all’indietro per poterlo fissare negli occhi – Mi accompagni? – chiese ancora, senza smettere di guardarlo.
Akito deglutì a fatica – Va... Va bene – balbettò.
Sempre così loquace quando si trattava di prenderla in giro, Akito sembrava perdere qualunque capacità di parlare ogni qual volta quella piccola peste gli si avvicinava troppo.
Nessuno dei due però si mosse.
Sana allungò una mano per posargliela sul viso e accarezzarlo, gustandosi la sensazione che la ricrescita della barba procurava sotto il tocco dei suoi polpastrelli delicati.
Gli passò poi la mano dietro la nuca per attirarlo verso di sé e si alzò in punta di piedi.
Le sue labbra erano morbide e avevano quella strana consistenza di chi ha bevuto qualcosa di molto forte che gliele ha lievemente screpolate. Bruciate.
Sapeva di ciliegie e rhum.
 
*
 
 
Akito aveva ricevuto una telefonata, Fuka li aveva avvertiti che era tornata a casa e che se Sana fosse rincasata non l’avrebbe trovata.
-Noi stiamo tornando, Sana ci ha messo un po’ a riprendersi –
La sua risposta, pronunciata con un tono di voce che sapeva ancora del bacio che si erano scambiati poco prima, sotto una cascata di stelle che aveva fatto da sfondo a quella scena tanto attesa.
Ciliegie...
Akito le aveva accarezzato le sue labbra con le proprie, mentre immergeva una mano tra i capelli di Sana e la costringeva a piegare la testa all’indietro per poter approfondire quel bacio proibito, che lei gli aveva richiesto.
E rhum...
Forse Sana non era l’unica ubriaca quella sera.
Manco si erano accorti di Tsuyoshi, Aya e Fuka che uscivano dal locale e che li osservavano, con un sorriso contento sulle labbra. Una volta messo il piede fuori, si erano guardati curiosi intorno, alla ricerca di Sana e Akito che erano usciti poco prima. Li avevano trovati poco distanti dall’entrata, intenti a scacciare il freddo in un modo tutto speciale.
Ubriachi.
Sicuramente dovevano essere ubriachi.
Quando si erano staccati – quant’era trascorso? Attimi, minuti, anni? Chissà... – lui l’aveva presa per mano senza chiederle permesso e lei non si era scansata. Sana sapeva fin troppo bene che se voleva tornare a casa l’unico in grado di riportarcela, in quel momento, era colui che le stringeva le dita in una morsa dolce e delicata.
Avevano fatto tutto il tragitto fino alla metropolitana e poi fino al suo palazzo, in silenzio, scambiandosi di tanto in tanto qualche occhiata fugace senza farsi notare dall’altro.
Quand’erano arrivati, lei lo aveva invitato a salire e lui non aveva avuto nulla da ribattere anche perché, Akito sospettava, Sana non sarebbe mai riuscita a farsi dodici rampe di scale senza crollare per terra, visto anche che l’ascensore era guasto.
Dopo i primi gradini, percorsi da gambe tremanti, e non solo per la stanchezza, Akito l’aveva presa in braccio, immergendo il naso nei suoi capelli, come se guardare dove mettere i piedi fosse divenuto improvvisamente superfluo.
Lei aveva agganciato le braccia intorno al suo collo ed era rimasta zitta, lasciandosi trasportare da lui sino alla porta di casa.
Sentirsi dire “Adesso devo andare” e fermarlo, fu un tutt’uno.
 
 
*
 
-Aspetta –
Come se lui avesse mai fatto altro negli ultimi dieci anni e passa della sua vita.
Sana lo strattonò lievemente per la camicia, portando il suo corpo contro il suo. Si alzò in punta di piedi e gli portò le braccia al collo. I loro visi erano vicinissimi.
Ancora una volta, quella sera.
-Dammi un bacio – gli disse, gli occhi improvvisamente imploranti.
Lui scosse la testa, ma il suo corpo reagì a quella provocazione in modo inaspettato. Le artigliò i fianchi con fare possessivo e cominciò ad accarezzarle la schiena, sopra il tessuto del tubino nero che indossava.
- No. Sei ubriaca. Già prima, fuori dal locale, non so cosa mi sia preso... Non avrei dovuto permettere che... – le disse, senza concludere la frase, in realtà però la sua voce era diventata roca.
Sana rise – Non è vero, non sono ubriaca. Ho bevuto solo un po’, ma sono giusto un po’ brilla – continuò, avvicinando le sue labbra pericolosamente a quelle di Akito – So esattamente quello che ho fatto e quello che sto facendo
Quell’inconsistente distanza fu annullata.
Poter sentire ancora le sue dolci labbra sulla propria bocca, mentre baciavano fu una sensazione che per un attimo gli fece perdere il controllo.
Poi Akito la scostò con gentilezza da sé –No, Kurata –
Lei si imbronciò  -Akito! Per una volta che trovo il coraggio di prendermi quello che voglio tu mi fermi? – gli domandò, la nota di ilarità fortemente presente nella sua voce. Gli riallacciò le braccia dietro il collo e si sollevò sulle punte dei piedi per poterlo baciare – Non voglio lasciarti andare via. Ancora  
E dopo un secondo di esitazione ad Akito non servì altro per poter rispondere con passione al suo bacio, come lei richiedeva.
Diede una spallata alla porta che si aprì docilmente, cigolando un pochino, per poi richiudersi con un tonfo sordo alle loro spalle.
Sana e Akito continuarono a baciarsi, frenetici, senza badare che a quell’ora di notte potevano aver svegliato qualcuno.
Dopo aver aperto la cerniera con lentezza strategica, le sfilò il vestito  che lanciò da qualche parte in salotto e poi, continuando a baciarla, la spinse con foga e desiderio verso la sua camera.
Crollarono l’uno sopra l’altra sul letto, Sana gli circondo la schiena con le gambe nude, ancora più belle di come lui se le ricordava.
Akito le baciò il collo, eccitato, fin troppo consapevole che se solo avesse continuato ancora per qualche minuto e tenerla tra le sue braccia, non sarebbe più riuscito a fermarsi.
Le tracciò una scia umida di baci che partiva dal collo fino ad arrivare all’ombellico, poi dispettoso vi soffio sopra una carezza di respiro caldo che la fece rabbrividire. Sana inarcò la schiena contro di lui – Akito – lo chiamò, il tono di voce a metà tra l’essere disperato e la voglia incondizionata che aveva di lui.
-Sana se continuiamo… Se tu non la smetti… Io non riuscirò a fermarmi…- le sussurrò contro l’orecchio – cosa sperava? Che lei lo respingesse? O forse che lei gli dicesse che in realtà voleva solo che lui continuasse? – e lei istintivamente voltò la testa per potergli catturare le labbra in un bacio che era molto più simile ad una supplica.
-Non lo fare – gli disse infine, sfilandogli la maglietta che lui aveva ancora addosso e cominciando ad accarezzargli la pelle sensibile del ventre e dei fianchi. Lui trattenne il respiro.
Akito la spogliò e lei rimase immobile, gli occhi chiusi, godendosi il tocco fresco delle sue mani che le accarezzavano il corpo scosse da un lieve fremito.
Quando, completamente nudi, lui si adagiò sopra di lei poté sentire la pelle calda del proprio corpo attratta da quella di Sana, che tremava convulsamente.
Con una mano le scostò i capelli dalla fronte e la guardò negli occhi. Lei rimase immobile per qualche secondo – dannato Akito che le faceva sempre quell’effetto, anche in quei momenti – e poi aprì la bocca per dirgli – Ti prego –
Accontentò quella supplica pronunciata ad un soffio dalle sue labbra e quando quella mera distanza che li separava si annullò, Sana gridò di gioia per il fatto che Akito fosse di nuovo solamente suo.
Suo dentro lei e lontano da tutte le altre che potevano solo sognarsi di averlo in quel modo.
Suo, come non lo era mai stato nemmeno Naozumi.
E mentre Akito spingeva seguendo il ritmo che lei gli suggeriva, con voce graffiante, all’orecchio, non poté fare a meno di chiedersi se il giorno dopo, quando si fossero svegliati, lei lo avrebbe cacciato di casa o se avrebbero potuto cominciare a vivere la loro storia, cosa che si erano negati ormai da troppo tempo.
 
This is going to bring me to my knees
I just want to hold you close to me

                   She Is – The Fray
 
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(*) Siccome, come sempre, volevo essere il più fedele possibile alla realtà, ho digitato in internet qualcosa come “Locali a Tokio” e mi è uscito una lista di nomi, tra i quali appunto Air, discoteca dall’ambiente giovanile che si trova nella zona di Shibuya, ad est di Tokio appunto. ^^
 
Credo che, effettivamente, dovrei scusarmi. Intendo, per aver aspettato così tanto ad aggiornare la storia. Quindi mi scuso, e vi evito infinite scuse che non vi interessano e che vi annoierebbero soltanto. Vi informo soltanto che, nel frattempo, mi sono diplomata, ho trascorso delle buone vacanze e che domani vado a lavorare.
Credo che, da settimana prossima, riprenderò con l’aggiornamento del lunedì – quando andavo a scuola era il giorno a me più congeniale, quindi spero di poter dire altrettanto del lavoro.
Ah, se la cosa potesse interessarvi, la storia ho finito di scriverla. Per davvero, il che mi permette di promettervi aggiornamenti regolari. Sì.
 
In ogni caso, passando alla storia : che ve ne pare del capitolo? Finalmente – mi viene da dire – i due beniamini si sono dati una mossa e la storia trova il suo senso nella canzone dei The Fray. Tra una settimana, la seconda parte.
E, se vi può far piacere, ho cambiato la formattazione della storia. Il carattere di primi mi dava troppi problemi con l’HTML, non riusciva mai a riconoscerlo e, detto tra noi, cominciavo ad odiarlo. Direi che Verdana è un classico e va bene per tutto.
 
Passo ai ringraziamenti,
 
Castiel: dimmi che hai trovato una canzone per lo scorso capitolo. Anche a me sembrava terribilmente vuoto, ma proprio non ne avevo una – sarà forse per questo che il capitolo non mi piaceva. Comunque, credo che mi farò perdonare, in uno dei prossimi capitoli prevedo una doppia colonna sonora! Grazie come sempre di tutto, un bacione! ^_^
ryanforever: ci sei vicina tanto così **Ale avvicina pollice e indice** per ciò che riguarda Fuka. Comunque dovrai attendere ancora due o tre capitoli. Allora... In quanto psicologa, insieme a Tsu credo che verrò a farti visita anch’io – presente gli attacchi di panico? Ehm. Non divaghiamo. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto sul serio, mia sibilla. Un bacio ^__^
dancemylife: no, Akito bastardo no, povero coniglietto! Comunque sì, non hai dovuto aspettare moltissimo per il, ehm, bacio epico? Ragazze, voi mi fate morire dalle risate. Comunque stai tranquilla per gli esami, se un anno fa l’avessero detto a me avrei riso, ma sono veramente una cavolata! Tutto fumo e niente arrosto. Un bacio grande (:
Ili91: anch’io ho scelto la traccia degli UFO, 15/15 posso dirmi soddisfatta e i miei esami sono andati benissimo. A te? Le tue conversazioni a senso unico con Sana e Akito sono favolose – prima o poi te li concederò così potrai farci una bella chiacchierata, d’accordo? E per la buonanotte del finale, ci stava. Insomma, io sono cattiva, non posso sempre accontentarvi U.U Grazie mille di tutto e spero che questo evolversi ti sia piaciuto! (: Un bacio.
marypao: una vendetta? Intendi in piena regola, con ricatti, coltelli, pistole, piani diabolici? Ecco, no. Sana gli darà solo tutto il suo amore... (e scusa se è poco, ce lo porta via!). Comunque, quel pezzo che hai citato, con Akito in versione “il mio istinto mi dice che è ora di cena” sognavo da un bel pezzo di scriverlo. Anche se, ovviamente, non è uscito fuori come lo volevo io ._. Grazie comunque cara, un bacione (:
Deb: mia cara! Adesso posto e poi... Sì, sto scrivendo la recensione a FU su un notes, così non corro più il rischio che Alice – la connessione – mi freghi e mi faccia perdere tutto. Comunque, Sono troppo contenta che tu abbia notato quella parte di Akito nel comportamento di Sana, anche mentre lo scrivevo ci ho pensato e mi sono detta “non sembra nemmeno lei”. E per Fuka non mi sbilancio, chiaro? Ecco. Siete tutte troppo curiose. Per quel finale lì, credo di essermi fatta perdonare con questo capitolo. Mh. Sì. “A me non piace molto il sushi. ERETICA” Okay, crisi respiratoria in atto, meglio che ti saluti. Un bacione e grazie mille (:
roby5b: come ti sono andati gli esami? Eri un po’ più calma al colloqui spero. Comunque, sì, quella camicia nera era stata pensata per essere tolta, magari da Sana, magari quella stessa sera... E magari anche no. Suvvia, gioisci che in questo capitolo si sono dati una svegliata (: un bacione!
Smemo92: quanto siete curiose per questa Fuka? Il capitolo, come ho detto, non mi convinceva. Soprattutto per quella maledetta cena che.. Boh, a mio avviso non è servita a nulla. Consideriamolo un capitolo riempitivo. E Sana e Akito, spero, siano tornati un po’ in sé almeno questa volta. Attendo un tuo parere mia cara, un bacio (:
So smile: mi dispiace per aver aggiornato solo ora, scusa davvero. Sono contenta che la storia ti piaccia e che il comportamento strambo di Sana ti sia piaciuto – mi serviva qualcosa di forte per far capito il degrado mentale della poverina. Il continuo ti è piaciuto? Spero proprio di sì. Tantissimo baci e grazie infinite (:
Yesterday: l’unica cosa che ti posso dire per tranquillizzarti sulla faccenda “Fuka” è che la notizia è veramente bella, che lei rimarrà un punto fermo e che, anzi, aiuterà i due a darsi una svegliata ad un certo punto della storia. Stop. Io sogno, comunque, di avere il mio Akito coniglietto che fa le fusa. Dici che riusciamo a crearne uno? U.U E... Adesso che ho finito di leggere il manga, sicuramente capirò meglio il personaggio anche di Akito, quindi potrò sbizzarrirmi. Anche se non in questa fiction. Spero si rimanere nell’IC comunque. Sto divagando, a più tardi tesoro (per domani, una sola parola : panico!).
 
Ragazze siete veramente fantastiche, non so come ringraziarvi per ogni singola parola di conforto. Mando tantissimi baci anche a chi mi ha cercata via mail per conoscere l’evolversi della vicenda She Is”.
 
E, infine, grazie anche a chi ha inserito la storia tra le Seguite, le Preferite e le Ricordate (e a chi continua a farlo con My Sorrow, facendomi venire i brividi, altro non riesco a dire *.*).
Adesso tolgo le tende.
 
Una ventata di baci
Ale69
  
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