La Vita Nova.
Capitolo VI
Caldo.
Tanto caldo.
Ecco cosa sentiva
da quando aveva lasciato il palazzo, anche al solo pensiero di quella danza.
Neanche durante il Don Juan Triumphant si era sentito così eccitato. E sì che
quella canzone era erotismo allo stato puro e rappresentava esattamente quelli
che erano i suoi sentimenti per l'amata Christine, ma guardare Phénix danzare
con così tanta sensualità l'aveva semplicemente sconvolto.
Sì, sconvolto era la parola esatta.
Se non l'avesse
conosciuta e non avesse saputo che quei due non si erano mai incontrati prima
d'allora, avrebbe detto senza dubbi che erano amanti e che la loro passionalità
e la loro complicità era trapelata in maniera fin
troppo evidente durante quel tango. Il tempo sembrava essersi arrestato mentre
tratteneva il fiato nel seguire i movimenti della giovane zingara, mentre si
perdeva a guardare i suoi occhi smeraldini che fissavano con malizia e
sensualità quelli del suo compagno, o i lineamenti dolci del suo corpo che
pareva nato solo per quel ballo.
Era malefica proprio come una strega, sì. Altrimenti non si
sarebbe spiegato del perché non fosse riuscito a toglierle gli occhi di dosso,
nascosto dietro quello specchio, o del perché non riusciva a pensare ad altro
se non immaginarsi al posto del ballerino.
Non era riuscito
nemmeno a pensare alla sua Christine quando questa aveva scambiato due parole
con la rossa. Così come non era riuscito a collegare il cervello alle orecchie
per sentire cosa si stessero dicendo.
O stava ammattendo
lui, il che era probabile, o quella zingarella gli aveva fatto un sortilegio,
non c'era altra spiegazione.
Prese un respiro
profondo, cercando di darsi una calmata, e portò tutta la sua attenzione – o
presunta tale, dato lo stato d'animo che aveva – alla donna che aveva di fronte
e che aveva perfettamente capito che in quel momento stava facendo di tutto
fuorché ascoltarla.
«Erik, posso sapere
che ti prende?», chiese esasperata Louise Giry, incrociando le braccia e
lanciandogli un'occhiata affilata.
«Niente, non è
niente.», borbottò lui, alzandosi dalla sedia su cui stava e iniziando a
camminare avanti e indietro per tutta la lunghezza della cantina. Si passò
stancamente una mano tra i capelli per riordinare le idee, poi puntò i suoi
splendidi occhi acquamarina sulla direttrice del balletto. «Cosa
stavamo dicendo?»
«I manager dell'Opéra.»
«Sì, sì, bene.» Sì
schiarì la gola, portandosi un pugno davanti alle labbra per educazione. «Andrai da loro dopodomani e gli spiegherai un po' la
situazione. Non penso che faranno storie, è quello che in realtà stanno
aspettando da settimane.»
«Sei consapevole
che quei due, quando verranno a conoscenza del fatto
che sei ancora vivo, mi possono crollare per infarto davanti agli occhi?»
«A
questo proposito gli porterai un anticipo sui tempi, così potranno ragionare a
mente lucida. Sempre che ne abbiano mai avuta una.»
«Erik…», lo
rimproverò bonariamente lei.
«Che
c'è? Non posso manifestare la mia simpatia per quei due imbecilli?»
Louise sospirò, scuotendo
mestamente la testa, mentre lui le si fermava a pochi
passi di distanza. «E se dovessero rifiutare?»
«Accetteranno.»
«Non puoi esserne
sicuro.»
«Invece lo sono.»,
sbottò irritato, assumendo quello sguardo tanto freddo quanto terribile. «Deve
andare così.»
«Se Firmin e André
non dovessero accettare…», proseguì imperterrita la donna, facendogli contrarre
la mascella contrariato. «…Hai per caso pensato ad un piano per togliermi dai pasticci nel caso andassero a
denunciarmi?»
«Non lo faranno.»
«Erik, per l'amor
del cielo!», esclamò Claire, alzandosi con veemenza e fronteggiandolo. «È mai possibile che quello che dici e progetti non possa
avere i suoi pro e i suoi contro? O ti sei dimenticato di come sia andata a
finire l'ultima volta?» Si pentì immediatamente delle
sue parole non appena vide lo sguardo dell'uomo diventare un mare in tempesta.
«Perdonami, non volevo dirlo.»
«Ma
l'hai detto, Claire Louise, l'hai detto!» Erik sbatté un pugno guantato di nero
sulla parete di pietra della stanza, respirando velocemente per la rabbia.
Quanto era dolorosa e crudele la verità…
«Quello
che intendo dire è che devi pensare anche alla possibilità che non vada
esattamente tutto secondo i tuoi piani. Ne hai avuto
le prove, Erik, e per quanto questo possa essere doloroso dovresti imparare dai
tuoi sbagli.» La donna gli si avvicinò senza paura, posandogli una mano sul
braccio teso verso il muro. «Non pensare che ti dica
certe cose per cattiveria. Lo sai bene che voglio il meglio per te e mi
piangerebbe il cuore se ti trovassi nuovamente in quello stato pietoso.»
Erik chiuse gli
occhi, cercando di pensare a tutto tranne che a quei giorni funesti dopo
l'incendio. Mai aveva sofferto così tanto, mai aveva
versato tutte quelle lacrime. E non era colpa né di Christine, né di quel
damerino, né di nessun altro. Era solo ed esclusivamente colpa sua. Era stato
lui l'artefice di tutto, lui l'aveva indotta ad una
scelta più grande di lei, lui l'aveva fatta scappare. E tutto quello perché?
Perché era fortemente convinto che tutto sarebbe
andato alla perfezione, liscio come l'olio. Non aveva considerato un atto
stupido come quello di Christine di togliergli la maschera davanti a tutti, né
il fatto che Claire stessa avrebbe mostrato la via al Visconte per raggiungere
la sua casa. E mai aveva lontanamente preso in considerazione una risposta
negativa da parte della giovane cantante.
I risultati, alla
fine, si erano visti perfettamente.
«Nel
malaugurato caso dovessero rifiutarsi... Io sarò lì a fargli cambiare idea. E
non voglio sentire discussioni.»
La donna sospirò
indispettita, conscia che non sarebbe riuscita a farlo ragionare. Quando si
metteva qualcosa in testa, quell'uomo era più duro di un diamante. «Solo una cosa, Erik. Stai attento.»
Lui ricambiò la sua
preoccupazione con un solo sguardo serioso e fece per andarsene, avvicinandosi
alla porticina di servizio che dava sul giardinetto retrostante, proprio sotto
la cucina.
«Non vuoi
parlarle?»
Erik fremette
all'idea di trovarsi Phénix di fronte mentre era ancora pervaso da quello
strano senso di calore in tutto il corpo. No, non avrebbe retto, ne era sicuro.
Per quanto fosse un uomo dai sani principi era
e restava pur sempre un uomo. «Verrò a parlarle quando
avrò qualcosa da dirle, e non è oggi. Buona notte, Louise.»
«Buona notte, amico
mio.»
Phénix sapeva che
quella notte Erik era andato a trovare Madame Giry.
L'aveva visto entrare furtivamente dalla porta di servizio della cantina
sul cortile, proprio lo stesso lato su cui si affacciava la finestra di camera
sua. E così com'era arrivato, furtivo e nascosto come un'ombra, ugualmente se
n'era andato.
Le dispiacque il fatto che non avesse voluto incontrarla; gli
avrebbe voluto raccontare di quello che era successo quel pomeriggio, del
ballerino gentile, delle occhiate sbieche che le altre ragazze le avevano
lanciato, dei complimenti di Madame Giry, che non sembrava proprio una donna
tanto disposta ad elargirne in grande quantità... E invece non si era fatto
vedere. Magari aveva qualche affare da portare a compimento, ma provare a
capirlo, delle volte, risultava difficile anche per
lei.
Fu quando si
accorse che in realtà non si era allontanato dal palazzo, immobile come una
statua appeso a mezz'aria su una grata nel muro, mentre evidentemente aspettava
il passaggio di qualcuno, che decise di seguirlo. Phénix scavalcò il suo
gattino che dormiva placidamente accucciato in un cuscino, ed
uscì dalla sua camera, scendendo i gradini a piedi scalzi per non fare rumore.
Sperò vivamente di non incontrare nessuno durante la sua piccola scappatella.
Si diresse verso la cucina, dove uscì sul retro del palazzo, e camminò verso il
cancello che chiudeva il cortile interno dalla strada. Erik, nel frattempo, era
già sparito.
Si guardò intorno
nel tentativo di scorgerlo mentre sgusciava via, ma riuscì solo ad intravedere il suo mantello che spariva dietro un angolo,
tra la foschia della notte. Sempre a piedi scalzi, per non far risuonare la
suola sul ciottolato, prese a correre nella direzione in cui si era infilato.
Non sapeva esattamente perché lo stesse facendo, né aveva pensato alle
possibili conseguenze se lui o qualcun altro di sua conoscenza l'avessero scoperta. Continuò a seguirlo fino ad un vicolo stretto e buio, deserto, che puntava
direttamente alla grande mole dell'Opéra. Peccato che non
vide l'uomo da nessuna parte. Dov'era andato?
Quasi non riuscì a
finire di formulare il pensiero che si ritrovò spalle
al muro, con una grande mano che premeva violentemente contro la sua gola, nel
chiaro intento di strozzarla o di spezzarle l'esile collo con un colpo secco.
Fortuna volle che
Erik si accorse in tempo di chi avesse tra le mani,
altrimenti non riusciva a pensare a cosa sarebbe potuto succedere. «Cosa stavi facendo?», scandì bene la domanda, mollando la
presa dalla sua gola.
Phénix tossì un po'
e cercò di riprendersi dallo spavento. «Facevo due passi, è vietato?»
«E guarda caso
questi passi ti hanno portata a seguirmi.»
«Volevo scambiare
due parole con te... È così grave?», sbuffò la zingara, facendogli
letteralmente perdere un battito. Che si fosse accorta di lui quel pomeriggio?
«Cosa
hai di così importante da dirmi?»
Phénix assottigliò
gli occhi, avvicinandosi di un passo all'uomo che la sovrastava per altezza e
robustezza. «Si può sapere che ti prende? Da quando
sei diventato così freddo e antipatico? Ora non posso neanche avere la voglia
di farmi due chiacchiere?»
Erik si sentì
spogliato da quello sguardo offeso che pesava come un macigno sulla schiena.
Non voleva essere sgarbato, ma l'idea che qualcuno, per di più una donna,
avesse voglia di parlare con lui, lui!, lo metteva solo ed esclusivamente
a disagio. Non era mai stato bravo a comportarsi normalmente con le altre
persone, dato che gli unici rapporti normali,
se così poteva definirli, che aveva avuto con il mondo erano quelli con Claire.
E ora c'era quella ragazzina impertinente che lo stava mettendo in soggezione
con una facilità disarmante. Quasi si vergognava di sé
stesso per non riuscire a prendere in mano la situazione.
«Non credo di
essere la persona più adatta con cui scambiare due parole.», borbottò, sviando
lo sguardo verso la traversa illuminata che aveva appena lasciato.
«Ah
no? Beh, scusami allora se ti consideravo un amico!»
Erik non ebbe il
tempo di ragionare bene su quello che aveva appena sentito, perché nel giro di
due secondi si ritrovò a sigillare la bocca della ragazza con una mano e a
trascinarla velocemente contro una porta, appiattendosi contro di lei.
«Zitta.», le sibilò in un orecchio, mentre i passi cadenzati di un gruppo di
soldati diventavano sempre più udibili.
Phénix cercò di
voltare il viso per guardare quel gruppo di uomini che proprio in quel momento
stavano passando davanti al vicolo. Uno di loro stava proprio dicendo agli
altri di aver sentito qualcosa provenire dalla loro direzione e che sarebbe
andato a controllare. Non ci impiegò molto a togliere la mano di Erik dalle sue
labbra, per lasciarle libere di cercare quelle dell'uomo che la stava
stringendo per proteggere entrambi.
Erik credette di
perdere i sensi quando sentì quella bocca infuocata premere contro la sua con
una voluttà e una passione che mai avrebbe creduto potesse esistere. Incapace
di muovere un solo muscolo, si lasciò baciare ed
accarezzare come una bambola nelle mani di una bambina intraprendente. La
stessa bambina che, contro le sue labbra, gli mormorò decisa di assecondarla.
Fu così che le sue mani scivolarono ormai senza rendersene conto lungo i fianchi di lei, libere poi di salire e scendere sulla sua
schiena, mentre si lasciava trasportare da un bacio che di casto aveva
veramente poco. Sarà stato il ricordo di quel ballo, o semplicemente l'idea di
avere una donna tra le braccia, ma si sentì sconvolgere da un desiderio così
intenso quanto doloroso che mai aveva provato.
Phénix portò una
mano sulla maschera di lui, per levarla via nel caso
il soldato fosse passato avanti, e si staccò un attimo da quelle labbra carnose
per riprendere fiato.
«Ehi,
voi due! Non l'avete una casa?», esclamò il soldato,
fermandosi a pochi metri da loro, dopo essersi accorto che si trattava solo di
una coppia di amanti.
Erik nascose il
volto nell'incavo del collo della zingara, e lei guardò l'altro con
un'espressione maliziosa e birichina. «Ci piace l'avventura, monsieur.»
Il soldato scoppiò
a ridere, scuotendo la testa e tornando indietro dai suoi colleghi. «Ah, sono
solo due che amoreggiano!»
Phénix tirò un sospiro di sollievo quando il gruppo si allontanò
definitivamente e si voltò a guardare Erik, ancora con la fronte poggiata sulla
sua spalla. «Scusami, ma dovevamo passare inosservati.»
Gran bel modo di
passare inosservati, pensò l'uomo, mentre prendeva un respiro
profondo, alzando poi lo sguardo sulla giovane. «Certo... Hai...
fatto bene.» Non gli sembrava tanto presa da quello che era appena successo,
anzi. Del resto, aveva agito solo per proteggere entrambi. Per cosa, altrimenti?
Era solo lui che non riusciva più a ragionare lucidamente e non poteva certo
sperare di farlo, non se sentiva ancora sulle sue labbra il sapore
di lei, non se non riusciva ad allontanarsi dal suo corpo, ancora
incollato alla porta dietro la sua schiena.
«Va tutto bene?»,
gli chiese, piegando incuriosita il capo.
«Sì, sì.», fece
lapidario lui, sviando lo sguardo per evitare che gli leggesse in faccia
l'imbarazzo che stava provando. «Tornatene a casa, è pericoloso qui fuori.»
«Ma finché ci sarai tu con me sarò al sicuro.», ribatté la zingara. «E poi
ti sei già dimenticato del fatto che avevo voglia di
scambiare due chiacchiere?»
«Sei noiosa e
petulante.» Si mise a camminare, senza guardarla. «Muoviti, non ti aspetto.»
Phénix sorrise
sotto i baffi e allungò il passo per non perdere la sua guida. Non sapeva
spiegarsi bene il motivo – o meglio, poteva solo immaginarlo – ma le sembrava
che fosse diventato tutto d'un colpo un bambino dopo
la marachella. Era a disagio, tremendamente a disagio:
il fatto che guardasse ovunque tranne lei ne era la conferma. Forse quel bacio
era tanto inaspettato quanto... nuovo? Stando al racconto di Meg, Erik
aveva amato solo Christine e non le sembrava certo uno di quegli uomini che
cercavano la compagnia di altre donne per consolarsi delle pene amorose.
Probabilmente non aveva mai baciato una donna in vita sua che non fosse la sua
musa, sempre che avesse mai baciato anche lei.
L'unica cosa che
trovò problematico, e anche parecchio a dirla tutta,
era il fatto che baciare quelle labbra le era piaciuto. Oh, se l'era piaciuto! Tremanti all'inizio, timide poi, e totalmente passionali alla fine.
Poteva ancora sentirle fremere contro le sue, alla ricerca disperata di un loro
contatto più intimo.
Entrambi
completamente persi nei loro pensieri, arrivarono in
silenzio all'Opéra, passando da Rue du Scribe. Erik, dopo essersi assicurato che non ci fossero
occhi indiscreti a guardare, la prese per un polso e la trascinò verso una
grata-finestra, che aprì con una chiave che teneva in tasca. Si ritrovarono,
così, in una sorta di cappella votiva, un tempo illuminata dalle candele per
Arrivarono
finalmente in una zona più illuminata, grazie ad alcune sporadiche torce ancora
accese, e proseguirono fino ad un “porticciolo”, dove
c'era attraccata una gondola di piccole dimensioni, finemente intagliata nel
legno e con i sedili riccamente coperti da cuscini bordeaux.
Phénix non poteva
credere ai suoi occhi: non pensava certo che ci fosse un lago sotterraneo in
quel posto.
«Sali.», fece Erik,
porgendole una mano per aiutarla.
Phénix dovette
mordersi la lingua per non sbottare contro i monosillabi che aveva preso
l'abitudine di pronunciare. Non che fosse un uomo loquace, quello l'aveva
capito da sola, ma non pensava certo che un semplice bacio potesse scioccarlo a tal punto da fargli perdere l'uso della parola.
Fu quando si perse
a contemplare quel posto magico fatto di canali che si snodavano a perdita
d'occhio, di archi e sculture scolpite nella roccia nuda, che non pensò ad
altro. Erik remava lentamente, in piedi dietro di lei, e non poté fare a meno
di frenare un sorriso, nonostante tutto. Era orgoglioso di quello che era
riuscito a costruire e vedere lo stupore negli occhi della ragazza, soprattutto
quando davanti a loro si aprì la vista della sua casa, poteva solo essere il
culmine del suo compiacimento.
Phénix non aveva
mai visto un posto simile. Se da piccola le avessero letto storie per bambini,
avrebbe sicuramente detto che quello era un luogo proveniente direttamente
dalle favole. Il lago terminava contro una lingua di terra ampia abbastanza da
contenere tavoli, mobili, specchi coperti da drappi rossi e sedie; c'era una
nicchia rialzata, poi, dove un organo tirato a lucido faceva bella mostra di sé,
come se tutta quella grotta convergesse in lui come il nucleo principale. Ed
era proprio così, dato che la musica era l'essenza che
aveva fatto crescere quel genio che era Erik. Sulla destra, infine, dopo aver
salito qualche gradino, si arrivava ad un'altra
nicchia, che conteneva un bellissimo letto a forma di cigno, coperto da
lenzuola di raso cremisi. Tutto l'ambiente pareva ancor più surreale dalla
nebbiolina di vapore che saliva dall'acqua tiepida del lago e dalle decine e
decine di candele che l'illuminavano tremolanti.
«Questo posto è... incredibile.»,
mormorò la ragazza, mentre Erik scendeva dalla barca e poggiava il lungo
bastone contro una parete.
L'aiutò
a raggiungerlo a riva, poi si allontanò verso una sedia, dove si tolse con
grazia il mantello e lo piegò con cura quasi maniacale. Lanciò un'occhiata alla
zingarella, completamente persa a guardarsi intorno per prestargli attenzione.
«Hai fatto tutto
questo... da solo?»
«Sì.
Questo posto, in origine faceva parte di un complesso di catacombe... Io gli ho
solo dato una sistemata.»
«Solo?
Erik, ti rendi conto che è splendido qui giù?»,
esclamò lei, curiosando ovunque. Spartiti, appunti, disegni... Poteva trovare di tutto tra quei tavoli disordinati, che
raccontavano di una vita in piena attività, instancabile.
«Sì,
soprattutto se passi i tuoi giorni in totale solitudine. Lo trovi ancora
splendido?», replicò amaramente Erik, prendendo
distrattamente uno spartito tra le mani.
Phénix lo guardò, ora completamente attenta. «Perché?
Spiegami, perché hai vissuto la tua vita qui? Solo?»
La gola dell'uomo
divenne secca di colpo, mentre si rendeva conto che doveva stare molto attento
a quello che le avrebbe raccontato.
«È per via di
quella maschera che indossi?», continuò imperterrita lei, inconsapevole di aver
centrato la questione.
Erik riuscì a
rimanere serio ed impassibile solo per il suo incredibile
autocontrollo. «La maschera non c'entra.»
«E
allora perché nascondi il tuo viso? Perché così risulti
più spaventoso e temibile per rendere onore al soprannome che ti hanno dato? O
per un gusto puramente estetico?»
L'uomo strinse i
pugni in un moto di stizza. «Parli senza sapere.»
«E allora spiegami
come stanno le cose!», esclamò, allargando le braccia esasperata. «Perché hai vissuto sempre qui? Volevi nasconderti da
qualcosa? Da qualcuno? Spiegamelo!»
«Non sono fatti che
ti riguardano.», sibilò, lanciandole un'occhiata che era tutto
un programma. Non voleva sentire altro, nient'altro che avesse a che fare con
lui. Ma forse ancora non aveva imparato che se c'era
una cosa che Phénix sapeva fare bene era insistere, sempre e comunque, finché
non otteneva ciò che cercava. Da quel punto di vista era maledettamente uguale
a lui.
«Oh,
bene, ora non mi riguarda la tua vita. Ti ho raccontato di me, del mio passato...
Perché ora non posso conoscere quello dell'uomo che mi ha salvata?»
«Perché niente di
quello che è stato il mio passato vale la pena di ricordare.»,
mormorò con un filo di voce. «A volte mi domando se non sia il caso di
dimenticare anche il presente.»
Phénix si sentì
stringere il cuore sentendo quelle parole pronunciate con così
tanto dolore e vedendo quegli occhi acquamarina diventare lucidi per la
commozione. «Non volevo riportarti alla mente brutti
ricordi, Erik. Voglio solo farti capire che puoi sempre parlare con me. Pensavo
ti avrebbe fatto bene sfogarti un po'.»
Senza quasi
rendersene conto, Erik allungò una mano al viso di lei,
per accarezzarla riconoscente. «Apprezzo molto quello
che mi offri, Phénix. Ma il ricordo, per me, è un
brutto male.»
La sua mano venne raggiunta da una della ragazza, che gliela strinse con
forza. «Non voglio obbligarti a parlare, ma sappi che quando vuoi io sarò pronta ad ascoltarti. Voglio poter fare qualcosa per
aiutarti, Erik. D'accordo?»
Lui annuì
debolmente, il cuore che gli scoppiava immensamente di gioia per aver trovato
una persona così pura e gentile con uno come lui. Si
sentiva quasi un verme nel ripensare a quello che inconsapevolmente le aveva
fatto. Chissà come avrebbe reagito se avesse scoperto chi fosse veramente?
Avrebbe continuato ad essere così buona con lui, o
l'avrebbe trattato alla stregua di un mostro, come il resto delle persone?
«Posso farti una
domanda?», gli chiese, facendolo sospirare.
«Dipende dalla
domanda.»
Phénix abbassò lo
sguardo, osservandosi distrattamente le punte dei piedi. «Sai, non ne ho mai avuto la possibilità e mi piacerebbe... Ecco, mi piacerebbe
essere come Meg, che sa così tante cose, che sa... Leggere, e scrivere. Tu potresti
insegnarmi, vero Erik?»
Lui corrugò la
fronte, perplesso per la richiesta. «Io?»
«Vedi altre persone
qui?», esclamò lei, gonfiando le guance per l’imbarazzo.
Dopo averci pensato
un po', la sua espressione divenne più rilassata, quasi divertita. «Bene, ma sappi che sono un insegnante molto intransigente.
Iniziamo subito?»
Lei si lasciò
andare ad un bel sorriso. «D'accordo, Maestro.»
Continua...
Come sempre
ringrazio Francesca per il commento, gentilissima! *-* Ti spiego, ora, la
"rigidezza"delle ballerine: è una descrizione dal punto di vista di
Phénix, una zingara che non ha mai avuto la possibilità di vedere delle
ballerine d'opera all'opera (scusa il gioco di parole xD),
una donna che ha sempre creduto che dovesse essere la musica a dettare i
movimenti, e non viceversa. Forse non l'ho spiegato bene, ma è
il fatto che le ragazze mettessero avanti prima la tecnica e poca
passione, secondo lei, a dettare questa "rigidezza e forzatura". Per me le ballerine
d'opera sono angeli, altro che forzate! :D Spero di
essere stata chiara. :)
Ah! Son contenta ti
stia drogando con quella canzone, è splendida! *o*
A presto! :)
Grazie mille anche a aliena, Keyra93 e leschatnoir
per le seguite, e tra le preferite sempre Keyra93, masked_lady
e sydney bristow. Grazie!
<3
Al prossimo
aggiornamento! ;)