Primavera
Fu
quando venne mastro Muriel
che Cèsar cominciò a preoccuparsi. Mastro Muriel
non veniva mai fin là. Non
almeno in tempi di pace. E invece una mattina se lo vide comparire
dalla svolta
della strada. C'era il sole, e lui stava zappando.
- Che vi porta da queste
parti, mastro Muriel? - chiese Cèsar, sospendendo la zappa.
Muriel lo guardò
attraverso le grosse pietre del muricciolo. Non aveva il coraggio di
varcare
quella soglia: sua madre ci era morta tante estati prima, e lui stesso
era stato
in pericolo.
- Vengo a chiedervi come va
il lavoro - disse Muriel, bighellonando intorno a un ceppo che stava
posato per
terra. Era il ceppo in cui Luìs certe volte ficcava la scure
prima di usarla.
- Vengo solo a chiedervi che
fate.
Cèsar sembrò sollevato. Posò
la zappa e lo invitò ad entrare, ma quello non volle
saperne.
- Vi hanno visto in città,
l'altro ieri. Vicino al banco che vende vestiti.
- Ero là per delle compere, a
volte mi metto a fantasticare, lo sapete.
Mastro Muriel, che conosceva
come tutti le tristi vicende di Cèsar, socchiuse gli occhi,
incerto se
crederci.
- Avete fatto molte migliorie
- disse indicando l'orto circostante. Cèsar si mise a
spiegargli d'impegno
quanti canali avevano scavato e quanti solchi nuovi per i fagioli. Era
tranquillo, Occhi Verdi quel giorno era uscita molto presto, per la
fonte.
Aveva preso l'abitudine di stare molte ore in giro per la scogliera.
Non
tornava mai prima del tramonto. Ma da quel lato non andava mai nessuno,
era
impossibile che facesse degli incontri.
Così Cèsar sorrise a Muriel.
- Avete sete? - chiese e gli
allungò una borraccia di vino da sopra il muro. Muriel lo
guardò scuro per un
attimo.
Si sapeva in paese che Cèsar
era un tipo scontroso. Tutta quella cordialità …
che stranezza. L'aveva solo in
tempo di peste. Allora sì, quando scendeva col carretto
aiutato da un vecchio
somaro con un pendaglio attaccato alla zampa, allora sì che
era allegro,
disinvolto. Non il solito Cèsar. Si avvicinava ad ogni casa
come fa
l'erbivendola, ma lui non vendeva erbe o uova, prendeva morti.
Muriel, che era il sindaco
del piccolo villaggio da decenni, lo ricordava, quando era bambino, con
quelle
braccia secche e quello scheletro, a prender sorsi dalla sua borraccia
mentre
aspettava di caricare un morto.
- Vi ringrazio. Ma ho bevuto
prima di partire.
Stettero un altro po' a
chiacchierare, loro due. Mastro Muriel era una buona compagnia.
Discussero dei
pochi interventi che c'erano da fare al lebbrosario: Cèsar
chiese qualche metro
di corda per mettere in sicurezza il pozzo e due barili di pece per il
tetto.
Tendeva a crollare, da un lato, e spesse volte ci pioveva dentro.
Mastro
Muriel, sotto il sole che cominciava a scottare sotto le nubi basse,
gli
concesse ogni cosa, sorridendo. Non era venuto per la pece,
né per i tratti di
corda.
- Allora, vi rivedremo presto
in paese? - chiese con un sorriso a mezza bocca quando venne il momento
di
andarsene.
Cèsar strizzò gli occhi.
- Perché mai? Non ho bisogno
di niente, ho tutto quello …
Muriel spostò il peso su un
piede.
- L'altra notte, Cèsar, in
fondo al porto.
- In fondo al porto?
- Hanno ritrovato questo.
Togliendolo con cura dal
sacco che teneva lontano, per la corda, gli mostrò un
involto rattrappito.
Sembrava il fagotto di un neonato, ma era macchiato di sangue.
Cèsar lo prese senza dire una
parola. Scostò un lembo, ci gettò un'occhiata.
- Un topo morto - disse.
Muriel fece un passo
indietro.
- Morto di quel che
sospettiamo, vecchio?
Cèsar prese il topo per la
collottola. Era già gonfio, e sotto il mento aveva una
specie di grossa macchia
rossa.
- Un topo morto - ripeté -
nient'altro.
Lo rigettò sul sacco. Mastro
Muriel fece un altro passo indietro, tentennò tra la voglia
di scappare e
qualcos'altro che poteva anche essere sfida. Alla fine si decise.
- State attento a quel che
fate, mastro Cèsar - disse - In paese si dice che ai morti
non si comprano
vestiti di raso. E che i morti non girano di giorno lungo tratti
inesplorati di
scogliera.
Cèsar teneva gli occhi sulla
zappa. Non lì alzò finché Muriel non
scomparve di nuovo oltre la costa
accidentata della strada. Poi, lentamente, alzò gli occhi al
melagrano.
- Tu che ne sai dei morti,
Muriel? - rise - I morti sanno fare molte cose.
Quando la sera
ritornò Occhi
Verdi, Cèsar l'aspettava in un cantuccio della cucina.
Aspettò che entrasse,
sorridente, e si slacciasse il vestito sul collo.
- Dove sei stata? -
chiese.
Occhi Verdi
sobbalzò, perché
non l'aveva visto.
- Alla scogliera -
farfugliò.
- Con chi?
Le sue guance
divennero
scarlatte. Aprì la bocca, ma Cèsar fece un gesto.
- Non dire niente. Non
mi
interessa, non a me. Davvero. Ma ad altri potrebbe interessare.
Occhi Verdi si fece
più
vicina.
- Ad altri chi?
- Giù al
porto - la ignorò
lui - giù al porto ti ci ha mai portata?
Occhi Verdi non
capiva.
- Il ragazzo. Il
ragazzo dei
coniglio, Juan.
Le tremarono le
ginocchia.
Nell'ombra le sembrò che il mondo si sfacesse.
- Come lo sai? - gli
chiese.
E davvero avrebbe
voluto
saperlo. Non sapeva lei per prima perché aveva fatto una
cosa del genere,
perché si era lasciata convincere a quella gita assurda, a
quel gioco. Erano
giorni che vagava con Juan per la scogliera. Perché si era
lasciata portare l'altro
ieri fino al porto.
- Te l'avevo proibito
- disse
lui. Ma nei suoi occhi non c'era traccia d'ira. Solo una specie di
tetro
rimpianto.
- Te l'avevo proibito
-
ripeté.
Occhi verdi si
accoccolò
accanto a lui.
- E' successo
qualcosa? -
chiese. Il sole stava scendendo oltre la soglia. Sembrava una pietra
galleggiante su un mare d'oro.
- E' la peste - disse
soltanto Cèsar - Sei stata tu a portarla. Tu ne sei immune,
come me, è
evidente. Ma non è detto che non possa portarla nascosta in
te. Devi averla
portata. Hanno trovato un topo morto, giù in
città. E' la peste. E quando
cominceranno anche gli uomini, allora verranno a cercarti.
Perché sanno che la
peste non viene sola, ma ha sempre un inizio, qualcuno che per primo se
la
trascina dietro.
Occhi verdi rimase in
silenzio per un istante.
- Lo sa
già, Luìs?
Quella domanda gli era
affiorata sulle labbra come una cosa galleggiante e inquieta. Non
sapeva perché
l'aveva fatta.
- Che hai portato la
peste?
- Che sono infetta.
- Cosa pensi che cambi?
- Niente.
Non pensava che a
Luìs
importasse qualcosa. Ma le era venuto di chiederlo.
Cèsar
scosse la testa.
- Pensi che non siamo
abituati a queste cose? Luìs lo è da prima di me.
E' venuto qui tanto tempo fa,
con la peste. E forse se ne andrà con la peste. Era qui
quando sono morti
tutti.
- Era qui quando sono
morte
le sorelle?
Cèsar
sorrise nell'ombra.
- E' arrivato il
giorno dopo.
- Era sua moglie?
Quella che
è morta, quella che è impazzita. Era sua moglie?
- Tu come lo sai?
- Era sua moglie?
- Sì.
- Da quanto tempo
è morta?
- Da decenni.
- E lui è
rimasto qui? La
cerca ancora?
- Dobbiamo andarcene,
Occhi
Verdi, stanotte.
- La cerca ancora?
Pensa che
ritorni?
Gli occhi di
Cèsar si fecero
fessure.
- Dice che un giorno
tornerà
con la peste. Aspetta un'altra peste, perché torni. E tu hai
portato un'altra
peste. Ancora una.
Occhi Verdi mosse
inquieta un
piede. Nella penombra del crepuscolo parve una bizzarra creatura
d'argento.
- Pensi che
tornerà davvero?
- chiese quando fu troppo stanca del silenzio - Che tornerà
per portarlo via
con sé?
Cèsar si
alzò in piedi. Era
vecchio, zoppicava, ma a lei parve che ci mettesse solo un attimo.
- Stanotte io e te
partiremo
- disse quando fu sulla soglia - Se ti trovano quassù sei
finita.
Occhi Verdi lo
guardò.
- E Luìs?
- Luìs non
potrà proprio
farci nulla.