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Autore: minimelania    06/09/2010    1 recensioni
Dall'Incipit: 'Il sole galleggiava immobile quando giunse la nave della peste. Si chiusero i cancelli del porto, e si aspettò di vedere che passava. Ne capitavano spesso in quei giorni di navi piene di gente, stracci marci e gemiti simili al verso dei gabbiani. Sfilavano all'orizzonte nel tetro ronzio delle api. Erano tempi in cui la disgrazia d'altri costituiva già da sola una fortuna...'
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   Primavera

Fu quando venne mastro Muriel che Cèsar cominciò a preoccuparsi. Mastro Muriel non veniva mai fin là. Non almeno in tempi di pace. E invece una mattina se lo vide comparire dalla svolta della strada. C'era il sole, e lui stava zappando.
- Che vi porta da queste parti, mastro Muriel? - chiese Cèsar, sospendendo la zappa. Muriel lo guardò attraverso le grosse pietre del muricciolo. Non aveva il coraggio di varcare quella soglia: sua madre ci era morta tante estati prima, e lui stesso era stato in pericolo.
- Vengo a chiedervi come va il lavoro - disse Muriel, bighellonando intorno a un ceppo che stava posato per terra. Era il ceppo in cui Luìs certe volte ficcava la scure prima di usarla.
- Vengo solo a chiedervi che fate.
Cèsar sembrò sollevato. Posò la zappa e lo invitò ad entrare, ma quello non volle saperne.
- Vi hanno visto in città, l'altro ieri. Vicino al banco che vende vestiti.
- Ero là per delle compere, a volte mi metto a fantasticare, lo sapete.
Mastro Muriel, che conosceva come tutti le tristi vicende di Cèsar, socchiuse gli occhi, incerto se crederci.
- Avete fatto molte migliorie - disse indicando l'orto circostante. Cèsar si mise a spiegargli d'impegno quanti canali avevano scavato e quanti solchi nuovi per i fagioli. Era tranquillo, Occhi Verdi quel giorno era uscita molto presto, per la fonte. Aveva preso l'abitudine di stare molte ore in giro per la scogliera. Non tornava mai prima del tramonto. Ma da quel lato non andava mai nessuno, era impossibile che facesse degli incontri.
Così Cèsar sorrise a Muriel.
- Avete sete? - chiese e gli allungò una borraccia di vino da sopra il muro. Muriel lo guardò scuro per un attimo.
Si sapeva in paese che Cèsar era un tipo scontroso. Tutta quella cordialità … che stranezza. L'aveva solo in tempo di peste. Allora sì, quando scendeva col carretto aiutato da un vecchio somaro con un pendaglio attaccato alla zampa, allora sì che era allegro, disinvolto. Non il solito Cèsar. Si avvicinava ad ogni casa come fa l'erbivendola, ma lui non vendeva erbe o uova, prendeva morti.
Muriel, che era il sindaco del piccolo villaggio da decenni, lo ricordava, quando era bambino, con quelle braccia secche e quello scheletro, a prender sorsi dalla sua borraccia mentre aspettava di caricare un morto.
- Vi ringrazio. Ma ho bevuto prima di partire.
Stettero un altro po' a chiacchierare, loro due. Mastro Muriel era una buona compagnia. Discussero dei pochi interventi che c'erano da fare al lebbrosario: Cèsar chiese qualche metro di corda per mettere in sicurezza il pozzo e due barili di pece per il tetto. Tendeva a crollare, da un lato, e spesse volte ci pioveva dentro. Mastro Muriel, sotto il sole che cominciava a scottare sotto le nubi basse, gli concesse ogni cosa, sorridendo. Non era venuto per la pece, né per i tratti di corda.
- Allora, vi rivedremo presto in paese? - chiese con un sorriso a mezza bocca quando venne il momento di andarsene.
Cèsar strizzò gli occhi.
- Perché mai? Non ho bisogno di niente, ho tutto quello …
Muriel spostò il peso su un piede.
- L'altra notte, Cèsar, in fondo al porto.
- In fondo al porto?
- Hanno ritrovato questo.
Togliendolo con cura dal sacco che teneva lontano, per la corda, gli mostrò un involto rattrappito. Sembrava il fagotto di un neonato, ma era macchiato di sangue.
Cèsar lo prese senza dire una parola. Scostò un lembo, ci gettò un'occhiata.
- Un topo morto - disse.
Muriel fece un passo indietro.
- Morto di quel che sospettiamo, vecchio?
Cèsar prese il topo per la collottola. Era già gonfio, e sotto il mento aveva una specie di grossa macchia rossa.
- Un topo morto - ripeté - nient'altro.
Lo rigettò sul sacco. Mastro Muriel fece un altro passo indietro, tentennò tra la voglia di scappare e qualcos'altro che poteva anche essere sfida. Alla fine si decise.
- State attento a quel che fate, mastro Cèsar - disse - In paese si dice che ai morti non si comprano vestiti di raso. E che i morti non girano di giorno lungo tratti inesplorati di scogliera.
Cèsar teneva gli occhi sulla zappa. Non lì alzò finché Muriel non scomparve di nuovo oltre la costa accidentata della strada. Poi, lentamente, alzò gli occhi al melagrano.
- Tu che ne sai dei morti, Muriel? - rise - I morti sanno fare molte cose.

Quando la sera ritornò Occhi Verdi, Cèsar l'aspettava in un cantuccio della cucina. Aspettò che entrasse, sorridente, e si slacciasse il vestito sul collo.
- Dove sei stata? - chiese.
Occhi Verdi sobbalzò, perché non l'aveva visto.
- Alla scogliera - farfugliò.
- Con chi?
Le sue guance divennero scarlatte. Aprì la bocca, ma Cèsar fece un gesto.
- Non dire niente. Non mi interessa, non a me. Davvero. Ma ad altri potrebbe interessare.
Occhi Verdi si fece più vicina.
- Ad altri chi?
- Giù al porto - la ignorò lui - giù al porto ti ci ha mai portata?
Occhi Verdi non capiva.
- Il ragazzo. Il ragazzo dei coniglio, Juan.
Le tremarono le ginocchia. Nell'ombra le sembrò che il mondo si sfacesse.
- Come lo sai? - gli chiese.
E davvero avrebbe voluto saperlo. Non sapeva lei per prima perché aveva fatto una cosa del genere, perché si era lasciata convincere a quella gita assurda, a quel gioco. Erano giorni che vagava con Juan per la scogliera. Perché si era lasciata portare l'altro ieri fino al porto.
- Te l'avevo proibito - disse lui. Ma nei suoi occhi non c'era traccia d'ira. Solo una specie di tetro rimpianto.
- Te l'avevo proibito - ripeté.
Occhi verdi si accoccolò accanto a lui.
- E' successo qualcosa? - chiese. Il sole stava scendendo oltre la soglia. Sembrava una pietra galleggiante su un mare d'oro.
- E' la peste - disse soltanto Cèsar - Sei stata tu a portarla. Tu ne sei immune, come me, è evidente. Ma non è detto che non possa portarla nascosta in te. Devi averla portata. Hanno trovato un topo morto, giù in città. E' la peste. E quando cominceranno anche gli uomini, allora verranno a cercarti. Perché sanno che la peste non viene sola, ma ha sempre un inizio, qualcuno che per primo se la trascina dietro.
Occhi verdi rimase in silenzio per un istante.
- Lo sa già, Luìs?
Quella domanda gli era affiorata sulle labbra come una cosa galleggiante e inquieta. Non sapeva perché l'aveva fatta.
- Che hai portato la peste?
- Che sono infetta.
- Cosa pensi che cambi?
- Niente.
Non pensava che a Luìs importasse qualcosa. Ma le era venuto di chiederlo.
Cèsar scosse la testa.
- Pensi che non siamo abituati a queste cose? Luìs lo è da prima di me. E' venuto qui tanto tempo fa, con la peste. E forse se ne andrà con la peste. Era qui quando sono morti tutti.
- Era qui quando sono morte le sorelle?
Cèsar sorrise nell'ombra.
- E' arrivato il giorno dopo.
- Era sua moglie? Quella che è morta, quella che è impazzita. Era sua moglie?
- Tu come lo sai?
- Era sua moglie?
- Sì.
- Da quanto tempo è morta?
- Da decenni.
- E lui è rimasto qui? La cerca ancora?
- Dobbiamo andarcene, Occhi Verdi, stanotte.
- La cerca ancora? Pensa che ritorni?
Gli occhi di Cèsar si fecero fessure.
- Dice che un giorno tornerà con la peste. Aspetta un'altra peste, perché torni. E tu hai portato un'altra peste. Ancora una.
Occhi Verdi mosse inquieta un piede. Nella penombra del crepuscolo parve una bizzarra creatura d'argento.
- Pensi che tornerà davvero? - chiese quando fu troppo stanca del silenzio - Che tornerà per portarlo via con sé?
Cèsar si alzò in piedi. Era vecchio, zoppicava, ma a lei parve che ci mettesse solo un attimo.
- Stanotte io e te partiremo - disse quando fu sulla soglia - Se ti trovano quassù sei finita.
Occhi Verdi lo guardò.
- E Luìs?
- Luìs non potrà proprio farci nulla.

  
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