Il coraggio di amare
Una semplice parola
Erano da poco scoccate le dieci di sera quando la neve aveva ricominciato a cadere
imperturbabile sull’intera cittadina, imbiancando nuovamente tutto
ciò facesse parte del suo tragitto e rendendo l’ambiente ancora
più natalizio del giorno precedente; oltre al freddo, però,
quella atmosfera invernale aveva la capacità di infondere un caloroso
senso di tranquillità nel cuore della giovane Gilmore che, nel
frattempo, stava percorrendo la strada verso l’appartamento di Lane, poco
distante dalla sua abitazione. Sicuramente l’amica non vedeva l’ora
di raccontarle i minimi particolari a proposito dell’ingaggio proposto
alla sua band da
quel Robert Dellord e, in modo particolare, del fatto che in questo modo avrebbe
fatto capire alla madre che si era completamente sbagliata su di lei e sul suo
sogno, apparentemente così lontano dal realizzarsi. Inoltre, Rory era
ansiosa di avvertirla dell’arrivo di Jess, anche se, ora che ci pensava
bene, lavorando nel locale di Luke, Lane sicuramente lo sapeva già; chissà
perché non le aveva ancora telefonato, tempestandola di domande, come era suo solito fare?! visto
che la conosceva da una vita, le era senz’altro successo qualcosa di
tutt’altro che positivo; motivo in più per andarla a trovare,
anche se l’orario non era dei migliori.
Mentre i suoi pensieri continuavano a
concentrarsi sulla giovane amica coreana, l’auto di Rory, regalatagli dai
nonni per il diploma, cominciò ad emettere uno strano suono, simile a
quello delle auto d’epoca nei film in bianco e nero; ma, visto che la sua
macchina era tutt’altro che vecchia, quel chiasso
non presagiva nulla di buono.
“no…non abbandonarmi
proprio ora…”
Ma, quello
che appariva un chiaro invito a portarla perlomeno a casa, non fu esaudito e,
infatti, dopo alcuni secondi, l’auto terminò quella che sembrava
essere un’agonia, fermandosi del tutto e non dando alcun cenno di
ripresa.
“no…non è
possibile…”
Trovandosi improvvisamente in una
situazione come quella, l’irritazione cominciò a fare a pugni con la calma e ogni minuto che passava, quest’ultima
sembrava avere sempre di più la peggio; la ragazza dai capelli castani
cominciò a girare la chiave più e più volte, senza
però sentire quel tanto desiderato suono dell’accensione del motore;
dopodichè, invasa dallo scoraggiamento, prese la borsa che le era
accanto e scese dalla macchina, andandosi a sedere sopra al marciapiede,
già semi coperto dalla coltre bianca. Così, con
un’espressione visibilmente annoiata, Rory cominciò a
“sfogliare” i nomi che componevano la rubrica del suo cellulare,
pensando a chi potesse aiutarla in un momento come quello. Avrebbe volentieri
chiamato sua madre, ma dopo aver percepito quella strana agitazione nella
telefonata di poco fa, il suo sesto senso, leggermente
malizioso, le suggeriva di cercare qualche altro buon samaritano disposto ad
aiutarla.
“Uffa…ma è possibile
che devono capitare tutte a me?!...”
“serve un aiuto?!”
Quella voce la conosceva fin troppo
bene: apparentemente sempre così fredda e cauta con chiunque si
rivolgesse, anche se questo qualcuno fosse stato la persona più
affidabile di tutta la città; ma, se si imparava
a ascoltarla, era così dolce e rassicurante da non sembrare neppure la
stessa. Dopo poco più di un
giorno da quando aveva saputo del suo arrivo a Stars Hollow, era già la
seconda volta che incrociava lo sguardo del proprietario di quella voce e tutto
ciò non le piaceva affatto, dato che ogni volta
che lo incontrava finiva per andare a letto sommersa da mille pensieri, tutti
rivolti a ciò che era successo in passato.
Velocemente, la giovane Gilmore
abbassò lo sguardo, cercando di non cadere nuovamente vittima di quello
sguardo così dolce e penetrante, che già la
sera prima l’aveva fatta sentire così debole.
“no ce la faccio da sola!”
“ah si…e da quando te ne
intendi di macchine?”
“da quando te ne sei andato via
senza dire niente!”
Quelle parole, Rory le aveva
pronunciate con
una notevole nota di acidità; anche se il suo cuore avrebbe parlato al
ragazzo in una maniera tutt’altro che fredda, la mente ebbe la meglio e
nel sentire quel tono così distaccato e freddo, l’agitazione del
giovane Jess cominciò a farsi più vivace, rendendogli il tutto
ancora più difficile.
Nel vedere gli effetti della sua
“frecciatina”, Rory concentrò nuovamente la sua attenzione sul cellulare, senza così accorgersi
che quella frase non aveva effettivamente avuto l’effetto sperato. Jess,
infatti, si avvicinò all’auto e, dopo aver alzato il cofano di
questa, cominciò a maneggiare con alcuni ingranaggi a lui per nulla
sconosciuti. Dopo alcuni attimi, però,
“mi sembra di averti già detto che no ho bisogno di aiuto…soprattutto del
tuo!”
“a me sembra il contrario visto che
non c’è anima viva con questo tempo!”
“esiste il cellulare per
questo!”
“perché devi fare tutte
queste storie se ci sono io!?”
“perché
nei momenti in cui avevo bisogno di te non ci sei stato,
perciò…”
“BASTAA!”
Nel sentire di nuovo quel tono
così acido provenire dalle parole di Rory, in Jess crebbe
un notevole nervosismo, percepibile non solo dal tono di voce, ma anche dai
movimenti della mandibola che, ad ogni attimo, sembrava volersi serrare
sempre di più.
Velocemente il ragazzo si
allontanò dall’auto, dando le spalle alla Gilmore che, nel
frattempo, fissava un punto del motore come se questi avesse la capacità
di darle un consiglio sul modo più corretto di
comportarsi in un momento come quello; il giovane si allontanava sempre di
più fino a che, all’improvviso, si bloccò di scatto
ritornando rapidamente sui suoi passi.
“dimmi….che…che devo
fare per farmi perdonare?! Ti ho chiesto scusa che
vuoi che faccia di più?! Lo so
mi sono comportato da schifo…sono stato un codardo ma…ma
io…”
“smettila…non voglio sapere
come o cosa ti è passato per la testa! ho sperato
tanto in una tua telefonata…in un tuo ritorno. Ma
poi ho capito che è inutile aspettare una persona che non vuole tornare!
Quindi…non…non aiutarmi per metterti apposto la
coscienza…perché se devo essere sincera preferisco tornare a piedi!”
Detto ciò, la ragazza dai
capelli castani aprì la porta grigia dell’auto che si trovava
dalla parte del guidatore, staccò le chiavi dall’accensione e si
allontanò, lasciando Jess in uno stato quasi impietrito, come se quelle
parole avessero avuto la capacità di spezzargli il cuore in tanti
piccoli pezzi, talmente sottili da essere quasi impossibili da riordinare.
D’improvviso, però, Rory si bloccò di colpo e, senza votare
lo sguardo, si rivolse nuovamente al giovane Mariano, con un tono
tutt’altro che acido, in quanto esprimeva tutto il dolore che, fino ad allora, la ragazza aveva tentato di nascondere.
“comunque…non
mi hai mai detto…scusa…”
Se le parole
di pochi minuti prima gli avevano causato tanto dolore, non potevano che essere
definite come il “colpo di grazie” che Jess doveva unicamente
limitarsi ad incassare.
Dopo circa una decina di minuti da
quando aveva abbandonato la macchina vicino al marciapiede, Rory si
ritrovò dinanzi alla sua abitazione che, prontamente, sembrò
trasmettergli una sorta di tranquillità, come se quello fosse
l’unico luogo in grado di distaccarla momentaneamente dalla realtà
e da tutti i suoi problemi. Lentamente si avvicinò alla porta
d’ingresso e, con la stessa andatura l’aprì per poi
richiuderla alle sue spalle; nel percepire quell’improvviso calore,
proveniente dal riscaldamento appena uscito da una fase “critica”,
il corpo della ragazza non poté trattenersi dal generare un piccolo
tremito; così, dopo essersi sfilata il giubbotto, leggermente ricoperto
di neve soprattutto nella zona delle spalle, la ragazza si accinse a togliersi anche
le scarpe, ma uno strano rumore proveniente dalla cucina la fece bloccare di colpo.
Il rumore assomigliava molto ad un tamburellare di dita sopra ad un tavolo: un
suono regolare, sempre uguale, quasi fosse impaziente di farsi attendere.
Ad ogni tocco le pupille della ragazza
si estendevano sempre di più ed il cuore pareva voler stare a tempo con quel insolito rumore; passò un intero
minuto, ma la situazione sembrava non voler cambiare di una virgola. Di
conseguenza, visto che non sarebbe potuta rimanere immobile all’ingresso
per sempre, la ragazza si diresse verso la cucina con le uniche due cose che aveva a disposizione: una piccola quantità di
coraggio e un ombrello giallo che avevano vinto, lei e la madre, con i punti
della benzina.
Con un passo talmente lento da farla
assomigliare ad un ladro, la giovane Gilmore raggiunse la stanza; prima di
entrare, però si affiancò al muro e, stringendo più che
poteva quella che doveva essere la sua arma, pensò a ciò che
avrebbe dovuto fare nei secondi successivi.
“al
tre…uno…due….TRE! VA VIA PRIMA CHE CHIAMI
Chi si trovava
nella cucina in quel momento, quella scena non se la sarebbe scordata neanche tra
un milione di anni. Dopo aver contato fino a tre, infatti, Rory fece irruzione
nella stanza, accese speditamente l’interruttore e puntò l’ombrello
in direzione del tavolo, scoprendo così, che chi tamburellava non era di
certo un ladro.
“M…mamma!?”
Mentre la figlia la fissava con
un’aria decisamente stralunata, Lorelai
appoggiò sul tavolo l’enorme scatola di gelato al cioccolato che
fino a quel momento si stava gustando, per poi conficcare dentro a
quest’ultima un cucchiaio, anch’esso di dimensioni tutt’altro
che piccole.
“Rory…perché mi
punti l’ombrello?!”
“forse dovrei essere io a
chiederti perché te ne stai in cucina, al buio, con una
barile di gelato in mano!?”
“già…forse”
Dopo aver posato l’ombrello
vicino alla porta che dava sul retro, Rory si sedette sulla sedia che si
trovava accanto alla madre, capendo che doveva essere capitato qualcosa di
veramente grave visto che indossava il pigiama blu che le aveva regalato la nonna due natali fa; la perfetta immagine della
disperazione.
“allora cos’è
successo?”
“ho combinato un guaio!”
“coraggio mamma…lo sai
meglio di me che Jason è innamorato cotto di
te…e poi, se vuoi saperla tutta, hai fatto bene a prendertela….non doveva fare una simile scenata di gelosia davanti alla
nonna!”
“Jason?!...non
è per lui. Anche se ci siamo lasciati…o meglio
l’ho lasciato!”
“Hai lasciato Jason?!”
“sì…”
“ah…rapida…!…ma…allora
che c’è?! Prima al telefono andava tutto
bene…non mi sembravi in uno stato tanto depresso!...è
successo qualcosa con Luke?!”
Nel sentire quella domanda,
apparentemente così semplice e innocua, Lorelai si accinse ad afferrare
nuovamente il barattolo di gelato che fino a quel momento le aveva permesso di sfogarsi, ma la figlia, prevedendo ciò
che stava per fare la madre, glielo sottrasse da sotto il naso per poi
lanciargli un’occhiata visibilmente minacciosa.
“allora?!...non
dirmi che ci hai litigato ancora?!”
“non proprio…”
“ascolta mamma…potresti sforzarti di formulare una frase completa?!hai
presente…verbi, aggettivi, sostantivi…vedi un po’ tu
insomma…capito?!”
“è una mia impressione o
questa sera sei più spiritosa del solito?!”
“Yale fa quest’effetto!...dai racconta!”
“va bene…ma niente
domande!”
“ok…”
“bè…dopo essere
andata via dalla nonna sono andata da
Luke…”
“allora Jason
aveva ragione?!”
“Eh eh…Niente domande!”
“ah già!”
“...comunque…ero
andata lì e…tra una cosa e…e l’altra…”
“vi siete baciati!”
“NO!...ma
che ti salta in mente?!”
“perché?...che
c’è di male…vi conoscete da anni…lui sa trattare con
la tua pazzia e con la tua fobia del caffé…non vedo cosa ci
sarebbe di tanto strano!”
“quasi!”
“quasi cosa?”
Lorelai si alzò velocemente
dalla sedia e cominciò a camminare su e giù per la stanza,
giocherellando, in una maniera decisamente nervosa,
con il labbro inferire, tentando in questo modo di scaricare l’ansia che
sembrava voler aumentare ad ogni parola.
“ci siamo
quasi…baciati!”
“ma?!”
“ma mi
sono bloccata…”
“perché?!”
“p…perchè…avevo
paura…paura che il giorno dopo si pentisse e mi dicesse
una cosa del tipo -Lorelai...mi dispiace ma sono
sposato da vent’anni ed ho tre figli di cui uno va
all’università con Rory-…o…o che ne so di cosa avevo
paura…sta di fatto che ne avevo e molta e…e...la stanza a smesso di
girare, così mi sono accorta di quello che stavo facendo. Così mi
sono detta…Lorelai ma che fai?!”
“mamma…”
“e mi
sono staccata…lui ha fatto lo stesso. È
naturale…chissà cosa avrò pensato?! Forse ora è felice perché
si sentirà sollevato...oppure…”
“MAMMA!”
“Sì?!”
“calmati…si
sistemerà tutto”
All’improvviso la stanza venne impadronita da un profondo e inaspettato silenzio che,
prontamente venne interrotto dalla più giovane delle Gilmore.
“…ma…allora
tu volevi…”
“non chiedermelo!!”
“…ok…comunque, ora è meglio che non ci pensi. Vedrai che
domani il caffé ci porterà consiglio!”
La donna dai capelli di un intenso
castano scuro, ritornò a sedersi sulla sedia accanto alla figlia,
lanciando a quest’ultima un sorriso che, nonostante fosse leggermente
sforzato, aveva in sé la naturale dolcezza che caratterizzava Lorelai.
“spesso mi sembra di essere la
figlia…”
“spesso assomiglio ad una
mamma!”
“…se
devo essere sincera, poco fa sembravi la figlia di Zorro e Mary Poppins!
L’ombrello te l’ha regalato lei?!”
“ah ah…e
tu sembravi Bridget Jones con quel fusto del gelato in mano!”
Velocemente Rory si alzò dalla
sedia, dirigendosi verso il piano superiore della casa, seguita a ruota dalla
madre che, nonostante l’ultima critica fattagli dalla figlia,
portò in camera con sé il “barile” che fino a quel
momento l’aveva consolata.
“ne hai ancora bisogno?!”
“lo porto per prevenire un
attacco notturno!”
Rory non poté fare a meno di
lanciare un sorriso a Lorelai che, immediatamente ricambiò; ad ogni
frase la madre sapeva rispondere con una battuta a volte impossibile da controbattere
ed era proprio questa una delle caratteristiche in
grado di renderla più speciale di quanto già non fosse.
Così, ognuna con i propri pensieri e problemi che occupavano le loro menti, le due si diressero nelle proprie camere da
letto, con la speranza che almeno tra le braccia di Morfeo i problemi
apparissero più piccoli.
Dopo gli avvenimenti della sera
precedente, il mattino sembrò giungere fin troppo presto in casa
Gilmore; e nonostante l’inverno fosse già nel pieno delle sue
forze, il sole quel giorno si levava talmente alto e maestoso da cominciare
già a sciogliere una piccola parte della fitta coltre bianca che
ricopriva da un po’ di tempo la piccola cittadina di Stars Hollow.
Mentre il tempo fuori sembrava farsi
leggermente più mite, Lorelai se ne stava in piedi davanti alla finestra
del soggiorno, con la consueta tazza rossa colma di un nero e fumante caffé;
era proprio l’aroma di quest’ultimo a conferire alla casa quel non so che di confortevole e familiare, percepibile anche con
una piccola quantità come quella contenuta nella tazza che, nel
frattempo, la donna non smetteva di stringere a se, godendosi quel confortante
calore.
Ma quel breve istante di
tranquillità, capace di farle dimenticare ciò che fino alla sera precedente aveva occupato i suoi pensieri, venne
immediatamente interrotto da un rumore proveniente dalla stanza adiacente; la
donna, però, evitando di commettere la stessa figura che la figlia aveva
fatto il giorno prima, diede l’ennesimo sorso alla bevanda, per poi
dirigersi verso la cucina.
“Buongiorno!”
“buongiorno mamma”
Nello stesso momento in cui Lorelai
fece la sua entrata, Rory si sedette nella sedia che poche ore prima l’aveva
già ospitata, cominciando a sorseggiare la stessa bevanda che la madre
aveva appena terminato di bere.
Nonostante il tempo
fosse meno rigido dei giorni precedenti, Rory indossava ugualmente vestiti
adatti a quella stagione: un semplicissimo maglione nero con sotto una
canottiera dello stesso colore, abbinati ad un paio di jeans chiari che, come
sempre, risaltavano la sua figura longilinea. Al contrario di quest’ultima, Lorelai indossava dei comodi, ma allo
stesso tempo eleganti, pantaloni neri che contrastavano perfettamente con la
camicia bianca dagli insoliti pizzi posizionati su entrambe
le maniche.
“allora…come sta Lane?!”
“Lane?!”
“sì Lane… ragazza
coreana, capelli neri, occhiali…non ti dice niente?!”
“più o
meno…”
“non dovevi andare da lei ieri
sera?!”
“ah già…alla fine
però non ci sono andata perché ho avuto un piccolo problema con
la macchina…”
“che
problema?”
“bè, mi ha abbandonata a circa un centinaio di metri da
casa…”
“ e sei riuscita a spingerla fino qui?! COMPLIMENTI….da
oggi in poi ti chiamerò
-Rory, la forzuta di Stars Hollow!-”
“no…non l’ho spinta…l’ho lasciata lì, vicino al
marciapiede!”
“allora la macchina uguale alla tua proprio davanti a casa nostra di chi è?!”
Nel sentire quella domanda, gli occhi
della ragazza si allargarono lievemente, lasciando posto ad una
agitazione mista alla curiosità; dopo aver appoggiato la tazza
ancora contenete il caffé fumante sopra al tavolo, Rory si alzò
di scatto dalla sedia, si diresse verso la porta d’ingresso e uscì
speditamente nel vialetto, confermando con i suoi stessi occhi ciò che
la madre le aveva detto poco prima. Quella che si offriva dinanzi a lei era
proprio la stessa auto che l’aveva abbandonata in mezzo alla strada,
obbligandola ad un incontro che non era ancora effettivamente
pronta ad affrontare.
Lentamente, incurante del freddo che
senza fretta sembrava entrarle nelle ossa,
- Scusa -
Ciao a tutti! Prima di tutto voglio
scusarmi con tutti quelli che stanno leggendo la mia ff
per il mio, fin troppo lungo ritardo; mi sarebbe piaciuto scriverlo prima…ma mi sono trovata in cattura: tra un milione di
impegni di ogni genere e il computer che è andato KO, cancellando tutto
il mio lavoro….era impossibile non ritardare.
Scusatemi ancora…e spero che
continuiate a leggere e a commentare la fan fiction.
Grazie di cuore a: g90, Sam carte, Maggy, miki_koishikawait, Kaj, Emiko
92, Giorgia, Sally, Anna…e a tutti quelli che mi hanno generosamente
lasciato dei bellissimi commenti.
Un
bacione