Capitolo 2
«Sì, e generalmente di bianco.»
«Ma certo! E’ sicuramente lo stesso che ho sentito
abbia
truffato in quell’altro locale... quello vicino al
fiume!»
«Pare che abbia una bella fama...»
«E ancora la polizia non lo ha arrestato? Roba da
matti...»
L’ispettore Brown, seduto al tavolo del bar con il giornale
tra le mani, osserva immobile i due uomini ben vestiti allontanarsi per
il
marciapiede continuando a discutere animatamente tra di loro.
«Interessante...» mormora tra sé e
sé, come è solito fare.
Gli torna in mente lo spettacolo di magia a cui ha assistito
la sera prima. In particolare si sofferma sul giovane illusionista
biondo,
vestito di bianco, che si è esibito.
«Parlavano di Aaron, non c’è
dubbio.» decide, ripiegando con
calma il giornale «A quanto pare, gli piace proprio dare
spettacolo.» si alza
in piedi e si avvia per strada.
Mentre attraversa il ponte più lungo di tutta la
città che
permette di superare un profondo baratro nero e silenzioso, una
spaccatura del
suolo, l’ispettore rivolge lo sguardo all’alto e
cupo edificio che si trova al
di là del ponte; la base generale della polizia, sotto la
quale si estendono le
Segrete: prigioni immerse nella penombra o nel buio totale e lambite
perennemente da un vento gelido che sa di morte. Le carceri speciali,
le quali
celle sono destinate ai nemici dei Signori del Nord, a pericolosi
assassini, a
soldati accusati di alto tradimento, e, negli ultimi tempi, agli
stregoni.
L’ispettore increspa la fronte a questo pensiero.
Negli ultimi anni i Signori del Nord pare abbiano trovato un
metodo per impossessarsi dell’energia magica degli stregoni.
Nell’ultimo
periodo, quindi, i pochi stregoni scoperti ancora in vita sono stati
imprigionati, ma non ancora uccisi. A quanto sembra, servono vivi.
Non oso immaginare
cosa vogliono farsene della magia...
L’ispettore non sa molto; non gli è dato sapere
nulla di
più.
Cerca di non pensarci per il momento, molto più concentrato
su quanto deve fare ora.
Giunto all’ultimo piano dell’edificio, bussa ad una
porta in
fondo un sontuoso corridoio.
Un attimo di silenzio, poi qualcuno all’interno lo esorta ad
entrare.
L’ufficio è raffinato e pulito. I mobili di legno
scuro sono
lucidi, così come il lampadario di cristallo che illumina la
stanza, necessario
perché il sole è quasi totalmente coperto dai
fumi neri delle fabbriche.
Alle pareti, diversi quadri. Al centro, un quadro che
raffigura il re a grandezza naturale; un uomo austero, inflessibile,
alto,
vestito di scuro, con piccoli baffi neri quanto gli occhi di una
terribile
freddezza.
Alla scrivania, posta davanti il quadro del re, si trova un
uomo. Una figura affascinante, dall’età
indefinita; giovane quanto maturo. Sin
da quando Brown ha preso servizio, ben venticinque anni prima,
quell’uomo ha
sempre lo stesso aspetto.
Brown si toglie il cappello e si mette dritto, annunciandosi
con aria professionale:
«Ispettore Brown, signore. Mi avete fatto chiamare?»
L’altro posa le braccia sulla scrivania intrecciando le
dita; il suo viso non trasmette alcuna emozione e gli occhi
chiarissimi, di un
azzurro pallido, biancastro, sembrano ghiaccio; risaltano sul quel
volto bianco
incorniciato da capelli neri ben pettinati indietro.
«Avete qualche notizia per me?» domanda pacatamente
l’uomo,
scandendo bene le parole con una voce particolarmente chiara e piena.
«Sto controllando un uomo sospetto, signore.»
risponde
l’ispettore, rimanendo sempre dritto e fermo.
«Credete che sia uno stregone?» chiede allora
l’altro.
«Ho ragione di crederlo.» dichiara Brown, sicuro.
L’uomo rimane per un istante in silenzio; posa le mani sulle
gambe e si appoggia indietro contro lo schienale della poltrona.
«Molto bene.» sentenzia semplicemente, per poi
aggiungere:
«Scrivetemi un rapporto completo. Da quanto tempo tenete
d’occhio quest’uomo sospetto?»
«Ormai un mese, signore.»
«E lo avete mai interrogato?»
«Solo una volta. Ieri sera.»
«E dunque?» l’uomo rimane in attesa.
L’ispettore comprende cosa vuole sapere, quindi dice:
«Sono certo che è uno stregone.»
L’uomo annuisce più volte con il capo.
«Molto bene.» ripete, ancora senza emozione.
«Come intendete agire, signore?» chiede allora
l’ispettore.
«Voglio fidarmi del vostro intuito, ispettore; finora non
avete mai sbagliato.» decide l’uomo, iniziando a
scrivere qualcosa su un foglio
con una bella penna d’oca dipinta di nero e oro
«Nella vostra lunga carriera
nella sezione speciale, grazie al
vostro talento, possiamo
così
chiamarlo, sono stati catturati ben quattro stregoni. Questo potrebbe
essere il
quinto.» rialza gli occhi sull’altro «Per
non parlare di tutte le altre
mansioni a voi affidate, meno o più importanti, che avete
svolto alla
perfezione.» termina di scrivere e torna composto,
aggiungendo:
«Al termine di questo caso potrei anche concedervi un
aumento.»
«Ne sarei lusingato, ma...» l’ispettore
esita solo un
istante, per poi decidersi «Io vorrei congedarmi.»
L’uomo dapprima non dice nulla, limitandosi a fissare con
quello sguardo spento il volto dall’aria risoluta di Brown.
«Intendete lasciare la polizia?» chiede infine
senza
scomporsi in alcun modo.
«Esattamente, signore.» risponde subito
l’ispettore.
L’altro si appoggia indietro contro lo schienale e posa le
braccia sui braccioli della poltrona, commentando:
«Se non sbaglio, siete in lieta attesa.»
«Mia moglie dovrebbe partorire a giorni,
sì.» conferma
l’ispettore.
«Suppongo che, con un figlio in arrivo e
l’età che avanza,
pensavate di sistemarvi magari in campagna, più tranquilla e
sicura della
città.»
«Non abbiamo ancora nessun progetto, signore.»
spiega Brown,
iniziando quasi a temere una qualsiasi risposta alla sua richiesta da
parte di
quell’uomo, il capo della polizia.
«Capisco...» si limita a dire
quest’ultimo, come
riflettendoci.
Qualche istante di silenzio, poi l’uomo fa un gesto di
noncuranza con la mano, dicendo:
«Ma certo, non ci sono problemi. Al termine di questo caso,
presentatemi le vostre dimissioni scritte e io provvederò al
resto.»
Brown si inchina leggermente.
«Vi ringrazio.»
«Bene, andate pure.» conclude l’altro,
ruotando la poltrona
per guardare fuori dalla finestra, ma dando così le spalle
all’ispettore.
«Arrivederci, signore.» saluta Brown, uscendo
dall’ufficio.
Appena rimasto solo, l’uomo dagli occhi di ghiaccio dirige
lo sguardo fuori, verso quel cielo perennemente scuro.
«Forse ci siamo.» mormora tra sé e
sé.
Dopo circa un’ora, un uomo in divisa si presenta nel suo
ufficio per consegnargli il rapporto completo dell’ispettore
Brown. L’uomo
smette di scrivere i suoi documenti, afferra il foglio che gli viene
porto e
chiede:
«Stavo attendendo un ospite. E’ arrivato?»
«Sì, signore, aspetta nella sala
adiacente.» risponde subito
l’agente, raddrizzandosi.
«Bene, fallo entrare.»
L’agente annuisce con il capo e si allontana.
L’uomo inizia a leggere il rapporto.
«Bianco, biondo, vestito appariscente, una spiccata
capacità
di finire nei guai...» legge attentamente a mezza voce.
«Non sembra un tipo che passa inosservato.»
commenta
d’improvviso una voce giovane, sicura di sé
«Deve piacergli farsi notare.»
L’uomo alza gli occhi dal rapporto per guardare
l’ospite appena
entrato dalla porta semiaperta. E’ un ragazzo sui trenta,
dall’aria furba e
decisa, con un bel viso, rovinato però da una brutta
cicatrice accanto l’occhio
sinistro, semicoperta dai folti capelli castani. E’ vestito
di scuro con sopra
un mantello nero, pesante. Il fisico muscoloso è messo in
risalto dagli abiti
in pelle aderenti e un elaborato pugnale e una splendida pistola
d’argento sono
appesi alla sua cintura, in bella vista.
«Julian, ti stavo aspettando.» lo saluta
l’uomo con la sua
gelida calma «Hai fatto presto.»
«So che odiate attendere, Jaziel.» spiega
l’altro
freddamente.
«Infatti.» asserisce Jaziel, posando il rapporto
sulla
scrivania, poi torna a guardare il giovane ed esordisce:
«Forse ci siamo, Julian; se il fiuto dell’ispettore
Brown
non ha fatto cilecca, abbiamo tra le mani la possibile chiave per il
potere
incontrastato. Potere che aspetta di diritto a noi Signori del Nord e,
primo
fra tutti, al nostro re Maximus.»
Il ragazzo non commenta, rimanendo serio, ma il suo sguardo
mostra una certa insofferenza a quelle parole. Jaziel sembra notarlo.
«E, proprio come ti abbiamo promesso, dopo tutto questo...
avrai la tua libertà.»
«L’ultimo incarico.» mormora Julian, cupo.
«Proprio così.» conferma
l’altro, annuendo.
Dopo una breve pausa, Julian indica con un cenno del capo il
rapporto e chiede:
«Come si chiama il sospetto?»
Jaziel abbassa lo sguardo sul foglio.
«Uhm... Aaron. Pare che sia un illusionista di periferia
particolarmente talentuoso.»
«Un illusionista...» sbuffa Julian con un ghigno
divertito
«Non si riesce proprio a star lontani dalla
magia...»
L’altro uomo alza appena un sopracciglio, guardandolo.
«Tu lo sai bene, Julian.»
Il ragazzo tira di un po’ le labbra, senza rispondere.
«Bene, vai ora.» riprende Jaziel, ordinando le
carte che ha
sul tavolo «Fai un’indagine accurata e portamelo
qui. Ti lascio il rapporto con
tutti i dati.» gli allunga il foglio, che il giovane afferra
in silenzio.
«Mi raccomando.» aggiunge Jaziel prima di staccare
la presa
dal rapporto «Ci serve vivo.»
«Nessun problema.» risponde Julian semplicemente.
Dopo aver piegato il rapporto ed esserselo infilato in
tasca, il ragazzo si volta, pronto ad andarsene, ma Jaziel lo ferma:
«Ah, un’altra cosa, Julian.»
Questi si gira verso l’uomo, attendendo.
«Mentre ti
occupi di
questo Aaron, ti affido anche un altro compito.» Jaziel si
accomoda meglio
sulla sedia, tranquillo, e prosegue:
«Conosci l’ispettore Brown, vero?»
«Un certo Manuel Hunt, se non erro.» conferma
Julian,
annuendo.
«Proprio così...» Jaziel fa un breve
pausa, poi aggiunge con
calma:
«Occupati di lui.»
Il ragazzo corruga leggermente le sopracciglia, mostrandosi
confuso.
«Che cosa ha fatto?»
«Vuole lasciare la polizia.» risponde Jaziel
«Non è un
grosso problema, perché ormai non ci serve più.
Però sa troppe cose... è un
peso.»
Julian comprende. Fa quindi un piccolo inchino e dice:
«Sarà fatto.»
Sta per andarsene che Jaziel conclude:
«Sua moglie attende un figlio. Pensa anche a loro.»
Julian si fa scuro in volto ed evita di rispondere. Se ne va
facendo frusciare il mantello e si chiude la porta alle spalle.
E il volto di Jaziel si apre in un piccolo, quasi
impercettibile, sorriso di soddisfazione; grande soddisfazione.
Continua...
Per agevolare la lettura, e seguendo i consigli di Namine22, ho deciso di tagliare i capitoli, pubblicandone metà alla volta. Spero che questo vi sia piaciuto. :)
Namine22: Grazie mille dei complimenti, ma soprattutto del consiglio. Scrivo sempre tantissimo, non sono abituata a fare capitoli più "corti" di così (in realtà sono lunghissimi, hai ragione!)! Ora li spezzo a metà, così spero che sia meglio. ;) Probabilmente c'è qualche errore in giro, perché qualcuno me ne sfugge a volte! Spero almeno che la lettura sia scorrevole... Ciao!