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Autore: Me91    06/09/2010    1 recensioni
Questa storia ha partecipato al concorso"È solo questione di apparenza" indetto da Kris_piangente_minatrice e si è aggiudicata il secondo posto.
In una Terra macchiata dal male, i Signori del Nord, creature simili ad uomini ma fredde e terribili come demoni, hanno edificato il proprio regno. Gli stregoni sono quasi del tutto estinti, sconfitti in un’estenuante guerra per la pace contro queste creature oscure. I pochi stregoni rimasti sono perseguitati e ricercati dall’efficiente polizia, la cui sede si trova in una grigia e grande città - molto simile ad una Londra del 1800 -.
Aaron è un talentuoso illusionista di periferia, su il quale l’ispettore Brown inizia ad indagare, sospettando che sia uno stregone. Il ragazzo non si cura dell’ispettore, ribadendo la sua innocenza, e continua la propria vita, occupandosi della sorella Erin (grazie ai soldi ricavati da partite di Poker truccate), oppure cercando di svelare i segreti di un misterioso diario, appartenuto ad uno stregone, che pare celare la chiave per raggiungere un posto meraviglioso... una terra chiamata Nerfea, considerata “il mondo dei sogni”.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

«Come avete detto? Un giovane biondo vestito in modo appariscente?»
«Sì, e generalmente di bianco.»
«Ma certo! E’ sicuramente lo stesso che ho sentito abbia truffato in quell’altro locale... quello vicino al fiume!»
«Pare che abbia una bella fama...»
«E ancora la polizia non lo ha arrestato? Roba da matti...»
L’ispettore Brown, seduto al tavolo del bar con il giornale tra le mani, osserva immobile i due uomini ben vestiti allontanarsi per il marciapiede continuando a discutere animatamente tra di loro.
«Interessante...» mormora tra sé e sé, come è solito fare.
Gli torna in mente lo spettacolo di magia a cui ha assistito la sera prima. In particolare si sofferma sul giovane illusionista biondo, vestito di bianco, che si è esibito.
«Parlavano di Aaron, non c’è dubbio.» decide, ripiegando con calma il giornale «A quanto pare, gli piace proprio dare spettacolo.» si alza in piedi e si avvia per strada.
Mentre attraversa il ponte più lungo di tutta la città che permette di superare un profondo baratro nero e silenzioso, una spaccatura del suolo, l’ispettore rivolge lo sguardo all’alto e cupo edificio che si trova al di là del ponte; la base generale della polizia, sotto la quale si estendono le Segrete: prigioni immerse nella penombra o nel buio totale e lambite perennemente da un vento gelido che sa di morte. Le carceri speciali, le quali celle sono destinate ai nemici dei Signori del Nord, a pericolosi assassini, a soldati accusati di alto tradimento, e, negli ultimi tempi, agli stregoni.
L’ispettore increspa la fronte a questo pensiero.
Negli ultimi anni i Signori del Nord pare abbiano trovato un metodo per impossessarsi dell’energia magica degli stregoni. Nell’ultimo periodo, quindi, i pochi stregoni scoperti ancora in vita sono stati imprigionati, ma non ancora uccisi. A quanto sembra, servono vivi.
Non oso immaginare cosa vogliono farsene della magia...
L’ispettore non sa molto; non gli è dato sapere nulla di più.
Cerca di non pensarci per il momento, molto più concentrato su quanto deve fare ora.
Giunto all’ultimo piano dell’edificio, bussa ad una porta in fondo un sontuoso corridoio.
Un attimo di silenzio, poi qualcuno all’interno lo esorta ad entrare.
L’ufficio è raffinato e pulito. I mobili di legno scuro sono lucidi, così come il lampadario di cristallo che illumina la stanza, necessario perché il sole è quasi totalmente coperto dai fumi neri delle fabbriche.
Alle pareti, diversi quadri. Al centro, un quadro che raffigura il re a grandezza naturale; un uomo austero, inflessibile, alto, vestito di scuro, con piccoli baffi neri quanto gli occhi di una terribile freddezza.
Alla scrivania, posta davanti il quadro del re, si trova un uomo. Una figura affascinante, dall’età indefinita; giovane quanto maturo. Sin da quando Brown ha preso servizio, ben venticinque anni prima, quell’uomo ha sempre lo stesso aspetto.
Brown si toglie il cappello e si mette dritto, annunciandosi con aria professionale:
«Ispettore Brown, signore. Mi avete fatto chiamare?»
L’altro posa le braccia sulla scrivania intrecciando le dita; il suo viso non trasmette alcuna emozione e gli occhi chiarissimi, di un azzurro pallido, biancastro, sembrano ghiaccio; risaltano sul quel volto bianco incorniciato da capelli neri ben pettinati indietro.
«Avete qualche notizia per me?» domanda pacatamente l’uomo, scandendo bene le parole con una voce particolarmente chiara e piena.
«Sto controllando un uomo sospetto, signore.» risponde l’ispettore, rimanendo sempre dritto e fermo.
«Credete che sia uno stregone?» chiede allora l’altro.
«Ho ragione di crederlo.» dichiara Brown, sicuro.
L’uomo rimane per un istante in silenzio; posa le mani sulle gambe e si appoggia indietro contro lo schienale della poltrona.
«Molto bene.» sentenzia semplicemente, per poi aggiungere:
«Scrivetemi un rapporto completo. Da quanto tempo tenete d’occhio quest’uomo sospetto?»
«Ormai un mese, signore.»
«E lo avete mai interrogato?»
«Solo una volta. Ieri sera.»
«E dunque?» l’uomo rimane in attesa.
L’ispettore comprende cosa vuole sapere, quindi dice:
«Sono certo che è uno stregone.»
L’uomo annuisce più volte con il capo.
«Molto bene.» ripete, ancora senza emozione.
«Come intendete agire, signore?» chiede allora l’ispettore.
«Voglio fidarmi del vostro intuito, ispettore; finora non avete mai sbagliato.» decide l’uomo, iniziando a scrivere qualcosa su un foglio con una bella penna d’oca dipinta di nero e oro «Nella vostra lunga carriera nella sezione speciale, grazie al vostro talento, possiamo così chiamarlo, sono stati catturati ben quattro stregoni. Questo potrebbe essere il quinto.» rialza gli occhi sull’altro «Per non parlare di tutte le altre mansioni a voi affidate, meno o più importanti, che avete svolto alla perfezione.» termina di scrivere e torna composto, aggiungendo:
«Al termine di questo caso potrei anche concedervi un aumento.»
«Ne sarei lusingato, ma...» l’ispettore esita solo un istante, per poi decidersi «Io vorrei congedarmi.»
L’uomo dapprima non dice nulla, limitandosi a fissare con quello sguardo spento il volto dall’aria risoluta di Brown.
«Intendete lasciare la polizia?» chiede infine senza scomporsi in alcun modo.
«Esattamente, signore.» risponde subito l’ispettore.
L’altro si appoggia indietro contro lo schienale e posa le braccia sui braccioli della poltrona, commentando:
«Se non sbaglio, siete in lieta attesa.»
«Mia moglie dovrebbe partorire a giorni, sì.» conferma l’ispettore.
«Suppongo che, con un figlio in arrivo e l’età che avanza, pensavate di sistemarvi magari in campagna, più tranquilla e sicura della città.»
«Non abbiamo ancora nessun progetto, signore.» spiega Brown, iniziando quasi a temere una qualsiasi risposta alla sua richiesta da parte di quell’uomo, il capo della polizia.
«Capisco...» si limita a dire quest’ultimo, come riflettendoci.
Qualche istante di silenzio, poi l’uomo fa un gesto di noncuranza con la mano, dicendo:
«Ma certo, non ci sono problemi. Al termine di questo caso, presentatemi le vostre dimissioni scritte e io provvederò al resto.»
Brown si inchina leggermente.
«Vi ringrazio.»
«Bene, andate pure.» conclude l’altro, ruotando la poltrona per guardare fuori dalla finestra, ma dando così le spalle all’ispettore.
«Arrivederci, signore.» saluta Brown, uscendo dall’ufficio.
Appena rimasto solo, l’uomo dagli occhi di ghiaccio dirige lo sguardo fuori, verso quel cielo perennemente scuro.
«Forse ci siamo.» mormora tra sé e sé.
Dopo circa un’ora, un uomo in divisa si presenta nel suo ufficio per consegnargli il rapporto completo dell’ispettore Brown. L’uomo smette di scrivere i suoi documenti, afferra il foglio che gli viene porto e chiede:
«Stavo attendendo un ospite. E’ arrivato?»
«Sì, signore, aspetta nella sala adiacente.» risponde subito l’agente, raddrizzandosi.
«Bene, fallo entrare.»
L’agente annuisce con il capo e si allontana.
L’uomo inizia a leggere il rapporto.
«Bianco, biondo, vestito appariscente, una spiccata capacità di finire nei guai...» legge attentamente a mezza voce.
«Non sembra un tipo che passa inosservato.» commenta d’improvviso una voce giovane, sicura di sé «Deve piacergli farsi notare.»
L’uomo alza gli occhi dal rapporto per guardare l’ospite appena entrato dalla porta semiaperta. E’ un ragazzo sui trenta, dall’aria furba e decisa, con un bel viso, rovinato però da una brutta cicatrice accanto l’occhio sinistro, semicoperta dai folti capelli castani. E’ vestito di scuro con sopra un mantello nero, pesante. Il fisico muscoloso è messo in risalto dagli abiti in pelle aderenti e un elaborato pugnale e una splendida pistola d’argento sono appesi alla sua cintura, in bella vista.
«Julian, ti stavo aspettando.» lo saluta l’uomo con la sua gelida calma «Hai fatto presto.»
«So che odiate attendere, Jaziel.» spiega l’altro freddamente.
«Infatti.» asserisce Jaziel, posando il rapporto sulla scrivania, poi torna a guardare il giovane ed esordisce:
«Forse ci siamo, Julian; se il fiuto dell’ispettore Brown non ha fatto cilecca, abbiamo tra le mani la possibile chiave per il potere incontrastato. Potere che aspetta di diritto a noi Signori del Nord e, primo fra tutti, al nostro re Maximus.»
Il ragazzo non commenta, rimanendo serio, ma il suo sguardo mostra una certa insofferenza a quelle parole. Jaziel sembra notarlo.
«E, proprio come ti abbiamo promesso, dopo tutto questo... avrai la tua libertà.»
«L’ultimo incarico.» mormora Julian, cupo.
«Proprio così.» conferma l’altro, annuendo.
Dopo una breve pausa, Julian indica con un cenno del capo il rapporto e chiede:
«Come si chiama il sospetto?»
Jaziel abbassa lo sguardo sul foglio.
«Uhm... Aaron. Pare che sia un illusionista di periferia particolarmente talentuoso.»
«Un illusionista...» sbuffa Julian con un ghigno divertito «Non si riesce proprio a star lontani dalla magia...»
L’altro uomo alza appena un sopracciglio, guardandolo.
«Tu lo sai bene, Julian.»
Il ragazzo tira di un po’ le labbra, senza rispondere.
«Bene, vai ora.» riprende Jaziel, ordinando le carte che ha sul tavolo «Fai un’indagine accurata e portamelo qui. Ti lascio il rapporto con tutti i dati.» gli allunga il foglio, che il giovane afferra in silenzio.
«Mi raccomando.» aggiunge Jaziel prima di staccare la presa dal rapporto «Ci serve vivo.»
«Nessun problema.» risponde Julian semplicemente.
Dopo aver piegato il rapporto ed esserselo infilato in tasca, il ragazzo si volta, pronto ad andarsene, ma Jaziel lo ferma:
«Ah, un’altra cosa, Julian.»
Questi si gira verso l’uomo, attendendo.
 «Mentre ti occupi di questo Aaron, ti affido anche un altro compito.» Jaziel si accomoda meglio sulla sedia, tranquillo, e prosegue:
«Conosci l’ispettore Brown, vero?»
«Un certo Manuel Hunt, se non erro.» conferma Julian, annuendo.
«Proprio così...» Jaziel fa un breve pausa, poi aggiunge con calma:
«Occupati di lui.»
Il ragazzo corruga leggermente le sopracciglia, mostrandosi confuso.
«Che cosa ha fatto?»
«Vuole lasciare la polizia.» risponde Jaziel «Non è un grosso problema, perché ormai non ci serve più. Però sa troppe cose... è un peso.»
Julian comprende. Fa quindi un piccolo inchino e dice:
«Sarà fatto.»
Sta per andarsene che Jaziel conclude:
«Sua moglie attende un figlio. Pensa anche a loro.»
Julian si fa scuro in volto ed evita di rispondere. Se ne va facendo frusciare il mantello e si chiude la porta alle spalle.
E il volto di Jaziel si apre in un piccolo, quasi impercettibile, sorriso di soddisfazione; grande soddisfazione.

Continua...

Per agevolare la lettura, e seguendo i consigli di Namine22, ho deciso di tagliare i capitoli, pubblicandone metà alla volta. Spero che questo vi sia piaciuto. :)

Namine22: Grazie mille dei complimenti, ma soprattutto del consiglio. Scrivo sempre tantissimo, non sono abituata a fare capitoli più "corti" di così (in realtà sono lunghissimi, hai ragione!)! Ora li spezzo a metà, così spero che sia meglio. ;) Probabilmente c'è qualche errore in giro, perché qualcuno me ne sfugge a volte! Spero almeno che la lettura sia scorrevole... Ciao!

  
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