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Autore: AdryaM    06/09/2010    2 recensioni
Elisabeth non ricorda niente del suo passato, ma non le è mai importato davvero. Quando uscita per la caccia incontra uno strano vampiro nel bosco che dice di conoscerla, scatta qualcosa in lei, e si decide a scoprire cosa è successo davvero. Parte così alla ricerca di notizie, ma nel suo viaggio Elibeth troverà molto più di quello che cerca e la sua vita si intreccerà presto con quella della famiglia Cullen.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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3. Julian CAPITOLO 4
Julian

Due giorni passarono in fretta. Tra valigie, saluti e raccomandazioni, mi ritrovai a partire da sola alla volta della Germania.
Salita sull’aereo mi adagiai sulla mia comoda poltrona. Mi ero portata un libro da leggere per passare il tempo. Il volo era lungo e non volevo che i pensieri mi attanagliassero la mente. Mentre leggevo pensai a Samira, a come aveva conosciuto Samuel, a come si erano innamorati. Sentirle raccontare quella storia era meglio di qualsiasi altro romanzo o libro mai letto. Era successo in una notte di luna piena. Lei era in giro per la città, insieme a Clio, una sua vecchia amica. A quei tempi loro non conoscevano altri “vegetariani”. Mentre passeggiavano aveva udito un rumore e intravisto una sagoma che correva via sfuggente in un vicolo. Aveva compreso immediatamente che era un suo simile. Allora si avvicinò e lo trovò fermo, in mezzo la strada che la fissava con degli occhi neri come la notte. Quando lei lo vide capì subito che era suo, perché non poté più farne a meno. Sapeva che quella creatura davanti ai suoi occhi  era la sua metà mancante. Dopo quella notte, niente fu più lo stesso. I giorni, i mesi, gli anni, avevano finalmente un senso.
"Tutto bene, signorina?" La voce dell’hostess mi riportò nella realtà. Le sorrisi.
"Si allacci la cintura prego, stiamo per atterrare a Monaco."
Il tempo era passato in fretta come previsto, e atterrai all’aeroporto in perfetto orario. Appena scesi dall’aereo accesi il cellulare, che subito vibrò.
"Sono appena scesa dall’aereo." Sapevo che Samira avrebbe spaccato il secondo. Era in pena per me.
"Appena arrivi in hotel fatti sentire, ok?"
"Certo Sam." Riattaccai e presi i bagagli.
Ci sarebbero volute almeno 2 ore di macchina per arrivare dove alloggiavo e non potevo andare a piedi rischiando di farmi vedere. Così mi sporsi e chiamai un taxi.

"Dove la porto bella signorina?" Chiese il tassista appena mi sedetti, con un forte accento tedesco.
Per prima cosa dovevo lasciare le valigie in albergo. Così dissi all’autista nome e indirizzo dell’hotel. Durante il viaggio osservai con attenzione il paesaggio che si presentava davanti i miei occhi. I colori dei boschi erano meravigliosi, così delineanti, così definiti. Era da qui che venivo? Era qui che ero nata e cresciuta? Forse a breve lo avrei scoperto. Dalle tinte dei boschi si passò lentamente a quelle delle case. E in men che non si dica fui davanti l’albergo. Dopo essere passata dalla reception, salii in camera. Grande e lussuosa come sempre quando soggiornavo in un albergo. C’erano 2 grandi divani all’ingresso nel quale si affacciavano due porte che conducevano una ad un mega bagno con vasca idromassaggio e doccia e l’altra ad una camera con uno dei letti matrimoniali più grandi che avessi mai visto. Tutto era magnificamente abbinato, non c'era una cosa fuori posto. Mi feci una doccia veloce e uscii. Non sapevo a chi chiedere, cosa chiedere, dove andare. L’unico indizio era il ciondolo e il luogo dove Samira e Samuel mi avevano trovato. Non sapevo neanche il mio vero cognome. In quel momento mi resi conto che l’impresa era davvero ardua.
Cominciai a vagare per la città, ma presa dallo sconforto, mi sedetti al tavolino di un bar. Sapevo di non potermi stancare, ma il sentimento di sfinimento era dovuto al pessimismo. Mentre cercavo di trovare una soluzione, qualcuno bussò alla mia spalla. Una sorriso abbagliante si illuminò davanti ai miei occhi.
"Scusa, non volevo disturbarti, ma ti è caduto questo dalla tasca." Il ciondolo, il mio prezioso ciondolo era caduto. E questo umano davanti a me lo aveva ritrovato. Ed io non me ne ero neanche accorta. "Ho visto che eri distratta e ho pensato di raccoglierlo prima che qualcuno lo calpestasse." Sorrise di nuovo. Aveva due occhi verdi, profondi. Non avevo mai visto degli occhi così belli.
"Scusa ero sovrappensiero. Io sono Elisabeth, e non hai idea di quanto ti sia debitroce. Perderlo sarebbe stata la fine per me!"

"Ciao Elisabeth, io mi chiamo Julian!" Aveva qualcosa di familiare. Sentivo il suo cuore battere ma qualcosa mi diceva che era più simile a me di quanto pensassi.
"Ma non sei tedesco?" O almeno non lo lasciava intendere dal suo accento.
"No. Sono americano, ma adesso vivo in Germania da un po’." E mi sorrise. Quel sorriso mi faceva rimbecillire di tutto punto. Su Beth, pensai, datti un contegno.
"Scusa, mi sono messo a parlare, senza neanche chiederti se ti dispiaceva."
"Mi dispiaceva cosa?" Lui continuava a sorridere, io continuavo a morire.
"Se ti dispiaceva che mi fossi seduto a parlare con te. Non mi conosci, magari avrai pensato fossi un male intenzionato, ma ti assicuro che sono un bravissimo ragazzo. Ho visto che eri sola, così ho pensato, se per te va bene, di farti un po’ di compagnia, ma se non vuoi, mi alzo e vado immediatamente via." In quel momento non pensavo più ai miei problemi. Ero totalmente assorbita da questo umano dai capelli castani che aveva il sorriso più bello del mondo.
"No, rimani pure, mi fa piacere avere compagnia. E poi se fossi stato male intenzionato, mi avresti avvicinato in un vicolo, mica in un luogo pubblico!" E continuammo a parlare per ore. Scoprii che era figlio unico, che si era trasferito in Germania per staccarsi un po’ dalla sua famiglia.
Di mio non gli raccontai quasi nulla, o meglio la solita storia che raccontavo a tutti.
Ad un certo punto guardai l’orologio. Assorta completamente da lui, non mi ero accorta che fossero già le 11 di sera. Dovevo rientrare in albergo, prima che si insospettisse. E soprattutto dovevo andare a caccia. Il volo mi aveva stremato, ma stranamente, Julian non emanava nessun odore appetibile. Lì li non ci feci caso. Ero totalmente stregata da lui, dai suoi occhi, dalle sue parole.
"Allora posso invitarti a pranzo domani?" A quella richiesta la mia testa diventò improvvisamente leggera e sul viso dovevo avare un’espressione da ebete.
"In realtà a pranzo sono già impegnata, ma possiamo vederci di pomeriggio se vuoi, verso le 7, ti va bene?" L’indomani sarebbe stato un giorno di sole, e non potevo rischiare. Il tramonto sarebbe stato perfetto ed io avrei avuto tutto il tempo di fare delle ricerche.
"Per le 7 va benissimo. Ci vediamo qui. Mi troverai da solo seduto ad un tavolo in attesa del tuo arrivo. Mi ha fatto davvero piacere conoscerti Elisabeth."
"Anche a me." Mi dette la mano e un brivido scese lungo la schiena. Era questo che si provava quando ti piaceva qualcuno? Lui mi guardò fisso prima di voltarsi e andare, regalandomi un altro sorriso che mi lasciò senza fiato. Era umano. Ma in quel momento non mi importava. Tra qualche giorno sarei andata via e non l’avrei più rivisto. Che male facevo ad abbandonarmi per una volta ai miei sogni?
In men che non si dica, arrivai in albergo e salii in camera.. Non potevo credere che stessi davvero provando tutti quei sentimenti. Gioia, terrore, ansia, benessere. Tutti insieme affollavano la mia mente. Era come se sentissi battere ancora il mio cuore. Ma era un umano. E tutto questo non poteva portarmi da nessuna parte. L’unica cosa che mi aveva stupito molto era che il suo odore non provocava in me nessuna attrattiva. Sicuramente aveva un buon odore, ma non tale da scatenare la mia terrificante sete. Avevo sentito battere il suo cuore e avevo visto il suo viso colorarsi, forse un po’ imbarazzato, quando mi aveva dato la sua mano. Non che mi preoccupasse in realtà questa cosa. Tra qualche giorno sarei andata via e questo sarebbe stato solo un altro ricordo che mi avrebbe accompagnato nella mia solitaria eternità.
Chiusi gli occhi e pensai ai momenti passati durate quella serata. E ripensai a quanto ero debitrice a Julian. Se non fosse stato per lui, avrei perso l’unica cosa che mi legava al mio passato.
Decisi che era ora di andare a caccia. Uscii dall’albergo e velocemente mi immersi nella fitta boscaglia. Odori nuovi e forse familiari mi travolsero. Il veleno scorreva dentro di me e veloce giungeva nella mia bocca. Avvistai un orso, mi nascosi tra la boscaglia e in men che non si dica lo avvinghiai con le braccia. Il suo sangue cominciò a ravvivare il mio corpo. E mentre sentivo che la sua vita si spegneva, io sentivo la mia sete che si placava.
All’improvviso un rumore mi distolse dalla mia occupazione. Sentii un odore intenso, conosciuto e rabbrividii. Era lo stesso odore che avevo sentito qualche giorno fa. Quell’odore che mi aveva velocemente catapultato nel mio passato.
"Ti avevo detto ci saremmo rivisti presto, mia cara Elisabeth." Sorrise.
"Non pensavo di rivederti sinceramente." Decisi di riporre la paura in un angolo della mia mente. Dovevo restare lucida. Il più possibile.
"Sapevo che saresti venuta qui, e mi sono dato da fare per darti una bella accoglienza." D’un tratto me lo trovai a pochi centimetri da me. Sussultai indietreggiando.
"Chi sei? Ma soprattutto, cosa vuoi da me? Io non ti conosco." Dissi freddamente con voce apparentemente calma.
"Mi conosci eccome. Dovresti dire piuttosto che non ricordi di conoscermi. Sono secoli che non ci vediamo. Non ti sono mancato neanche un pochino?" Si era seduto accanto a me. Tutt’intorno c’era un silenzio assoluto. Anche gli animali, consci del pericolo, si erano allontanati, alla ricerca di un posto sicuro. Ma non sapevano che con noi nei dintorni nessun posto era davvero sicuro.
"Come può mancarmi una persona che non ricordo neanche di avere conosciuto? Sono stufa di questi giochetti. Voglio sapere la verità." Dissi risoluta.
"Hai ragione. Di solito sono molto più discreto, ma tu mi affascini parecchio. Sei rimasta molto più umana di quanto pensassi. La natura vampira in te non ha mai davvero preso il sopravvento. Mi domando come tu faccia a resistere al delizioso odore umano, al loro squisito sangue. Per cosa poi? Per animaletti che non ti daranno mai lo stesso senso di potenza, di vitalità. Bà, io non lo farei per niente al mondo."
Lo guardai fisso negli occhi rossi vermiglio. Cosa voleva da me? Le domande cominciarono un’altra volta ad affollare la mia testa.
"Ognuno sceglie nella vita. Ed io ho scelto questo stile di vita." Mi fissava intensamente, come se stessi parlando una lingua a lui sconosciuta. Non capiva il mio punto di vista. Non lo capiva nessuno tra quelli della mia specie. "E’ tutta una questione di rispetto nei confronti degli umani."
"A me quelle fragili creature non sono mai interessate." E scoppiò in una risata fragorosa, come se avesse detto la cosa più divertente del mondo.
"Ma sei stato umano anche tu." Tornò serio.
"E’ stato molto, troppo tempo fa." Distolse lo sguardo da me e continuò. "Comunque, non sono qui per cercare di comprendere il tuo stile di vita, ma per invitarti. Se mai fossi arrivata qui, avevo il compito di chiederti gentilmente di seguirmi dalla creatura che servo.>
"Che significa “dalla creatura che servo”?" Adesso ero più curiosa che altro.
"Devi sapere cara Elisabeth, che io faccio parte della guardia della più antica famiglia di vampiri, i Volturi, che risiede a Volterra, e il loro capo, Aro, sarebbe lieto di rivederti. Vedi, tu non puoi ricordarti, ma hai passato del tempo con noi prima di scomaprire." Ecco il primo tassello. Ero stata in Italia. Quindi non ero stata trasformata lì.
"Cosa vuol dire tutto questo?" Gli dissi, quasi in tono di sfida.
"Ti basti sapere ciò. Al momento non posso dirti altro. Se ti va bene, posso prendere due biglietti sul primo volo per Roma." Dovevo seguirlo. Era l’unico modo per scoprire qualcosa. Ma il mio pensiero andò immediatamente a Julian. Mi aspettava tra qualche ora, e non potevo, non volevo deluderlo. E soprattutto dovevo rivederlo.
"Ci sto. Vengo con te. A patto che partiamo domani. Oggi ho una cosa da fare."
Il suo sguardo si incuriosì di nuovo. Poi sorrise e si allontanò lentamente "Domani. Aeroporto di Monaco, ore 10.30. Non tardare." E fece per andarsene, ma all’improvviso si bloccò, voltandosi ancora una volta verso di me. "Dimenticavo. Io mi chiamo Demetri." E sparì nella fitta boscaglia, lasciandomi da sola nel bosco.
Demetri. Questo nome non mi diceva nulla. Mi accasciai a terra. Stava per spuntare il sole. Il calore tiepido dei primi raggi mattutini colpì il mio volto. La foresta intorno a me riprese pian piano vita. Decisi di tornare in albergo prima che il sole fosse troppo alto nel cielo. Avrei avuto tutta la mattinata per riflettere. La mia vita, cominciava pian piano, ad avere un senso.

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Chiedo immensamente scusa, per aver lasciato in sospeso la mia FF, ma mi sono laureata e sono stata in vacanza, e ho avuto davvero pochissimo tempo da dedicare ad EFP. Vi prometto solennemente, che da questo momento in poi, aggiornerò ogni lunedì e che presto posterò una nuova storia, sempre su tema Twilight :)
@Pattyt: hai ragione, per certi versi il capitolo è un pò confuso. Ma questa storia l'ho scritta un pò di tempo fa e non volevo modificarla troppo rispetto l'originale. Ti prometto però che sarò più chiara. Grazie mille per avermi fatto notare questa cosa :)
@Pituccia: AMOTI ^__^

 

   
 
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