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Autore: Yoko_kun    06/09/2010    1 recensioni
L’idea di questa breve raccolta(3 capitoli totali) nasce dal pensiero che Inoue per parecchio tempo nella sua vita è stata sola. Quando ad esempio è morto suo fratello, o quando si ritrova prigioniera a Las Noces.
Così visto che avevo già per la testa un paio di idee su Inoue ho deciso di fare questa raccolta e riunire qui i tre lavori.
Il primo di questi sarà ambientato nel passato, cioè quando viveva da sola dopo la morte del fratello e prima di andare alle superiori e conoscere i suoi amici.[Credo sia da considerare un po’ nonsense questo lavoro]
Il secondo lavoro riguarderà il lasso di tempo che intercorre tra la fine della saga della Soul Society e il suo rapimento da parte degli arrancar, in cui la sua solitudine è minore ma è data dallo strano turbinio di emozioni che prova e che non riesce a calmare.[Ci sarà un piccolo accenno InouexMatsumoto]
Il restante lavoro sarà invece ambientato nel periodo di prigionia a Las Noces.
-1) Beautiful butterfly. { Stava disegnando farfalle.
Sembravano farfalle viste con gli occhi di un ubriaco, distorte nelle forme e nei colori, ma a lei non importava.
Perché a lei piacevano così, perché quelle erano le sue farfalle: nate dalla sua mente e volate fuori di lei grazie alle proprie mani.
Si sentiva sola, sperduta e stanca dentro quelle mura vecchie e pregne di ricordi.
Di ricordi dolci, come i sorrisi che nascono all’improvviso, ma anche di ricordi amari, come le lacrime.
Ma comunque di ricordi difficili da contenere e sopportare per una ragazzina di soli dodici anni.}

-2) Signorina Rangiku. { La signorina Rangiku non l’aveva giudicata, ma l’aveva accettata per quello che era, l’aveva accettata anche per quello che lei non accettava di sé. L’aveva accettata, accolta e curata.
Era stata il suo riparo in un giorno di pioggia.
Si sentiva sciocca e fuori luogo a pensare tutto ciò, e si sentiva ancor più sciocca e fuori luogo a sentire quale strano e profondo sentimento si animava a quei ricordi, mettendola in subbuglio.
Ma non aveva importanza, perché quel sentimento palpitava dentro il suo seno e non poteva uscire.
Nessuno l’avrebbe mai visto né notato, perché lei lo aveva rinchiuso dentro il suo vaso di Pandora.
E quel vaso non lo avrebbe mai aperto per paura che anche la speranza potesse fuggire dal suo abbondante petto, lasciandola sola e vuota.
“Signorina Rangiku per una volta posso osservare la vostra di schiena?” }

-3) 7 luglio. { Guardava oltre la finestra dal primo momento in cui aveva messo piede in quella stanza.
In un primo istante aveva osservato con occhi curiosi, ferma un passo prima della soglia della porta, la comoda prigione truccata perfettamente da stanza -a eccezione di quella piccola finestrella in cui il panorama si vedeva a righe- in cui sarebbe alloggiata.
Era stata curiosa e circospetta, l’aveva velocemente guardata tutta quasi temesse che ci fosse già un altro inquilino. Ma dopo un passo, quando finalmente era arrivata alle porte della fine della sua libertà, i suoi occhi di miele erano stati attirati da quell’unica fessura da cui si intravedeva la desolazione dell’eterna notte dell’Hueco Mundo.
Il panorama non era certo né ampio né questo granché eppure non aveva potuto fare a meno di sentire che il proprio sguardo era attirato magneticamente da quello spicchio di luna che sembrava ricambiare l’attenzione di ogni osservatore che posasse gli occhi addosso alla sua bianca superficie.}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inoue Orihime
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Allora prima di lasciarvi alla lettura è necessario che spieghi un paio di cose.
Innanzitutto durante tutto il capitolo ci saranno dei riferimenti a una leggenda giapponese, brevemente questa leggenda parla di una principessa figlia del re del cielo(Orihime, cioè principessa tessitrice) che viene data in sposa al pastore del cielo Hikoboshi. I due fin da subito si amano alla follia ma questo loro amore li distrae dai loro doveri creando parecchi problemi alle altre divinità del cielo. Così il padre della principessa decide di dividerli creando la via lattea, un fiume per loro impossibile da attraversare. Ma i due comunque non riescono a smettere di pensarsi e così continuano a tralasciare il loro lavoro, così il padre di Orihime decide di dar loro un giorno in cui possano tornare assieme, a patto che durante tutto il resto dell’anno i due tornino a lavorare sodo. I due accettano, tornano a lavorare e attendono ogni 7 luglio, perché è il giorno in cui si crea un ponte che permette loro di attraversare la via lattea.
Visto che come avete notato il nome della principessa è Orihime non sono riuscita a non cedere alla tentazione di fare dei collegamenti, con cui ho un po’ costellato questo lavoro.
La seconda cosa che deve essere puntualizzata è che per questo lavoro mi sono ispirata all’immagine del numero 28, in cui si vede Inoue osservare la luna oltre la finestra; inoltre mi è stato di aiuto vedere che anche in altre diverse scene viene mostrata che osserva la luna. Bene, detto ciò va puntualizzato che forse troverete qualche traccia di nonsense qua e là! Ora è davvero tutto.
Buona lettura!



7 luglio.


Guardava oltre la finestra dal primo momento in cui aveva messo piede in quella stanza.
In un primo istante aveva osservato con occhi curiosi, ferma un passo prima della soglia della porta, la comoda prigione truccata perfettamente da stanza -a eccezione di quella piccola finestrella in cui il panorama si vedeva a righe- in cui sarebbe alloggiata.
Era stata curiosa e circospetta, l’aveva velocemente guardata tutta quasi temesse che ci fosse già un altro inquilino. Ma dopo un passo, quando finalmente era arrivata alle porte della fine della sua libertà, i suoi occhi di miele erano stati attirati da quell’unica fessura da cui si intravedeva la desolazione dell’eterna notte dell’Hueco Mundo.
Il panorama non era certo né ampio né questo granché eppure non aveva potuto fare a meno di sentire che il proprio sguardo era attirato magneticamente da quello spicchio di luna che sembrava ricambiare l’attenzione di ogni osservatore che posasse gli occhi addosso alla sua bianca superficie.
Era qualcosa di strano, quasi malsano, eppure era così intenso che non poteva non accettare di assecondare quella voglia.
Era la principessa tessitrice che guardava il suo amato pastore Hikoboshi avanzare verso lei aspettando impazientemente il suo amato abbraccio.
Però per lei non era ancora arrivato il suo 7 luglio.
A dire il vero non sapeva che Hikobosh stesse aspettando, ma era certa che sarebbe presto arrivato, attraversando la via lattea della sua prigione.
E questo la confortava, in una certa misura.
Le dava la certezza che c’era un mondo fuori, oltre quelle mura bianche, oltre la sua paura, oltre la sua prigionia.
Neppure le vedeva quelle sbarre nere che facevano da interferenza e non permettevano di vedere la completezza di quella sottile lama bianca che rischiarava un poco il nero del cielo, perché la sua coscienza le diceva che oltre a esse c’era un mondo immenso e lei ci credeva. Voleva crederci, ed a essere sinceri non poteva far altro che crederci.
Per questo i suoi occhi erano stati fin da subito catturati da quel cielo cupo come la pece, che scatenava in lei una reazione di atavica paura e radicata speranza.
Per questo il suo unico interesse era osservare oltre quella finestra, restandovi davanti, ferma e ipnotizzata.
Per questo riusciva a far finta che ciò che la circondava e ciò che era successo non la stava scalfendo. Non stava scalfendo lei, la sua determinazione, la sua speranza.
Non sperava, a dire il vero che qualcuno venisse a salvata. No, per nulla. Se era lì era proprio perché per una volta voleva salvare lei qualcuno anziché essere salvata.
Ciò che sperava era di riuscire in ciò che si era prefissata, era di poter uscire di lì con le sue forze, era di poter finalmente ricongiungersi al suo Hikoboshi.
Era strana sul serio l’attrazione profonda e troppo intima per non sembrare a volte imbarazzante, che sentiva muoverla verso quella luna, verso quel cielo senza stelle e speranza, verso quella finestra che le ricordava che era prigioniera. O meglio che le ricordava che la sua libertà era un’illusione.
Eppure non se ne vergognava. A volte se ne stupiva, a volte le sembrava troppo radicata per non essere compromettente e a volte la incuriosiva, ma non si era mai vergognata di quella sensazione.
Forse perché le dava delle emozioni che le ricordavano che era ancora viva, forse perché alimentava quella sua assurda speranza o forse perché non poteva farci nulla.
Era un’emozione semplice e diretta. Forte e coinvolgente. Intensa e senza senso.
Come lei.
Quell’emozione rispecchiava la sua semplicità e il suo essere diretta. Rifletteva il suo desiderio di forza e di essere coinvolta. Reincarnava la sua anima intensa e a volte insensata.
Quell’emozione rappresentava , lì dentro, tutto per lei. Quell’emozione, tra quelle bianche mura, era lei.
“Ti dona. Non me l’aspettavo”
Il suono della sua voce le arrivò alle orecchie, e lei, imbarazzata, si voltò un po’ in panico.
Si sentiva come la sorellina piccola che viene beccata dal fratello maggiore mentre è impegnata in dell’effusioni con il fidanzato.
“Wah! D…da quando sei lì?!” chiese un po’ in panico, volendo sapere lui, il fratello maggiore, quanto aveva visto, di quelle effusioni.
“Da adesso. Piantala di far casino per ogni idiozia, sei fastidiosa” rispose freddo e secco lui. Lei per un attimo si rassicurò.
Non ha visto nulla. Ammise con conforto dentro sé.
Lui intanto proseguì a parlare.
Le disse che i suoi amici erano arrivati lì e avevano fatto intrusione al palazzo.
Chiese perché, stupita, e lui le rispose ciò che era ovvio: che erano lì per lei.
Per un attimo restò interdetta.
Era forse arrivato il suo Hikoboshi? Era questo ciò che stava aspettando che attraversasse la sua via lattea, la sua prigione?
Ma non aveva tempo di pensarci troppo perché il suo carceriere voleva sapere qualcosa da lei.
Qualcosa di importante.
Le chiese con voce atona e con fare inquisitore per cosa esisteva.
Sapeva cosa doveva dire.
Per sua eccellenza Aizen e ogni suo desiderio.
Eppure il fiato tardava ad arrivare e a far vibrare le sue corde vocali per farla parlare.
Per un attimo nel suo cuore sentì qualcosa pulsare. Qualcosa che le portò alla mente la spicchio di luna che fino a prima aveva catalizzato la sua attenzione, qualcosa che la invogliava ad alzare lo sguardo non verso l’interlocutore, qualcosa che la tentava di tornare a rivolgere la sue iridi di miele verso la finestra.
Ma si fermò, osservò Ulquiorra e rispose ciò che deve rispondere.
Perché era ciò che doveva fare.
Perché se lo faceva poi poteva tornare a guardare la luna e la sua pallida pelle.
Perché se eseguiva ciò che lui desiderava poteva tornare ad aspettare trepidante il suo Hikobosh.
“Sì” con quel monosillabo si diede forza, pronta a parlare. “Per sua eccellenza Aizen e ogni suo desiderio” esalò in fine.
Per un attimo si sentì tremare, ma represse quella sensazione.
Perché lei era forte.
Ma non solo. Perché lei era anche coinvolta. Lei era semplice. Lei era diretta. Lei era intensa. Lei era insensata.
Il suo carceriere finalmente se ne andò e lei tornò da sola.
Il suo sguardo immancabilmente si diresse a chiedere consiglio alla luna che alta nel cielo di cobalto regnava sovrana, attratto ancora da quella forza primordiale che la guidava verso quella candida lama.
Ancora si perse a fissare quel cielo e quella luna.
L’ombra che la lieve e fredda luce lunare proiettava a terra tornò quindi al suo posto, riflettendo il ritorno al proprio posto anche del corpo che la generava.
Ancora una volta Inoue si era lasciata ipnotizzare da quella finestra, ancora una volta la sua ombra restava immobile, ancora una volta attendeva il suo 7 luglio.

L’anima mia da quell’ombra laggiù non si solleverà mai più.
{Citazione da: “Il corvo” di Edgar Allan Poe}




Devo ammettere che sembra un bel po’ nonsense questo lavoro.
È particolare, lo riconosco, e se devo essere sincera in un paio di punti temevo di essere prossima a rendere questo capitolo un InouexLuna Hueco Mundo! 0.0
Vabbè, questo è un periodo in cui riesco a fare praticamente solo o lavori strani o nonsense…
Passiamo invece alla spiegazione della frase finale tratta da “Il corvo”. Ho deciso di inserirla perché è quella frase che mi ha dato l’ispirazione da cui sono partita a lavorare, perché mi ha fatto tornare in mente le varie scene in cui si vede Inoue ferma immobile a guardare la finestra.
Il collegamento fatto dal mio cervellino è riguarda fatto che lei restando immobile faceva sì che anche la sua ombra restasse esattamente sempre ferma.
Lo ammetto come spiegazione fa schifo ma non saprei come altro esplicare la giustificazione della scelta di fare un lavoro su ciò e della frase.

Bene direi che è inutile parlare oltre!
Questo è il terzo e ultimo lavoro di questa breve raccolta dedicata a Orihime Inoue e alla sua solitudine!
Spero vivamente che a voi sia piaciuto questo capitolo come il resto della raccolta e spero che le fan e i fan di Inoue non mi vogliano ammazzare per aver reso magari male e in maniera travisata la loro beniamina! ^^”
Bene, allora basta con gli indugi: dichiaro ufficialmente conclusa questa mini raccolta!
Ringrazio tutti coloro che l’hanno letta senza recensire e ancor di più chi l’ha recensita o la recensirà!
Kiss!
  
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