Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Ataraxia Diagrams    06/09/2010    7 recensioni
Si avvicinò ancora con il suo passo aristocratico, ma improvvisamente sparì dalla mia visuale. Il mio cuore perse uno...due..tre e forse quattro battiti quando scomparve lasciando un raggelante senso di vuoto.
-Tana per Emy- sobbalzai gridando e mi riotrovai con la schiena pigiata contro il finestrino mentre sul suo volto perfetto si dipingeva un sorriso sadico che non mi rassicurava affatto.
-C...chi sei!?-
-Tipica domanda da copione di film horror...mi aspettavo qualcosa di meglio da te, Vichbourg...- il suo volto era maledettamente vicino al mio e potevo sentire il suo fiato...il suo fiato inesistente che nella mia immaginazione, mi sfiorava il volto madido di sudore. Non respirava...non ne aveva bisogno.
-I...io voglio solo...solo tornare a casa mia...dalla mia famiglia...- mormorai terrorizzata. Mi vergognavo del mio tono implorante e patetico...ma non era il momento per l'orgoglio.
-Oh...ma ci tornerai, piccolina...ci tornerai eccome...lascia che ti accompagni io- il ghigno sadico si trasformò in un sorriso pericoloso e letale che non preannunciava nulla di buono e gridai quando la sua mano, curata e affusolata, mi afferrò con forza il polso attirandomi bruscamente a sè. Le mie urla cessarono di colpo quando mi ritrovai lì, "al sicuro" contro il suo petto, stretta dalle sue braccia che corsero a tenermi la schiena e le gambe sollevandomi da terra.
Era così freddo...
-No! Dove...dove cazzo mi stai portando!?-
-Bhè...se te lo dicessi...che razza di rapimento sarebbe?-
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note dell’Autore: Bhè, ho deciso di tendere un po’ la situazione, nel precedente capitolo. Mi sembrava tutto troppo noioso e lineare...c’era bisogno di suspance –come diavolo si scrive?-, insomma volevo spaventarvi un pochino eheh.
Dunque, ecco anche questo capitolo, con i suoi intrighi, con i suoi protagonisti. Come al solito, leggete e commentate che mi fa piacere, e ringrazio tutti senza scrivere i nick perché sono un’incurabile pigra. Al prossimo!

 
~~~ 

Morire strangolati è un po’ come affogare. O almeno ci si avvicina. Sei lì a boccheggiare in cerca di ossigeno, mentre attorno a te non hai altro che aria pesante, o a seconda del caso, acqua. Non è importante quanto scalci, quanto cerchi di riaffiorare verso la superficie. Man mano il buio si condensa in un vortice nero, e tutto ciò che hai attorno vi finisce dentro, risucchiato. Dopo, è il tuo turno di affogare nel nulla. Quando riaprii gli occhi, quasi mi dimenticai di cosa si provava nel vedere a colori il mondo. La verità è che diamo per scontato piaceri come il vedere, il respirare, ed il sentire la morbidezza o la durezza delle cose sotto le dita. Sono cose a cui siamo abituati, ci sembrano talmente normali che finiamo per non dar loro il giusto peso. Ma quando avevo sfiorato di un millimetro la morte, avevo seriamente compreso il loro valore, ed ora le mie dita stringevano il lenzuolo fresco come fosse qualcosa di estremamente prezioso. Pian piano ripresi conoscenza, mentre le mie iridi chiare schizzavano come impazzite da un punto all’altro della camera. Dall’alone chiaro che la lampada creava nella penombra, al rosso sanguigno della tappezzeria. Mi toccai istintivamente le braccia, le gambe, il busto, come per controllare che ci fosse davvero tutto. Essere ancora viva era una consolazione più che sufficiente. Senza contare che mi era piuttosto insolita, dato che mi aspettavo di essere morta e stramorta. Feci per alzarmi, lentamente, per non sforzare troppo il mio corpo. La testa mi girava senza sosta, come l’avessero infilata in uno di quegli affari in ferro per shakerare i cocktail.
 -Bentornata, Emily- quella voce, quell’unica soffice voce, riuscì a riempire in un attimo il vuoto che sentivo attorno di me, con la stessa fluidità di un’onda che si riversa in una conca. Catturai il riflesso chiaro dei capelli di Evan, e sentii il cuore esplodere, forse per la felicità di essere ancora viva. Insomma, se fossi morta, dubito seriamente che quel dannato immortale mi avrebbe potuta seguire. Anche perché sopportarlo sulla terra era abbastanza seccante, figuriamoci ritrovarlo nell’aldilà. Senza ragionare, mi slanciai, trovandomi appesa al suo collo come fosse una specie di ancora, allacciandogli le braccia attorno alle spalle rigide. Non so perché lo feci, sicuramente me ne sarei pentita e vergognata, ma in quel momento era l’unico abbastanza vicino su cui riversare il mio terrore e le mie frustrazioni. Lo sentii fremere, forse sorpreso, per poi premermi con delicatezza la schiena con i palmi delle mani aperte, facendomi aderire maggiormente al suo corpo. Era freddo, ma il mio calore quasi febbricitante sarebbe bastato per entrambi.
-Ma che carina, sei felice di rivedermi…- non lo ascoltai nemmeno. Ero troppo scossa per stare dietro alle sue sbruffonate. Sentivo salirmi dallo stomaco un fiume di emozioni che rischiava di sommergermi. Troppe, tutte nello stesso momento, rischiavo il collasso come un computer sovraccaricato. Quando poi il vampiro mi sciolse da sé, con la stessa delicatezza con la quale mi aveva stretta, cercai di respirare a fondo, per riprendere il controllo di me stessa. Davanti a me, Evan mi fissava con un misto di pietà e di compassione che mi fece salire la nausea.
-Credo…credo di essermi persa qualche punto essenziale della storia…- mormorai, notando solo in quel momento che ero stata svestita ed abbigliata per la notte con una camicia di raso bianca che scendeva morbida fino ad un quarto delle cosce, stringendosi poi attorno ad essere con un elastico intorno alla veste. Lanciai istintivamente uno sguardo al vampiro, che in risposta alzò le mani, mettendo su un’espressione tanto falsa quanto adorabile, come a voler dire “non guardare me, io sono un bravo bambino”. Sicuro. Mi misi meglio a sedere sul morbido materasso, allontanandomi il più possibile da Evan che, sdraiato come il Principe che era, mi fissava come fossi un cupcake alla vaniglia. Perché doveva sempre divorarmi con gli occhi? E no, non intendo in senso positivo. Bensì che mi sentivo come un agnello di fronte al leone affamato.
-Sembra che tra i vampiri ci sia un gruppo di anarchici deciso a spodestare me e mio padre. Probabilmente vogliono un colpo di stato, e sbarazzarsi dell’erede al trono è il modo più semplice di attuarlo.- fece una pausa, come se la storia da raccontare fosse troppo lunga e necessitasse di tempo per ricordarla.
-Non so perché Cain ti abbia attaccata. Dubito avesse nulla a che fare con i sovversivi. Probabilmente è stato attratto solamente dal tuo sang...- alzai la mano destra, posando l’indice sulle sue labbra. Evan s’interruppe fissandomi incuriosito. Non era quello il tipo di risposta che volevo. Non m’interessava sapere perché quell’infame mi avesse quasi ammazzata.
-Evan...sei stato tu? Mi hai salvata tu da Cain?- la voce colò dalle mie labbra lentamente, fievole e appena udibile. Solo in quel momento gli occhi grigi del vampiro si riversarono nei miei, come se non mi avesse mai guardata davvero fino a quel momento. Le pupille scure erano dilatate, ed in esse si fondeva il piombo delle sue iridi. Un magma incandescente e brillante, denso di pagliuzze dorate, che sembrava voler uscire dalla gabbia di quegli occhi. Poi, le labbra di Evan si aprirono in un sorriso rilassato, quasi dolce. Un sorriso abbastanza potente da mandarmi in confusione.
Perché Evan era un Porfirico, ed io una Cacciatrice. Cosa poteva legarci?
Quale strana alchimia mi spingeva in quel momento a guardarlo come avrei guardato un umano? Cosa diavolo mi stava succedendo? La mancina del ragazzo finì sotto il mio mento, sollevandomi verso di sé, come se volesse ipnotizzarmi meglio con i suoi occhi.
-Se ti dico di si, mi dai un bacio?- resistetti dal dargli una testata...anche perché senza ombra di dubbio la mia testa si sarebbe aperta come un cocco, mentre lui si sarebbe al massimo scompigliato. Sbuffai appena, provocando al ragazzo una risata divertita, prima di allontanarmi da lui per infilarmi sotto le coperte dandogli le spalle. I miei capelli biondi si riversarono sul cuscino come una cascata d’oro, mentre un lato del mio volto sprofondava nella morbidezza della federa profumata. Erano successe troppe cose fino a quel momento...avevo bisogno di pensare, di prendere tutti i pensieri che mi vorticavano nella testa e metterli in ordine. Sentivo il cuore pompare sangue veloce, battere come impazzito, al ritmo con il pulsare delle mie tempie. Stavo per scoppiare. Non potevo resistere ancora...è strano da dire, ma avevo un bisogno estremo di sfogarmi. Volevo gridare, ferirmi la carne con le unghie, per rimuovere il disgustoso peccato che la lingua e le dita di Cain avevano lasciato sulla mia pelle dove erano passate. Gli occhi bruciavano, mentre agli angoli si condensavano le mie calde lacrime. Ero un essere umano, eppure lo avevo dimenticato. Avevo cercato di trattenermi, di agire come una Cacciatrice, per vedere tutta quella situazione con freddezza e calma. Ma stavo per implodere. Non avevo ancora metabolizzato nulla di ciò che era successo: il rapimento, le minacce, l’uccisione di quella Comune e la mia “quasi-morte”. Il mio corpo cominciò a tremare, mentre le lacrime ruzzolavano giù sulle gote senza che potessi fare nulla per fermarle. Non volevo piangere, ma ero in preda ad un pianto isterico. Il mio corpo aveva bisogno di liberarsi dalla tensione accumulata, ed io non potevo fare nulla per ostacolarlo. Mi afferrai con le mani le spalle, come a volerle fermare, mentre dalla mia gola fuggivano gemiti rauchi, sofferenti. Stavo impazzendo? Ero lì, raggomitolata come una bambina durante un temporale, quando le mani fredde di Evan si posarono su di me come farfalle, per poi stringermi a sé con la decisione di un terremoto. La mia schiena, scossa dai singulti, tremava sul suo petto, mentre con le braccia mi circondava il busto, trasmettendomi sulla pelle una piacevole sensazione di fresco.
-E’...è ok- cercai di mormorare, ma le lacrime non smettevano di scendere. In un attimo mi voltò, facendo aderire i nostri corpi come due magneti di carica opposta. Mi ritrovai a singhiozzare nel profumo del suo collo che mi sfiorava le labbra e le gote, mentre da parte mia non riuscivo a fare di meglio se non lasciarmi avvolgere dal suo corpo. Per quanto Evan fosse un nemico, un bastardo, un viziato ed un assassino...
In quel momento rappresentava l’unica scialuppa a cui potevo aggrapparmi. L’unica fortezza sicura dove riposare dopo la tempesta.
Evan era la Tempesta stessa, poiché ogni volta che mi avvolgeva, come un uragano, riusciva a scombussolare la mia vita, a farla vorticare assieme alle mie sicurezze, ai miei principi morali, per poi scaraventare il tutto da qualche parte, senza permettermi di recuperarlo mai completamente. Senza accorgermene, mi addormentai così, scivolando lentamente nel sonno tra le sue braccia.
Da tempo non mi sentivo così protetta.

 
“-Procedi- la voce riecheggiò nell’angusto spazio, seguita dal ticchettare ritmico dei tacchi della vampira sulle pietre del pavimento. La veste lunga, di un chiaro rosa pastello, grondava di sangue, macchiata a sprazzi come la tela di un futurista.Eppure, Selìn sembrava a suo agio in quelle macabre vesti. Di più di quanto non fosse stata la sera precedente, costretta a rincorrere i sovversivi in uno stretto tubino rosso fuoco. Senza contare che per affrontare i vampiri ribelli insieme ad Aurora, era stata costretta a ridurlo in brandelli per potersi muovere più liberamente. Già, se l’erano vista brutta. O almeno Aurora, di cui non erano rimaste altro che ceneri. Selìn invece era stata rintronata con un qualche oggetto contundente, il ché non le era andato ancora giù. Prese da uno spoglio tavolo quello che sembrava uno stilo. Evan assisteva in un angolo della stanza, seduto su uno scanno antico, le dita intrecciate sotto il mento. Seguiva con attenzione i movimenti della vampira, mentre questa percorreva la pelle di uno dei ribelli con lo stiletto, provocandogli un gemito rauco. Il vampiro doveva essere piuttosto giovane per soffrire un dolore così blando.
-Dunque, non vuoi dirci proprio nulla. E’ un peccato, Demir. Un vero peccato, se tieni a mente che anche io, come te, sono immortale...e che quindi posso starti a torturare per altri mille, diecimila anni- il tono corrosivo della donna scese sul malcapitato come acido puro, facendolo tremare.Se il compito di Selìn era quello di impaurirlo, allora presto o tardi lo avrebbe ucciso per il terrore.
-Dalle mie labbra non sentirete uscire nulla- rispose Demir, scuotendo il capo castano. Selìn si piegò sulle ginocchia con l’agilità di una gatta, alzandogli il mento per costringerlo a guardarla negli occhi smeraldini.
-Lascia che ti racconti una storia, Demir. I greci narrano che un giorno, un uomo di nome Prometeo, accusato di aver rubato il fuoco agli dei per darlo agli uomini, venne legato da Zeus su una rupe. Lì, un’aquila gli divorava il fegato, per poi ritirarsi la notte. Durante le ore di buio, il fegato di Prometeo ricresceva, per poi essere divorato nuovamente dall’aquila durante il giorno. Questo per l’eternità- la donna fece una pausa, spostandosi i lunghi capelli corvini che le ricadevano su parte del volto chiaro, portandoseli su una spalla in una cascata di petrolio.
-Bhè, sta a te decidere. Una piccola ed innocua verità, in cambio della vita- ed il tono della vampira sembrò così convincente che la vittima sembrò rifletterci appena un attimo, come se stesse prendendo davvero in considerazione l’idea di tradire il proprio “ideale”.In un attimo l’espressione del sovversivo mutò, tornando irriverente, presuntuosa e irrisoria, nonostante Selìn potesse leggervi con piacere il terrore che s’annidava dietro quella maschera di falso coraggio. Aveva paura, e a lei questo bastava. Il vampiro sputò ai piedi della donna, arrivando quasi a colpirne lo stivaletto scuro. Sul volto di essa, nulla sembrò cambiare.
-Se questa è la tua risposta, Demir...- lasciò le parole in sospeso, mentre si alzava da terra, per poi rivolgere uno sguardo ad Evan che, in risposta, annuì con il capo. Era il segnale che Selìn stava aspettando da quando aveva messo piede lì dentro.Era così ciecamente fedele verso il Principe, che subito Demir le aveva provocato un gran senso di nausea. Aveva voluto ammazzarlo dal preciso istante in cui i suoi occhi si erano posati su quel verme.
-Ora entrerò nella tua mente. Sbaraglierò ogni tua resistenza psichica e ne estrapolerò le risposte che tu, povero idiota, non mi hai voluto dare- a quelle parole, sul volto tumefatto del vampiro, ogni sembianza di coraggio calò, lasciando spazio ad una grande e palese paura.
-Tu…tu mi hai preso per il culo!?- le grida di Demir fuoriuscirono dalle sue labbra come impazzite.
-Potevi entrarmi nella testa...e me lo hai tenuto nascosto...- pian piano le urla si fecero deboli, quasi un sussurro a sé stesso, mentre ogni sua sicurezza crollava al suolo.
-Vostra...Vostra Maestà...vi prego! Vi dirò tutto ciò che volete! Vi scongiuro Maestà!-Evan sospirò, lanciando uno sguardo denso di disgusto al vampiro che lo stava implorando.
-Il motivo per cui la mia fedele Selìn non ti ha detto di poter entrare nella mente fin da subito, è perché io stesso gliel’ho ordinato. Volevo vedere se saresti stato fedele a me, il tuo sovrano, o saresti morto per difendere un infame traditore. Ed ora...mi stai pregando di lasciarti in vita. Sei più viscido di quanto pensassi- in un attimo Evan si alzò, lasciando che un pesante mantello di raso nero gli ondeggiasse attorno ai fianchi, dirigendosi verso la porta di ebano scuro.
-Selìn, prendi le informazioni che ci servono. Dopodiché...non trattenerti- la porta si richiuse con un tonfo sordo alle sue spalle, lasciando nella semioscurità delle fiaccole Selìn e Demir.La vampira risplendeva nella seta insanguinata, lasciando oscillare i capelli color del catrame sulla schiena. Le labbra carnose erano aperte in un sorriso più simile ad un ghigno. I denti, piccoli e bianchi, rifulgevano di luce lasciando cadere l’attenzione sui canini affilati. Sotto di lei, Demir aveva serrato la mascella, preparandosi a respingere, inutilmente, gli attacchi mentali di Selìn.
-Evan non è degno di diventare il Re del nostro popolo- mormorò la vittima, indietreggiando contro il muro nel momento stesso in cui la donna si fece avanti.
-E colui che vi ha ordinato di ucciderlo? Credi che lui sia degno di essere un Sovrano?- la ragazza lasciò colare con disprezzo quelle parole, ridendo poi con voce roca, pregustando il momento in cui tutte le ingiurie dette da Demir, sarebbero state vendicate nel sangue.
Fu però il turno del vampiro di ridere.
-Oh...ma Lui lo è già-„

 
Quando riaprii gli occhi, la luce calda e rossa del camino acceso mi ferì gli occhi, costringendomi a sbattere più volte le palpebre per abituarmi. Fuori era buio, come sempre, ma all’orizzonte si poteva scorgere una linea di chiara luce, segno che il sole era appena ridisceso, dopo essersi fermato nel cielo per pochi minuti. Quella terra era fin troppo strana per i miei gusti. Questa volta, invece di sentirmi appesantita e confusa come le altre volte in cui mi ero svegliata, mi sentivo al contrario rilassata e temprata, sia nel corpo che nello spirito. Il ché era senza dubbio un bene. Mi girai appena tra le coperte, notando che Evan non era con me e tantomeno all’interno della stanza. Una lama di gelo s’infiltrò nel mio corpo, come se attraverso una ferita l’Inverno stesso avesse soffiato un alito di freddo nelle mie carni. Sospirai, scendendo dal letto con un balzo agile che, fino a qualche ora prima, non sarei stata nemmeno in grado di immaginare. Era la prova tangibile che il mio corpo si era finalmente ristabilito del tutto e con esso le mie abilità da Cacciatrice. Fantastico, mi sarebbe servito tutto il mio bagaglio di esperienza con i Mannari per fuggire da quel posto. Mi diressi verso il camino, dentro il quale danzava ardente un fuocherello caldo ed avvolgente. Nonostante il fuoco acceso, in quella camera faceva maledettamente freddo, e stavolta non si trattava di una sensazione. Afferrata la coperta rossa dal materasso, me la portai sulle spalle, chiudendomi in qualcosa di molto simile ad un bozzolo, per poi allungare le mani verso la fiamma, lasciando che le dita si scongelassero poco a poco. Sentivo il calore infilarsi veloce tra le falangi come un serpente, sgusciando fin sui palmi, mentre qualche vampata mi lambiva il volto, colorandomi le gote di un grazioso rosato. Come d’abitudine però, il mio piccolo paradiso momentaneo fu interrotto dal ritmico rimbombare dei passi nel corridoio, con conseguente spalancamento della grossa porta d’ebano. Come una furia uscita fuori da chissà quale film fantasy, Evan era sulla porta, le braccia spalancate nell’atto di tenere le grosse ante, mentre i capelli smettevano lentamente di ondeggiare sul suo volto, in un turbinio di riflessi d’oro e rame. I suoi occhi metallici mi si marchiarono sulla pelle, rabbiosi, terribili. Ebbi paura. Paura di aver fatto qualcosa che non avrei dovuto, o soltanto di aver pensato di fuggire: cosa che non mi avrebbe mai perdonato.
-E...Evan?- mi azzardai a chiedere con fil di voce, timorosa di svegliarlo da quella specie di paralisi in cui sembrava essere finito sull’uscio della porta. I suoi movimenti furono talmente veloci che me ne accorsi soltanto quando avvertii il rumore del portone sbattere, e la sua presenza netta all’interno della camera. Sembrava impazzito: camminava avanti ed indietro portandosi le mani al mento, mormorando con rabbia e sputando parole troppo veloci per essere comprese. Rimasi a fissarlo impotente, senza capire davvero cosa stesse succedendo. Dovevo richiamare la sua attenzione e cercare di calmarlo, o darmela a gambe prima che per la furia potesse saltarmi addosso e farmi a pezzi? In ogni caso il mio corpo non si mosse, come se il cervello fosse incapace i dare ordini ai muscoli.
-Cos’è successo?- questa volta la mia voce fu appena sibilata, un sussurro nell’aria tesa che si era creata. Evan però parve udirmi fin troppo bene, tanto che il suo corpo si fermò di colpo. Il capo si voltò in uno scatto nella mia direzione, e ancora quegli occhi mi trafissero come aghi appuntiti in una bambolina vodoo. In un attimo, sentii il suo corpo gelido cadermi quasi addosso, piegandosi sopra la coperta, bloccandomi a terra con tutto il suo peso. Le dita affusolate e fredde mi afferrarono il cranio lateralmente, impedendomi di poter muovere il capo altrove. Sopra di me, Evan mi fissava in cerca di qualcosa, come se nei miei occhi avessi nascosto una verità che stava cercando disperatamente. E quel suo sguardo mi piegò come un filo d’erba. Era intenso, carico di un dolore che non avevo mai voluto vedervi. Carico di un’umanità che mi stava distruggendo dall’interno. Le labbra fine del vampiro si mossero appena, sussurrandomi sul volto in un alito fresco e vellutato.
-Cos’hai di speciale, Emily? Perché tutti sembrano volerti portare via... da me?-
Una stretta forte, dolorosa, dritta nel petto. Come se mi avessero afferrato il cuore con delle tenaglie.
-Perché tutti bramano il tuo corpo ed il tuo sangue, Emily?- ma non era una vera e propria domanda. Rimasi in silenzio, incapace quasi di respirare, poi la presa di Evan si fece debole, fino a sciogliersi dalla coperta, ed il capo biondo mi ricadde sul petto, dove sentivo il cuore perdere battiti, accelerare e poi fermarsi del tutto, per poi riprendere impazzito. Le mie braccia si sollevarono appena, andandosi a stringere con delicatezza attorno alla schiena del Vampiro, in quell’abbraccio che non mi sarei mai immaginata di dargli. Lo sentii sorridere piano contro il mio petto, nascondendo il volto tra i miei capelli dorati, come un bambino che si stringe alla madre dopo aver avuto un incubo. Il mio sguardo si perse tra le onde che le ciocche bionde dei suoi capelli creavano. In fondo, Evan non era mai stato un vero bambino. Era stato ed era ancora un Principe, e l’attentato di quella notte mi aveva chiarito quanto pericolosa fosse la sua nomina. Certe persone nascono per sorreggere sulle spalle il peso di certi ruoli che nessun altro potrebbe portare senza cedere. Evan era una di quelle persone, e la sua schiena era densa di ferite. Poggiai il capo sul suo, quasi cullandolo, lasciando che si addormentasse. Avrei vegliato su di lui per quella notte. Per quella sola ed unica notte, non mi sarei fatta domande sul perchè mi comportavo così dolcemente. Non mi sarei chiesta perché alle sue parole, prima, mie ro sentita mancare il terreno da sotto i piedi.
Avrei vegliato e basta, donandogli tutto il calore che il suo corpo poteva succhiarmi via.

 


   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Ataraxia Diagrams