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Autore: Claa    07/09/2010    4 recensioni
L'amore molte volte rifiuta se stesso, perché ha bisogno di bruciare e riprender vita come fa la fenice leggendaria. E come la fenice è leggenda, similmente l'amore è spessissimo illusione d'animo. [Cit.]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Burn, skin, burn

L'amore molte volte rifiuta se stesso, perché ha bisogno di bruciare e riprender vita come fa la fenice leggendaria.
E come la fenice è leggenda, similmente l'amore è spessissimo illusione d'animo. [Cit.]


1^ Capitolo

I can’t tell you what it really is, I can only tell you what it feels like.
And right now there’s a steel knife in my windpipe.
I can’t breathe.


Succede che un giorno ci si sveglia e si ripensa al passato. Ci si rende conto di ciò che è stato perso lungo la strada e che non può essere recuperato.
Succede a molti, e, tra quei molti, vi è anche Riza Hawkeye. Ha trent’anni e la sua vita procede; procede come non aveva previsto. Il tempo le scorre addosso, inesorabile, piatto, silenzioso, e scivola via dalle sue mani prima che riesca a toccarlo. E’ una sensazione che a lei non piace per niente: l’impotenza. Frerich le ripete spesso di non preoccuparsi, che è troppo ansiosa e, ogni volta che glielo dice, le massaggia le spalle, sporgendosi subito dopo per posare le labbra fini sulle sue.
Frerich è tutto quello che qualsiasi donna potrebbe desiderare. Ciò che basta per vivere una vita tranquilla, senza problemi, senza fantasmi, in quell’intimità che nasce soltanto da una relazione pura e genuina.
Ciò che basta per essere felici. A Riza capita frequentemente di chiedersi perché non lo sia. Non le manca nulla: ha un lavoro, uno stipendio, un compagno invidiabile ed un cane in piena salute, malgrado l’età.
La felicità; può puntare così in alto?
E’ una fresca mattina d’aprile e la camera da letto è permeata dal delicato e appena percettibile profumo di fiori che fa della primavera una delle stagioni più belle.

Quando cammina per strada, le sembra che le persone siano sospese in una bolla d’aria, limpida e trasparente. Immerse nella più totale e piacevole solitudine.
Apre gli occhi, lentamente, e fissa il soffitto. Il cinguettio degli uccelli, il fruscio delle lunghe tende bianche smosse dal vento e l’abbaiare acuto ed implacabile di Hayate. In lontananza i rumori della città già al lavoro e le campane della chiesa dietro l’angolo. Suonano alle sette in punto.
Il cane salta sul letto, come è stato abituato a fare da Frerich, ma invece di dirigersi da lui, facendosi strada cautamente tra le lenzuola disfatte, va verso la sua padrona. Delicatamente, spinge il naso umido contro la guancia di lei, invitandola ad alzarsi; lieve gesto d’affetto che strappa a Riza un sorriso. Lo accarezza per minuti, fino a farlo sdraiare accanto a sé.
Il suo corpo rifiuta di muoversi. Lasciare quel materasso le sembra stancante, fisicamente. Riza non è mai stanca.
Con un minimo di sforzo in più si siede, indossa le pantofole e, prima di ritirarsi in bagno, posa lo sguardo sull’uomo dormiente, solo per un attimo.
Si volta, esce e chiude la porta, piano.

Se qualcuno le chiedesse ‘Lo ami?’, la risposta sarebbe irrevocabilmente ‘Sì’. D’altra parte, è la verità. Lei ama Frerich. Lo conosce da un anno e lo frequenta da sei mesi. L’aveva incontrato in un bar qualunque, una sera qualunque, grazie ad un tentativo di abbordaggio scontato. Le aveva offerto da bere, elogiando la sua bellezza; erano entrambi un po’ ubriachi e Riza ricorda poco e niente. Probabilmente anche per questo si era concessa con facilità ad un uomo di cui a malapena conosceva il nome. Fatto sta che il destino li aveva fatti inciampare nella vita dell’altro, non troppi giorni dopo, da sobri. Andavano d’accordo, così avevano deciso di prendere un vero e proprio appuntamento in un ristorante costoso, al lume di candela, in una notte buia e serena. Era andata bene e si erano ritrovati di nuovo in un letto. Quello di lei, questa volta.
Frerich è un tipo sveglio, intelligente, preciso nelle sue cose e poco invadente. Riza aveva compreso velocemente che non sarebbe stata in grado di separarsi da lui. E’ come se sia intrappolata in un campo magnetico di una calamita.
Conoscendolo più a fondo, però, esce in superficie il suo lato egoista, pretenzioso ed egocentrico. Anche con Riza lo è, ed è per questo che discutono, solitamente, oltre ai normali problemi di coppia. Rebecca glielo aveva detto: ‘I banchieri son tutti così: portati geneticamente a non vedere altro che se stessi e la propria fortuna’. Lei non le aveva dato retta.
Ci sono quei momenti in cui vorrebbe sposarlo, per quant’è straordinario. Quando sono a casa, da soli, creano i ricordi a cui Riza tiene di più.
Se è stanca e non riesce a dormire lui le prepara una camomilla. Si siede accanto a lei, sul divano, si accerta che la beva tutta e solo allora le permette di appoggiarsi alla sua spalla. E resta lì, ore, ad accarezzarle i capelli, finché non la sa nel mondo dei sogni. Quando è lui, ad essere stanco, Riza gli legge un libro. Dopo una lite, aspetta che arrivino le cinque del pomeriggio del giorno seguente per inviarle un mazzo di fiori al quartier generale. Un bouquet sempre diverso dal precedente. Alle cinque del pomeriggio perché sa che è lì per l’ora del tè. Quel che non sa è che a Roy Mustang non piace. Non gli piace vedere quei fiori, né la segretaria che li porta, né – ancor di meno – Riza che li tiene stretti tra le mani. Tuttavia, gli piace vederla sporgersi appena per annusarli, con una grazia e una compostezza che paiono appartenerle dalla nascita. Frerich non è mai andato a genio all’Alchimista di fuoco. Riza era stata costretta a presentali, data l’insistenza di Mustang. Successivamente, in privato, Roy le aveva confidato che gli ricordava se stesso e che, appunto per questo, non lo sopportava. Non ne hanno più parlato.
Riza ama Frerich, sì, ma ogni qualvolta le capiti di dirlo omette un particolare non poco rilevante: ‘Sì, ma amo più un altro’.

La divisa indosso, la mano sulla maniglia dorata: apre la porta dell’ufficio irradiato dal sole. E’ abbagliante.
Fa un passo nell’ampia stanza. Le ciglia bionde sbattono ripetutamente per abituare gli occhi: nei corridoi non filtra nemmeno un terzo di quella luce. Davanti a lei si materializzano uno ad uno mobili costosi, quadri di valore ed una ricca libreria: tutto in quella camera grida ‘lusso’ e ‘militare’, a causa del marchio stampato ovunque, perfino sul portacenere.
Vede Roy seduto alla scrivania in mogano, sulla sinistra, e ne è sollevata. Ottenuto il titolo di Comandante Supremo, Roy Mustang si è deciso – o, per meglio dire, è stato costretto – ad apportare determinati cambiamenti al suo caotico stile di vita. Non può più permettersi di ritardare o accumulare pile di fogli, sgattaiolando fuori in punta di piedi. Lui è il vertice più alto dell’esercito, un esempio. Non c’è più tempo per giocare e Riza è contenta che gli sia entrato in testa.
L’uomo dai capelli corvini la guarda, sorride. “Riza”. Può chiamarla per nome, e lo fa.
“Buongiorno, Comandante”, ricambia il benvenuto, incrocia i suoi occhi, richiude la porta.
Chiunque direbbe che ha dimenticato il saluto militare. Non è vero: Roy non vuole lo faccia. Lo trova seccante ed eccessivamente formale, per loro due. Dopo tutto quello che hanno passato… Figurarsi se gli importa di certi convenevoli.
Riza si muove verso il tavolino in legno scuro, al lato della vetrata. Adora quel tipo di colore: un marrone forte, acceso, che si avvicina al rosso, ma che non lo sarà mai. Si ferma e si china per prendere il servizio di tazze da tè cinese riposto sul piano inferiore.
Da tempo hanno iniziato a bere due tè al giorno, insieme, ed è finita per diventare una routine alla quale non vogliono rinunciare.
Roy rimane a fissarla dalla sua postazione. Non lasciando cadere la penna – il cui rumore richiamerebbe l’attenzione di Riza –, intreccia le dita e ci appoggia sopra il mento ben rasato. Usa farlo soprattutto quando i raggi del sole le sfiorano il profilo perfetto ed i capelli chiari sorretti dal fermaglio, illuminandoli.
Ha tagliato i capelli, fino a farli tornare della stessa lunghezza dei lontani giorni di Ishbar, per poi lasciarli ricrescere. Roy non sa il motivo di ambedue le scelte. Non gliel’ha domandato, e lei non gliel’ha detto. Ora le arrivano alle spalle. Potrebbe lasciarli sciolti, volendo, ma non vuole, forse per abitudine, forse per rispetto di regole che nessuno segue alla lettera. Nessuno, tranne lei.

A Riza non serve voltarsi per poterlo vedere. Sa che la sta guardando, avverte i suoi occhi su di sé. “Riprenda a firmare”.
Roy sorride ancora, tira su la schiena, schiarendosi la voce, e torna a dedicarsi ai moduli.

Sei minuti ed il tè è pronto. Riza poggia le due tazze su un vassoio, facendo attenzione a non scottarsi. Cammina lentamente: il liquido caldo è sul punto di traboccare.
L’uomo mette via i documenti facendo spazio sul tavolo, permettendole di posare il tutto. Fatto questo, la donna si siede di fronte a lui. Il rivestimento della sedia è comodo, soffice. Sente le ossa ed i muscoli abbandonare la tensione ed ammorbidirsi. ‘Sei rigida’, le sussurrava Frerich.

Roy manda giù un sorso e allontana la ceramica dalle proprie labbra. Prende a studiare Riza, l’analizza, anche i movimenti che non compie. Non impiega molto a notare i suoi occhi sfuggenti e bassi quando inizia a bere. Si conoscono troppo bene per potersi fingere ciechi dinanzi ai segnali inviati dall’altro. Eppure è così che funziona. Lui ha capito, lei lo sa. A lui dispiace, sa pure questo, ma tace e l’ignora. E’ questo che deve fare.
“E’ stato carino da parte sua invitare anche Selim e l’ex-signora Bradley alla festa di stasera”.

Roy si stringe nelle spalle dopo un istante d’incertezza. “Ho visto l’opportunità di prendere due piccioni con una fava. Sarà un modo per far divertire Selim e per ricordare alla signora Bradley…”.
“Ex”, lo corregge.
“Ex”, ride sommessamente. “…che continuo a sostenerla e ad esserle vicino”.
“E’ carino”.
“Non è carino, è ammirevole”, le sorride, vedendola fare lo stesso, ed i loro occhi si incontrano per la seconda volta. Roy ama il sorriso di Riza, a maggior ragione quand’è divertita e ammutolisce davanti alla sua eterna infantilità. Il sorriso che sottintende un ‘Non c’è nulla da fare, con te’, che sa di malinconia, di casa. Quando lo vede è sereno, e triste, perché ha come la sensazione che si faccia sempre più lieve la possibilità di ritrovarlo.



 

Note:

Bonsoir, bonsoir, bonsoir! E' un piacere tornare a scrivere dopo mesi (sono mesi? non ricordo). Certo, l'ispirazione ed io non andiamo molto d'accordo ultimamente, ma, insomma, sapete com'è, ci si arrangia! Dunque sono tornata all'attacco con un'altra RoyAi, saltata fuori nella mia mente grazie ad un'immagine trovata accidentalmente, che ora lascerò qui per i più curiosi: http://i52.tinypic.com/2quupet.jpg (anche se alla fine ho deciso di intraprendere un altro percorso)
Scrivere le note finali è una novità per me, quindi scusatemi se ho poco e niente da dire :-P
Come al solito, un solenne ringraziamento ed un grande inchino vanno a quella donna che sparisce ogni qualvolta ne abbia l'occasione, nonché
la Sore
, Elisa, che ha gentilmente corretto la mia fanfiction (ed ora è tutt'altra cosa, posso assicurarlo!). C'ha perso tempo, e forse anche qualche neurone, quindi thank you di cuore.
Per quanto riguarda la storia... si svolge dopo la fine del manga, è suddivisa in tre capitoli e, be', io sinceramente la trovo un po' strana, magari perché è la più lunga che abbia mai scritto su loro due (ed io non sono brava a scrivere troppo, è appurato), ma spero l'apprezzerete ugualmente. La canzone che ho scelto è ovviamente Love the way you lie di Eminem e Rihanna. La citazione all'inizio non chiedetemelo, perché non lo ricordo.
Bene, ho finito gli argomenti. Ah, sì, auguro a Flà di portare a termine il piano accuratamente studiato, per la gioia sua e delle figliole.
Detto questo, credo aggiornerò ogni due settimane, ma vi avverto: non so se riuscirò ad aspettare tanto. Sono piuttosto impaziente, io!

  
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