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Autore: Cymbaline    09/09/2010    0 recensioni
Uno scrittore in fuga dalla realtà. Un giornalista cinico riluttante ad abbandonarla. Un giovane musicista sull'orlo della notte, e suo fratello, che ha il sole negli occhi. E una ragazza dallo sguardo di caleidoscopio. Il tutto, nell'irreale labirinto di luce della città di Alumina.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vincent tamburella con le dita sul volante dell'auto, socchiudendo gli occhi per il sonno e per i leggeri strali di sole che gli feriscono le palpebre. Se non fosse per il fatto che, guardando dal finestrino, non coglie lo stesso stralcio grigio di città che vede tutti i giorni fermo al semaforo, quella mattina gli sembrerebbe una come tutte le altre.

Le mani gli sfuggono dal volante e lui le abbandona lungo i fianchi. La fila di macchine davanti a lui gli impedisce di proseguire. Strano, non credeva che quella strada fosse così frequentata. Prova a domandarsi il motivo di quell'ingorgo, così inspiegabile in una stradina di campagna, tanto più a quell'ora.

Lascia che gli occhi, con le palpebre ancora rilassate per il sonno – no, svegliarsi presto non è mai stato il suo forte, decisamente – si spingano oltre il confine del finestrino ed esplorino il paesaggio inconsueto che si stende al di là del vetro. Il rosso di centinaia e centinaia di papaveri ancora bagnati di rugiada palpita debolmente nella bruma dell'alba. Il cielo si intuisce sereno, dagli sprazzi di azzurro che baluginano attraverso gli strappi del mantello della nebbia ancora pigramente stesa sull'orizzonte.

Sospira. Non riesce ancora a capacitarsi di essersi liberato dal ritmo della città, che gli riesce intollerabile. Intollerabile a lui, che pure può condurre una vita più che comoda, senza doversi spostare più di tanto nel traffico... Ma anche rimanere rintanato tutti i giorni nella sua casa, nella sua tana, alla fine lo ha logorato. Tutto a un tratto si sono fatti sentire i pomeriggi passati davanti allo schermo del computer, davanti a quella pagina bianca che, con il lampeggiare pressante della barra nera, reclamava avida lettere, parole, frasi, e che pure rimaneva di quel bianco ostinato senza che lui riuscisse a scrivere niente.

Niente. Vincent Saint-Just, famoso autore di numerosi libri di successo, considerato dalla critica una tra le migliori voci in circolazione, non era riuscito a scrivere più niente. Mesi e mesi di pagine bianche e di telefonate speranzose da parte del suo agente e del suo editore lo avevano gettato nello sconforto più totale, peggiorando sempre di più la situazione già di per sé difficile.

Vincent ricorda perfettamente quell'ultima telefonata di Auguste, il suo agente. Dopo i soliti gentili convenevoli si era informato sull'andamento della sua produzione artistica. Che era un modo gentile e non troppo pressante per ordinare alla sua mucca, che mai prima d'allora si era rivelata recalcitrante, a produrre il latte che tutti aspettavano da tanto tempo.

Troppo” si era lasciato sfuggire Auguste, con una nota di rimprovero non troppo impercettibile, dopo aver esposto il problema.

Vuoi che scriva a comando?” si era informato lo scrittore. “Se è questo che vuoi, ci metterò pochissimo a scrivere due stronzate che piacciano alla gente.” La sua vena di sarcasmo era più che percettibile, al contrario.

Andiamo, non è questo quello che intendevo” tagliò corto l'agente con impazienza. “Tutti stiamo aspettando da mesi qualcosa da te, ma non arriva niente. Cristo, dacci un segno almeno, dicci che sei vivo!”

Oh, quanta formalità, puoi chiamarmi Vincent, ci conosciamo da anni. Non c'è bisogno che ti rivolga a me con questi epiteti religiosi.”

Silenzio.

Non fare l'idiota, Vince.”

E tu non mettermi pressioni” lo rimbeccò l'altro.

Va bene, Vince. Smettiamola di fare gli idioti e parliamo seriamente. Qual è il problema?”

Non c'è nessun problema. Semplicemente non ho più niente da scrivere.”

Che è un modo carino per dire che vuoi più soldi?” Un classico. Soldi, soldi, sempre soldi. Vincent non riusciva a capacitarsi di quanto Auguste fosse attaccato al tornaconto economico. O meglio, se ne capacitava benissimo, visto che il suo guadagno era così strettamente legato a quello del suo agente; nonostante tutti i suoi sforzi, però, Vincent non riusciva a non percepire il denaro come qualcosa di lontano, non abbastanza degno di considerazione e interesse.

Ma come sei venale, Auguste. No, non è questo quello che intendevo.” La sua voce si era ammorbidita. Essere sarcastico non era il suo mestiere, e non gli riusciva più a lungo di qualche minuto. “Sono... solo un po' stanco.”

L'eufemismo dell'anno. L'ultima volta che ti ho visto sembravi pronto per una qualche orribile festa gotica, vista la tua vitalità.”

Tralasciando il tuo umorismo scontato, Auguste” aveva ripreso lo scrittore, sottolineando delicatamente l'aggettivo “dico sul serio. Sono stanco, e non ho la minima ispirazione, ad essere sincero.”

E come pensi di risolvere il problema?”

Aspettare che torni l'ispirazione è una risposta troppo scontata, vero?” Si era grattato la barba non rasata da tre giorni con la punta del pollice.

No, è una risposta idiota. Se ci metterà un anno a tornare, pensi di essere disposto ad aspettare tutto questo tempo?”

Mi sembra chiaro che tu per primo non lo sia.”

Una piccola pausa.
“No, non lo sono. Ma non lo sei neanche tu. Che fine ha fatto il Saint-Just di tre, quattro anni fa? Non eri così... così... passivo, quando ci siamo conosciuti.”

Vincent era rimasto in silenzio, non sapendo come controbattere a quella che lui sentiva come un'accusa ingiusta.
“Vince. Capisco che sia un periodo no. Capita a tutti, non buttarti troppo giù.” Auguste aveva cambiato tono, ora era quasi gentile. “So io quello che ci vuole.”

Una frase scontata, da film, che presagiva una risposta altrettanto idiota. Vincent aveva temuto che dietro questo rimedio che l'amico stava per proporgli si celasse una festa, una bella bevuta o addirittura una donna.

Una vacanza, ecco quello che ci vorrebbe.”

Meno peggio di quello che aveva pensato. In fondo non era male, come idea.

Sì, ci avevo pensato anche io” aveva ammesso, quasi a malincuore. “Ma dovrei spostarmi, andare lontano... Non...”

Vince, ti farà piacere sapere che nel corso degli ultimi secoli sono stati inventati dei validi mezzi di trasporto che ti solleveranno dal problema del camminare.”

Vincent aveva sbuffato. “Non è quello... intendevo... dovrei andare lontano, in un posto isolato, senza telecamere. Non voglio incontrare persone che possono conoscermi.”

Gestire la tua insofferenza nei confronti del genere umano sta diventando sempre più difficile.”

Non si tratta di insofferenza. Solo, non voglio che si ficchi il naso nella mia vita privata.”

All'altro capo della cornetta, una risatina sarcastica. “La tua vita privata è la più immacolata che abbia mai visto. Se non fosse per le sigarette che fumi ogni tanto, gareggeresti con Suor Bernadette.”

Se mi apparisse la Madonna, almeno avrei qualcosa di cui scrivere” aveva borbottato cupamente l'altro.

Un altro ghigno. “A parte scherzi, hai davvero bisogno di staccare. Va' lontano, sta' via quanto vuoi, anche un mese, se ti va. Non può che farti bene. Se la situazione resta com'è, finirai per impiccarti.”

Vincent aveva avuto la sinistra visione di se stesso penzolare da un cappio nel mezzo della stanza e strizzargli l'occhio amichevolmente. Ottimo.

Forse hai ragione.”

Così ti voglio. Su, trovati uno stramaledetto posto e parti. Non mi importa dove.”

E gli aveva dato ragione. Aveva dedicato qualche giorno alla sua ricerca, poi, sfogliando un giornale, la risposta era arrivata sotto forma di un articolo firmato da un nome conosciuto.

Nel suo solito tono conciso e polemico, che lo aveva reso una penna famosa in tutta la nazione, Raphael de Vries aveva raccontato il problema di Alumina, denunciando, non certo per la prima volta, la formazione di una comunità totalmente – o quasi – estranea alla vita civile della nazione.

Certo, Vincent era a conoscenza di questo problema che lo stato sembrava ignorare volutamente, ma non se ne era mai interessato, reputandolo estraneo alla sua sfera di interessi. In quel momento, invece, la possibilità di sfruttare la situazione per prendersi una pausa, e, contemporaneamente, per trovare del buon materiale per riaccendere la sua ispirazione latitante, gli era apparsa chiarissima, e imperdibile.

L'unico problema, semmai, era stato quello di trovare delle informazioni su Alumina, cosa che gli era costata parecchie difficoltà. Ma, in un modo o nell'altro, era riuscito a superarle, pensa, ringraziando l'utilità di internet e la disponibilità dei suoi contatti mentre lascia scorrere pigramente lo sguardo fuori dal finestrino.

Vincent sbadiglia, notando che la fila delle macchine inizia – lentamente – a scorrere. Davanti alla sua, saranno a malapena quattro o cinque automobili, ma sono sufficienti per bloccargli la visuale ed impedirgli di sapere la causa per cui, alle sette e mezzo di mattina, è fermo in una stradina di campagna.

Gli sembra di essere partito da molto tempo, ma è uscito di casa solo un paio d'ore prima. In realtà, constata, la sua mente è partita non appena il nome evocativo di Alumina gli è stato bisbigliato nelle orecchie dalla voce sottile e ironica del Caso. Gira il volante lentamente, seguendo la curva sulla strada sterrata, ancora dietro quell'utilitaria blu e impolverata che da una buona manciata di minuti gli sta riversando addosso il suo scarico, sperando di vedere con i suoi occhi cosa abbia procurato il rallentamento.

Essere pessimisti è uno stile di vita. Per un pessimista è naturale pensare che un semplice rallentamento sulla strada sia dovuto ad un incidente, e nella sua mente di pessimista senza speranza, Vincent Saint-Just non può fare a meno di immaginare un'auto rovesciata, o anche solo andata fuori strada, bloccare di traverso la carreggiata. Gli viene più che naturale prefigurarsi scenari drammatici, adatti più ai servizi di cronaca di un telegiornale che a quella placida mattina in campagna. Per lui è immediato temere che quell'incidente che lui immagina sia avvenuto coinvolga anche persone che lui conosce.

Le auto scorrono davanti a lui, allargando la curva per evitare l'ostacolo che è stato motivo del blocco. Ad attirare la sua attenzione è qualcosa di bianco che spunta nella sua visuale, ai bordi della strada, oltre le macchine della fila. Ancora qualche metro, e nell'informe massa color panna riconosce dei musi, delle zampe, delle orecchie, che, l'istante successivo, si trasformano in un enorme gregge di pecore, completo di pastori.

Vincent stesso non riesce a spiegare la commozione che gli sale alla gola, stringendogliela.

Socchiude il finestrino, e la macchina viene invasa dal penetrante odore della campagna e dal quieto scampanellio dei sonagli al collo degli animali. Quante sono, pensa, mentre i due pastori si affannano a farle passare ai bordi della strada, con l'unico risultato di farle rallentare ancora di più e di occupare ugualmente lo spazio destinato al traffico. Circondato da un mare di dorsi lanosi e bianchi, è costretto a spegnere il motore dell'automobile e ad aspettare che l'intero gregge passi.

Il groppo alla gola, al contrario, non gli accenna a passare.

Certo i pastori di quella mattina non sono quelli idealizzati e raffinati della letteratura bucolica: appartengono al vero genere, quello che nessuno ha mai decantato, quello che si limita a badare alle pecore senza scivolare in dibattiti filosofici o composizioni di delicate elegie. Ma Vincent, quella mattina, li trova bellissimi, con i loro vestiti colorati e sdruciti e i bastoni ricurvi.

Socchiude gli occhi di nuovo, cullato dal delicato acciottolio dei campanelli, con le labbra incurvate in un sorriso inspiegabilmente commosso. Si aspettava un incidente, e ha trovato invece un enorme gregge di pecore. In quel momento capisce di aver passato il confine invisibile tra il mondo reale e quello irreale e caleidoscopico di Alumina, oltre il quale, lo sa, è sacrilego portare le preoccupazioni e gli affanni della vita vera. Quelle vanno lasciate prima di varcare la soglia.

Sono ancora in tempo” mormora, rivolto al muso di una pecora che sta guardando attraverso il finestrino.

In quell'attimo coglie l'assurdità della situazione – lui, uno scrittore famoso, bloccato in macchina in un ingorgo di pecore in un posto letteralmente dimenticato dal mondo, che riesce a trovare carini due tizi barbuti che con ogni probabilità lo hanno già bollato come idiota visto il sorriso ebete. E, per finire in bellezza, ora sta colloquiando amabilmente con una pecora.

Gli sfugge una risata e sente il nodo di tensione e stanchezza annidato nel petto allentarsi. Capisce, finalmente, di essere arrivato.



   
 
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