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Autore: NadeHolery    10/09/2010    3 recensioni
-Tsk, Vince! Andiamo!- -Yes Milady.- Primo del mese, Gennaio. E’ passata una settimana da allora… Spesso ultimamente mi chiedevo per quanto avrei continuato quella farsa, quando tutte le menzogne sarebbero cadute… Il mio nome è Vince, occupazione, assassino… Lavoro per una donzella capricciosa… Per essere precisi, lei è un essere non umano che mi ha promesso la salvezza e la vita eterna in cambio dei miei servigi… Per questo da studioso sono diventato assassino, anche se delle volte penso che sarebbe stato meglio restare un normalissimo e comunissimo buon cittadino… -Vince, ho fame!- La mia signora vuole sempre una preda diversa, non accetta di nutrirsi una seconda volta dalla stessa preda, a meno che la preda non sia di inestimabile valore, altrimenti sono costretto ad ucciderla immediatamente… Anche se un po’ lo faccio di mia spontanea volontà, per non vedere il povero bersaglio della principessa soffrire per giungere a una morte lenta e dolorosa… E mi dispiacerà sempre per tutti colore che potevano venir salvati… Ma è il mio lavoro. -Vince!- Credo sia già ora di accontentare il famelico stomaco della mia signora. –Yes Milady.- Mi incammino ogni giorno per la stessa strada, con la principessa dietro, al sicuro da attentati, cercando la preda. Non appena ella scorge una preda che la aggrada mi incarica di portarla viva, è così che devo lavorare ogni giorno e ogni notte.
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tirai le tende lasciando entrare il sole nella stanza. La mia signora dormiva ancora, il sole non sembrava recarle alcun disturbo. Aveva la pelle liscia e chiara, i capelli castano scuro le scendevano per tutta la schiene poggiandosi lisci e delicati al viso facendo risaltare i suoi occhi grigio spento, ancora chiusi nel sonno più profondo. Aveva una bellezza eterna eterna, infinita… Tanto da far incantare e inquietare ogni uomo la guardi in viso. Il fascino e il terrore, in una parola sola Rachel. Era questo il suo nome, ma in paese era anche chiamata la principessa del Regno morto… Lei solamente non sapeva il perché di tutto ciò, le era stato nascosto.

Mi chinai vicino al letto carezzandole la guancia. Dopo pochi secondi d’attesa si alzò sedendosi al letto, con la schiena poggiata alla spalliera del letto. –Vince?-

-Si mia signora?-

-Ho fame- Aveva fame in ogni momento della giornata, ogni giorno, ogni secondo… Aveva una fame implacabile.

-Lo comprendo mia signora, ma il massimo che posso offrirle stamani è la colazione-

Ella annuì come sempre e si alzò dal letto attendendo che fossi io a vestirla. Non chiedetemi come, ma ero finito per farle pure da inserviente… Che razza di vita, tutto per un nonnulla, un nonnulla pari alla vita eterna…

Le cambiai l’intimo, le misi le calze e il corpetto, poi la aiutai a mettere il grande vestito principesco che portava sempre, anche se diverso ogni giorno. Le misi le scarpine nere e si alzai andando alla porta.

-Vince, portami in sala da pranzo-

Mi avvicinai e le presi la mano alzandola leggermente, ma ricevetti uno schiaffo in volto, uno dei soliti, quelli che mi mandava ogni volta che disubbidivo o facevo qualcosa diversamente da come lo voleva fatto. Al contrario quando eseguivo un ordine come lo voleva faceva la dolce zuccherosa… Che razza di padrona che mi ritrovavo… Ma allora capii come dovevo fare, o almeno secondo lei. Mollai la sua mano e mentre sulla mia guancia compariva il segno dei lividi lasciati dai mille anelli che portava alle dita sottile la presi in braccio portandola fino alla sala da pranzo e posandola delicatamente sulla sedia rivestita di preziosi tessuti cremisi. Mi diressi in cucina per gli ultimi preparativi della colazione.

-Vince! Ho fame!-

Tornai nella sala da pranzo trainando un carrellino d’argento. Tolsi il coperchio a un vassoio del medesimo materiale rivelando il primo pasto del giorno. –La colazione di stamani consiste in una fetta di torta di fragole, farcita di crema di vaniglia e pandispagna il tutto ricoperto da panna e fragole sparse qua e là, con un pizzico di caramello per insaporire il tutto, spero che sia di suo gradimento- Poggiai il piattino dinanzi la principessina alzandomi e affiancandomi a lei, attendendo che iniziasse a mangiare.

-Imboccami-

-Prego?-

-Imboccami ti ho detto-

-Yes, milady-

Presi la forchettina lavorata e tagliai un piccolo pezzo della torta. Rachel aprì la bocca chiudendo gli occhi, attendendo il dolce boccone di frutta. Subito le misi in bocca una fragola, per farle assaporare quel frutto tanto dolce. Chiuse le labbra portando via con se la piccola fragola rossa. –La tua cucina è sempre la migliore…-

-Non provi a lusingarmi-

Sistemai il carrellino. –Ora può mangiare senza il mio aiuto. Mi chiami se ha bisogno di altro- Mi girai e tornai in cucina, a testa bassa. 

Non mi piaceva proprio quando mi chiedeva di imboccarla, non era più una bambina e poteva farlo da sola. Anche perché non ero proprio il tipo calmo e taciturno che lei voleva, il mio carattere era quello di un ragazzino scalmanato di appena diciassette anni. Ciò si intuiva anche dal mio taglio di capelli, scomposto e disordinato.

Sistemai il carrellino e posizionai gli attrezzi da cucina che mi sarebbero serviti in seguito per prepararle il pranzo. Non necessitava di mangiare, ma nonostante ciò continuava a farlo, forse non la soddisfava pienamente assaporare esseri umani ancora vivi come me… L’unica consolazione era di non avermi ancora chiesto per pasto.

Sentì un lieve tonfo ferreo, corsi in sala da pranzo. La mia signora aveva fatto cadere a terra una posata per richiamare la mia attenzione. Conosceva bene le mie qualità quali l’udito sopraffino e molte altre, per questo spesso mi richiamava urlando, per distruggermi gli apparati uditivi.

-Non ho più voglia di mangiare questa roba, portami a fare un bagno-

Annuì e la presi in braccio ancora, stavolta sapevo che cosa pretendeva per quel giorno. Mi diressi in bagno. Era una sala non piccola di certo, con muri e pareti ricoperti da piastrelle bianche e azzurre in alternanza, con una grande vasca da bagno, una doccia per lavarsi rapidamente in caso di mancanza di tempo e molto altro ancora, non sembrava servire solo come bagno, ma poteva svolgere molte altre funzioni come per esempio la sauna.

Non appena arrivammo la poggiai su una sedia anch’essa ben lavorata e le slegai i lacci sul retro del vestito. Detestavo quando mi ordinava di vestirla e mezz’ora dopo mi ordinava di svestirla per fare un bagno, non aveva alcun senso. Finii di toglierle i vestiti, lasciandole solo la biancheria, così mi inginocchiai vicino alla vasca da bagno a quattro posti e premetti un pulsante sulla parete, facendo così scorrere l’acqua nella vasca, direttamente da un buco sul muro.

-Non mi togli tutto?-

-Può farlo anche da sola- La ripresi. Era fin troppo esigente negli ultimi tempi…

Non appena la vasca fu piena riprometti il pulsantino, bloccando così l’innalzamento del livello dell’acqua all’interno della vasca.

-Può entrare ora-

Ma ella, per dispetto o cosa non sapevo, entrò nella vasca da bagno con l’intimo candido addosso. –Entra anche tu-

-La ringrazio, ma preferirei di no-

-Entra, è un ordine-

-Yes, milady-

Mi tolsi la giacchetta nera, seguita dalla camicia bianca, seguita a sua volta da scarpe, calze e pantaloni, restando solo con i miei imbarazzanti boxer con le provette e i guanti neri. Entrai nella vasca e mi diressi lontano dalla mia “padroncina”, così da potermi almeno godere un bel bagnetto.

-Lavami la schiena-

Non mi serviva più obiettare, non ne avevo motivo, ogni obiezione veniva punita, quindi perché continuare inutilmente? Presi una spugna grigia a forma di teschio, quella personale della principessa e un flacone contenente uno strano liquido bianco. Mi versai un po’ di liquido sulla mano e le carezzai piano la schiena, togliendole il reggiseno e tirandolo fuori dall’acqua. Era una fortuna ella fosse girata di schiena, dopotutto sono un maschio no?

Fu la volta della spugna a carezzarle la schiena bianca, mentre i capelli scuri galleggiavano a pelo d’acqua.  Non feci domande, sapevo già di doverle lavare tutto il corpo, dopo pochi mesi di servizio si capisce già cosa vuole una persona. Le passai la spugnetta sulle spalle, sulle braccia, sui fianchi e sulle gambe, ma non mi azzardai ad avvicinarmi al suo fronte, immaginavo mi sarebbe arrivata una sleppa di quelle forti. Mi fermai lasciando che la spugnetta galleggiasse sull’acqua.

Si voltò alzandosi un pochino, i capelli le ricaddero davanti a grandi ciocche coprendole il seno.

-Ti ho forse detto di fermarti? Continua-

-No-

-Che hai detto, di grazia?-

-No, non siete più una bambina, potete pensarci da sola- Mi voltai.

Lei sbuffò, prese la spugna e si voltò nuovamente, lavandosi da sola. Lo stesso feci io, con la mia spugna e il mio sapone. Entrambi continuavamo a controllare che l’altro non si girasse curioso, quindi ci ritrovammo nudi uno alle spalle dell’altra. Mi abbassai un attimo andando con la testa sott’acqua, bagnandomi i capelli. Fu allora che ella uscì e si coprì con un piccolo asciugamano bianco.

-I tuoi capelli se bagnati sembrano ancora più lucidi… Di un viola intenso-

In realtà i miei capelli erano di una colorazione strana che traeva tra il rosso e il violetta, piuttosto insolito, mentre i miei occhi erano di un marroncino rosaceo, leggermente più comune del colore dei miei capelli. Ero di poco più alto rispetto a lei, ma credo fosse comprensibile, aveva ancora quindici anni, o almeno quindici ne dimostrava.

-Visto che non mi aiuti me ne vado, chiamami per l’ora di cena-

-Ha intenzione di saltare il pranzo?-

Non mi rispose. Così le feci segno di tornare in acqua. Aah, ragazzine, tutte uguali, se non hanno un riferimento fanno di testa loro, fanno cazzate, ma di testa loro.

Tornò in acqua con me, ma con l’asciugamano legato attorno per coprirla. Evidentemente se l’era presa per ciò che le avevo detto. Mi abbracciò, facendomi arrossire leggermente. Sperai che non mi notasse, ma fu tutto inutile. Appena abbassai lo sguardo mi ritrovai con il suo seno appiccicato al mio petto, così morbido… Mi uscì del sangue dal naso, facendola scoppiare a ridere.

-Evita Vince, evita-

Alzai lo sguardo di fretta cercando un altro punto dove guardare, ma con risultati tutt’altro che soddisfacenti. Alla fine si staccò e mi venne dietro, strofinandomi la schiena con la spugna, come riusciva ovviamente. Pare avesse problemi a non far tornare a galla la spugnia… Esilarante come spettacolo, peccato che fossi davanti.

-Quando raggiungerai il tuo scopo mi abbandonerai?-

Mi chiese con voce flebile nell’orecchio. Voleva a tutti i costi che io restassi con lei, lo sapevo, quindi se non mi avesse lasciato andare via avrei dovuto uccidere anche lei, dovevo tornare libero, una nuova vita mi attendeva.

Annuii, facendola arrabbiare davvero, con la conseguente evaporazione di due quarti dell’acqua contenuta nella vasca quadrata.

-Ma finchè non porterò a compimento il presente non me ne andrò-

Questo la risollevò un pochino, facendola appoggiare alla mia schiena, seduta dietro di me, con la testa sulla mia spalla. Mi diede un bacino lieve sulla guancia uscendo, stavolta definitivamente, dalla vasca da bagno. Si coprì bene con l’asciugamano e si fece da parte aspettando che uscissi anche io.

Dopo pochi minuti uscii coprendomi a mia volta. Le chiesi di restare girata un paio di minuti, così da potermi asciugare prima di tornare a servirla. Acconsentì, così potei sistemarmi in fretta, e con i capelli ancora umidi le presi una vestaglietta, a quanto pare quel giorno non si sarebbe mossa molto da casa.

-Oggi voglio andare in paese-

-Prego?-

La sua unica risposta fu un cenno della mano dove spiegava che aveva detto tutto e toccava a me capire il resto… Voleva andare in città, cosa un poco abituale per lei, avrei dovuto mascherarla bene.

Allora scelsi i vestiti più semplici a disposizione, una basilare gonna nera, ne troppo lunga ne troppo corta, una felpa anch’essa nera e una sottoveste bianca da mettere sotto, per tenerla calda. Fuori dalla villa non era caldo come era abituata lei, ma doveva farsi l’abitudine a temperature che variano col passare del tempo.

Le feci i boccoli ai capelli e non le misi il suo tipico trucco scuro, la aiutai a mettere quei vestiti da “sciattona” ai suoi occhi.

-La prego di sopportare, ma è meglio se non si fa vedere in paese come la Regina del Regno Morto-

Si guardò per tre buoni quarti d’ora allo specchio con aria alquanto schifata, immagino non le piacesse quel modo di vestire dopo anni ed anni di vestiti fatti a mano da me.

Aspettai che fosse pronta attendendola nel corridoio d’entrata.

-Possiamo andare- Mi disse con tono dolce. Mi sarebbe toccato fare anche da baby-sitter ora, altro che servitore e cose simili, era questo il vero lavoro che dovevo fare per una lauta ricompensa.

Mi chiedo perché l’unico mezzo di trasporto su cui accettava di salire Rachel fosse proprio una carrozza trainata da cavalli… Che ragazzina assurda.

Quando arrivammo la aiutai a scendere dalla carrozza porgendole la mano. Guardai il paese con una sola occhiata, ogni giorno era sempre lo stesso, un paese di montagna, costantemente in salita e discesa, con le case di pietra e sulle porte i grandi cartelli di legno con i nomi dei negozi incisi su essi, i bambini che corrono per strada e adolescenti e adulti che fanno compere di vestiti e di cibo fresco di giornata. Attraversammo il paese con le mani ancora una sull’altra, come nei passi che precedono un ballo di gran gala. Girammo per i negozi, comprammo gli ingredienti per la cena di quella sera e come pranzo ci bastò un po’ di pane e della frutta fresca. Sembrava abbastanza felice, sorrideva a tutti, ma non parlava.

Mi fermai davanti ad un fioriere e chiesi una rosa rossa. Cambiò stanza cercando l’oggetto da me richiesto. Dopo pochi secondi d’attesa tornò con una rosa rossa con ancora le spine. Mi consegno la rosa tenendola con due dita in un punto del gambo dove le spine non potessero ferirlo. Presi la rosa di piena mano, conficcandomi le spine nel palmo. Lasciai tre monete sul bancone e mi incamminai con la principessa che mi guardava stupita. Aprii la mano e le porsi la rosa.

-Vuoi che tolga tutte le spine?-

Lei non disse nulla, ma io le tolsi comunque una ad una, sistemando poi la rosa sui suoi capelli.

Rientrammo per cena, e mentre io cucinavo lei mi attendeva seduta composta in sala da pranzo. Dopo una lunga e lenta preparazione le portai la cena, della pasta fatta a mano e sugo di pomodori, anch’esso fatto a mano.

-So che preferisce la cucina di gran classe, ma mi chiedevo se le sarebbe andato bene anche del cibo cittadino oggi-

Guardò un attimo il piatto e cominciò a mangiare. Si fermò solamente quando ebbe finito di mangiare tutto.

-Ora possiamo tornare fuori?-

Era vero, dovevo accontentare la sua fame almeno una volta al giorno, almeno questo se rivolevo la libertà.

Annuii e misi la giacca, sistemai i fedeli guanti neri e le indicai la porta con un elegante gesto della mano.

-Vogliamo andare a caccia?-

Si alzò e corse verso di me prendendomi a braccetto. Camminammo insieme fino alla solita strada, quella per cui passavamo sempre. Ad un certo punto indicò un ragazzo giovane, biondo, con un codino corto dietro alla schiena e due cuffiette con la musica apparentemente accesa che passava di lì.

Cominciai a camminare più in fretta di prima fino a raggiungere quel ragazzo. Tolsi i guanti e poggiai i polpastrelli degli indici sulle sue spalle. Il poverello si addormentò senza accorgersi di nulla, così lo portai alla principessa.

Stavolta però non guardai, visto che prima di morderlo gli ha carezzato il viso… Cos’era gelosia? Ma figuriamoci, per quella?

Quando tornai a guardarli lei aveva già finito e si era pulita da sola. Riportai il giovane dietro il solito cespuglio di rose, quello della notte prima. L’uomo era sparito, quindi doveva essersi salvato.

Ma stavolta non avrebbe risparmiato quel giovane, no di certo. L’erba prese una colorazione cremisi mentre il ragazzo diventò sempre più bianco e freddo. Mi alzai e girando i tacchi e tornai dalla principessa. Tornai indietro in silenzio e lo mantenni fino a quando non fummo dentro casa.

-Và a dormire-

Fu l’unica cosa che dissi quella sera, prima di andare dritto diretto in camera mia, mi misi il pigiama e mi coricai. Ero troppo arrabbiato per continuare la giornata, ci avrei pensato domani.

Note dell’autricola :D

Ed eccoci al secondo capitolo della storia di Vince!

Sto che nessuno se lo sta leggendo tranne Sely, beh, io continuerò comunque a scrivere :D

Mi piace scrivere per liberare la mente e devo ancora leggere il 16° capitolo di WCITS >w< scusami cara ma è tutto il giorno che scrivo il capitolo!

E ora a nanna!

Nade: ^^” E’suonata…

Vince: Eh già, dici bene

Rachel: Vince! Mettimi il pigiama!

Vince: ._. Pensaci da sola *va a dormire*

   
 
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