Esiste un altro modo di vivere?
I
mesi passavano ed ogni giorno apprendevo sempre più cose sui vampiri e sui loro
comportamenti. Più il tempo trascorreva, più il mio “potere” - se così si
poteva definire - riusciva a soggiogarsi alla mia volontà. Anche se gli altri
vampiri creati da Maria erano più forti di me perché più giovani, io contavo
sull’esperienza che portavo alle spalle. Il mio servizio presso l’esercito
risultò utile a lei e alle altre due, di cui avevo scoperto il nome: Nettie e
Lucy.
Gli
allenamenti erano duri: a me spettava il compito di addestrarli, ma se non
riuscivamo a controllarli bisognava eliminarli. Avevo scoperto che l’unico modo
era quello di farli a pezzi e bruciarli. Forse potrebbe risultare un metodo
violento ad occhio umano, ma per noi era routine.
Mi
ero accorto che Maria teneva un occhio di riguardo per me; ero troppo preparato
per potermi distruggere, troppo necessario.
All’inizio non riuscivo a controllarmi, ed uccidevo i miei compagni. Almeno io
li chiamavo così, dei soldati. Erano scelti secondo delle potenzialità decise
da Maria, lei era il capo assoluto in quel territorio. Nel suo animo leggevo
solo brama di conquista e sete di potere: voleva assoggettare tutti i vampiri
del Texas, a sua detta, il suo territorio.
La
violenza era all’ordine del giorno. Io stesso commettevo omicidi per conto suo.
Mi plagiava, sapeva come trattare i suoi burattini. Io, nonostante potessi
prenderne il posto, ero accecato dalla lussuria che lei mi scatenava dentro, un
sentimento che io avevo chiamato amore, senza conoscerne le varie
sfaccettature. Lei non era innamorata di me, come io non lo ero di lei, ma non
conoscevo altri, non avevo amicizie in
quella nuova vita che ora mi apparteneva, ero solo.
Il
sud era una zona rossa. Ognuno doveva badare a se stesso, senza voltarsi ad
aiutare il compagno. Questi erano i concetti base quando venivano reclutati. A
volte era il mio potere a dominare me stesso; sentivo sempre rabbia, rancore ed
infine la mia tortura: la sete di sangue.
La
mia non era sufficiente se dovevo portarmi il peso di quella altrui, ero quello
che si nutriva di più, quello più tormentato. Uccidevo ormai senza pensare, non
mi importava di togliere loro la vita, perché era necessario per me, per la mia
sopravvivenza. Non conoscevo altro modo per vivere, perciò ero rassegnato
all’idea di essere un mostro.
«Jasper,
come se la cavano i nuovi allievi?» mi chiese Maria circondandomi la vita da
dietro. Il suo odore di donna mi eccitava in maniera esponenziale, ma sapevo
che questa lussuria era dovuta agli istinti privi di ciascun freno, e il sangue
umano fungeva da catalizzatore.
«Non
male questi nuovi, rispetto al gruppo precedente. Quelli erano meno
indisciplinati, per questo sono morti tutti. Non riflettevano, nonostante
avessero la forza necessaria per battere il clan del Messico» affermai
mostrandole il mio lato freddo e distaccato, quello che mostro di fronte ai
nuovi acquisti.
«Pensi
che ce la possiamo fare a battere quello che occupa la mia città natale? Odio
quel clan, vuole conquistare anche il nostro, ma noi non glielo permetteremo,
vero?» mi domandò lei, voltandosi e mettendosi di fronte a me. Io la afferrai
rudemente per i fianchi e l’avvicinai di scatto a me, facendole sentire che il
mio bisogno e la mia mente erano concentrati su un’altra direzione. Le morsi il
labbro inferiore con forza, senza forzare la sua bocca, e avvicinai i nostri
bacini così da farli combaciare.
«Ne
sono più che sicuro, ma in questo momento è un altro il mio pensiero» le
sussurrai con voce bassa e roca, simile al sibilo di un serpente. Lei mi
sorrise compiaciuta del fatto di essere così desiderata, avvertivo il suo
compiacimento, ma non mi bastava più. Così usai il mio potere su di lei,
riversandole la mia eccitazione.
«Sai,
anch’io ho bisogno di qualcos’altro. Ho sete, ma non di sangue. Mi capisci?» mi
chiese, accarezzandomi sensualmente il petto, fino ad arrivare al bordo dei
pantaloni. La fermai. Non ritenevo adatto questo luogo, troppi neonati ad
osservarci; io volevo la mia privacy.
«Aspetta.
Non qui, vieni con me» le dissi, e senza darle il tempo di ribattere, la
trascinai verso l’uscita del nostro nascondiglio, dove si trovavano le altre
due vampire. Loro sorrisero complici a Maria, perché avvertivano nell’aria il
nostro piacere, che attendeva di essere soddisfatto.
«Noi
ci allontaniamo per un po’, occupatevene voi» ordinai loro. Quando si trattava
di allenamento, ero io a decidere come fare; loro eseguivano i miei ordini. Non
avevamo mai perso così. Io e Maria eravamo temuti e conosciuti in tutto il sud
per la nostra insaziabile sete di conquista, una macchina immortale
invincibile.
Alla
nostra velocità ci allontanammo, e durante il nostro breve viaggio, sentimmo la
scia di due umani: un uomo ed una donna che sfortunatamente si trovavano sul
nostro cammino. Detti una breve occhiata a Maria che mi sorrise complice appena
avvertì il profumo e cambiammo di poco la nostra destinazione.
Non
si erano accorti di noi, così li afferrammo dalle spalle e li facemmo voltare;
io la donna e lei l’uomo. Senza dar loro tempo di aprire bocca, affondammo i
canini nella tenera carne del collo e bevemmo quel nettare dal sapore sublime.
Era sempre un’emozione unica bere il sangue umano, soprattutto se si era in due
a cacciare. La sua sete ed il suo piacere si sommarono al mio, rendendomi
sempre più succube del mostro dentro di me, un mostro a cui davo il via libera
sempre. Quando i loro corpi furono completamente privi di sangue, li
nascondemmo nel bosco adiacente la città.
«Ti
senti sazio, Jasper?» mi sussurrò languida lei all’orecchio, accarezzandomi
sensualmente il petto coperto da una camicia leggera.
«Non
del tutto. Ho voglia di te» e mi avventai bramoso sulle sue labbra che, colpite
dalla mia irruenza, si schiusero all’istante, assecondandomi in questo bacio
che sapeva di barbaro per la sua crudeltà. Con voracità divorammo le labbra
dell’altro e strappammo i nostri vestiti, presi dalla voglia di soddisfare i
nostri istinti più animaleschi. Non era la prima volta per noi, e sicuramente
non sarebbe stata l’ultima in cui la facevo mia. Ma non c’era nessun sentimento
nel nostro rapporto, solo sfogo animale frutto delle bestie presenti in noi.
Bestie a cui avevamo ceduto il nostro essere senza opporci.
«Jasper,
mi prometti che non mi lascerai mai?» mi domandò lei, accarezzando il petto
nudo. Eravamo sdraiati sull’erba fresca nel mezzo del bosco, entrambi nudi,
dopo esserci uniti. Lei sopra di me ed io che la tenevo tra le braccia.
«Sì,
te lo prometto, nulla ci dividerà» dopo le mie parole, la sentii sorridere più
tranquilla, seppur le sue emozioni non sembravano proprio quelle di una donna
che voleva sentirsi dire dal proprio uomo di essere amata, ma lei era così. Non
dimostrava affetto verso nessuno, e di questo lei se ne rendeva perfettamente
conto. Quelli che creava come me, erano soltanto pedine della sua scacchiera
che ogni qualvolta se ne perdeva uno dei propri pezzi, li rimpiazzava con nuovi
elementi, così come le consigliavo io: tenere sempre qualche neonato come
riserva, nel caso che ne venissero uccisi più del previsto.
«Sono
felice di averti incontrato, Jasper, siamo imbattibili insieme» disse lei
ridacchiando malignamente. Era vero: da quando io guidavo il suo esercito, non
avevamo mai perso; solo perdite, facilmente rimpiazzati.
«Niente
ci fermerà, Maria. Governeremo il Texas insieme» era quello il nostro
obiettivo, o meglio il suo. Con il mio potere le trasmisi le mie sicurezze, che
non si sarebbero mai frantumate. Avevo combattuto tante battaglie, avevo
cicatrici a dimostrarlo, ferite a ricordarmi che io ero il male e trasmettevo
altro male, un male che poco a poco mi stava consumando.
Tornammo
dopo qualche ora nel nostro nascondiglio, dove si trovavano Nettie e Lucy che
impartivano ordini ed insegnavano nuove mosse ai nuovi acquisti. Anche loro
erano migliorate nella lotta contro i neonati, grazie ai miei sforzi. Ero la
punta di diamante di Maria, il suo asso nella manica, il suo braccio destro.
«Nettie,
Lucy, come procedono i preparativi?» Maria si rivolse a loro come se fossero
sorelle, ma notai sempre nella sua voce una leggera superiorità. Anche le sue
emozioni me lo confermavano: era lei il capo, e loro due erano altri due mezzi
per arrivare al potere, niente di più.
«Procedono
bene, Maria» le confermò Lucy, sorridendo sadicamente e guardando me con uno
sguardo malizioso. Le sue emozioni erano cristalline: provava attrazione per
me, così come Nettie. Ma non si fecero mai avanti, io ero il giocattolo
preferito ed esclusivo di Maria. Guai a chi osava toccarmi oltre a lei.
«Ottimo!
Domani attaccheremo il clan che risiede a Monterrey. Li voglio morti» concluse con tono
minaccioso, e con un ringhio gutturale da far paura anche ai neonati.
«Potete
andare voi due. Mi occupo io di dare loro le ultime istruzioni prima della
battaglia» affermò congedando le due vampire, mentre Maria restò in disparte a
guardarmi. Le piaceva ammirare il suo esercito, le piaceva diventare ogni
giorno più forte.
«Le
ultime indicazioni sono queste: non lasciatevi stringere tra le braccia, come
vi ho spiegato. Attaccate lateralmente, non in maniera scontata. Non dovete
avere fretta di concludere, o verrete uccisi. Seconda cosa: non abbassate mai
la guardia, basta poco per cogliervi di sorpresa» esposi le strategie, che
vennero quasi sempre ignorate, perché troppo sicuri di sé.
«Noi
siamo già forti! Nessuno ci può distruggere» affermò sicuro e spavaldo come non
mai uno di loro, troppo stupido ed ingenuo per capire che morirà appena metterà
piede sul campo di battaglia. Feci un passo verso di lui, ma Maria mi
precedette e con forza lo atterrò. Tutti erano stupiti dal suo gesto ed
arretrarono spaventati. Prima di cominciare gli allenamenti avevano avuto un
assaggio di cosa li aspettava osservando i combattimenti tra me e Maria, oppure
con Nettie e Lucy. Sapevano che Maria era forte e preparata quanto me.
Lei
si posizionò a cavalcioni su di lui, sembrava una posa ambigua, ma avvertivo
ira e rabbia dentro di lei. Niente a che vedere con la posa - uguale a questa -
quando al posto di quel vampiro c’ero io. Un brivido di piacere mi attraversò.
Stanotte sarebbe stata di nuovo mia. Lo prese per la gola con una mano e si
avvicinò al suo volto, emettendo un ringhio gutturale e macabro. La vera Maria
era entrata in azione: ecco il suo vero volto, un volto malvagio.
«Credi
che a lui o a me importa poi così tanto la tua vita? Se ti ho dato la vita
eterna, sta a te decidere se buttarla via in modo stupido! Sai quanti sono
morti per aver detto la tua frase con spavalderia? Se io e lui siamo qui è
perché gli insegnamenti che vi impartisce non sono fatti a vuoto» sputò fra i
denti, come se lui fosse un essere rivoltante di cui non valeva la pena neanche
di preoccuparci. Detto ciò, si rialzò e li fissò tutti senza risparmiarne nessuno.
«Se
c’è qualcuno che la pensa come lui, che si faccia avanti» e senza dare il tempo
a quel vampiro di rialzarsi, lo afferrò per le braccia e gliele staccò. Poi
passò alle gambe, ed infine…
«Ti
prego, no…» implorò lui, sommerso dal dolore che anch’io percepivo
distintamente. Ma lei non si lasciò commuovere e gli staccò la testa con
entrambe le mani. Uscì dalla tasca un accendino e dopo averlo cosparso di
benzina, gli dette fuoco.
«Sarà
questa la sua fine. Così si muore, abbassando la guardia e lasciandosi cogliere
di sorpresa» rantolò come un cane minaccioso. Tutti restarono impietriti di
fronte a questo atto barbarico, ma io ormai c’ero abituato, per quanto il mio
potere di sentire le loro emozioni - e quindi anche il loro dolore - mi lasciava
ferite sempre più profonde. Ma da bravo soldato quale ero, non lo lasciai
trasparire; sarebbe una debolezza inammissibile qui nel sud.
Un
silenzio carico di aspettative cadde nel luogo che aveva visto protagonista me
e Maria compiere altri smembramenti, per far capire che eravamo noi a
comandare, e loro dovevano obbedire senza discutere.
«Dato
che nessun altro è così stupido come lo era lui, potete andare. Ricordatevi di
cacciare molto, vi servono le forze per affrontare questa battaglia» e con
queste ultime parole, si avvicinò a me e mi afferrò per il braccio,
sussurrandomi nell’orecchio:
«Andiamo,
Jasper. Voglio passare con te l’ultima notte prima di questa battaglia che
segnerà ancora una volta la nostra vittoria»
E
come fossi guidato da una forza superiore, mi lasciai guidare da questo demone
maligno con sembianze demoniache, capace di trasportarti nell’inferno fatto di
puro piacere e lussuria.
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La
battaglia, come avevo intuito, ebbe esito positivo: avevamo vinto, ancora una
volta, eppure questa vita cominciava a stancarmi.
Era
una continua lotta per la sopravvivenza e Maria non dava segni di stanchezza
mentale. Per lei era una questione di principio, ma anche di vendetta.
Nonostante ci fossero vampiri che si ribellavano, lei riusciva a farla franca;
era furba.
Ma
la sua sete di potere ebbe dei risvolti negativi dopo anni di lotte e sangue
versato. Il nostro esercito veniva decimato sempre di più, finché un giorno,
dopo un’estenuante battaglia, del nostro esercito non restò nulla.
Fu
annientato da altri vampiri, che stanchi delle pressioni di Maria, si unirono
ribellandosi ed annientandoci. Rimanemmo solo in quattro: io, Maria, Nettie e
Lucy, i vampiri più anziani.
Un
giorno, mentre discutevamo sui prossimi umani adatti a far parte del nuovo
esercito, Nettie e Lucy si ribellarono a Maria, stanche di dover sottostare a
lei.
«Maria,
è giunto il momento di lasciare a me e a Lucy il controllo e le decisioni del
nostro clan. La tua sete di potere ci ha condotto alla rovina» disse Nettie,
aggredendo con le parole Maria. Lei si voltò verso di lei e la fissò con
scherno.
«Dovrei
lasciare il comando a voi due? Non siete neanche capaci di trasformare un umano
senza ucciderlo, figurarsi creare un nuovo esercito» affermò con tono
derisorio, con lo scopo di offendere le due vampire. Avevo capito da un po’ che
i rapporti tra loro erano tesi, ma non pensavo che si arrivasse a questa
decisione drastica, finché Maria, una sera, dopo averla fatta mia ancora una
volta, mi confidò l’idea di ucciderle. Credevo che fossero parole dette così,
senza che portassero conseguenze, ed invece…
«Esatto,
o con le buone o con le cattive» e si misero in posizione d’attacco. Io ero
rimasto in disparte, ma sapevo già da che lato mi sarei schierato. Maria
sorrise in maniera malvagia e i suoi occhi divennero neri dalla rabbia.
«Jasper,
aiutami a dare una lezione a queste due traditrici» e in un secondo fui al suo
fianco, pronto a difenderla. Le due si misero a ridere sguaiatamente e mi
dissero:
«Non
penserai davvero che lei provi qualcosa per te, vero? Non vedi come non esita a
rivoltarsi contro di noi? Noi vogliamo far rinascere il nostro clan, ma finché
sarà lei a comandare, non succederà mai» le loro parole mi scossero. Avevo
sempre saputo che il legame che mi univa a Maria non era qualcosa di positivo
ma negativo, dettato da istinti primordiali e dal non voler restare solo. Mi
terrorizzava l’eternità vissuta in solitudine.
«Non
dargli ascolto, Jasper! Sono solo invidiose del nostro rapporto. Aiutami a
liberarmi di loro» disse Maria ed io, da perfetto soldatino, le detti ascolto.
Quel
giorno Nettie e Lucy furono uccise per mano nostra, sotto lo sguardo di qualche
vampiro che si trovava nei paraggi. Ormai io e lei eravamo disprezzati da
tutti, per il semplice fatto che i neonati quando perdevano la loro forza,
venivano uccisi da noi perché risultavano un peso ingestibile e non erano più
in grado di tenere testa a guerrieri anziani ed esperti.
Con
fatica, ricostruimmo un nuovo esercito, e feci amicizia con un altro vampiro
che possedeva qualità militaresche simili alle mie, Peter. Lui mi aiutava nel
compito di smembrare i vampiri non più neonati, ma un giorno successe ciò che
io reputavo improbabile: lui si innamorò.
Non
era amore per un vampiro qualunque, ma una neonata del nostro gruppo che si
chiamava Charlotte.
«Non
ti permetto di farle del male, Jasper» mi disse lui, mettendosi di fronte a
quella neonata ormai grande.
«Ragiona,
Peter. Dobbiamo ucciderla, o farai la fine degli altri insieme a lei. Maria non
lo accetterà mai» non volevo ucciderlo, era l’unico vero amico che mi ero
creato in questa vita fatta di dolore, morte e sangue.
«Non
ho mai sopportato i suoi modi da tiranna. Sembra che tutto le sia dovuto.
Guardati Jasper, non sei padrone delle tue azioni. C’è tutto un mondo da
scoprire, vieni via insieme a me e Charlotte» per quanto ero tentato, non ero
pronto per lanciarmi nell’ignoto. Avevo paura che dopo sarei rimasto
completamente solo.
«No,
non posso. Ma stai tranquillo, non ti farò del male, neanche a lei, ma dovete
andare via adesso, prima che Maria vi scopra» gli dissi, sapendo che
sicuramente sarei caduto di nuovo nello sconforto e nel buio della solitudine,
ben diversa da quella di restare soli; avevo sempre Maria con me. Ma quanto
sarebbe durato questo rapporto?
«Come
vuoi, fratello. Grazie per essermi rimasto accanto per tutto questo tempo.
Avremo modo di sentirci ancora, l’eternità è un periodo molto lungo, credimi»
mi disse sorridendo, e stringendo a sé la piccola Charlotte.
«Siate
felici insieme» e cominciarono a correre, alla ricerca di un’altra vita, lontano
dalle guerre che continuavano a sconvolgere il sud.
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Gli
anni passavano ed io ero sempre più stanco di dover combattere. Una vita che
non avevo scelto, né tantomeno intenzione di continuare. A che scopo? Lottare
per avere il dominio? Non era questo ciò che volevo, non con un potere che
agiva da coscienza e risvegliava a tratti la mia umanità perduta.
Un
evento cambiò la mia vita dopo cinque anni. Peter tornò, sotto lo sguardo rabbioso
di Maria che non aveva ancora digerito la sua fuga con quella neonata. Aveva
paura di perdere anche me, e questo la terrorizzava. Avrebbe perso il suo
guerriero più fidato ed esperto; non sarebbe stato facile rimpiazzarmi.
«Peter,
come mai sei tornato?» gli chiesi, temendo che non ci fosse altro modo per
vivere. Ma lui mi sorprese.
«Sbagli,
Jasper, c’è tutto un mondo nuovo, senza lotte per sopravvivere. Un mondo da
assaporare senza doversi guardare alle spalle continuamente con il rischio di perdere
la propria vita» mi disse entusiasta. Un mondo senza lotte, proprio quello che
cercavo. Così una notte, mentre Maria era intenta ad organizzare una nuova
battaglia, fuggii insieme a Peter, e dopo aver superato il confine del Texas,
incontrammo Charlotte.
Finalmente
avrei potuto vivere diversamente, senza organizzare battaglie per il dominio di
una qualsiasi zona. Tutta l’America era la mia zona; ero un nomade insieme a
loro due. Un nomade che non aveva rimpianti per aver lasciato quella vita.
Finalmente il mio potere era in linea con il mio essere.
Ero
in pace.
Ma
non avevo fatto i conti con le emozioni che percepivo dagli esseri umani che
uccidevo. Era una continua lotta interiore. Io che bramavo sangue e loro che
erano terrorizzati da me.
Estasi,
contrapposta a dolore e paura. Un mix che dopo alcuni anni mi fece allontanare
persino da Peter e la sua compagna.
«Mi
dispiace, Peter, anche se sono sollevato di aver rinunciato a combattere, ciò
non toglie che portar via le vite agli esseri umani mi tormenti ancor più di
prima. Perciò ho bisogno di trovare un equilibrio che mi farà stare bene con me
stesso. Il mio umore influenza il vostro ed io non voglio esservi di peso.
Siete stati importanti per me. Ci rincontreremo qualche volta in futuro» dissi
salutandoli.
«Fai
ciò che ritieni più giusto per te, fratello. Quando vorrai, potrai tornare con
noi» mi disse Peter abbracciandomi, come se fossimo realmente fratelli.
«Abbi
cura di te, Jasper» mi disse, invece, Charlotte sorridendomi.
«E
tu abbi cura di lui. Avete trovato la vostra metà, non sapete quanto vi
invidio» e dopo queste parole, mi voltai e cominciai a correre lontano, alla
ricerca di me stesso.
Era
il 1948 quando trovai la speranza di poter vivere finalmente una vita migliore,
riscoprendo l’essere umano che era in me.
Entrai
in un bar di Philadelphia. Pioveva a dirotto, e di certo non potevo attirare
l’attenzione stando fuori, così misi piede dentro. Era un luogo frequentato da
persone poco raccomandabili, delinquenti della peggior specie ed io non
cacciavo da un po’. I miei occhi erano sicuramente resi neri dalla sete, ma mi
feci coraggio. Ad un tratto, un odore che non poteva appartenere ad un essere
umano, mise i miei sensi allerta e vagai alla ricerca di quel vampiro, perché
ero sicuro che appartenesse ad uno della nostra specie. Era un odore buono,
migliore di quello di Maria o di Charlotte, un odore capace di calmare il mio
potere. E fu così che seguii la scia fino al bancone. Lì vi era una vampira dai
lineamenti delicati, capelli corti e neri, e due occhi rossi che nascondeva
agli altri con gli occhiali. Solo a me li aveva mostrati, rendendosi conto che
fossi come lei. Sentivo delle emozioni incredibili, mai sentite prima. Sentivo
pace, tranquillità e tanto benessere, così profondi da riempire anche me. Lei
mi sorrise ed udii per la prima volta la sua voce, simile ad coro angelico, una
voce ancor più melodiosa di quella con cui mi incantava Maria.
«Mi
hai fatto aspettare parecchio» ero incantato dalla sua voce, così chinai la
testa da bravo gentiluomo del sud e le risposi:
«Mi
dispiace, signorina» e lei mi offrì la mano. Io, come ipnotizzato, la presi.
Sentii un nuovo sentimento nascere in me.
La
speranza che portava il nome di Alice.