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Autore: Dark Magic    11/09/2010    4 recensioni
Seconda shot, sulla storia di Jasper. Qui vi è il suo periodo all'interno del clan di Maria, l'amicizia con Peter ed infine l'incontro con Alice.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jasper Hale
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Precedente alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'La via della speranza'
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Esiste un altro modo di vivere?

I mesi passavano ed ogni giorno apprendevo sempre più cose sui vampiri e sui loro comportamenti. Più il tempo trascorreva, più il mio “potere” - se così si poteva definire - riusciva a soggiogarsi alla mia volontà. Anche se gli altri vampiri creati da Maria erano più forti di me perché più giovani, io contavo sull’esperienza che portavo alle spalle. Il mio servizio presso l’esercito risultò utile a lei e alle altre due, di cui avevo scoperto il nome: Nettie e Lucy.

Gli allenamenti erano duri: a me spettava il compito di addestrarli, ma se non riuscivamo a controllarli bisognava eliminarli. Avevo scoperto che l’unico modo era quello di farli a pezzi e bruciarli. Forse potrebbe risultare un metodo violento ad occhio umano, ma per noi era routine.

Mi ero accorto che Maria teneva un occhio di riguardo per me; ero troppo preparato per potermi distruggere, troppo necessario. All’inizio non riuscivo a controllarmi, ed uccidevo i miei compagni. Almeno io li chiamavo così, dei soldati. Erano scelti secondo delle potenzialità decise da Maria, lei era il capo assoluto in quel territorio. Nel suo animo leggevo solo brama di conquista e sete di potere: voleva assoggettare tutti i vampiri del Texas, a sua detta, il suo territorio.

La violenza era all’ordine del giorno. Io stesso commettevo omicidi per conto suo. Mi plagiava, sapeva come trattare i suoi burattini. Io, nonostante potessi prenderne il posto, ero accecato dalla lussuria che lei mi scatenava dentro, un sentimento che io avevo chiamato amore, senza conoscerne le varie sfaccettature. Lei non era innamorata di me, come io non lo ero di lei, ma non conoscevo altri, non avevo amicizie in quella nuova vita che ora mi apparteneva, ero solo.

Il sud era una zona rossa. Ognuno doveva badare a se stesso, senza voltarsi ad aiutare il compagno. Questi erano i concetti base quando venivano reclutati. A volte era il mio potere a dominare me stesso; sentivo sempre rabbia, rancore ed infine la mia tortura: la sete di sangue.

La mia non era sufficiente se dovevo portarmi il peso di quella altrui, ero quello che si nutriva di più, quello più tormentato. Uccidevo ormai senza pensare, non mi importava di togliere loro la vita, perché era necessario per me, per la mia sopravvivenza. Non conoscevo altro modo per vivere, perciò ero rassegnato all’idea di essere un mostro.

«Jasper, come se la cavano i nuovi allievi?» mi chiese Maria circondandomi la vita da dietro. Il suo odore di donna mi eccitava in maniera esponenziale, ma sapevo che questa lussuria era dovuta agli istinti privi di ciascun freno, e il sangue umano fungeva da catalizzatore.

«Non male questi nuovi, rispetto al gruppo precedente. Quelli erano meno indisciplinati, per questo sono morti tutti. Non riflettevano, nonostante avessero la forza necessaria per battere il clan del Messico» affermai mostrandole il mio lato freddo e distaccato, quello che mostro di fronte ai nuovi acquisti.

«Pensi che ce la possiamo fare a battere quello che occupa la mia città natale? Odio quel clan, vuole conquistare anche il nostro, ma noi non glielo permetteremo, vero?» mi domandò lei, voltandosi e mettendosi di fronte a me. Io la afferrai rudemente per i fianchi e l’avvicinai di scatto a me, facendole sentire che il mio bisogno e la mia mente erano concentrati su un’altra direzione. Le morsi il labbro inferiore con forza, senza forzare la sua bocca, e avvicinai i nostri bacini così da farli combaciare.

«Ne sono più che sicuro, ma in questo momento è un altro il mio pensiero» le sussurrai con voce bassa e roca, simile al sibilo di un serpente. Lei mi sorrise compiaciuta del fatto di essere così desiderata, avvertivo il suo compiacimento, ma non mi bastava più. Così usai il mio potere su di lei, riversandole la mia eccitazione.

«Sai, anch’io ho bisogno di qualcos’altro. Ho sete, ma non di sangue. Mi capisci?» mi chiese, accarezzandomi sensualmente il petto, fino ad arrivare al bordo dei pantaloni. La fermai. Non ritenevo adatto questo luogo, troppi neonati ad osservarci; io volevo la mia privacy.

«Aspetta. Non qui, vieni con me» le dissi, e senza darle il tempo di ribattere, la trascinai verso l’uscita del nostro nascondiglio, dove si trovavano le altre due vampire. Loro sorrisero complici a Maria, perché avvertivano nell’aria il nostro piacere, che attendeva di essere soddisfatto.

«Noi ci allontaniamo per un po’, occupatevene voi» ordinai loro. Quando si trattava di allenamento, ero io a decidere come fare; loro eseguivano i miei ordini. Non avevamo mai perso così. Io e Maria eravamo temuti e conosciuti in tutto il sud per la nostra insaziabile sete di conquista, una macchina immortale invincibile.

Alla nostra velocità ci allontanammo, e durante il nostro breve viaggio, sentimmo la scia di due umani: un uomo ed una donna che sfortunatamente si trovavano sul nostro cammino. Detti una breve occhiata a Maria che mi sorrise complice appena avvertì il profumo e cambiammo di poco la nostra destinazione.

Non si erano accorti di noi, così li afferrammo dalle spalle e li facemmo voltare; io la donna e lei l’uomo. Senza dar loro tempo di aprire bocca, affondammo i canini nella tenera carne del collo e bevemmo quel nettare dal sapore sublime. Era sempre un’emozione unica bere il sangue umano, soprattutto se si era in due a cacciare. La sua sete ed il suo piacere si sommarono al mio, rendendomi sempre più succube del mostro dentro di me, un mostro a cui davo il via libera sempre. Quando i loro corpi furono completamente privi di sangue, li nascondemmo nel bosco adiacente la città.

«Ti senti sazio, Jasper?» mi sussurrò languida lei all’orecchio, accarezzandomi sensualmente il petto coperto da una camicia leggera.

«Non del tutto. Ho voglia di te» e mi avventai bramoso sulle sue labbra che, colpite dalla mia irruenza, si schiusero all’istante, assecondandomi in questo bacio che sapeva di barbaro per la sua crudeltà. Con voracità divorammo le labbra dell’altro e strappammo i nostri vestiti, presi dalla voglia di soddisfare i nostri istinti più animaleschi. Non era la prima volta per noi, e sicuramente non sarebbe stata l’ultima in cui la facevo mia. Ma non c’era nessun sentimento nel nostro rapporto, solo sfogo animale frutto delle bestie presenti in noi. Bestie a cui avevamo ceduto il nostro essere senza opporci.

«Jasper, mi prometti che non mi lascerai mai?» mi domandò lei, accarezzando il petto nudo. Eravamo sdraiati sull’erba fresca nel mezzo del bosco, entrambi nudi, dopo esserci uniti. Lei sopra di me ed io che la tenevo tra le braccia.

«Sì, te lo prometto, nulla ci dividerà» dopo le mie parole, la sentii sorridere più tranquilla, seppur le sue emozioni non sembravano proprio quelle di una donna che voleva sentirsi dire dal proprio uomo di essere amata, ma lei era così. Non dimostrava affetto verso nessuno, e di questo lei se ne rendeva perfettamente conto. Quelli che creava come me, erano soltanto pedine della sua scacchiera che ogni qualvolta se ne perdeva uno dei propri pezzi, li rimpiazzava con nuovi elementi, così come le consigliavo io: tenere sempre qualche neonato come riserva, nel caso che ne venissero uccisi più del previsto.

«Sono felice di averti incontrato, Jasper, siamo imbattibili insieme» disse lei ridacchiando malignamente. Era vero: da quando io guidavo il suo esercito, non avevamo mai perso; solo perdite, facilmente rimpiazzati.

«Niente ci fermerà, Maria. Governeremo il Texas insieme» era quello il nostro obiettivo, o meglio il suo. Con il mio potere le trasmisi le mie sicurezze, che non si sarebbero mai frantumate. Avevo combattuto tante battaglie, avevo cicatrici a dimostrarlo, ferite a ricordarmi che io ero il male e trasmettevo altro male, un male che poco a poco mi stava consumando.

Tornammo dopo qualche ora nel nostro nascondiglio, dove si trovavano Nettie e Lucy che impartivano ordini ed insegnavano nuove mosse ai nuovi acquisti. Anche loro erano migliorate nella lotta contro i neonati, grazie ai miei sforzi. Ero la punta di diamante di Maria, il suo asso nella manica, il suo braccio destro.

«Nettie, Lucy, come procedono i preparativi?» Maria si rivolse a loro come se fossero sorelle, ma notai sempre nella sua voce una leggera superiorità. Anche le sue emozioni me lo confermavano: era lei il capo, e loro due erano altri due mezzi per arrivare al potere, niente di più.

«Procedono bene, Maria» le confermò Lucy, sorridendo sadicamente e guardando me con uno sguardo malizioso. Le sue emozioni erano cristalline: provava attrazione per me, così come Nettie. Ma non si fecero mai avanti, io ero il giocattolo preferito ed esclusivo di Maria. Guai a chi osava toccarmi oltre a lei.

«Ottimo! Domani attaccheremo il clan che risiede a Monterrey. Li voglio morti» concluse con tono minaccioso, e con un ringhio gutturale da far paura anche ai neonati.

«Potete andare voi due. Mi occupo io di dare loro le ultime istruzioni prima della battaglia» affermò congedando le due vampire, mentre Maria restò in disparte a guardarmi. Le piaceva ammirare il suo esercito, le piaceva diventare ogni giorno più forte.

«Le ultime indicazioni sono queste: non lasciatevi stringere tra le braccia, come vi ho spiegato. Attaccate lateralmente, non in maniera scontata. Non dovete avere fretta di concludere, o verrete uccisi. Seconda cosa: non abbassate mai la guardia, basta poco per cogliervi di sorpresa» esposi le strategie, che vennero quasi sempre ignorate, perché troppo sicuri di sé.

«Noi siamo già forti! Nessuno ci può distruggere» affermò sicuro e spavaldo come non mai uno di loro, troppo stupido ed ingenuo per capire che morirà appena metterà piede sul campo di battaglia. Feci un passo verso di lui, ma Maria mi precedette e con forza lo atterrò. Tutti erano stupiti dal suo gesto ed arretrarono spaventati. Prima di cominciare gli allenamenti avevano avuto un assaggio di cosa li aspettava osservando i combattimenti tra me e Maria, oppure con Nettie e Lucy. Sapevano che Maria era forte e preparata quanto me.

Lei si posizionò a cavalcioni su di lui, sembrava una posa ambigua, ma avvertivo ira e rabbia dentro di lei. Niente a che vedere con la posa - uguale a questa - quando al posto di quel vampiro c’ero io. Un brivido di piacere mi attraversò. Stanotte sarebbe stata di nuovo mia. Lo prese per la gola con una mano e si avvicinò al suo volto, emettendo un ringhio gutturale e macabro. La vera Maria era entrata in azione: ecco il suo vero volto, un volto malvagio.

«Credi che a lui o a me importa poi così tanto la tua vita? Se ti ho dato la vita eterna, sta a te decidere se buttarla via in modo stupido! Sai quanti sono morti per aver detto la tua frase con spavalderia? Se io e lui siamo qui è perché gli insegnamenti che vi impartisce non sono fatti a vuoto» sputò fra i denti, come se lui fosse un essere rivoltante di cui non valeva la pena neanche di preoccuparci. Detto ciò, si rialzò e li fissò tutti senza risparmiarne nessuno.

«Se c’è qualcuno che la pensa come lui, che si faccia avanti» e senza dare il tempo a quel vampiro di rialzarsi, lo afferrò per le braccia e gliele staccò. Poi passò alle gambe, ed infine…

«Ti prego, no…» implorò lui, sommerso dal dolore che anch’io percepivo distintamente. Ma lei non si lasciò commuovere e gli staccò la testa con entrambe le mani. Uscì dalla tasca un accendino e dopo averlo cosparso di benzina, gli dette fuoco.

«Sarà questa la sua fine. Così si muore, abbassando la guardia e lasciandosi cogliere di sorpresa» rantolò come un cane minaccioso. Tutti restarono impietriti di fronte a questo atto barbarico, ma io ormai c’ero abituato, per quanto il mio potere di sentire le loro emozioni - e quindi anche il loro dolore - mi lasciava ferite sempre più profonde. Ma da bravo soldato quale ero, non lo lasciai trasparire; sarebbe una debolezza inammissibile qui nel sud.

Un silenzio carico di aspettative cadde nel luogo che aveva visto protagonista me e Maria compiere altri smembramenti, per far capire che eravamo noi a comandare, e loro dovevano obbedire senza discutere.

«Dato che nessun altro è così stupido come lo era lui, potete andare. Ricordatevi di cacciare molto, vi servono le forze per affrontare questa battaglia» e con queste ultime parole, si avvicinò a me e mi afferrò per il braccio, sussurrandomi nell’orecchio:

«Andiamo, Jasper. Voglio passare con te l’ultima notte prima di questa battaglia che segnerà ancora una volta la nostra vittoria»

E come fossi guidato da una forza superiore, mi lasciai guidare da questo demone maligno con sembianze demoniache, capace di trasportarti nell’inferno fatto di puro piacere e lussuria.

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La battaglia, come avevo intuito, ebbe esito positivo: avevamo vinto, ancora una volta, eppure questa vita cominciava a stancarmi.

Era una continua lotta per la sopravvivenza e Maria non dava segni di stanchezza mentale. Per lei era una questione di principio, ma anche di vendetta. Nonostante ci fossero vampiri che si ribellavano, lei riusciva a farla franca; era furba.

Ma la sua sete di potere ebbe dei risvolti negativi dopo anni di lotte e sangue versato. Il nostro esercito veniva decimato sempre di più, finché un giorno, dopo un’estenuante battaglia, del nostro esercito non restò nulla.

Fu annientato da altri vampiri, che stanchi delle pressioni di Maria, si unirono ribellandosi ed annientandoci. Rimanemmo solo in quattro: io, Maria, Nettie e Lucy, i vampiri più anziani.

Un giorno, mentre discutevamo sui prossimi umani adatti a far parte del nuovo esercito, Nettie e Lucy si ribellarono a Maria, stanche di dover sottostare a lei.

«Maria, è giunto il momento di lasciare a me e a Lucy il controllo e le decisioni del nostro clan. La tua sete di potere ci ha condotto alla rovina» disse Nettie, aggredendo con le parole Maria. Lei si voltò verso di lei e la fissò con scherno.

«Dovrei lasciare il comando a voi due? Non siete neanche capaci di trasformare un umano senza ucciderlo, figurarsi creare un nuovo esercito» affermò con tono derisorio, con lo scopo di offendere le due vampire. Avevo capito da un po’ che i rapporti tra loro erano tesi, ma non pensavo che si arrivasse a questa decisione drastica, finché Maria, una sera, dopo averla fatta mia ancora una volta, mi confidò l’idea di ucciderle. Credevo che fossero parole dette così, senza che portassero conseguenze, ed invece…

«Esatto, o con le buone o con le cattive» e si misero in posizione d’attacco. Io ero rimasto in disparte, ma sapevo già da che lato mi sarei schierato. Maria sorrise in maniera malvagia e i suoi occhi divennero neri dalla rabbia.

«Jasper, aiutami a dare una lezione a queste due traditrici» e in un secondo fui al suo fianco, pronto a difenderla. Le due si misero a ridere sguaiatamente e mi dissero:

«Non penserai davvero che lei provi qualcosa per te, vero? Non vedi come non esita a rivoltarsi contro di noi? Noi vogliamo far rinascere il nostro clan, ma finché sarà lei a comandare, non succederà mai» le loro parole mi scossero. Avevo sempre saputo che il legame che mi univa a Maria non era qualcosa di positivo ma negativo, dettato da istinti primordiali e dal non voler restare solo. Mi terrorizzava l’eternità vissuta in solitudine.

«Non dargli ascolto, Jasper! Sono solo invidiose del nostro rapporto. Aiutami a liberarmi di loro» disse Maria ed io, da perfetto soldatino, le detti ascolto.

Quel giorno Nettie e Lucy furono uccise per mano nostra, sotto lo sguardo di qualche vampiro che si trovava nei paraggi. Ormai io e lei eravamo disprezzati da tutti, per il semplice fatto che i neonati quando perdevano la loro forza, venivano uccisi da noi perché risultavano un peso ingestibile e non erano più in grado di tenere testa a guerrieri anziani ed esperti.

Con fatica, ricostruimmo un nuovo esercito, e feci amicizia con un altro vampiro che possedeva qualità militaresche simili alle mie, Peter. Lui mi aiutava nel compito di smembrare i vampiri non più neonati, ma un giorno successe ciò che io reputavo improbabile: lui si innamorò.

Non era amore per un vampiro qualunque, ma una neonata del nostro gruppo che si chiamava Charlotte.

«Non ti permetto di farle del male, Jasper» mi disse lui, mettendosi di fronte a quella neonata ormai grande.

«Ragiona, Peter. Dobbiamo ucciderla, o farai la fine degli altri insieme a lei. Maria non lo accetterà mai» non volevo ucciderlo, era l’unico vero amico che mi ero creato in questa vita fatta di dolore, morte e sangue.

«Non ho mai sopportato i suoi modi da tiranna. Sembra che tutto le sia dovuto. Guardati Jasper, non sei padrone delle tue azioni. C’è tutto un mondo da scoprire, vieni via insieme a me e Charlotte» per quanto ero tentato, non ero pronto per lanciarmi nell’ignoto. Avevo paura che dopo sarei rimasto completamente solo.

«No, non posso. Ma stai tranquillo, non ti farò del male, neanche a lei, ma dovete andare via adesso, prima che Maria vi scopra» gli dissi, sapendo che sicuramente sarei caduto di nuovo nello sconforto e nel buio della solitudine, ben diversa da quella di restare soli; avevo sempre Maria con me. Ma quanto sarebbe durato questo rapporto?

«Come vuoi, fratello. Grazie per essermi rimasto accanto per tutto questo tempo. Avremo modo di sentirci ancora, l’eternità è un periodo molto lungo, credimi» mi disse sorridendo, e stringendo a sé la piccola Charlotte.

«Siate felici insieme» e cominciarono a correre, alla ricerca di un’altra vita, lontano dalle guerre che continuavano a sconvolgere il sud.

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Gli anni passavano ed io ero sempre più stanco di dover combattere. Una vita che non avevo scelto, né tantomeno intenzione di continuare. A che scopo? Lottare per avere il dominio? Non era questo ciò che volevo, non con un potere che agiva da coscienza e risvegliava a tratti la mia umanità perduta.

Un evento cambiò la mia vita dopo cinque anni. Peter tornò, sotto lo sguardo rabbioso di Maria che non aveva ancora digerito la sua fuga con quella neonata. Aveva paura di perdere anche me, e questo la terrorizzava. Avrebbe perso il suo guerriero più fidato ed esperto; non sarebbe stato facile rimpiazzarmi.

«Peter, come mai sei tornato?» gli chiesi, temendo che non ci fosse altro modo per vivere. Ma lui mi sorprese.

«Sbagli, Jasper, c’è tutto un mondo nuovo, senza lotte per sopravvivere. Un mondo da assaporare senza doversi guardare alle spalle continuamente con il rischio di perdere la propria vita» mi disse entusiasta. Un mondo senza lotte, proprio quello che cercavo. Così una notte, mentre Maria era intenta ad organizzare una nuova battaglia, fuggii insieme a Peter, e dopo aver superato il confine del Texas, incontrammo Charlotte.

Finalmente avrei potuto vivere diversamente, senza organizzare battaglie per il dominio di una qualsiasi zona. Tutta l’America era la mia zona; ero un nomade insieme a loro due. Un nomade che non aveva rimpianti per aver lasciato quella vita. Finalmente il mio potere era in linea con il mio essere.

Ero in pace.

Ma non avevo fatto i conti con le emozioni che percepivo dagli esseri umani che uccidevo. Era una continua lotta interiore. Io che bramavo sangue e loro che erano terrorizzati da me.

Estasi, contrapposta a dolore e paura. Un mix che dopo alcuni anni mi fece allontanare persino da Peter e la sua compagna.

«Mi dispiace, Peter, anche se sono sollevato di aver rinunciato a combattere, ciò non toglie che portar via le vite agli esseri umani mi tormenti ancor più di prima. Perciò ho bisogno di trovare un equilibrio che mi farà stare bene con me stesso. Il mio umore influenza il vostro ed io non voglio esservi di peso. Siete stati importanti per me. Ci rincontreremo qualche volta in futuro» dissi salutandoli.

«Fai ciò che ritieni più giusto per te, fratello. Quando vorrai, potrai tornare con noi» mi disse Peter abbracciandomi, come se fossimo realmente fratelli.

«Abbi cura di te, Jasper» mi disse, invece, Charlotte sorridendomi.

«E tu abbi cura di lui. Avete trovato la vostra metà, non sapete quanto vi invidio» e dopo queste parole, mi voltai e cominciai a correre lontano, alla ricerca di me stesso.

Era il 1948 quando trovai la speranza di poter vivere finalmente una vita migliore, riscoprendo l’essere umano che era in me.

Entrai in un bar di Philadelphia. Pioveva a dirotto, e di certo non potevo attirare l’attenzione stando fuori, così misi piede dentro. Era un luogo frequentato da persone poco raccomandabili, delinquenti della peggior specie ed io non cacciavo da un po’. I miei occhi erano sicuramente resi neri dalla sete, ma mi feci coraggio. Ad un tratto, un odore che non poteva appartenere ad un essere umano, mise i miei sensi allerta e vagai alla ricerca di quel vampiro, perché ero sicuro che appartenesse ad uno della nostra specie. Era un odore buono, migliore di quello di Maria o di Charlotte, un odore capace di calmare il mio potere. E fu così che seguii la scia fino al bancone. Lì vi era una vampira dai lineamenti delicati, capelli corti e neri, e due occhi rossi che nascondeva agli altri con gli occhiali. Solo a me li aveva mostrati, rendendosi conto che fossi come lei. Sentivo delle emozioni incredibili, mai sentite prima. Sentivo pace, tranquillità e tanto benessere, così profondi da riempire anche me. Lei mi sorrise ed udii per la prima volta la sua voce, simile ad coro angelico, una voce ancor più melodiosa di quella con cui mi incantava Maria.

 «Mi hai fatto aspettare parecchio» ero incantato dalla sua voce, così chinai la testa da bravo gentiluomo del sud e le risposi:

«Mi dispiace, signorina» e lei mi offrì la mano. Io, come ipnotizzato, la presi. Sentii un nuovo sentimento nascere in me.

La speranza che portava il nome di Alice.

 

   
 
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