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Autore: samskeyti    11/09/2010    12 recensioni
Soteriologico, verosimile e disperatissimo sogno nato dall'analisi del rapporto che lega Matthew e Dominic verso un solo destino: amarsi,
e farlo nel modo meno sereno e più silenzioso possibile, abnegando una vita normale in nome di un unico, risucchiante ed ineluttabile bisogno speciale.
Tra vergogna, sbagli e paura, l'infinita lotta di due uomini invincibili.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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•SPECIAL NEEDS•

"Sai cosa ho imparato da questa buffa commedia chiamata vita? Che nessuno ti dirà mai la verità.

Devi trovartela da sola.

E soprattutto: gli amanti sono i più bugiardi."

[S.]

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ottavo Capitolo: Origin of... love. 

 

 

(2000)
Un debole alito estivo smuoveva la lanterna dalla fiamma tremolante nella veranda di Matt, quando il cancello di recinzione della villetta si aprì. Passi familiari risuonarono sul sentiero in terra battuta, mentre un corpo prendeva forma dall'oscurità indistinta. Matt chiuse il libro che stava leggendo e si alzò in piedi; attese immobile finché la sagoma lo raggiunse e, al chiaro di candela, il suo viso fu identificato.

«Sei pronto?» domandò la voce di Dom, calda come una carezza in quel silenzio notturno.

«Sì» rispose laconico il moro, lanciando un ultimo sguardo alla sua abitazione. «Solo un po' di magone» aggiunse, usando quell'espressione infantile, ma eloquente per comunicare il senso di nostalgia che spesso assale le persone al momento di un distacco. Perché quello era un distacco ed era definitivo: stavano partendo alla volta di Londra e, escluse fugaci, sporadiche visite, non sarebbero più tornati a vivere a Teignmouth. Forse, oltre le famiglie Howard e Wolsthenholme, nessuno avrebbe sentito la loro mancanza. Meglio così. La lanterna ondeggiò ancora e Matthew si chiese se la fiamma al suo interno sarebbe sopravvissuta alla notte. Non lo seppe mai, dato che un minuto dopo camminava dietro Dominic verso la strada.

Londra appariva grigia fuori dai finestrini del treno che si appropinquava alla stazione. Dom guardò le prime gocce schiantarsi sul vetro e colare lentamente via; sapeva com'era il clima londinese, infatti prelevò l'ombrello pieghevole dallo zaino, visto che l'arrivo era ormai prossimo. Avevano portato solo uno zaino a testa, con dentro il necessario per passare pochi giorni, perché intendevano ricominciare proprio da zero, comprando nuovi vestiti e nuovi accessori, mentre per quanto riguarda gli strumenti musicali, a quelli ci avrebbero pensato alcuni amici che li avrebbero trasferiti nella capitale.
Matthew aveva trascorso il viaggio dormendo, tutto rannicchiato come un feto sul sedile affianco a quello di Dominic. Aveva fatto un paio di incubi insignificanti, e si sentiva più stanco che prima di partire. Appena dischiuse gli occhi, gli albori all'orizzonte lo consolarono. Controllò subito la presenza dell'amico e, vedendolo seduto lì accanto, si tranquillizzò.

«Buongiorno, Matty.» Esordì Dom, senza guardarlo, ma capendo dal cambiamento del respiro, passato da pesante ad affrettato, che il suo chitarrista si era destato.

«'giorno! Ci siamo...» rispose quest'ultimo, sbadigliando subito dopo. Aveva fame e una gran voglia di sgranchirsi le gambe. Il cervello, rimessosi in moto alla svelta, gli ricordò giusto la lista delle cose da fare: trovare

casa e sistemarla, chiamare Tom e Chris, venire intervistati da qualche giornale, passare a vedere il nuovo studio di registrazione, incontrare un centinaio di altre persone...Dom gli sorrise.

«Dalla faccia terrorizzata che hai, deduco che stai pensando a cosa ci aspetta fra circa due minuti.» Disse, leggendogli i pensieri uno ad uno. Matt s'innervosì davanti a tanta disarmante telepatia.

«Già. Con ordine, spero di farcela.» Ammise, molto scoraggiato. Dom scosse la testa e lo corresse:

«Speriamo di farcela. Siamo in due!»

«Sì, forse dividendoci i compiti porteremo a termine un ottavo degli impegni.»

«Di certo con la tua positività, non andremo lontano. Quindi forza, un lungo viaggio comincia col primo passo!» L'entusiasmo nella voce del batterista fu irresistibile: Matt si concesse un mezzo sorriso di sollievo e apprezzò in silenzio quella citazione inaspettata.
Il treno rallentò: con uno sbuffo, indicò ai passeggeri di scendere.

«Due brioche e due caffè macchiati, grazie» ordinò Dom, una volta che, usciti dalla stazione, si sedettero nel primo bar che trovarono. Matt sfogliava un giornale trovato sul tavolo, ma c'erano scritte solo le notizie sportive del giorno precedente. Lo richiuse subito dopo essersi fatto una sbrigativa e inutile idea sui risultati calcistici; guardò Dom davanti a lui.
«Da dove cominciamo?» chiese, riferendosi alla lista di possibili appartamenti che avevano consigliato loro. Dom estrasse un foglietto dalla tasca dei pantaloni leggeri che indossava e lesse alcuni nomi di quartieri.

«Okay, il terzo mi piace. Comunque l'importante è che sia economica, ma spaziosa, no?»
Dom attese che la cameriera consegnasse le ordinazioni, prima di rispondergli.

«Sì, spaziosa. Ci saremo io e te fissi, poi Tom più o meno e Chris ogni tanto, giusto?» Addentò il croissant e una punta di marmellata alla fragola sbucò dalla pasta.

«Esattamente. Un trilocale sarà sufficiente.» Immerse le labbra nel caffè, lasciando che il fumo gli facesse lacrimare gli occhi.

«Trilocale? Cucina, bagno e tre stanze di cui una presumibilmente sala?» domandò contrariato il biondo, masticando.

«Complimenti, sai com'è fatto un trilocale.» Il sarcasmo di Matt venne sorvolato da Dom, che continuò:

«Ma scusa, avendo solo due camere da letto, delle quali una verrà dedicata agli ospiti, Tom o Chris che siano più fidanzate... vuol dire che io e te dormiremo assieme?» Un pezzo di croissant gli si bloccò a metà percorso.
Matt sorseggiò il caffè e senza fretta rispose infine:

«Stessa camera, letti separati, ovviamente. A meno che tu non voglia sperperare i soldi guadagnati in un quadrilocale, dovendo poi prostituirti per finanziare il resto.»
Dom abbassò lo sguardo involontariamente. Ci pensò su e concluse che Matt aveva ragione, oltre che molto più buon senso.

«D'accordo.»

Arrivarono nel posto scelto da Matthew alle 8 in punto, scarpe inzuppate e nasi rossi per l'arietta fresca. Non pensarono al fatto che è un po' presto per presentarsi in un posto dove affittare o comprare un appartamento, ma fortunatamente la padrona di casa era una vecchia mattutina.
«Come posso aiutarvi?» Domandò curva, dietro la porta a cui avevano suonato.

«Vorremmo vedere il trilocale in vendita.»
Onestamente, era orribile. Ne convennero appena misero piede in quella topaia umidiccia. Era un cadente appartamento abbandonato dal dopo guerra: puzzava di muffa e di marcio, scricchiolava come il ventre di un vascello pirata. Se la diedero a gambe e, una volta scappati via, Dom scoppiò a ridere.

«Chi ben inizia è a metà dell'opera!» Esclamò, tirando una gomitata amichevole nel fianco di Matt, il quale alzò gli occhi al cielo irritato.

«Oggi è lo slogan day? Finiscila e passiamo al prossimo, prima che ricominci a piovere!»
Non fu la pioggia ad infastidirli; bensì uno sciame di ragazzini sui 14 anni che passò correndo e, nella foga, li travolse. Inizialmente Matt pensò che fossero fan, ma quei marmocchi brufolosi non sapevano neanche alla lontana che quei due ragazzi spaesati fossero membri di una grande band; ridevano per chissà quale motivo e spintonarono finché non passarono tutti, lasciandosi dietro varie sporcizie, dalle bombolette spray vuote a fogli con disegni strani.
«Teppisti di città!» sbuffò Matt, riprendendo a camminare dopo essersi beccato calci e sberle.

«Ragazzate» commentò Dom, scuotendo la testa.

La seconda casa era decisamente migliore della prima; anche il quartiere aveva fatto un salto di qualità e Dom pensò subito alla prostituzione che Matt gli aveva inculcato in mente poco prima.
«Sareste?» Chiese il giovane uomo che venne a rispondere alla porta.

«Interessati all'appartamento. Possiamo darci un'occhiata?»
Il ragazzo, un bellimbusto in camicia Ralph Lauren alle 8.30 di Domenica, annuì. Ricomparve poco dopo con una chiave e li condusse al trilocale in questione. Matt capì presto che era da scartare; glielo fecero capire il divano in pelle appoggiato su un tappeto di vero orso davanti ad un caminetto dell'800 sopra cui giaceva un quadro, probabilmente un autentico del Rinascimento italiano. Come se non bastasse, furono vittime di un imbarazzante episodio: entrati nella camera da letto principale, videro il matrimoniale col baldacchino trionfare nel centro. I due tossicchiarono nervosi. Il venditore insinuò:

«La camera è stata pensata per una coppia, ma penso che non ci siano problemi...» squadrandoli con aria disgustata. Dom fu del parere di andarsene e lasciar perdere quell'insulsa provocazione, ma Matt rispose per le rime.

«Può spiegarsi?»

«Oh, intendevo solo che il letto è per una coppia e suppongo che voi lo siate, ma tranquilli, qui sono vietati i cani, non gli omosessuali.»
Matt divenne nero di rabbia. Quello stupido supponeva stronzate e per di più faceva dell'humor: gli avrebbe sfoderato un sinistro, se Dom non fosse intervenuto con freddezza.

«Lei si sbaglia e non ci interessa la sua offerta.» Concluse, trascinando via Matt che per poco aveva la schiuma alla bocca. Insultare gratis, sintomo di frustrazione o insoddisfazione.
Di nuovo per strada, diretti ad un altro appartamento, il moro esplose.

«Come si permette quel cesso ripulito? Solo perché suo padre ha i soldi, insulta la gente che fra l'altro fa il suo interesse? Che testa di cazzo!» urlò, gesticolando con vigore. Dom lo lasciò sfogare un po', poi lo interruppe.

«Però, nella sua stupidità, mi dà da pensare: sembriamo una coppia?»
Matt fu tanto che non gli tirò un calcio. Lo guardò malissimo e gridò:

«Ma sei impazzito? Uno squilibrato ci dà dei gay solo perché andiamo a vivere assieme, cosa molto diffusa fra gli amici, e tu lo ascolti?»

«Scusa, scusa, è che sono scioccato. Dev'essere come dici tu. Anzi, aspetta, aspetta... che diamine hai sulla schiena?»
Dom bloccò Matt per le spalle e fissò incredulo il retro della sua giacca. Un adesivo nero con su scritto in rosa "Frocio" padroneggiava nel centro.

«Perché, cos'ho?» domandò allarmato Matt, voltandosi di scatto. Dom fece in tempo a strapparlo via e glielo consegnò amareggiato.

«Che caz... i teppisti! Sono stati loro quando ci hanno travolti!» urlò il moro, dopo aver letto il "Frocio".

«Ecco perché quel cretino ci ha scambiato per gay!»

«Non ci posso credere. Siamo a Londra da un'ora e già vittime di prese per il culo.»

«Ora non esagerare: quei ragazzi darebbero del gay a chiunque, io e te sembriamo tutto meno che una coppia» disse Dom, mettendogli una mano sulla spalla destra come per rassicurarlo.

Un velo d'imbarazzo si creò dopo quell'ultima affermazione. Non sembravano tutto meno che una coppia. Tutt'altro.

«Che figura, meno male che te ne sei accorto. Andiamo, la prossima dev'essere quella giusta.»
Matt conficcò le mani nelle tasche dei jeans e mandò mentalmente a morire tutto il mondo; decise che appena avrebbero trovato casa, si sarebbe messo a dormire e non gli importava un fico secco delle interviste, di Chris e del resto. Dom invece accartocciò l'adesivo e lo calpestò distrattamente.

Non c'è due senza tre, ma la terza scelta fu quella vincente. E fu Dom ad intuirlo, quando venne ad aprire la porta un punkettone della loro età, residente in una casa appartata, ma piuttosto recente e ben fatta.
«Salve» disse osservandoli.

«Siamo qui per il trilocale.»
Il ragazzo punk all'improvviso sembrò risvegliarsi da un coma.

«Ma siete i tizi di Showbiz?» urlò, allargando la bocca piena di piercing.

«I Muse, intendi?» chiese Matt, alzando le sopracciglia.

«Sì! Io non ascolto il vostro genere, se ne avete uno, ma la mia ragazza è pazza di voi!» continuò sovreccitato.

Matt e Dom si scambiarono uno sguardo compiaciuto.

«Ah, ci fa piacere!» replicò il batterista, sorridendogli.

«Puoi dirlo forte, amico! Se le dico che siete qui, potrebbe fare pazzie, non so se sia il caso di farvi venire ad abitare!» aggiunse, molto preoccupato.

«Dici? Peccato, a noi sembrava un bel posto...» commentò Matt, constatando le scarse possibilità di provarci con una punk.

«Amore?» chiamò una voce femminile dalla casa. Troppo tardi. «Ma sei già in pied... Oh, mio Dio!» strillò la ragazzetta in biancheria intima. «I Muse!»
Saltò verso di loro e li abbracciò come se fossero grandi amici. Il ragazzo si mise una mano in fronte.

«Piacere!» dissero all'unisono Matt e Dom, mantenendosi freddi per non peggiorare le cose.

«Cosa ci fate qui?» chiese lei con voce rotta dall'emozione.

«Volevamo vedere l'appartamento in vendita, ma forse non è il caso» rispose Matt, indietreggiando.

«No, cosa! È il mio giorno fortunato! Certo che potete vederlo, io vi prometto che non vi darò fastidio!» disse lei, accorgendosi solo allora di essere in mutande e reggiseno. «Ops!» sussurrò, riparandosi dietro al suo ragazzo.

«Non è possibile... dovete scusarla. La terrò io a bada. Siete ancora interessati al trilocale?» domandò lui, rosso per la vergogna.

«Ma certo» rispose Dom, trovandosi mentalmente d'accordo con Matt sul fatto che quei due ragazzi erano adorabili e simpatici.

«Seguitemi. E tu vai a vestirti, se speri di avere un autografo dai tizi di Showbiz!» ordinò il punk alla sua fidanzata che sparì ridendo e urlando: "I Muse!"


Un'ora dopo, chiusero la porta della loro nuova casa. Era stata di loro gradimento subito: semplice, funzionale e artistica. Aveva una grande sala dopo l'entrata e da quella si diramavano le altre stanze; una cucina tecnologica, un bagno attrezzato e due camere comode. Il ragazzo punk aveva offerto loro un prezzo onesto. Gli consegnarono due autografi per la fidanzata; si chiamavano Joe e Adie. Erano nomi d'arte in onore di Billie Joe Armstrong e sua moglie Adrienne. A Matt e Dom piacque l'idea e capirono di aver trovato due nuovi amici, infatti decisero di uscire insieme qualche sera.

Matt si gettò sul letto matrimoniale in camera loro. Sì, alla fine anche lì c'era il letto da coppia, ma avevano stabilito di sostituirlo in breve tempo. Dom trovò un giradischi contenente un vinile dei Pink Floyd. Inutile specificare che lo accese senza esitazioni. -Wish you were here- si diffuse delicatamente nella casa.
«Vuoi proprio deliziare il mio udito!» disse Matt, una volta che Dom lo raggiunse in camera.
Dom sorrise e annuì; guardò fuori dalla finestra. Il panorama era incantevole, per quanto potesse esserlo un panorama cittadino.

«Usciamo?» propose, togliendo dallo zaino i vestiti portati per riporli nell'armadio.

«Io pensavo di dormire...» sbuffò Matt, rigirandosi sul materasso nudo.

«Tu sei un pigrone di prim'ordine! Dobbiamo comprare: vestiti, cibo e arredamento, oppure preferisci digiunare nudo in una casa semi spoglia?»

«Ma io non ho voglia!» protestò, battendo i pugni.

«Alzati e prendi il portafogli. Basta capricci, ora vivi con me» replicò tutto soddisfatto Dom.

«Non farmi rimpiangere questa decisione il primo giorno di convivenza!»


Non fu affatto noioso fare shopping insieme; era la prima volta che accadeva, ma il buon gusto di Dom unito all'intelligenza pratica di Matt erano vincenti. Ordinarono una serie di mobili in un negozio d'arredamento, comprarono alcuni oggetti tecnici, poi si dedicarono alle ordinazioni di tende, lenzuola, tappeti e abbellimenti vari. Infine, ormai nel tardo pomeriggio, si buttarono sui vestiti, acquistando qualche jeans attillato e maglietta colorata. Ogni tanto si sentivano come due topi di campagna nella grande città; particolarmente quando entravano in negozi di scarpe dove Dom sentiva girare la testa dalla gioia.
Verso sera, con cinque sacchetti gonfi per mano e due facce stravolte, decisero di rincasare.
«C'è solo un problema, Bellamy.» Constatò Dom, dopo aver smistato i nuovi acquisti.

«Dica, Howard» rispose l'amico, seduto a tavola intento a leggere una rivista di decorazioni per interni.

«Non abbiamo fatto la spesa e mi sa che adesso i supermercati sono chiusi.»
La spesa spaventava Matt come poche altre cose. Probabilmente il motivo risiedeva nel fatto che nei supermercati si vedevano tante personcine mediocri e la paura di diventare simile a loro, di confondersi in quella massa di sconosciuti indaffarati a riempire i frigoriferi mentre il mondo cade a pezzi è troppo grande.

«Oh, se è per questo, non abbiamo neppure chiamato Tom e Chris, incontrato le riviste, parlato ai produttori e se vuoi vado avanti.»

«Già, ma io ho fame.» Un crampo uscito dal suo stomaco lo confermò.

«Andiamo ad elemosinare da Joe o ceniamo fuori?»

«Cena fuori!»

«Joe.»
Si guardarono con aria di sfida. Non erano ancora in confidenza con il ragazzo, ma i portafogli erano al verde. Digiuno? Da escludere.

«Okay, torta e cappuccino nel bar qui affianco.» si arrese Matt, trovando la giusta via di mezzo.
 

«Ehi, ma anche tu senti...una rigidità, un gonfiore pre-morte?» chiese Dom, vestito con soli boxer e sdraiato a pancia in su nel letto. Si massaggiava lo stomaco indurito.
Matt entrò nella camera e richiuse la porta. Si guardò attorno, disapprovando la luce fioca, proveniente da una vecchia abat-jour sul suo comodino, che illuminava debolmente la stanza. Avanzò verso il letto occupato per metà dal batterista in biancheria e gli lanciò uno sguardo di rimprovero.

«Sì, anche io penso che mangiare 4 fette di torta al cioccolato con 6 cappuccini a testa sia stata una cattiva idea. Comunque... dormi in boxer?» chiese, sedendosi e sfilandosi le ciabatte. Dom gli osservò la schiena magra coperta da un pigiama di flanella azzurro e si mise le mani sotto la testa, riportando lo sguardo sul soffitto in legno.

«Non lo sapevi?»

«Sì, ma speravo che, vista la situazione, avresti avuto più pudore» sentenziò il pianista, mettendosi seduto sul letto e prendendo un libro dal comodino.

«Pudore? Matthew, sei il mio migliore amico, che male c'è a dormire in mutande?» La voce innocente nascondeva un inconscio compiacimento segreto.

«Vedi tu. Ora leggo, buona notte.» Concluse stizzito il moro, aprendo un manuale di politica americana. Dom fece spallucce. Tirò via dall'orecchio sinistro la sigaretta che ci aveva riposto poco prima e con un fiammifero la accese. La strinse fra le labbra e tornò con le mani sotto il capo, i gomiti alzati. Il fumo biancastro inquinò l'aria alla svelta. Matt ebbe da ridire.

«Sei senza pudore e incivile. Apri la finestra!» Squittì. Dom obbedì e tornò nella posizione di prima, mentre un fresco soffio d'aria notturna penetrava dalla fessura.

A Matt sfuggì l'occhio. Era tutto preso da un discorsone sulla democrazia, quando notò che Dom, dopo aver finito di fumare, si stava massaggiando il capezzolo destro, quello più vicino a lui. Lo accarezzava, lo premeva, lo graffiava con la punta dell'unghia dell'indice. E, nel frattempo, fissava il soffitto con aria assente. Probabilmente stava pensando a qualcosa di molto intenso.
Il moro riposizionò gli occhi azzurri sulla carta, ma presto sgattaiolarono ancora sul petto del biondo. Quel capezzolo era ben fatto. Un po' scuro, ma bello tondo. Matt tornò a leggere, non gli era mai interessata di più la politica estera.
«Matty, tu pensi che mi starebbe bene un piercing?» chiese all'improvviso Dom. Matt trasalì.

«No, assolutamente no. E poi dove?»

«Al capezzolo!» esclamò, scoppiando in risate, il biondo. Matt scosse la testa. Se l'intento di Dom era quello di fargli perdere il controllo, no, non ci sarebbe riuscito.

«Ripeto: no. Come mai queste idee bizzarre? Non ti riconosco.» Cercò disperatamente di ritrovare la concentrazione per leggere la fine di una riga, ma fallì.

«Così. Joe è pieno di orecchini, ho pensato che uno mi sarebbe stato a pennello» e si schiacciò in dentro il capezzolo.

«Oh, taci» lo zittì Matt, mettendo a fuoco una parola dal significato sfuggente.

«Aspetta! Hai detto di no prima di sapere dove, questo significa che tu a priori scarti l'idea!» esclamò pimpante il batterista, voltandosi di scatto.

«E con questo, genio?»

«Sei un bacchettone!»
Matt alzò il sopracciglio sinistro, assumendo un'aria spietata e folle allo stesso momento. Arricciò la bocca e chiuse il libro, appoggiandoselo sull'addome.

«Prego?» disse in un bisbiglio.

«Sei un bacchettone! Perché un conto avessi detto: no, sul capezzolo ti starebbe male, ma dire di no a prescindere è da bacchettone! Anzi, non è che non ti piacciono i miei pettorali?»
Matt capì che quella frase segnava ufficialmente la fine della lettura. Ripose il libro sul comodino, spense la lampadina e un buio bluastro calò nella stanza.

«Uno: non sono un bacchettone. Due: mi fanno schifo gli orecchini. Tre: i tuoi pettorali mi sono indifferenti» disse, tutt'ad un fiato. Poi si distese, sperando che Dom non continuasse a tormentarlo.

«Indifferenti? Io mi offendo» mugugnò il biondo, abbattuto.

«E come dovrebbero risultarmi altrimenti?» gridò Matt, girandosi verso il batterista.

«Non so, fra amici è bello farsi anche i complimenti, sai? Se li trovi indifferenti, penso che io debba fare palestra.»

«Ma è solo il mio parere. Alle ragazze piacciono, credo» si corresse Matt, capendo di aver realmente ferito Dom.

«Indifferenti...mi sento bruttissimo» sussurrò Dom, arricciandosi come una foglia secca.
Il suo corpo blu nella luce della notte era tutt'altro che brutto; Matt lasciò che i suoi occhi lo percorressero ingordamente. Lo conosceva ormai da 7 anni, eppure non aveva mai carezzato la morbidezza di quella schiena o il calore dei fianchi...

«Sei molto bello, Dominic. Molto più di me, anche se non ci vuole tanto.» Bisbigliò Matt, facendosi più vicino. Dom alzò il volto e lo guardò; i loro occhi tremolanti si corteggiarono.

«Ma ho i pettorali indifferenti!»

«No, è che...» Matt non sapeva più cos'altro dire. Già gli era costato ammettere la bellezza indiscutibile dell'amico, doveva pure elogiarne i pettorali?

«Okay, toccali» sussurrò Dom.

«Eh?»

«Toccali» e, senza attendere conferma, gli prese le mani e le portò sopra i suoi pettorali caldi.
Matt si immobilizzò; rigido come una bambola di pezza, lasciò che le sue mani premessero contro quei pezzi di carne tiepida. Fece un sorriso di circostanza e farfugliò qualcosa.

«Allora?» domandò ansioso Dom.

«S-senti...io...beh...» balbettò. «S-so-sono b-belli.»
Dom sorrise e lasciò andare la presa. Matt ritrasse le mani e le guardò come se non fossero sue.

«Quindi belli, non indifferenti.» Ora però se ne stava approfittando.

«Sì, notte.» sbuffò Matthew, infilandosi sotto le coperte velocissimo e mettendosi a pancia in giù con la testa sotto il cuscino.
Dom accettò che il piccolo struzzo preferisse dormire e lo imitò, mentre la sua autostima si gongolava. Matt impose al suo cervello di spegnersi.


Il campanello di casa suonò insistentemente finché Matt si decise ad alzarsi. Dom dormiva come un sasso, non si sarebbe svegliato manco se alla porta ci fosse stato un alieno.
«Chi è?» sbottò Matt, aprendo la porta.
Chris allargò le braccia per stringerlo a sé.

«Matthew!» esclamò, tirandogli una pacca sulla schiena. Matt si chiese se non ci fosse un altro simpatico adesivo.

«Ehi, come ci hai trovati?» chiese, facendolo entrare.

«Non me ne parlare. Sono meglio di un detective! Ho rintracciato la lista che vi aveva dato Tom e passato la mattinata a setacciare le varie case. Infine, eccomi qui!»

«Scusaci, è che ieri è stato un inferno, sai, una commissione via l'altra...» disse Matt, spiacente per avere fatto sprecare tutto quel tempo al bassista.

«Tranquillo. Piuttosto, state bene?»

«Sì, un po' stanchi. Dom è a letto. Ah, ovviamente qui tu e la tua ragazza siete di casa, eh!»
Chris sorrise e annuì.

«Grazie, ci passeremo spesso allora. A letto? Voglio svegliarlo.»

«Fai pure, è la camera dritto a sinistra. Io mi scaldo un tè.»
Solo andando in cucina si accorse che non c'era niente di commestibile. Bevve un bicchiere d'acqua.

Chris entrò nella stanza e la osservò da cima a fondo. Non si stupì di trovarla arredata con un matrimoniale. Questo non faceva che fomentare i suoi dubbi, ormai lampanti certezze. Vide Dom addormentato con un'aria serena. Istintivamente, era timoroso ad avvicinarsi a quel letto stropicciato. Anche perché la parte di busto di Dom che usciva dalle lenzuola era nuda.

«Dommeh, sveglia!» disse, tirandogli un pizzicotto sulla schiena.
Dom si mosse. Sbadigliò e si strofinò gli occhi.

«Chris?» chiese con voce rauca.

«In persona! Vi ho trovati. Cosa ne dici di alzarti? Vi devo parlare di una cosa importante.»


«A Milano?» domandarono all'unisono Matt e Dom, seduti al tavolo della cucina con Chris.

«Proprio così. Facciamo un concerto improvvisato e diffondiamo voce del nuovo album. Ci state?» confermò il bassista, molto entusiasta di quel programma.

«'sta sera? Vuol dire che dovremmo partire tra pochissimo!» constatò Matt.

«Esatto! Forza ragazzi, siamo fermi da un po'. Dicono che ci sarà il pienone!»
La proposta non era male, ma avevano appena traslocato, dovevano svolgere ancora decine di commissioni. Nessuno dei due voleva deludere Chris, ma nessuno dei due voleva neppure suonare così all'improvviso, e per di più in un altro Paese.

«Vi prego, impazzisco dalla voglia!» insistette il bassista.

«E va bene, facciamoci questa tirata!» decise Dom, anche curioso di vedere la città della moda.

«Andiamo a prepararci.»



Noi non lo sappiamo, ed è giusto così, ma a volte, scelte prese con tanta leggerezza, in una cucina fra amici, cambiano l'intero nostro destino. Forse è proprio questo il bello della vita. La sua imprevedibile cattiveria.

Durante il viaggio in aereo, misero a punto la scaletta. Di suonare nuovi pezzi non se ne parlava, ma si poteva rimaneggiare qualche cover. Nello show comunque non c'erano solo loro, ma altri due gruppi americani. La cosa li sollevò e decisero anche di concedere qualche intervista a riviste locali. Magari avrebbero potuto organizzare un servizio fotografico con Tom. Tutto da vedere.
Arrivarono giusto in tempo per eseguire una trafila di compiti senza fretta: una signin' session, un paio di domande, una sistematina dai truccatori e via sul palco. Usarono strumenti non di loro proprietà, ma prestanti.
Matt, mentre suonava, vide nel pubblico un ragazzo dai capelli rosso fuoco e si appuntò mentalmente di proporlo al suo parrucchiere, magari una tinta così particolare sarebbe stata simpatica. Comunque, il pensiero di tingersi gli ronzava in mente già da anni.

Si dice che quando due persone sono legate fortemente, da amicizia o amore che sia, se sta per accadere qualcosa di brutto a una delle due o qualcosa che inevitabilmente rovinerà, cambierà il rapporto, l'altra lo capta. Infatti, nel momento in cui entrarono in quel bar di Milano, Dom sentì una fortissima fitta alle tempie. Per poco non cadde, e Chris gli chiese se stesse bene e non volesse una mano. La fitta passò velocemente, ma Dom rimase stordito per qualche minuto. Dopo, si sedettero ad un tavolo, in attesa di altri amici. Mentre discorrevano dell'esito dello spettacolo, si avvicinò il gruppo mancante di persone. E fra quelle, una ragazza dai capelli castani e la pelle leggermente abbronzata, sorrise graziosamente.
Alcuni si presentarono, altri pensarono ad ordinare birra a volontà. Nella confusione, la ragazza castana finì col sedersi affianco a Matt, il quale era a sua volta affianco a Dom. Il cantante ne osservò subito la bellezza delicata; era vestita elegantemente e i suoi modi parevano raffinati.

«Voi due non vi conoscete! Presentatevi!» disse un amico del gruppo, tirando una spallata alla ragazza e facendola sbattere contro Matt.

«Gaia, piacere» disse lei, porgendogli una mano sottile.
Lui la strinse e rispose: «Matthew, piacere mio.»
Lei allungò la mano anche in direzione di Dom, il quale si presentò: «Dominic.»

Il resto della serata passò in modo prevedibile. Gaia e Matthew a parlare, Dom a chiedersi a cosa fosse dovuta l'emicrania, Chris a bere birra e sghignazzare con gli altri. Al momento di andarsene, quando ormai l'orologio batteva le 2.30 del mattino, la folla si disperse, ma Gaia rimase. Matthew le chiese dove abitasse e lei rispose a Como, lì vicino.

«Matt, torniamo a casa?» domandò Dom, che al solo pensiero di distendersi in aereo si sentiva meglio.

«E tu?» slittò la domanda Matt, in direzione della ragazza.

«Prendo un taxi, non c'è problema.»
Dom era pronto a dirle addio, ma Matt si sentì scortese. La trovava carina e simpatica, perché abbandonarla nel cuore della notte?

«Ti accompagno» disse, con conseguente reazione positiva in lei.

«E l'aereo?» protestò Dom.

«Domani.»
Dom fece segno di no: lui voleva andarsene da quel posto dove non capiva un'acca e decise che, con o senza Matt, sarebbe volato a Londra.
Senza, visto che il cantante salì su un taxi bianco con Ghe...Dom faceva fatica anche a pronunciare quel nome orribile. Troppe vocali, mal sistemate. Era cacofonico.

«Al diavolo!» sussurrò, girando sulle suole per andarsene all'aeroporto.


Le cose andarono peggio di quanto potesse prevedere. Passò una settimana di completa solitudine, senza un segno di vita da parte di nessuno. Dom usciva solo per comprare qualcosa da mangiare, poi rientrava, controllando che nella cassetta della posta non ci fosse un suo messaggio oppure la cornetta del telefono non suonasse. Era quasi paranoico. Ma, d'altronde, come avrebbe potuto non esserlo? L'unico modo per avere notizie di Matt era aspettare che fosse lui a farsi vivo, oppure prendere un aereo per l'Italia. Che poi manco era sicuro che fosse ancora in Italia. Nella migliore delle ipotesi non era più laggiù. Ma se non era laggiù e non era a Londra...dove altro?
Dom si sentiva impazzire. Passava ore a guardare giù dal balcone o a distrarsi con la tv. Finiva sempre per tamburellare qualche canzone piena di ansia e domandarsi cosa avesse fatto di male per meritarsi quel crudele destino. Mangiava gelato ricoperto di nutella e fingeva di fregarsene del fatto che quella robaccia gli sarebbe finita dritta nel giro vita o in qualche brufolo sottopelle. Tanto, quando tocchi il fondo non c'è molto altro.
Talvolta passava attimi allegri; ripensava all'episodio dei pettorali e decideva di non mentire a se stesso, confessandosi quanto gli era piaciuta la situazione. Le mani affusolate di Matt costituivano un vero e proprio sogno. Veloci e trasparenti se guardate in controluce, chissà quali giochi di piacere erano capaci di creare... ma i ricordi perdevano consistenza via via che l'orologio batteva i minuti.
Si era scordato che Matt provava per lui lo stesso sentimento speciale. Per questo fu esageratamente felice, quando il settimo giorno il campanello gli annunciò il ritorno dell'amico.
«Dommie!» sussurrò il moro, abbracciandolo sull'uscio.

«Dove sei stato?» chiese col fiato mozzo Dom, lasciandosi coccolare da quell'abbraccio.

«Ora ti racconto.»
Si sedettero sul divano e Matt riordinò le idee.

«Innanzi tutto, scusa per questa assenza ingiustificata» esordì, con tono dispiaciuto. Dom alzò le spalle e rispose:

«Ehi, non sono tua madre o tua moglie, puoi sparire quanto vuoi, non ti scusare.» Era una mezza bugia e una mezza verità: la bugia era che poteva sparire quanto volesse, la verità che non doveva scusarsi.

«Okay. Allora, ricordi Gaia?» il tono dispiaciuto era diventato un tono piuttosto arzillo.

«Mmm»

«Ecco, sono stato da lei!»

Dom si mise una mano sul mento e lo grattò. Doveva radersi, gli pungevano i peli incolti.

«Però, te la sei scopata per una settimana. Complimenti!» disse infine, prendendo dalla tasca della tuta che indossava sigaretta ed accendino.

«No, ma cosa dici! Ti è sembrata una prostituta?» Matt era sconvolto. Una reazione così violenta non se la sarebbe mai aspettata.

«Beh, cos'altro avrai mai fatto a casa sua?» Accese la Malboro e ne aspirò un tiro.

«Tutt'altro! Non siamo neanche fidanzati, non ancora. Ci frequentiamo. Sai quello che fanno due persone che si trovano interessanti, girando per città e chiacchierando?»

Dom mandò giù un altro tiro e sentì quel sapore graffiante che gli impregnava le papille gustative. Era sempre dura sapere queste notizie, ma quella volta gli occhi di Matt erano seri. Poteva davvero essere l'inizio di una relazione duratura e chissà, redditizia.

«Vi frequentate, ho capito. E ora, che farai?»

«Dunque, lei sa del gruppo e della mia casa qui, perciò mi dividerò. Quando suoniamo sto con voi, nel tempo libero sto con lei, tanto gli aerei ci sono, giusto?»
Dom annuì, mentre il fumo gli usciva dalle narici e saliva lungo il volto.

«È una brava ragazza. Oltre che bella, è intelligente, si sta laureando. Ho anche giocato a golf col padre, un tipo benestante che l'ha tirata su a regola d'arte. Poi l'Italia mi è sempre piaciuta» proseguì, stranamente loquace Matt. Era come se volesse auto-convincersi di fare la cosa corretta e quindi enfatizzasse cose insignificanti di per sé. «E tu, Dom? Quando te ne trovi una fissa?»
Dominic tossì. Aveva inspirato troppo velocemente e il fumo gli era andato di traverso.

«Quando smetterò di fumare» rispose gelido, alzandosi per andarsene.
Matt afferrò il concetto: equivaleva ad un mai, categorico, definitivo. Lo seguì con gli occhi chiudersi in bagno. Sapeva che avrebbe fatto qualche cosa sbagliata, come radersi e tagliarsi volontariamente o rollare una canna e fumarla senza filtro. Ma non spettava a lui fermarlo; Dom doveva imparare e soprattutto, smuoversi da quel punto morto che costituiva la sua vita sentimentale.

Matt prese carta e penna. Una nuova ispirazione prendeva vita nei fondali turbolenti della sua anima. Era una canzone, la sentiva pulsare come una lacrima. Sarebbe stata una canzone triste. Una canzone per Dom. E avrebbe fatto uso di tutti quegli pseudonimi tanto cari, come il "tu" generico e aggettivi asessuati.
"You make me sick, because I love adore you so...I love all the dirty tricks, twisted games you play on me.
(Rit.)
You'll make us want to die. I'd cut your name in my soul heart, we'll destroy this world for you! I know you want me to feel your pain!"
In questo caso riuscì a modellare le parole affinché il risultato finale fosse un misto delle sensazioni sue e di quelle che immaginava fossero di Dom. Dom era "sick" e Dom aveva intagliato nel cuore il suo nome, ma era Matt ad adorarlo, con tutti i suoi dubbi giochini e quel suo terrore segreto. Ci mise un'ora per completarla, agganciandoci frasi che avrebbero sviato il vero significato.
Sarebbe andato subito in sala prove a provarla sul pianoforte, ma prima decise di dirlo a Dom. Trovò la porta del bagno aperta e la stanza vuota. Che fosse uscito? Lui quando componeva non si accorgeva più di nulla.
Andò in camera e vide la porta-finestra aperta. La tenda bianca danzava smossa dal venticello che entrava. Dom era sul balcone, appoggiato alla ringhiera fredda. Sentì l'arrivo di Matt non grazie ai passi leggeri di calzini, ma tramite il suo odore inconfondibile, che sapeva di...di troppe cose per essere afferrate singolarmente. Era semplicemente la sua essenza personale. E Dom la trovava migliore di tutti quei costosi profumi che comprava per mascherarla.

«Dom,» un tuono squarciò il silenzio e il cielo ormai bruno cominciò a sciogliersi in pioggia «Dom, io...» s'interruppe Matt, appoggiandosi anch'egli alla ringhiera. I loro occhi guardavano lontani, immersi in quel grigio uniforme.
Le prime gocce caddero storte, verso di loro, appuntite come spilli. Altri tuoni brontolarono attorno e la pioggia divenne più fitta, ma meno tagliente.
Avevano ormai i volti madidi di acqua, quando Dom si rimise dritto e si voltò verso Matt, a 30cm da lui.

«Tu?» chiese, per riprendere il discorso interrotto.
Matt si raddrizzò e girò, diminuendo ancora la distanza fra di loro. I loro profili gocciolanti si avvicinarono, riconoscendosi come due cani che si fiutano.

«Io...» e quante cose avrebbe voluto dire. -Io ti amo, tanto per iniziare. Ma era troppo, riuscire a pronunciare quelle parole erano una battaglia persa in partenza. I suoi occhi azzurri si socchiusero un attimo, sotto il peso delle gocce rotonde che imperlavano le ciglia lunghe. Tornarono a fissare quelli verdastri di Dom, così belli e contornati di scintille.

«Io vado a provare una nuova canzone.»
Dom avanzò ancora. Le punte dei loro nasi ormai si sfioravano. Un lampo lanciò un tale bagliore che i loro volti s'illuminarono a giorno e l'emozione che avevano dipinta in faccia si fece chiara come l'aurora.

«Ah. È per Gaia?» domandò, subito seguito da un tuono ruggente. L'acqua s'infittì, provocava un fracasso fastidioso. Ormai i loro capelli erano incollati ai volti e i vestiti grondavano.

«No» disse fermamente Matt, «è per te.»
Dominic appoggiò la fronte contro quella di Matthew e loro nasi si affiancarono, così che le labbra dell'uno potessero quasi percepire il tremore di quelle dell'altro.

«È per te, come tutte le altre canzoni!» Singhiozzò infine il cantante, sentendo anni di repressione sciogliersi in una manciata di stupide lacrime.
Dom non lo lasciò cadere; gli chiuse le braccia attorno al collo e lo strinse a sé. Matt rimase inerme, incapace di reagire, tentando solo di non piangere. Dopo qualche minuto, Dom allentò la presa.

Dom gli posò, con la delicatezza di un petalo, le labbra sulla guancia sinistra. Fu Matt a spostarsi lentamente, fino a farle scorrere più in basso, verso le sue. La pioggia divenne un muro d'acqua, quasi fosse lì per proteggerli dagli occhi indiscreti del mondo e suggerire loro di continuare, di non temere. I vestiti erano ridotti a veli trasparenti, soprattutto le t-shirt bianche che indossavano, aderenti al busto.
La carne bagnata delle due bocche vicinissime rasentò indecisa; respiravano attraverso il naso, e l'aria calda usciva veloce dalle narici, scontrandosi sulle guance molli d'acqua.
La seconda volta sarebbe stata quella buona, per baciarsi?
Le labbra si sfiorarono ancora, mentre una goccia le univa debolmente come una colla troppo fluida. I polpastrelli rigati di Dom combaciarono con quelli di Matt, mentre le mani si stringevano ai loro fianchi.

Ma l'attimo fugge all'uomo, per quanto gli si ripeta di coglierlo.

Il temporale perse d'intensità e così, anche il loro coraggio si stemperò in nulla. Le teste si spostarono, Matt finì col baciare l'orecchio di Dom, il quale chinò il capo. Schioccò un bacio e lambì il lobo morbido, lasciando che la lingua sostituisse la pioggia con la saliva. Dom chiuse gli occhi. Dentro di lui, il piacere gli scuoteva le membra. Lo sentiva indurirsi fra le gambe, ma si sarebbe ingannato se avesse creduto che quello di Matt fosse meno turgido.
«Andrò a vivere con lei, prima o poi» sussurrò all'orecchio il moro, mentre quelle parole aguzze penetravano il timpano del biondo.
«Non m'importa.»
«Dovremo rendere pubblica la nostra relazione.»
«Non m'importa.»
«Dovrò dichiarare di scrivere canzoni per lei.»
«Non m'importa.»
«Allora di cosa t'importa?» chiese, distaccandosi. I centimetri tornarono a dividerli invadenti.
«Che tu sappia sempre quale sia la verità.»
«Ci sarai per ricordarmela?»
«Sempre, qualsiasi posto sceglierai che io dovrò avere nella tua vita.»
«Vado a registrare, poi la raggiungo. Passeremo il week-end sul lago.»
«Tu sai dove trovarmi.»
«Dove?»
Dom indicò il cielo, ma intendeva lì, Londra insomma.
«No, Dominic. Tu sei qui.» e gli prese il dito, portandoselo sul pettorale sinistro, sopra il cuore.


L'aereo decollò, cucendo la distanza fra lui e lei, aumentando in modo direttamente proporzionale l'inquietudine in lui e la gioia in lei. Dom andò a letto con un'altra signorina; si chiamava maria e proveniva dalla Jamaica. Era l'unica che, fra le carezze dei suoi artigli affilati e il suo profumo di terre lontane e selvagge, sapeva lenirgli il dolore e ricordargli, con l'affetto di una madre, che lui non era in quella stanza buia. Era nel ritmo suonato dal cuore dell'uomo al quale apparteneva.





Nda: Buonasera, ladies! Che gioia postare il nuovo capitolo. Forse è una gioia solo per me xD Ma fa niente, si sa che le gioie migliori sono quelle consumate in solitudine, vedi la lettura, vedi le ff osè, vedi le cann...ehm, non devo divagare. (Dopo questa, lasciatela morire U_U)
Per via dei miei problemi e della scuola ormai alle porte, temo che andrò per le lunghe. Ormai mi conoscete!
Solite annotazioni:

-Non ricordo se -Space Dementia- fu pensata in questo periodo, ma penso proprio di sì.
-Non so se lui e Gaia si conobbero in questo modo, ma ripeto: molto è frutto della mia fantasia.
-Ho cercato di essere il più carina possibile nel descriverla, ma preparatevi ad insulti improvvisi. (Che farò dire a Dom, ovviamente)
-Penso che andarono a vivere insieme più tardi di un anno, ma mi serviva anticipare.

...Finalmente un po' di BellDom, visto? Comunque consiglio a tutti le foto al ristorante e il video del denudamento. Più lampante di così! Ora risposte:

DeathNotegintama: carissima <3 tu lo sai che ogni tua recensione è speciale per me, vero? Ogni complimento o commento che fai è così giusto. Spero di averti sempre qui su Special Needs! Comunque sì, io penso che il BellDom secs sia una cosa recente.

Lilla Wright: che rivelazione! Ma piacere, che bello vederti fra i lettori. Ma chi ti diceva degli aggiornamenti? Forse ci conosciamo su Facebook? :D Sarebbe una grande scoperta. Beh, che dire... io scrivo così, se poi tu mi dici che scrivo bene, mi fai tanto piacere. Leggo molto e sono selettiva, ecco tutto. Bona la nutella :P

Patri: Ciao cara! Appena posso recensisco la tua che mi è sfuggita di mano. Ti è piaciuto questo? Mia piccola seguace <3

DyingAtheist:  Il tuo nome è una forza. Comunque grazie infinite, sei una dolcezza! Spero di non deluderti ;)

Camy: Che bella recensione *_*  Se dovessi ringraziarti per ogni parola, passerei qui la notte :D Aspetto il tuo parere, mi raccomando non mancare. ^^

Saluto anche gli altri special lettori, esempio: Elleh, Valerika, Moglie etc!


CHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEERS. STAY BELLDOM.

  
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