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Autore: Gillywater    12/09/2010    13 recensioni
La storia tra Sana e Akito è finita da tre lunghi anni. Lei ora sta con Naozumi e lui, come sempre, cerca di fare chiarezza nel caos che ha in mente. Ma cosa potrebbero mai combinare, quei due, senza l'aiuto provvidenziale degli amici?
"Fuka non era propriamente annoiata, solo che quella storia era stata costretta a sentirla per anni. Anni. Non confidenze sussurrate nei bagni della scuola, che si perdevano in uno sbuffo di fumo, mentre la sigaretta stretta tra le dita si consumava. Anni. Ore continue della sua vita che lei e Tsuyoshi, soprattutto, avevano passato a scervellarsi per capire quali contorti ragionamenti si nascondessero dietro le menti malate di Akito e Sana. E nessuno dei due, quasi servisse qualcosa sottolinearlo, riusciva a capire perché si erano lasciati e perché attendessero tanto tempo a rimettersi insieme."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SHE IS

Capitolo
7: She Is (II Parte)
 
She is everything I need that
I never knew I wanted
She is everything I want that
I never knew I needed
                   She Is – The Fray
 
Sana russava. Oddio, non che Akito non ricordasse alla perfezione le notti insonni passate ad attendere che Sana si decidesse a svegliarsi e, magari, ad andare a dormire in sala per permettere a lui di riposare. Gli sembrava soltanto che il suo piccolo difetto fosse aumentato. A dismisura anche.
Aveva passato le ultime cinque ore a tirarle pedate, pugni, cazzotti, a sbuffare come una ciminiera e a borbottare qualcosa ad alta voce. Niente. Sana era peggio di un ghiro quando si addormentava, il che lo dissuase dallo sperare in un tenero risveglio, magari accompagnato da qualche parolina dolce che avrebbe fatto sciogliere entrambi.
Il display della sveglia sul comodino non mentiva: erano le sette del mattino.
Akito sbuffò e roteò gli occhi al cielo; cominciò poi a scuotere Sana per le spalle energicamente.
- Kurata, Kurata svegliati maledizione...-
Quella balbettò qualcosa nel sonno, mentre sulle sue labbra si disegnava un sorriso rilassato – Akito – ridacchiò. Molto probabilmente lo stava sognando.
Il fatto che lei stesse sorridendo pensando a lui lo lasciò per un attimo intontito, crogiolandosi in quella strana sensazione di piacere mista a paura.
Paura di innamorarsi e di soffrire di nuovo. O meglio, il “di nuovo” poteva riferirsi soltanto al soffrire, perché, per ciò che riguardava l’amore, Akito iniziava a dubitare fortemente di aver mai smesso di amare Sana.
Tutti questi discorsi dolci avrebbero finito ben presto per causargli una carie ai denti. Decise di riprovare a svegliare Sana.
-Sana, dai, apri gli occhi... Sana… - la chiamò ancora, quasi supplicante.
Finalmente lei aprì gli occhi e lo guardò confusa.
-Akito? – balbettò, la voce ancora impastata dal sonno e gli occhi annebbiati. Lo fissò per un lungo istante, lui rimase in attesa di una sua parola, e lei si tirò su a sedere, appoggiandosi ai suoi gomiti, che sprofondarono nel morbido materasso.
Adesso mi dirà di andarmene, adesso mi dirà che è stato tutto un errore...” si preparò mentalmente Akito, che già aveva fatto mente locale di dove si trovassero i suoi vestiti, per poterli inforcare e per correre poi via da quella stanza alla velocità della luce.
-Che diavolo vuoi, stavo dormendo? – gli domandò invece Sana, spiazzandolo.
Akito mise su il broncio – Stavi russando come una vecchia di novant’anni, dannazione, non mi hai fatto chiudere occhio per tutta la notte – le spiegò, incrociando le braccia al petto e lasciando che il lenzuolo profumato gli scoprisse la pelle nuda che Sana aveva baciato tutta la notte e su cui si era addormentata, ancora scossa dalle troppe emozioni.
A quella visione lei arrossì – Non dire scemate, io non russo! –
-La prossima volta ti registro, così vediamo se avrai mai il coraggio di negarlo – ghignò lui, guardandola malissimo.
Lei gli fece la linguaccia.
Si fissarono per un lungo istante, in cagnesco ovviamente, escogitando nuovi modi per disintegrare l’altro la prima volta che si fosse presentata l’occasione buona. Poi si sorrisero.
Sana con uno scatto – che lei avrebbe definito agile e che Akito avrebbe detto semplicemente goffo – si mise in ginocchio, di fronte a lui, abbracciandolo.
Come sempre, durante la notte lei aveva sentito freddo – sebbene le braccia che la stringevano forte fossero calde ed accoglienti – e aveva rovistato tra i vestiti abbandonati per trovare la maglietta che aveva tolto ad Akito la sera prima. Poi l’aveva indossata.
Akito rimase immobile, mentre lei con fare da gattina bisognosa di coccole, gli accarezzava il viso e gli sfiorava le labbra con le proprie.
Non lo stava baciando, semplicemente si stava limitando a lambire con le sue labbra quelle di Akito, socchiudendole di tanto in tanto per soffiarci sopra. Il ragazzo rabbrividì.
Non avrebbe ceduto tanto facilmente alla tentazione di un suo bacio, Akito.
Sana si scostò da lui e gli sorrise – Buongiorno Hayama – gli disse, alludendo probabilmente a qualcosa di specifico che ebbe il potere di farlo arrossire.
-E questo che cosa significa? – domandò lei, scoppiando a ridere e lasciandosi cadere all’indietro sul letto.
Lui la guardò semplicemente furioso -È il mattino Kurata, vorrei ricordarti che dopotutto sono pur sempre un uomo - 
Sana continuò a ridere sguaiatamente – Dopotutto? Perché, quand’è che non sei stato uomo Akito? Mi interessa, davvero – lo continuò a prendere in giro, scossa talmente tanto dal riso che a momenti finì per ruzzolare giù dal letto. Non fosse stato altro per quelle due braccia forti che l’acchiapparono al volo e la strinsero prepotenti tra di loro.
-Avrei dovuto lasciarti cadere – le sussurrò ad un orecchio, la voce incredibilmente roca e morbida.
-Ti saresti sentito in colpa – disse lei, improvvisamente sembrava aver perso tutta la sua voglia di ridere.
Akito la strinse ancora di più contro il suo petto e la guardò, sorridendo sbieco – Non credo, sai? –
Avvicinò la bocca al suo collo e cominciò a lambire la pelle delicata di baci bollenti che la fecero rabbrividire.
-Ah no? – sussurrò lei, socchiudendo gli occhi.
-No, anche se... – cominciò a dire Hayama, infilando le mani sotto la maglietta che aveva addosso Sana per accarezzarle la pelle calda della pancia, fino a salire per sfiorarle il seno.
Sana sospirò.
-Mi sarebbe piaciuto fare l’amore sul tuo tappeto – le soffiò ancora nell’orecchio, sentendola tremare tra le proprie mani come una foglia.
Quando Sana voltò il capo per incontrare le sue labbra in un bacio infuocato, che le strappò gemiti che fecero perdere completamente il controllo ad Akito, parlare divenne quanto meno superfluo.
 
*
 
Il sole di metà mattina le accarezzava la pelle delle gambe come un amante sfacciato senza pudore. La luce intesa creava strani riflessi dorati su quella pelle morbida che lui aveva morso e baciato tutto il tempo, tanto da fargli desiderare di poter ripetere tutto da capo.
Sana si era addormentata a pancia in giù, la stoffa leggera del lenzuolo avvolgeva dolcemente il suo corpo, fasciandolo in una tenera stretta di seta che le conferiva un eleganza che nemmeno un abito lussuoso avrebbe mai potuto rendere. Le gambe e le spalle erano lasciate scoperte, ovviamente.
Ad Akito, che la stava osservando in maniera quasi ossessiva, ricordava vagamente un pezzettino di formaggio arrotolato in una fetta di prosciutto.
Sana era come un involtino, insomma.
Il rumore sinistro del suo stomaco spiegò il perché di quei pensieri. Aver saltato la colazione non era molto salutare per lui, motivo per cui stava pensando bene di consumare un pranzo a base di pane e Sana.
Lei si mosse impercettibilmente e mugugnò qualcosa nel sonno. E lui allungò istintivamente un braccio per poterla toccare. Al tocco fresco della sua mano, Sana si mosse ancora e, quando quel semplice contatto si trasformò in una sensuale carezza lungo la sua schiena, si svegliò.
Ancora distesa a pancia in giù sul letto, Sana voltò la testa verso di lui e gli sorrise – Ciao – gli disse, dolce come lui se l’era sempre sognata da quando si erano lasciati.
Le battute ironiche che avrebbe voluto rivolgerle – tra le quali anche la sua somiglianza ad un involtino – gli morirono in gola esattamente com’erano nate e tutto quello che fu capace di fare, fu dirle un flebile –Ciao –
Sana allungò una mano verso di lui – Vieni qui vicino a me? – gli chiese, tenera e senza nemmeno accorgersene lui scivolò tra le lenzuola, accoccolandosi al suo fianco per abbracciarla, non più con il terrore di perderla, come era successo poche ore prima, ma con una dolcezza che nemmeno pensava gli appartenesse.
-Che ti succede Kurata? Mi sembri una gattina oggi... – disse scherzosamente, arruffandole simpaticamente i capelli e ricevendo in cambio una risata allegra.
Sana lo fissò a lungo, gli occhi che brillavano di felicità come non le succedeva da tanto. Poi, la sua espressione divenne seria e parlò – Senti Akito... Non dovremmo parlare di quello che è successo? –
E puntualmente il ragazzo roteò gli occhi al cielo – Oddio Kurata! – esclamò esasperato – Va bene, parliamo. Permettimi solo di ricordarti che le ultime duecento volte che abbiamo parlato ci siamo incasinati in discorsi senza fine che non abbiamo mai risolto... –
Sana rimase zitta e attese che lui finisse di parlare.
-Non so te, ma io sono stato bene con te. Io sto sempre bene con te, dannazione – imprecò lui, prendendosi le mani tra la testa e voltandosi, impedendole così di notare quel suo attimo di vulnerabilità. Si alzò in piedi.
-C... Che cosa significa questo Akito? – balbettò Sana, incerta.
Lui rimase muto.
Il silenzio all’interno della casa era una cosa a cui lei decisamente non era abituata. Solitamente le imprecazioni di Fuka che tentava di cimentarsi in cucina o il suo cantare allegro di prima mattina non lasciavano spazio ad alcun momento di imbarazzo.
In quel momento, invece, Sana riuscì persino ad udire il rumore del parquet che scricchiolava sommessamente sotto i passi di Akito, che si stava riavvicinando al letto piano.
-C’è davvero bisogno che te lo spieghi che cosa significa, Sana? – le domandò infine lui, fissandola negli occhi.
Gli occhi le si riempirono di lacrime salate – anzi no, quelle lacrime erano intrise di tantissima dolcezza – e lei scosse la testa energicamente – No, non credo ce ne sia bisogno – disse infine lei, ricambiando il suo sguardo.
Akito sospirò, ghignò – vano tentativo di un sorriso - e parve finalmente rilassarsi. Allungò una mano per accarezzarle dolcemente una guancia.
-Tsuyoshi smetterà di andare dallo psicologo – Akito sorrise al solo pensiero.
Sana lo imitò – Beh, dovrà ringraziarci, almeno potrà finalmente mettere da parte qualche soldo per il bambino. Ormai dovranno pensare a comprargli tutto il necessario –
Akito sbuffò – Che scocciatura! –
Sana scosse il capo – Ma no! Deve essere la cosa più bella del mondo avere un figlio... – disse lei con aria sognante, mentre abbassava gli occhi per celargli quell’attimo di commozione che si era scatenato dentro di lei.
Akito inclinò il capo da un lato –Andiamoci piano – la avvertì, sollevandole il mento con un dito per poterla fissare negli occhi – Una cosa alla volta, amore... –
Sana scoppiò a ridere, ricordandogli quando fosse scemo.
Poi un nuovo brontolio dello stomaco di Akito ricordò ad entrambi che dovevano ancora mangiare.
 
*
 
-Cosa vorresti fare tu?
Okay, Akito Hayama aveva sentito decine – se non migliaia – di idiozie in tutta la sua vita, la maggior parte delle quali erano uscite dalla bocca di Sana Kurata.
Ma quella era decisamente troppo anche per lei.
-Cucino io – ripeté lei sgattaiolando fuori dal letto con ancora indosso la sua maglietta profumata e correndo verso la sua cucina, ridendo come una pazza.
Dopo essersi rivestito alla bell’e meglio, Akito la rincorse, entrando in cucina con gli occhi sgranati e correndo a fermarle le braccia quando vide che Sana stava tentando di accendere il fuoco. Per dare fuoco alla cucina!
- Kurata, ci terrei solo a ricordarti che l’ultima volta che hai detto “Cucino io”, hai quasi distrutto casa mia perché la bombola del gas è esplosa – disse lui, fermandosi per fare una pausa molto significativa – Non mi pare proprio il caso – aggiunse infine.
Sana si divincolò con dolcezza dalle sue braccia e si diresse nuovamente verso i fornelli – Quante sciocchezze – borbottò, agitando una mano con fare di sufficienza – Se mi ci metto sono davvero una cuoca provetta – il tremito nella sua voce fece comprendere ad Akito quanto nemmeno lei credesse nella sua ultima affermazione.
Il ragazzo sospirò rassegnato – Cosa mi vorresti preparare? – chiese infine, sconfitto.
Sana gli sorrise felice – Le uova ti piacciono? –
Lui storse il naso – E tu quello lo chiami cibo? – rise – Santo Cielo Kurata, se chiamassi mio cugino di cinque anni e gli dessi in mano un uovo anche lui saprebbe cucinarlo – la canzonò, avvicinandosi per posarle un bacio sul collo – sentirla rabbrividire gli fece provare un inspiegabile piacere – per poi accomodarsi su di una sedia per godersi lo spettacolo.
Sana lo ignorò – Quanto sei noioso Akito, ti lamenti sempre... –
Akito osservò la piccola squinternata di casa eseguire le seguenti operazioni : aprì il frigorifero e ne tirò fuori quattro uova; preparò una pentola sul fornello ed impiegò qualcosa come cinque minuti per capire che per accenderlo occorreva prima aprire il gas e solo poi usufruire dell’accendigas; ruppe il primo uovo; fece cadere il secondo; disintegrò il terzo – facendo crollare miseramente il guscio nella pentola; non riuscì ad aprire il quarto.
Akito già rideva come un pazzo.
Con la fiamma alta che aveva lasciato, le uova si addensarono subito e fu solo per prontezza di riflessi che Sana riuscì a spegnere il fornello, mentre trafelata puliva il pavimento dall’uovo con la carta assorbente.
Akito aveva semplicemente le lacrime agli occhi.
Sana afferrò la paletta per poter servire il suo capolavoro e fu a quel punto che si rese conto di un piccolo problemino: le uova erano praticamente incollate al fondo della pentola e fece talmente tanta fatica a grattarle via che quando finì aveva la fronte leggermente imperlata di sudore.
Akito era prossimo ad una crisi respiratoria.
-Se hai finito di ridere come un idiota – starnazzò lei, ignorando l’ululato del ragazzo che si rilascio cadere all’indietro e che quasi ruzzolò per terra – Sarebbe pronto –
Gli piazzò sotto gli occhi quello che doveva essere un piatto di uova. La matassa giallognola nel piatto sembrava piuttosto il cervello di una gallina affetto da qualche grave malattia.
-Questo... – iniziò Akito cercando di frenare le risate – Sarebbe cibo? –
Sana lo guardò male – Esattamente. Quello è il tuo pranzo – gli annunciò, non ammettendo repliche.
Dopo il primo boccone Akito ebbe l’irrefrenabile impulso di vomitare. Dalla faccia di Sana, sembrava stesse per avere la stessa identica reazione.
-Beh – esordì lei, con fare dignitoso – Non male no? –
-Infatti – mentì lui – Devo ammettere che sono deliziose – concluse, addentando un'altra forchettata di quella roba.
L’espressione perplessa di Sana non riuscì ad interpretarla.
-Dici sul serio? – gli chiese lei scettica.
-Ma certo Kurata – continuò lui con fare dolcissimo – Sono sicuro che un orso affamato gradirebbe moltissimo – concluse, afferrando un fazzoletto e riversandoci dentro tutto quello che aveva in bocca.
Sul volto di Sana si dipinse un’espressione di consapevolezza: ecco dove stava la fregatura!
-Sei proprio un cretino – sbottò – Ti pare il caso di sputare il mangiare in questo modo? –
Akito la fissò truce – Questo non è mangiare... Questo è... È… - cominciò, compiendo un immane sforzo mentale per poter trovare un aggettivo abbastanza adatto.
Lei lo bloccò – Okay, okay… Lo so anche da sola che fa schifo, potevi essere almeno un po’ più gentile, brutto stupido –
La sequela di complimenti che gli aveva appena scagliato addosso era come una pioggia di zucchero sulla figurina divertita di Akito.
Si alzò in piedi e si avvicinò a lei, afferrandola per le spalle e costringendola a guardarlo negli occhi. Con delicatezza le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed avvicinò le sue labbra a pochi centimetri da quelle di Sana – Non ti preoccupare amore mio – le sussurrò scherzoso – Hanno inventato i ristoranti d’asporto apposta –
Detto questo la baciò. E ben presto Sana dimenticò anche di essersi arrabbiata con lui.
 
*
 
Fuka aveva sempre avuto l’olfatto di un cane segugio. Le bastava semplicemente entrare in un posto per fiutare ogni minimo particolare e decidere se c’era qualcosa e soprattutto cosa che non andava come doveva.
Quel giorno, tanto per dirne una, successe.
Semplicemente, mettendo un piede dentro casa, si accorse di una serie di cose che indicheremo qui di seguito e che non giudicò affatto normali: innanzitutto le tapparelle della sala erano ancora abbassate. Sana era sempre stata una ragazza notoriamente pigra, ma non fino al punto di non aver voglia di tirare un innocua cordicella per cambiare un po’ aria alla stanza. In secondo luogo, Fuka avvertì uno strano odore provenire dalla cucina, qualcosa di molto simile all’incrocio di uovo marcio e un misero tentativo di cucinare del cibo. Annusando meglio si accorse anche di un retrogusto di bruciato.
Terzo, ma non meno importante, una maglietta buttata per terra in corridoio faceva bella mostra di sé. Era già capitato, a dire il vero, che Sana disseminasse la casa di suoi abiti come se fossero state bricioline di pane, quello che attirò l’attenzione di Fuka fu però il fatto che la maglietta non apparteneva alla sua cosiddetta coinquilina.
-Quella maglietta è di Hayama – disse saggiamente la ragazza, avvicinandosi all’indumento per raccoglierlo ed osservarsi intorno con aria circospetta.
Niente da dire, sembrava veramente un segugio.
Un paio di risatine provenienti dalla camera di Sana attirò la sua attenzione e Fuka vi si diresse con fare omicida. Quando fu sulla soglia spalancò con veramente poca grazia la porta.
La scena che le si parò davanti, vedeva Akito Hayama in mutande fare il solletico a Sana Kurata che indossava solamente una vecchia felpa troppo larga.
Fuka inarcò un sopracciglio, quando vide che i due si bloccarono di scatto e si voltarono a guardarla con occhi spalancati – Che cosa state facendo? – chiese, divertita al massimo.
-Non è come sembra – disse Sana, un po’ troppo urlante.
Ma dalla sua faccia, Sana comprese quanto Fuka avesse capito che invece era proprio come sembrava.
-Devo avvertire Tsuyoshi che può smettere di andare in analisi? – chiese ancora asciutta. Della serie, dire una cosa ed intenderne un’altra. Il silenzio che ne seguì valse come risposta.
-Quindi state insieme? –
Ancora niente.
-Hai seguito il mio consiglio allora Sana! – disse Fuka, scoppiando a ridere e osservando i due piccioncini come una madre che rimprovera bonariamente i figli, le mani inchiodate sui fianchi snelli.
A questa provocazione, Sana arrossì vistosamente e si guadagnò uno sguardo interessato da parte di Akito che ovviamente non capì il motivo di tutto quell’imbarazzo.
-Sarebbe? – chiese infatti lui, sperando che almeno Fuka potesse dargli la risposta che cercava.
Fuka rise e si portò una mano davanti alla bocca – Le avevo detto di portarti a letto – disse alla fine, trattenersi dalle risate divenne improvvisamente troppo difficile.
Akito parve indignato.
-E così sono questi gli argomenti di cui parlano le femmine? – chiese ancora, puntando uno sguardo abbastanza accusatore su Sana, che in quel momento sembrava parecchio interessata dalla trama delle lenzuola sul suo letto.
-Oh no – rispose Fuka tornata seria – Mi stavo solo preoccupando per la vostra salute sessuale – e prima che Akito ribattesse qualcosa aggiunse, divertita di nuovo – Sai, avevo l’impressione che fossi talmente in astinenza, che da un giorno all’altro violentassi Sana in mezzo alla strada –
Detto questo uscì dalla stanza, diretta al bagno per farsi una bella doccia.
Ripensando all’immagine dei due amici insieme, sospirò rilassatissima.
Poco male” si disse “ Una cosa in meno a cui pensare”.
 
*
 
L’erba si piegava docilmente sotto la sua carezza delicata. Piccole gocce di rugiada rimanevano intrappolate tra le sue dita, prigioniere di una dolcezza che era soltanto un inganno.
Akito le aveva bendato gli occhi e con fare molto gentile ed affabile le aveva detto una cosa che suonava un po’ come – Muoviti scema, devo portarti in un posto e non voglio che si faccia troppo tardi
Essere gentile non rientrava quindi, decisamente, tra le sue principali caratteristiche.
Sana ora sapeva soltanto di trovarsi seduta su una coperta che ormai aveva assorbito tutta l’umidità del terreno su cui era stata distesa. Nell’aria si respirava un dolce aroma di foglie secche e caldarroste appena cotte. Quando le mani fresche di Akito le liberarono gli occhi dal soffice foulard di seta che aveva usato per coprirglieli, Sana si accorse di essere al parco.
-Sapevo che mi avresti portata qui. Sei troppo prevedibile Hayama – lo prese in giro, lasciandosi cadere all’indietro sulla coperta per poter osservare il cielo ormai quasi scurissimo.
Akito la guardò male – Che cavolo, Kurata. Una volta tanto che uno vuole essere gentile con te, devi vanificare ogni sforzo. Vattene se non ti va bene –
Pretendere che fosse almeno un po’ carino era troppo. Sana si imbronciò – Ti prego, non essere così dolce rischio di commuovermi – si arrabbiò, rispondendogli per le rime.
Lui rimase zitto e si distese accanto a lei. L’odore dell’erba bagnata sotto di loro era forte e rendeva quel loro momento più magico che mai.
Il cielo, sopra di loro, era una distesa infinita di stelle lucenti.
Sana sospirò e allungò una mano per prendere quella di Akito. Il ragazzo intrecciò le dita con le sue, forte, ma lei non si lamentò e rimase ferma.
-Ieri sera – disse Akito – Ho visto una stella cadente –
Sana si voltò a guardarlo e si accorse che lui aveva già lo sguardo fisso su di lei – Hai espresso un desiderio? – gli chiese, sorridendo.
Lui roteò gli occhi al cielo – Non credo a queste scemenze – tagliò corto.
Ma Sana non si perse d’animo e sempre con gli occhi che rilucevano di una gioia inspiegabile gli disse – Questa non è una risposta, il solo fatto che tu ne abbia vista una e che ti sia preso la briga di dirmelo, vuol dire che qualcosa hai combinato –
Lui con vocina acuta le fece il verso – Vuol dire che qualcosa hai combinato – ripeté – Sei davvero petulante Kurata! Comunque, per quello che può valere, si, ho espresso un desiderio... – buttò lì, tornando a fissare le stelle e lanciandole un occhiata di sbieco.
Occhiata che Sana notò in pieno ed ebbe il piacere di vederlo sobbalzare. Gli si fece più vicina e gli diede un bacio sulla guancia, uno all’angolo delle labbra e poi esitò un istante – Cos’hai desiderato? – domandò sorridendogli.
Lui scosse la testa – No. Prima voglio un bacio – disse con voce roca.
Il sorriso di Sana si allargò ancora di più e gli si avvicinò. Non fece nemmeno in tempo a posare le labbra sulle sue, che Akito già le aveva afferrato la nuca per costringerla ad inclinare la testa all’indietro e riuscire ad approfondire il bacio.
Quando si staccarono, Sana aveva la vista annebbiata e le girava la testa.
Akito pareva molto soddisfatto invece.
-Allora ? – domandò ancora lei, quando fu riuscita a recuperare un briciolo di lucidità per parlare – Me lo dici o no che cos’hai desiderato? –
Akito le posò un dito sulla guancia e lo lascio scivolare fino ad infilarlo nello scollo della sua camicetta. Sana non si scompose e continuò a fissarlo in faccia, mentre lui come una preda sfuggiva scaltro dal suo sguardo.
Quando alzò gli occhi, a Sana ricordò molto un bambino colto in fallo, il cui sguardo ricolmo di tenerezza lo mette comunque al riparo da ogni punizione.
Le si formò un nodo in gola.
-Ho desiderato te – le disse semplicemente.
Sana praticamente gli si sciolse tra le braccia – Che cosa significa? – gli chiese, la voce lievemente incrinata che sapeva di pianto.
Akito sembrò pensare bene alle parole da usare e poi parlò – Significa... Significa che sebbene siano passati tre anni ed io continui a volerti strangolare ogni volta che ti vedo – la pausa significativa che ne seguì, le strappò un sorriso – per me... Ecco, per me non è cambiato niente Sana... –
Lei alzò il viso di scatto per poterlo guardare meglio.
-Intendo... Non è cambiato niente da quel giorno... Si, insomma, quel giorno di tre anni fa, quando me ne sono andato ed è finito… E’ finito tutto… -
Lei non seppe cosa rispondergli. Si limitò a guardarlo negli occhi, mentre lui tornava a prenderle le mani tra le sue, per stringergliele forte.
-Non mi dispiacerebbe averti di nuovo intorno ogni giorno, ecco – le disse infine, lasciandole capire che quello era tutto e che aveva finito il suo discorso. E considerati i canoni di Akito, quello era stato un vero e proprio sermone.
Un gruppetto di ragazzini passò poco distante da loro, transitando per il parco per poter raggiungere le giostre che stavano poco distanti. Lasciarono dietro di loro un’eco di risate divertita che rimbombò nelle orecchie di Sana per alcuni secondi, prima che si decidesse finalmente a parlare.
-Ti amo –
Più che Akito, quella che rimase sorpresa dalle sue stesse parole, fu proprio Sana. Fu a quel punto che entrambi capirono quanto quella frase fosse la risposta di lei alla dichiarazione d’amore di Akito. Rimasero ad osservarsi indecisi per un po’ e poi lui parlo – Quindi... Quindi... Questo vuol dire che... 
Sana gli portò un dito sulle labbra per fargli cenno di tacere e gli sorrise.
Ad un soffio dalle sue labbra gli disse – Il tuo desiderio si è avverato, amore
Poi lo baciò.
 
It's all up in the air and we stand still
to see what comes down
I don't know where it is, I don't know when,
but I want you around       
                   She Is – The Fray
 
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Puntuale come un orologio svizzero, visto? Volevo aggiornare domani, come vi avevo detto, ma dato che per ora le mie giornate trascorrono una dopo l’altra tutte uguali, non ho nemmeno più il problema del giorno propizio. Ebbene sì, la questione “lavoro” non è andata in porto perché mi sono tirata indietro. Lunga, lunga storia che non vi interessa, quindi passiamo a parlare del capitolo.
Che ve ne pare? Lo so, ci sono andata giù molto pesante con il miele, spero che i vostri denti non si siano cariati – soprattutto per il finale. Anche perché **spoiler, spoiler, spoiler** nel prossimo capitolo sarò ancora peggio – certe scene mi hanno portato via dieci anni di vita per scriverle, ma vedrete. Vedrete poi!
 
Passo ai ringraziamenti delle mie dolci donzelle.
 
Dancemylife: che bello quando mi dite che leggendo la mia storia vi migliorano le giornate lo sai? E sì, capisco perfettamente cosa intendi dire, anche io volevo essere al posto di Sana nello scorso capitolo – e anche in questo non mi sarebbe dispiaciuto eh :D Un bacio ^__^
Deb: FB non lo uso tantissimo, entro giusto una decina di minuti al giorno per farmi i fatti degli altri. Comunque sia ti ho aggiunta agli amici (: Tutto il tuo progetto per far sposare Sana e Akito mi lascia intendere che nella tua FU dovremo aspettarcene delle belle. Sì. Comunque, Akito non fa alcuna fatica a portare in braccio Sana, scusa eh ._. Nemmeno per dodici rampe di scale. Lui è il nostro eroe, già. Grazie di tutto pazzoide, un bacio ^__^
Midao:francamente né lo scorso capitolo né quello precedente mi convincevano. Da questo in poi, diciamo, che mi soddisfano abbastanza – soffro della sindrome di Akito? Però sono felice che ti sia piaciuto, sai? Niente casini, l’avevo promesso, questo sarà un risveglio come si deve (: Tanti bacini, e grazie!
Ryanforever: onestamente nell’anime Gomi compare ben poco e nel manga ancora meno. Però, in un certo senso, mi piace molto raccontare di Sana, Akito e di tutto il resto del gruppo, quindi anche ai personaggi poco nominati devo cucire un carattere. E Gomi io lo vedo proprio così, con Hisae che deve subirselo dato che ne è innamorata. Ecco tutto. Dici che Sana e Akito insieme li descrivo bene, allora spero di non deluderti con il prossimo capitolo perché ci sono andata giù pesante con il miele O-O Grazie mille di tutto, un bacione (:
Lillixsana: ma grazie, sia per il giudizio alla storia sia per i complimenti alla sottoscritta. Una valanga di baci (:
Roby5b: quando dici “Ciao Ale” sento le “e” rimbombarmi nelle orecchie per tre ore. Mi dispiace di averci messo tanto ad aggiornare, ma proprio non avevo più ispirazione per la storia e mi ero un po’ bloccata. Comunque sia sono proprio contenta dei tuoi esami. Il lavoro doveva essere presso uno studio commercialista, ma ho rinunciato perché mi sentivo davvero a disagio nell’ambiente. Una cosa difficile da spiegare. Un bacione (: P.S. sì, ho FB, ma lo uso davvero poco.
Lady_Fredda:grazie! Ogni volta ho sempre il dubbio di correre troppo con i tempi, quindi sono proprio felice di essere riuscita a mantenere un po’ di suspance. Era quello che volevo. Bacio (:
Marypao: sono contenta che tu sia stata contenta e sì, pensa che è mercoledì sera e mi sto già portando avanti a scrivere i ringraziamenti. Ora di domenica (o lunedì, ancora non so) spero di aver fatto la revisione del capitolo. Ma sto migliorando comunque, no? Ci tengo a precisare una cosa: nella mia testa Sana e Hisae sono come una bomba ad orologeria. Ma credo che riuscirò a spiegarmi meglio in una fic che sto scrivendo. Brava che non vuoi più fare fuori Akito – prometto che si risolverà tutto per il meglio (: Un bacio!
Smemo92: grazie! *.* Hai fatto un punto della situazione invidiabile, io non sarei riuscita a fare di meglio. Sono troppo contenta del fatto che piaccia a tutte voi il gruppo che ho creato e anche le gag che vado a raccontare – a volte mi scervello per ore intere, sai? Il risveglio è stato coi fiocchi proprio come lo volevi tu. Un bacio (: e grazie mille!
Ili91:ma... Ma... i personaggi d’ora in poi si comporteranno sempre bene! U.U Cioè, quasi sempre. Prima o poi, comunque, Akito doveva pur cedere no? Eccolo qui, è capitolato ai piedi di Sana come un cagnolino – lo voglio anch’io un Akito domestico! *-* E... vi siete fatte un’idea sbagliata della sottoscritta: non sono così cattiva da rovinare sempre la vita dei personaggi. Vedi che c’è stata una risoluzione felice? Donna di poca fede ._. Un bacione matta! (:
Castiel: allora, innanzi tutto grazie per avermi trovato una canzone. Ho già aggiunto tre stracci di canzone al capitolo precedente. Sei sempre il solito tesoro, sai? *-* Comunque non scherzavo quando ti ho detto che in uno dei prossimi capitoli DOVREBBE esserci una doppia colonna sonora, sì! Oh, ma il fatto che tutte abbiate trovato dolce Akito mi lascia pensare che nel prossimo capitolo vi scioglierete come delle caramelle *-* Continua a cercare, mia personale musicista. Un bacio (:
Bettinella: uh. Sai quante volte faccio lo stesso ragionamento anche io? “Dopo la leggo” e poi per pigrizia non lo faccio. Nel tuo caso ti stavi solo risparmiando un’agonia – leggere questa fic sono più che convinta che lo sia :D ma in ogni caso grazie per aver deciso di aprirla e di leggerla. E infine, di recensirla. Ho apprezzato molto le tue parole, un bacione (:
Yesterday: ormai credo, anzi ne sono convinta, di conoscerti troppo bene. Nel senso, sia per la parte di Hisae che la parte dell’ “Aspetta”, quando le ho scritte e rilette, mi sono detta “lei – cioè tu – le noterà”. Ne ero certa al cento per cento. E infatti è stato così. Quanto love. E comunque no, quel capitolo è stato scritto mesi addietro, all’epoca i dettagli non erano all’ordine del giorno come accade ultimamente. No, no! Grazie di tutto tesoro e in bocca al lupo per domani – ti invidio così tanto (: Un bacio.
 
Comunque sia, mancano esattamente quattro capitoli dalla fine. E nel frattempo sto scrivendo un’altra storia, che procede molto lentamente perché ogni singola parola che scrivo voglio che abbia un senso – è un progetto a cui tengo moltissimo e quindi non comincerò a pubblicarla fino a che non sarà completamente conclusa. Ma sono abbastanza ottimista, comunque non divaghiamo.
 
Chiaramente ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le Preferite, le Seguite e le Ricordate. E, a costo di sembrare ripetitiva – lo so, lo sono! – ringrazio anche a chi continua a farlo con “My Sorrow” (i numeri aumentano e la storia è conclusa e io sono così *-*).
 
Grazie a tutte ragazze, siete magnifiche.
 
Una pioggia di baci
 
Ale69
  
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