SHE IS
Capitolo 7: She Is (II Parte)
She is everything I need that
I never knew I wanted
She is everything I want that
I never knew I needed
She Is – The
Fray
Sana
russava. Oddio, non che Akito non
ricordasse alla perfezione le notti insonni passate ad attendere che
Sana si
decidesse a svegliarsi e, magari, ad andare a dormire in sala per
permettere a
lui di riposare. Gli sembrava soltanto che il suo piccolo
difetto fosse aumentato. A dismisura anche.
Aveva
passato le ultime cinque ore a
tirarle pedate, pugni, cazzotti, a sbuffare come una ciminiera e a
borbottare
qualcosa ad alta voce. Niente. Sana era peggio di un ghiro quando si
addormentava, il che lo dissuase dallo sperare in un tenero risveglio,
magari
accompagnato da qualche parolina dolce che avrebbe fatto sciogliere
entrambi.
Il
display della sveglia sul comodino non
mentiva: erano le sette del mattino.
Akito
sbuffò e roteò gli occhi al cielo;
cominciò poi a scuotere Sana per le spalle energicamente.
-
Kurata, Kurata svegliati maledizione...-
Quella
balbettò qualcosa nel sonno, mentre
sulle sue labbra si disegnava un sorriso rilassato – Akito – ridacchiò.
Molto
probabilmente lo stava sognando.
Il
fatto che lei stesse sorridendo pensando
a lui lo lasciò per un attimo intontito, crogiolandosi in quella strana
sensazione di piacere mista a paura.
Paura
di innamorarsi e di soffrire di
nuovo. O meglio, il “di nuovo” poteva riferirsi soltanto al soffrire,
perché,
per ciò che riguardava l’amore, Akito iniziava a dubitare fortemente di
aver
mai smesso di amare Sana.
Tutti
questi discorsi dolci avrebbero
finito ben presto per causargli una carie ai denti. Decise di riprovare a svegliare Sana.
-Sana, dai, apri gli occhi... Sana… -
la chiamò ancora, quasi
supplicante.
Finalmente
lei aprì gli occhi e lo guardò
confusa.
-Akito?
– balbettò, la voce ancora
impastata dal sonno e gli occhi annebbiati. Lo fissò per un lungo
istante, lui
rimase in attesa di una sua parola, e lei si tirò su a sedere,
appoggiandosi ai
suoi gomiti, che sprofondarono nel morbido materasso.
“Adesso
mi dirà di andarmene, adesso mi dirà che è stato tutto un errore...”
si
preparò mentalmente Akito, che già aveva fatto mente locale di dove si
trovassero i suoi vestiti, per poterli inforcare e per correre poi via
da
quella stanza alla velocità della luce.
-Che
diavolo vuoi, stavo dormendo? – gli
domandò invece Sana, spiazzandolo.
Akito
mise su il broncio – Stavi russando
come una vecchia di novant’anni, dannazione, non mi hai fatto chiudere
occhio
per tutta la notte – le spiegò, incrociando le braccia al petto e
lasciando che
il lenzuolo profumato gli scoprisse la pelle nuda che Sana aveva
baciato tutta
la notte e su cui si era addormentata, ancora scossa dalle troppe
emozioni.
A
quella visione lei arrossì – Non dire
scemate, io non russo! –
-La
prossima volta ti registro, così
vediamo se avrai mai il coraggio di negarlo – ghignò lui, guardandola
malissimo.
Lei
gli fece la linguaccia.
Si
fissarono per un lungo istante, in
cagnesco ovviamente, escogitando nuovi modi per disintegrare l’altro la
prima
volta che si fosse presentata l’occasione buona. Poi si sorrisero.
Sana
con uno scatto – che lei avrebbe
definito agile e che Akito avrebbe detto semplicemente goffo
– si mise in ginocchio, di fronte a lui, abbracciandolo.
Come
sempre, durante la notte lei aveva
sentito freddo – sebbene le braccia che la stringevano forte fossero
calde ed
accoglienti – e aveva rovistato tra i vestiti abbandonati per trovare
la
maglietta che aveva tolto ad Akito la sera prima. Poi l’aveva indossata.
Akito
rimase immobile, mentre lei con fare
da gattina bisognosa di coccole, gli accarezzava il viso e gli sfiorava
le
labbra con le proprie.
Non
lo stava baciando, semplicemente si
stava limitando a lambire con le sue labbra quelle di Akito,
socchiudendole di
tanto in tanto per soffiarci sopra. Il ragazzo rabbrividì.
Non
avrebbe ceduto tanto facilmente alla
tentazione di un suo bacio, Akito.
Sana
si scostò da lui e gli sorrise –
Buongiorno Hayama – gli disse,
alludendo probabilmente a qualcosa di specifico che ebbe il potere di
farlo
arrossire.
-E
questo che cosa significa? – domandò
lei, scoppiando a ridere e lasciandosi cadere all’indietro sul letto.
Lui
la guardò semplicemente furioso -È il mattino Kurata,
vorrei ricordarti che
dopotutto sono pur sempre un uomo -
Sana
continuò a ridere sguaiatamente – Dopotutto? Perché,
quand’è che non sei
stato uomo Akito? Mi interessa, davvero – lo continuò a prendere in
giro,
scossa talmente tanto dal riso che a momenti finì per ruzzolare giù dal
letto.
Non fosse stato altro per quelle due braccia forti che l’acchiapparono
al volo
e la strinsero prepotenti tra di loro.
-Avrei
dovuto lasciarti cadere – le
sussurrò ad un orecchio, la voce incredibilmente roca e morbida.
-Ti
saresti sentito in colpa – disse lei,
improvvisamente sembrava aver perso tutta la sua voglia di ridere.
Akito
la strinse ancora di più contro il
suo petto e la guardò, sorridendo sbieco – Non credo, sai? –
Avvicinò
la bocca al suo collo e cominciò a
lambire la pelle delicata di baci bollenti che la fecero rabbrividire.
-Ah
no? – sussurrò lei, socchiudendo gli
occhi.
-No,
anche se... – cominciò a dire Hayama,
infilando le mani sotto la maglietta che aveva addosso Sana per
accarezzarle la
pelle calda della pancia, fino a salire per sfiorarle il seno.
Sana
sospirò.
-Mi
sarebbe piaciuto fare l’amore sul tuo
tappeto – le soffiò ancora nell’orecchio, sentendola tremare tra le
proprie
mani come una foglia.
Quando
Sana voltò il capo per incontrare le
sue labbra in un bacio infuocato, che le strappò gemiti che fecero
perdere
completamente il controllo ad Akito, parlare divenne quanto meno
superfluo.
*
Il
sole di metà mattina le accarezzava la
pelle delle gambe come un amante sfacciato senza pudore. La luce intesa
creava
strani riflessi dorati su quella pelle morbida che lui aveva morso e
baciato
tutto il tempo, tanto da fargli desiderare di poter ripetere tutto da
capo.
Sana
si era addormentata a pancia in giù,
la stoffa leggera del lenzuolo avvolgeva dolcemente il suo corpo,
fasciandolo
in una tenera stretta di seta che le conferiva un eleganza che nemmeno
un abito
lussuoso avrebbe mai potuto rendere. Le gambe e le spalle erano
lasciate
scoperte, ovviamente.
Ad
Akito, che la stava osservando in
maniera quasi ossessiva, ricordava vagamente un pezzettino di formaggio
arrotolato in una fetta di prosciutto.
Sana
era come un involtino, insomma.
Il
rumore sinistro del suo stomaco spiegò
il perché di quei pensieri. Aver saltato la colazione non era molto
salutare
per lui, motivo per cui stava pensando bene di consumare un pranzo a
base di
pane e Sana.
Lei
si mosse impercettibilmente e mugugnò
qualcosa nel sonno. E lui allungò istintivamente un braccio per poterla
toccare. Al tocco fresco della sua mano, Sana si mosse ancora e, quando
quel
semplice contatto si trasformò in una sensuale carezza lungo la sua
schiena, si
svegliò.
Ancora
distesa a pancia in giù sul letto,
Sana voltò la testa verso di lui e gli sorrise – Ciao – gli disse,
dolce come
lui se l’era sempre sognata da quando si erano lasciati.
Le
battute ironiche che avrebbe voluto rivolgerle
– tra le quali anche la sua somiglianza ad un involtino – gli morirono
in gola
esattamente com’erano nate e tutto quello che fu capace di fare, fu
dirle un
flebile –Ciao –
Sana
allungò una mano verso di lui – Vieni
qui vicino a me? – gli chiese, tenera e senza nemmeno accorgersene lui
scivolò
tra le lenzuola, accoccolandosi al suo fianco per abbracciarla, non più
con il
terrore di perderla, come era successo poche ore prima, ma con una
dolcezza che
nemmeno pensava gli appartenesse.
-Che ti succede Kurata? Mi
sembri una gattina oggi... – disse scherzosamente,
arruffandole simpaticamente i capelli e ricevendo in cambio una risata
allegra.
Sana
lo fissò a lungo, gli occhi che
brillavano di felicità come non le succedeva da tanto. Poi, la sua
espressione
divenne seria e parlò – Senti Akito... Non dovremmo parlare di quello
che è
successo? –
E
puntualmente il ragazzo roteò gli occhi
al cielo – Oddio Kurata! – esclamò esasperato – Va bene, parliamo.
Permettimi
solo di ricordarti che le ultime duecento
volte che abbiamo parlato ci siamo incasinati in discorsi senza fine
che non
abbiamo mai risolto... –
Sana
rimase zitta e attese che lui finisse
di parlare.
-Non
so te, ma io sono stato bene con te.
Io sto sempre bene con te, dannazione
– imprecò lui, prendendosi le mani tra la testa e voltandosi,
impedendole così di
notare quel suo attimo di vulnerabilità. Si alzò in piedi.
-C... Che
cosa significa questo Akito? – balbettò Sana, incerta.
Lui
rimase muto.
Il
silenzio all’interno della casa era una
cosa a cui lei decisamente non era abituata. Solitamente le
imprecazioni di
Fuka che tentava di cimentarsi in cucina o il suo cantare allegro di
prima
mattina non lasciavano spazio ad alcun momento di imbarazzo.
In
quel momento, invece, Sana riuscì
persino ad udire il rumore del parquet che scricchiolava sommessamente
sotto i
passi di Akito, che si stava riavvicinando al letto piano.
-C’è
davvero bisogno che te lo spieghi che
cosa significa, Sana? – le domandò infine lui, fissandola negli occhi.
Gli
occhi le si riempirono di lacrime
salate – anzi no, quelle lacrime erano intrise di tantissima dolcezza –
e lei
scosse la testa energicamente – No, non credo ce ne sia bisogno – disse
infine
lei, ricambiando il suo sguardo.
Akito
sospirò, ghignò – vano tentativo di un sorriso - e
parve finalmente
rilassarsi. Allungò una mano per accarezzarle dolcemente una guancia.
-Tsuyoshi
smetterà di andare dallo
psicologo – Akito sorrise al solo pensiero.
Sana
lo imitò – Beh, dovrà ringraziarci,
almeno potrà finalmente mettere da parte qualche soldo per il bambino. Ormai dovranno pensare a comprargli tutto il necessario –
Akito sbuffò – Che scocciatura! –
Sana
scosse il capo – Ma no! Deve essere la
cosa più bella del mondo avere un figlio... – disse lei con aria
sognante,
mentre abbassava gli occhi per celargli quell’attimo di commozione che
si era
scatenato dentro di lei.
Akito
inclinò il capo da un lato –Andiamoci
piano – la avvertì, sollevandole il mento con un dito per poterla
fissare negli
occhi – Una cosa alla volta, amore...
–
Sana
scoppiò a ridere, ricordandogli quando
fosse scemo.
Poi
un nuovo brontolio dello stomaco di
Akito ricordò ad entrambi che dovevano ancora mangiare.
*
-Cosa
vorresti fare tu? –
Okay,
Akito Hayama aveva sentito decine –
se non migliaia – di idiozie in tutta la sua vita, la maggior parte
delle quali
erano uscite dalla bocca di Sana Kurata.
Ma
quella era decisamente troppo anche per
lei.
-Cucino
io – ripeté lei sgattaiolando fuori dal letto con ancora indosso la
sua
maglietta profumata e correndo verso la sua cucina, ridendo come una
pazza.
Dopo
essersi rivestito alla bell’e meglio,
Akito la rincorse, entrando in cucina con gli occhi sgranati e correndo
a
fermarle le braccia quando vide che Sana stava tentando di accendere il
fuoco.
Per dare fuoco alla cucina!
-
Kurata, ci terrei solo a ricordarti che
l’ultima volta che hai detto “Cucino io”, hai quasi distrutto casa mia
perché
la bombola del gas è esplosa – disse lui, fermandosi per fare una pausa
molto
significativa – Non mi pare proprio il caso – aggiunse infine.
Sana
si divincolò con dolcezza dalle sue
braccia e si diresse nuovamente verso i fornelli – Quante sciocchezze –
borbottò, agitando una mano con fare di sufficienza – Se mi ci metto
sono
davvero una cuoca provetta – il tremito nella sua voce fece comprendere
ad
Akito quanto nemmeno lei credesse nella sua ultima affermazione.
Il
ragazzo sospirò rassegnato – Cosa mi
vorresti preparare? – chiese infine, sconfitto.
Sana
gli sorrise felice – Le uova ti
piacciono? –
Lui
storse il naso – E tu quello lo chiami
cibo? – rise – Santo Cielo Kurata, se chiamassi mio cugino di cinque
anni e gli
dessi in mano un uovo anche lui saprebbe cucinarlo – la canzonò,
avvicinandosi
per posarle un bacio sul collo – sentirla rabbrividire gli fece provare
un
inspiegabile piacere – per poi accomodarsi su di una sedia per godersi
lo
spettacolo.
Sana
lo ignorò – Quanto sei noioso Akito,
ti lamenti sempre... –
Akito
osservò la piccola squinternata di
casa eseguire le seguenti operazioni : aprì il frigorifero e ne tirò
fuori quattro
uova; preparò una pentola sul fornello ed impiegò qualcosa come cinque
minuti
per capire che per accenderlo occorreva prima
aprire il gas e solo poi usufruire dell’accendigas;
ruppe il primo uovo; fece cadere il secondo; disintegrò il terzo –
facendo
crollare miseramente il guscio nella pentola; non riuscì ad aprire il
quarto.
Akito
già rideva come un pazzo.
Con
la fiamma alta che aveva lasciato, le
uova si addensarono subito e fu solo per prontezza di riflessi che Sana
riuscì
a spegnere il fornello, mentre trafelata puliva il pavimento dall’uovo
con la
carta assorbente.
Akito
aveva semplicemente le lacrime agli
occhi.
Sana
afferrò la paletta per poter servire
il suo capolavoro e fu a quel punto che si rese conto di un piccolo
problemino:
le uova erano praticamente incollate al fondo della pentola e fece
talmente
tanta fatica a grattarle via che quando finì aveva la fronte
leggermente
imperlata di sudore.
Akito
era prossimo ad una crisi
respiratoria.
-Se
hai finito di ridere come un idiota –
starnazzò lei, ignorando l’ululato del ragazzo che si rilascio cadere
all’indietro e che quasi ruzzolò per terra – Sarebbe pronto –
Gli
piazzò sotto gli occhi quello che
doveva essere un piatto di uova. La matassa giallognola nel piatto
sembrava
piuttosto il cervello di una gallina affetto da qualche grave malattia.
-Questo...
– iniziò Akito cercando di
frenare le risate – Sarebbe cibo? –
Sana
lo guardò male – Esattamente. Quello è il tuo pranzo –
gli annunciò, non
ammettendo repliche.
Dopo
il primo boccone Akito ebbe
l’irrefrenabile impulso di vomitare. Dalla faccia di Sana, sembrava
stesse per
avere la stessa identica reazione.
-Beh
– esordì lei, con fare dignitoso – Non
male no? –
-Infatti
– mentì lui – Devo ammettere che
sono deliziose – concluse, addentando un'altra forchettata di quella roba.
L’espressione
perplessa di Sana non riuscì
ad interpretarla.
-Dici
sul serio? – gli chiese lei scettica.
-Ma
certo Kurata – continuò lui con fare
dolcissimo – Sono sicuro che un orso affamato gradirebbe moltissimo –
concluse,
afferrando un fazzoletto e riversandoci dentro tutto quello che aveva
in bocca.
Sul
volto di Sana si dipinse un’espressione
di consapevolezza: ecco dove stava la fregatura!
-Sei
proprio un cretino – sbottò – Ti pare il caso di
sputare il mangiare in questo
modo? –
Akito
la fissò truce – Questo non è
mangiare... Questo è... È… -
cominciò, compiendo un immane sforzo
mentale per poter trovare un aggettivo abbastanza adatto.
Lei
lo bloccò – Okay, okay… Lo so anche da
sola che fa schifo, potevi essere almeno un po’ più gentile, brutto
stupido –
La
sequela di complimenti che gli aveva
appena scagliato addosso era come una pioggia di zucchero sulla
figurina
divertita di Akito.
Si
alzò in piedi e si avvicinò a lei,
afferrandola per le spalle e costringendola a guardarlo negli occhi.
Con
delicatezza le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed
avvicinò le sue
labbra a pochi centimetri da quelle di Sana – Non ti preoccupare amore mio – le sussurrò scherzoso –
Hanno inventato i ristoranti d’asporto apposta –
Detto
questo la baciò. E ben presto Sana
dimenticò anche di essersi arrabbiata con lui.
*
Fuka
aveva sempre avuto l’olfatto di un cane segugio. Le bastava
semplicemente
entrare in un posto per fiutare ogni minimo particolare e decidere se
c’era
qualcosa e soprattutto cosa che non
andava come doveva.
Quel
giorno, tanto per dirne una, successe.
Semplicemente,
mettendo un piede dentro casa, si accorse di una serie di cose che
indicheremo
qui di seguito e che non giudicò affatto normali: innanzitutto le
tapparelle
della sala erano ancora abbassate. Sana era sempre stata una ragazza
notoriamente pigra, ma non fino al punto di non aver voglia di tirare
un
innocua cordicella per cambiare un po’ aria alla stanza. In secondo
luogo, Fuka
avvertì uno strano odore provenire dalla cucina, qualcosa di molto
simile
all’incrocio di uovo marcio e un misero tentativo di cucinare del cibo.
Annusando meglio si accorse anche di un retrogusto di bruciato.
Terzo,
ma non meno importante, una maglietta buttata per terra in corridoio
faceva
bella mostra di sé. Era già capitato, a dire il vero, che Sana
disseminasse la
casa di suoi abiti come se fossero state bricioline di pane, quello che
attirò
l’attenzione di Fuka fu però il fatto che la maglietta non apparteneva
alla sua
cosiddetta coinquilina.
-Quella
maglietta è di Hayama – disse saggiamente la ragazza, avvicinandosi
all’indumento per raccoglierlo ed osservarsi intorno con aria
circospetta.
Niente
da dire, sembrava veramente un segugio.
Un
paio di risatine provenienti dalla camera di Sana attirò la sua
attenzione e
Fuka vi si diresse con fare omicida. Quando fu sulla soglia spalancò
con
veramente poca grazia la porta.
La
scena che le si parò davanti, vedeva Akito Hayama in mutande fare il
solletico
a Sana Kurata che indossava solamente una vecchia felpa troppo larga.
Fuka
inarcò un sopracciglio, quando vide che i due si bloccarono di scatto e
si
voltarono a guardarla con occhi spalancati – Che cosa state facendo? –
chiese,
divertita al massimo.
-Non è come sembra – disse Sana, un po’
troppo urlante.
Ma
dalla sua faccia, Sana comprese quanto Fuka avesse capito che invece
era proprio come sembrava.
-Devo
avvertire Tsuyoshi che può smettere di andare in analisi? – chiese
ancora
asciutta. Della serie, dire una cosa ed intenderne un’altra. Il
silenzio che ne
seguì valse come risposta.
-Quindi
state insieme? –
Ancora
niente.
-Hai
seguito il mio consiglio allora Sana! – disse Fuka, scoppiando a ridere
e
osservando i due piccioncini come una madre che rimprovera bonariamente
i
figli, le mani inchiodate sui fianchi snelli.
A
questa provocazione, Sana arrossì vistosamente e si guadagnò uno
sguardo
interessato da parte di Akito che ovviamente non capì il motivo di
tutto
quell’imbarazzo.
-Sarebbe?
– chiese infatti lui, sperando che almeno Fuka potesse dargli la
risposta che
cercava.
Fuka
rise e si portò una mano davanti alla bocca – Le avevo detto di
portarti a
letto – disse alla fine, trattenersi dalle risate divenne
improvvisamente
troppo difficile.
Akito
parve indignato.
-E
così sono questi gli argomenti di cui parlano le femmine?
– chiese ancora, puntando uno sguardo abbastanza
accusatore su Sana, che in quel momento sembrava parecchio interessata
dalla
trama delle lenzuola sul suo letto.
-Oh
no – rispose Fuka tornata seria – Mi stavo solo preoccupando per la
vostra
salute sessuale – e prima che Akito ribattesse qualcosa aggiunse,
divertita di
nuovo – Sai, avevo l’impressione che fossi talmente in astinenza, che
da un
giorno all’altro violentassi Sana in mezzo alla strada –
Detto
questo uscì dalla stanza, diretta al bagno per farsi una bella doccia.
Ripensando
all’immagine dei due amici insieme, sospirò rilassatissima.
“Poco male” si disse “ Una cosa in meno a cui
pensare”.
*
L’erba
si piegava docilmente sotto la sua carezza delicata. Piccole gocce di
rugiada
rimanevano intrappolate tra le sue dita, prigioniere di una dolcezza
che era
soltanto un inganno.
Akito
le aveva bendato gli occhi e con fare molto gentile ed affabile le
aveva detto
una cosa che suonava un po’ come – Muoviti
scema, devo portarti in un posto e non voglio che si faccia troppo tardi
–
Essere
gentile non rientrava quindi, decisamente, tra le sue principali
caratteristiche.
Sana
ora sapeva soltanto di trovarsi seduta su una coperta che ormai aveva
assorbito
tutta l’umidità del terreno su cui era stata distesa. Nell’aria si
respirava un
dolce aroma di foglie secche e caldarroste appena cotte. Quando le mani
fresche
di Akito le liberarono gli occhi dal soffice foulard di seta che aveva
usato
per coprirglieli, Sana si accorse di essere al parco.
-Sapevo
che mi avresti portata qui. Sei troppo prevedibile Hayama – lo prese in
giro,
lasciandosi cadere all’indietro sulla coperta per poter osservare il
cielo
ormai quasi scurissimo.
Akito
la guardò male – Che cavolo, Kurata. Una volta tanto che uno vuole
essere
gentile con te, devi vanificare ogni sforzo. Vattene se non ti va bene –
Pretendere che fosse almeno un po’ carino era troppo. Sana si
imbronciò –
Ti prego, non essere così dolce rischio di commuovermi – si arrabbiò,
rispondendogli
per le rime.
Lui
rimase zitto e si distese accanto a lei. L’odore dell’erba bagnata
sotto di
loro era forte e rendeva quel loro momento più magico che mai.
Il
cielo, sopra di loro, era una distesa infinita di stelle lucenti.
Sana
sospirò e allungò una mano per prendere quella di Akito. Il ragazzo
intrecciò
le dita con le sue, forte, ma lei non si lamentò e rimase ferma.
-Ieri
sera – disse Akito – Ho visto una stella cadente –
Sana
si voltò a guardarlo e si accorse che lui aveva già lo sguardo fisso su
di lei
– Hai espresso un desiderio? – gli chiese, sorridendo.
Lui
roteò gli occhi al cielo – Non credo a queste scemenze – tagliò corto.
Ma
Sana non si perse d’animo e sempre con gli occhi che rilucevano di una
gioia
inspiegabile gli disse – Questa non è una risposta, il solo fatto che
tu ne
abbia vista una e che ti sia preso la briga di dirmelo, vuol dire che
qualcosa
hai combinato –
Lui
con vocina acuta le fece il verso – Vuol
dire che qualcosa hai combinato – ripeté – Sei davvero petulante
Kurata!
Comunque, per quello che può valere, si, ho espresso un desiderio... –
buttò
lì, tornando a fissare le stelle e lanciandole un occhiata di sbieco.
Occhiata
che Sana notò in pieno ed ebbe il piacere di vederlo sobbalzare. Gli si
fece
più vicina e gli diede un bacio sulla guancia, uno all’angolo delle
labbra e
poi esitò un istante – Cos’hai desiderato? – domandò sorridendogli.
Lui
scosse la testa – No. Prima voglio un
bacio – disse con voce roca.
Il
sorriso di Sana si allargò ancora di più e gli si avvicinò. Non fece
nemmeno in
tempo a posare le labbra sulle sue, che Akito già le aveva afferrato la
nuca
per costringerla ad inclinare la testa all’indietro e riuscire ad
approfondire
il bacio.
Quando
si staccarono, Sana aveva la vista annebbiata e le girava la testa.
Akito
pareva molto soddisfatto invece.
-Allora
? – domandò ancora lei, quando fu riuscita a recuperare un briciolo di
lucidità
per parlare – Me lo dici o no che cos’hai desiderato? –
Akito
le posò un dito sulla guancia e lo lascio scivolare fino ad infilarlo
nello
scollo della sua camicetta. Sana non si scompose e continuò a fissarlo
in faccia,
mentre lui come una preda sfuggiva scaltro dal suo sguardo.
Quando
alzò gli occhi, a Sana ricordò molto un bambino colto in fallo, il cui
sguardo
ricolmo di tenerezza lo mette comunque al riparo da ogni punizione.
Le
si formò un nodo in gola.
-Ho
desiderato te – le disse semplicemente.
Sana
praticamente gli si sciolse tra le braccia – Che cosa significa? – gli
chiese,
la voce lievemente incrinata che sapeva di pianto.
Akito
sembrò pensare bene alle parole da usare e poi parlò – Significa...
Significa
che sebbene siano passati tre anni ed io continui a volerti strangolare
ogni
volta che ti vedo – la pausa significativa che ne seguì, le strappò un
sorriso
– per me... Ecco, per me non è cambiato niente Sana... –
Lei
alzò il viso di scatto per poterlo guardare meglio.
-Intendo... Non è cambiato niente da quel
giorno... Si,
insomma, quel
giorno di tre anni fa, quando me ne sono andato ed è finito… E’ finito tutto… -
Lei
non seppe cosa rispondergli. Si limitò a guardarlo negli occhi, mentre
lui
tornava a prenderle le mani tra le sue, per stringergliele forte.
-Non
mi dispiacerebbe averti di nuovo intorno ogni giorno, ecco – le disse
infine,
lasciandole capire che quello era tutto e che aveva finito il suo
discorso. E
considerati i canoni di Akito, quello era stato un vero e proprio
sermone.
Un
gruppetto di ragazzini passò poco distante da loro, transitando per il
parco
per poter raggiungere le giostre che stavano poco distanti. Lasciarono
dietro
di loro un’eco di risate divertita che rimbombò nelle orecchie di Sana
per
alcuni secondi, prima che si decidesse finalmente a parlare.
-Ti amo –
Più
che Akito, quella che rimase sorpresa dalle sue stesse parole, fu
proprio Sana.
Fu a quel punto che entrambi capirono quanto quella frase fosse la
risposta di
lei alla dichiarazione d’amore di
Akito. Rimasero ad osservarsi indecisi per un po’ e poi lui parlo –
Quindi... Quindi... Questo
vuol dire che... –
Sana
gli portò un dito sulle labbra per fargli cenno di tacere e gli sorrise.
Ad
un soffio dalle sue labbra gli disse – Il tuo desiderio si è avverato, amore –
Poi
lo baciò.
It's all up in the air and we stand still
to see what comes down
I don't know where it is, I don't know when,
but I want you around
She Is – The
Fray
*****************************************
Puntuale
come un orologio svizzero, visto? Volevo aggiornare domani, come vi
avevo
detto, ma dato che per ora le mie giornate trascorrono una dopo l’altra
tutte
uguali, non ho nemmeno più il problema del giorno propizio. Ebbene sì,
la
questione “lavoro” non è andata in porto perché mi sono tirata
indietro. Lunga,
lunga storia che non vi interessa, quindi passiamo a parlare del
capitolo.
Che
ve ne pare? Lo so, ci sono andata giù molto pesante con il miele, spero
che i
vostri denti non si siano cariati – soprattutto per il finale. Anche
perché
**spoiler, spoiler, spoiler** nel prossimo capitolo sarò ancora peggio
– certe
scene mi hanno portato via dieci anni di vita per scriverle, ma
vedrete.
Vedrete poi!
Passo
ai ringraziamenti delle mie dolci donzelle.
Dancemylife: che
bello quando
mi dite che leggendo la mia storia vi migliorano le giornate lo sai? E
sì,
capisco perfettamente cosa intendi dire, anche io volevo essere al
posto di
Sana nello scorso capitolo – e anche in questo non mi sarebbe
dispiaciuto eh :D
Un bacio ^__^
Deb: FB non
lo uso
tantissimo, entro giusto una decina di minuti al giorno per farmi i
fatti degli
altri. Comunque sia ti ho aggiunta agli amici (: Tutto il tuo progetto
per far
sposare Sana e Akito mi lascia intendere che nella tua FU dovremo
aspettarcene
delle belle. Sì. Comunque, Akito non fa alcuna fatica a portare in
braccio
Sana, scusa eh ._. Nemmeno per dodici rampe di scale. Lui è il nostro
eroe,
già. Grazie di tutto pazzoide, un bacio ^__^
Midao:francamente
né lo
scorso capitolo né quello precedente mi convincevano. Da questo in poi,
diciamo, che mi soddisfano abbastanza – soffro della sindrome di Akito?
Però
sono felice che ti sia piaciuto, sai? Niente casini, l’avevo promesso,
questo
sarà un risveglio come si deve (: Tanti bacini, e grazie!
Ryanforever:
onestamente
nell’anime Gomi compare ben poco e nel manga ancora meno. Però, in un
certo
senso, mi piace molto raccontare di Sana, Akito e di tutto il resto del
gruppo,
quindi anche ai personaggi poco nominati devo cucire un carattere. E
Gomi io lo
vedo proprio così, con Hisae che deve subirselo dato che ne è
innamorata. Ecco
tutto. Dici che Sana e Akito insieme li descrivo bene, allora spero di
non
deluderti con il prossimo capitolo perché ci sono andata giù pesante
con il
miele O-O Grazie mille di tutto, un bacione (:
Lillixsana: ma
grazie, sia
per il giudizio alla storia sia per i complimenti alla sottoscritta.
Una
valanga di baci (:
Roby5b: quando
dici “Ciao
Ale” sento le “e” rimbombarmi nelle orecchie per tre ore. Mi dispiace
di averci
messo tanto ad aggiornare, ma proprio non avevo più ispirazione per la
storia e
mi ero un po’ bloccata. Comunque sia sono proprio contenta dei tuoi
esami. Il
lavoro doveva essere presso uno studio commercialista, ma ho rinunciato
perché
mi sentivo davvero a disagio nell’ambiente. Una cosa difficile da
spiegare. Un
bacione (: P.S. sì, ho FB, ma lo uso davvero poco.
Lady_Fredda:grazie!
Ogni volta
ho sempre il dubbio di correre troppo con i tempi, quindi sono proprio
felice
di essere riuscita a mantenere un po’ di suspance. Era quello che
volevo. Bacio
(:
Marypao: sono
contenta che
tu sia stata contenta e sì, pensa che è mercoledì sera e mi sto già
portando avanti
a scrivere i ringraziamenti. Ora di domenica (o lunedì, ancora non so)
spero di
aver fatto la revisione del capitolo. Ma sto migliorando comunque, no?
Ci tengo
a precisare una cosa: nella mia testa Sana e Hisae sono come una bomba
ad
orologeria. Ma credo che riuscirò a spiegarmi meglio in una fic che sto
scrivendo. Brava che non vuoi più fare fuori Akito – prometto che si
risolverà
tutto per il meglio (: Un bacio!
Smemo92:
grazie! *.* Hai
fatto un punto della situazione invidiabile, io non sarei riuscita a
fare di
meglio. Sono troppo contenta del fatto che piaccia a tutte voi il
gruppo che ho
creato e anche le gag che vado a raccontare – a volte mi scervello per
ore
intere, sai? Il risveglio è stato coi fiocchi proprio come lo volevi
tu. Un
bacio (: e grazie mille!
Ili91:ma...
Ma... i
personaggi d’ora in poi si comporteranno sempre bene! U.U Cioè, quasi
sempre.
Prima o poi, comunque, Akito doveva pur cedere no? Eccolo qui, è
capitolato ai
piedi di Sana come un cagnolino – lo voglio anch’io un Akito domestico!
*-*
E... vi siete fatte un’idea sbagliata della sottoscritta: non sono così
cattiva
da rovinare sempre la vita dei personaggi. Vedi che c’è stata una
risoluzione
felice? Donna di poca fede ._. Un bacione matta! (:
Castiel:
allora, innanzi
tutto grazie per avermi trovato una canzone. Ho già aggiunto tre
stracci di
canzone al capitolo precedente. Sei sempre il solito tesoro, sai? *-*
Comunque
non scherzavo quando ti ho detto che in uno dei prossimi capitoli
DOVREBBE
esserci una doppia colonna sonora, sì! Oh, ma il fatto che tutte
abbiate
trovato dolce Akito mi lascia pensare che nel prossimo capitolo vi
scioglierete
come delle caramelle *-* Continua a cercare, mia personale musicista.
Un bacio
(:
Bettinella: uh.
Sai quante
volte faccio lo stesso ragionamento anche io? “Dopo la leggo” e poi per
pigrizia non lo faccio. Nel tuo caso ti stavi solo risparmiando
un’agonia –
leggere questa fic sono più che convinta che lo sia :D ma in ogni caso
grazie
per aver deciso di aprirla e di leggerla. E infine, di recensirla. Ho
apprezzato molto le tue parole, un bacione (:
Yesterday: ormai
credo, anzi
ne sono convinta, di conoscerti troppo bene. Nel senso, sia per la
parte di
Hisae che la parte dell’ “Aspetta”,
quando le ho scritte e rilette, mi sono detta “lei –
cioè tu – le noterà”. Ne ero certa al cento per cento. E
infatti è stato così. Quanto love. E comunque no, quel capitolo è stato
scritto
mesi addietro, all’epoca i dettagli
non erano all’ordine del giorno come accade ultimamente. No, no! Grazie
di
tutto tesoro e in bocca al lupo per domani – ti invidio così tanto (:
Un bacio.
Comunque
sia, mancano esattamente quattro capitoli dalla fine. E nel
frattempo
sto scrivendo un’altra storia, che procede molto lentamente perché ogni
singola
parola che scrivo voglio che abbia un senso – è un progetto a cui tengo
moltissimo e quindi non comincerò a pubblicarla fino a che non sarà
completamente conclusa. Ma sono abbastanza ottimista, comunque non
divaghiamo.
Chiaramente
ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le Preferite,
le Seguite
e le Ricordate. E, a costo di
sembrare ripetitiva – lo so, lo sono! – ringrazio anche a chi continua
a farlo
con “My Sorrow” (i numeri aumentano e la storia è conclusa e io sono
così *-*).
Grazie
a tutte ragazze, siete magnifiche.
Una
pioggia di baci
Ale69