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Autore: lames76    13/09/2010    1 recensioni
Altro racconto sul settimo cavaliere, più maturo e completo del precedente e leggibile singolarmente (leggibile anche senza aver letto il precedente). Menion si ritrova in una situazione critica e per una volta non sarà da solo a combattere il male ma sarà affiancato da valorosi compagni.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Settimo Cavaliere'
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I due cavalieri ed il capo indiano stavano camminando a passo spedito verso il primo posto in cui avrebbero dovuto iniziare la loro impari lotta.
Mentre camminava, Menion improvvisamente, ricordò le parole del nativo americano poco prima di incontrare Alessandro Magno: "Il vostro Primo ha fatto in modo di salvare tre di voi...".
"Tre di voi!", esclamò tra sé e sé.
Prima che potesse chiedere spiegazioni, vide decine di cadaveri e, per la prima volta da quando era tornato a Faerie non rabbrividì; gli esseri morti non appartenevano a quella terra fatata, ma sembravano incroci di diversi mostri, esseri ripugnanti e terribili. Erano stati uccisi da poco, visto che Due Lune aveva detto loro che, dopo la morte, i loro nemici sarebbero scomparsi nel nulla, come evaporando, se questi erano ancora qui allora dovevano essere stati uccisi da poco.
Superata un’altura, videro che, di fronte a loro, stava un uomo che pareva essere l’artefice di quella carneficina di nemici, doveva avere una quarantina d’anni, era alto e grosso, anche se non grasso, vestiva un giustacuore a sei falde grigio/blu e si era appena calzato sul capo un cappello da spadaccino con triplice pennacchio, brandiva saldamente, nella mano destra, una lunga ed affusolata spada, mentre nell’altro braccio teneva un lungo mantello granata; aveva un’espressione risoluta, ma la cosa che colpiva più di tutte era l’enorme naso che adornava il suo volto.
"E voi signori chi siete?", chiese con un pesante accento francese e con fare guardingo.
"Alessandro III, Menion e Due Lune", spiegò il re con il suo solito tono marziale.
Negli occhi dell’uomo passò un lampo, si tolse il cappello e lo sventolò in un saluto con inchino, "Io sono Cyrano Ercole Saviniano di Bergerac"
Menion pensò di essere impazzito, ma riuscì a dire: "Eri un Cavaliere di Faerie anche tu?"
Il guascone annuì avvicinandosi a loro, "Il sesto"
"Dannazione a te Giovanna!", pensò il ragazzo, "Hai sempre saputo che Cyrano era il mio più grande eroe e non mi hai mai detto che era uno di noi e che avrei potuto parlarci...", si bloccò come folgorato da un’idea. Ricordò che la giovane donna gli aveva detto che, per il suo prossimo compleanno, gli avrebbe fatto una grande sorpresa, presentandogli una persona... Un velo di tristezza lo avvolse pensando che, sicuramente, Giovanna intendeva fargli come regalo la conoscenza del suo mito. Si riscosse cercando di non pensare al dolore della perdita dell’amica.
"Signore è un enorme piacere conoscerla", strinse la mano con calore allo spadaccino, "Conosco a memoria la sua..."
Si bloccò, Cirano sapeva che sulla sua vita era stata fatta un’opera teatrale?
"Rostand è stato abbastanza accurato", bofonchiò imbarazzato il francese.
Evidentemente la conosceva.
Negli occhi del guascone apparve un lampo di divertimento, "E quale parte preferisci?"
"La tirata dei "No grazie"", rispose immediatamente il giovane.
Cyrano lo osservò sorpreso, poi il suo volto si atteggiò in un sorriso caloroso, batté una mano sulla spalla del settimo cavaliere con amicizia, "Ne sono contento!", bofonchiò, "Credo sia la parte di quell’opera che più mi rappresenta!"
In effetti aveva letto molti commenti all’opera teatrale di Rostand; i superficiali pensavano che la figura di Cyrano fosse famosa e dovesse essere ricordata, per la scena sotto il balcone di Rossana, mentre intesse gloria fingendosi Cristiano, ma lui aveva sempre amato quel personaggio per la sua fiera indipendenza, il suo fiero modo di pensare, il coraggio di non abbassarsi a compromessi nonostante tutto.
"Ora che il nostro gruppo è completo...", intervenne Due Lune risvegliando dai suoi pensieri Menion, "...direi che è ora di iniziare la nostra battaglia"





Salve a tutti! Con questo capitolo viene svelato chi è il sesto cavaliere (purtroppo non è Giulio Cesare Beatrix Bonnie, anche se ci avevo pensato :-) ).
Che ne dici/dite di sbizzarrirvi per dare un'identità anche ai tre cavalieri mai nominati? (io non ho idee a riguardo).

Visto che ci sono molto affezionato e visto che l'ho citata nel paragrafo appena postato vi riporto qui la tirata dei "No Grazie" tratta dall'opera teatrale Cirano de Bergerac.
Nota: Se la conoscete sapete di cosa sto parlando se non la conoscete... beh è giusto che lo facciate! Io trovo che sia qualcosa di splendido, un fantastico inno all'indipendeza, alla fierezza ed all'anticonformismo.

"Orsù che dovrei fare? Cercarmi un protettore?
Eleggermi un signore?
E come oscura edera che all’albero tutore si appoggia accarezzandogli e leccandogli la scorza,
dovrei salir da furbo e non invece a forza?
No grazie!
Dedicare come ogni scartafaccio
dei versi ai finanzieri? Gettarmi in un pagliaccio
pur di veder al fin, sul labbro di un ministro,
lo svago di un sorriso un po’ men che sinistro?
No grazie!
Banchettare tutti i giorni da un pidocchio?
Avere il ventre logoro dalle marce ed il ginocchio
più prettamente sporco nel punto in cui si flette?
Rendermi primatista di dorso piroette?
No grazie!
Riconoscere talento ai dozzinali?
Plasmarsi ad ogni critica che appare sui giornali?
Vivere dicendo: "Oh sento già il mio stile,
percorrere le bozze del Mercurio mensile"
No grazie!
Fare calcoli? Tremare? Arrovellarsi?
Preferire una visita ad un paio di versi sparsi?
Stendere delle suppliche o farsi commendare?
No grazie! No grazie! No grazie!
Ma cantare, ridere, splendere, da solo in libertà.
Avere l’occhio sicuro, la voce in chiarità.
Mettersi, se ti và, di traverso il cappello.
Per un si, per un no, fare o un’ode o un duello.
Fantasticare a caccia non di gloria o di fortuna,
su un certo viaggio a cui si pensa... sulla luna.
Se viene poi la gloria per fortuna o per arte,
non dover darne a Cesare la più piccola parte!
Avere tutta la palma della meta compita,
e disdegnando di essere l’edera parassita,
pur non la quercia essendo, o il gran tiglio fronzuto
salir anche non alto, ma salirvi, senza aiuto!"
   
 
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