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Autore: Evazick    13/09/2010    2 recensioni
Il sogno più grande di una Romancer? Di sicuro ce ne sono molti, ma uno supera tutti gli altri: entrare nella Parata Nera. La sfortunata protagonista di questa storia ci sarà catapultata dentro per caso, ma non tutto è quello che sembra e forse il suo sogno potrà trasformarsi in un incubo… Mi è venuta in mente mezz'ora fa e non so nemmeno se avrà seguito, ma volevo sentire cosa ne pensate... enjoy! ^^
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Eve.'
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Mama, we all go to hell
Mama, we all go to hell
I’m writing this letter and wishing you well
Mama, we all go to hell
 
Eve guardava la pioggia cadere sulla strada davanti a casa sua, formando pozzanghere e miniature del lago di Loch Ness. Era una giornata di inizio autunno, uggiosa e piena di pioggia, proprio come quelle che piacevano a lei: un diluvio universale con tanto di vento e fulmini e tuoni infuriava fuori dalla sua finestra, e la ragazza guardava fuori incantata mentre la musica le scorreva nelle orecchie dalle cuffie.
 
Oh well now, mama, we are all gonna die
Mama, we are all gonna die
Stop asking me questions
I’d hate to see you cry
Mama, we are all gonna die
 
Eve si allontanò un attimo dalla finestra e iniziò a ballare per la stanza, senza un motivo preciso: in quella canzone c’era qualcosa di strano, qualcosa che le faceva venire voglia di cantarla e muoversi a tempo. “Immagino che tutte le canzoni belle facciano questo effetto,” mormorò, iniziando poi a cantare. Era sola in casa, come quasi sempre, ma Eve non aveva paura, anzi: adorava stare da sola in casa mentre fuori dilagava l’acquazzone.
 
And when we go don’t blame us
We’ll let the fire just bath us
You made us, oh, so famous
We’ll never let you go
And when you go don’t return to me, my love
 
Eve mise un attimo in pausa la canzone, si tolse le cuffie e corse alla finestra: la bufera aveva improvvisamente aumentato la velocità, e l’albero lì davanti si stava piegando in modo incredibile. La ragazza lasciò stare per un attimo la canzone e controllò che tutte le finestre di casa fossero chiuse, per evitare che l’acqua allagasse qualche stanza. Soddisfatta del controllo, tornò in camera sua e accese di nuovo la musica a tutto volume.
 
Mama, we are all  full of lies
Mama, we are meant for the flies
And right now they’re building a coffin your size
Mama, we are all full of lies
 
Eve sorrise tra sè e sè: non si sarebbe mai stancata di ascoltare quella canzone, la sua ‘Hell’s song’, come la chiamava lei. Le piaceva il modo in cui iniziava lenta e come alla fine dilagasse nel caos più totale, dandole una sensazione di inferno. Guardò il suo disegno di Mother War appeso alla parete e il poster della Black Parade lì accanto, sospirò e tornò a concentrarsi sulla canzone, cantando a squarciagola.
 
Well Mother, what the war did to my legs and to my tongue?
You should have raised a baby girl
I should have been a better son
If you can cuddle the infection
They can amputate at once
You should have been
I should have been a better son
 
Eve fece un salto: qualcosa aveva colpito il vetro della finestra, come se volesse romperlo. Si affacciò e rimase a bocca aperta: c’era una vera e propria tempesta in corso, il vento aveva cessato di soffiare, ma la pioggia continuava a scendere sempre con maggiore violenza e i fulmini sostituivano il sole di mezzogiorno con la loro luce. Eve si spaventò leggermente e iniziò ad ansimare: e se fosse successo qualcosa mentre era da sola in casa? Fermò nuovamente la canzone e chiamò sua madre, ma non c’era campo. La ragazza imprecò e l’unica cosa che potè fare fu rannicchiarsi sul letto vicino ai due poster che aveva guardato prima mentre cantava per scacciare la paura. La canzone ripartì da sola.
 
And when we go don’t blame us
We’ll let the fire just bath us
You made us, oh, so famous
We’ll never let you go
She said ‘You ain’t no son of mine
For what you’ve done they’re gonna find
A place for you and just you mind
Your manners when you go
And when you go don’t return to me, my love’
That’s right
 
BUM!
Un tuono più forte di tutti si fece largo sopra le note di Mama, spaventando ulteriormente Eve. Lei non resistette alla curiosità e decise di rimanere attaccata alla finestra per vedere cosa sarebbe successo. Avrebbe poi spento l’iPod per poter ascoltare i rumori della tempesta ed essere più vigile, ma doveva assolutamente finire di ascoltare la canzone. Eve rimase stupita da quella decisione: sembrava che la canzone avesse gettato come un incantesimo su di lei. Tremò, ma non smise di cantare.
 
Mama, we all go to hell
Mama, we all go to hell
It’s really quite pleasant
Except for the smell
Mama, we all go to HELL!!
 
All’urlo che seguì nella canzone seguì un tuono altrettanto forte, che fu seguito da altri mentre le urla del cantante e la musica facevano degenerare la canzone.
 
2,3,4
MAMA! MAMA! MAMA!
 
Eve si spaventò, urlò e getto a terra iPod e cuffie, ma la canzone non smise di andare avanti. Anzi, aumentò di volume e si sparse per tutta la stanza. “Cazzo, cazzo, cazzo!” esclamò Eve.
 
And just if you’d call me your sweetheart
I’d maybe then sing you a song…
 
Le parole e la voce di Liza Minelli, così diverse da quelle di Gerard Way, risuonarono nella testa di Eve come se qualcuno gliele avesse sussurrate all’orecchio. La tempesta si placò un attimo, e Eve pensò che fosse finalmente finita.
Oh, quanto si sbagliava.
 
But there’s shit that I’ve done with this fuck of a gun
You would cry out your eyes all along
 
Appena Gerard riprese a cantare, il temporale ritrovò l’energia perduta. Eve fu investita da una fortissima luce arancione, e si coprì gli occhi per non rimanere accecata. Quando trovò il coraggio di guardare, esclamò: “No! NO!”
La luce non proveniva da un fulmine là fuori, ma dal poster della Black Parade un metro più in là, dalla parte opposta della stanza.
Qualcosa iniziò a tirare Eve in quella direzione, verso il poster, dentro il poster, mentre la canzone suonava il pezzo che la ragazza adorava più di tutti, ma in quel momento lei non se lo godette affatto, impegnata com’era a non venire risucchiata. Non ce la fece a resistere, e venne scaraventata dentro uno strano vortice: girava tutto, ma le parole della canzone erano chiarissime.
 
We’re damned after all
Through fortune and flame we fall
And if you can stay I’ll show you the way to return to the ashes you call
We all carry on
When our brothers in arms are gone
So raise your glass high
For tomorrow we die
And return from the ashes you call
 
E, mentre la luce arancione diventava sempre più debole, le note svanivano, una donna piangeva mestamente, la pioggia cessava piano piano, i fulmini e tuoni smettevano di farsi vedere, tutto quello che rimase nella stanza furono solo un paio di cuffie e un iPod attaccato ad esse, spento e scarico.
  
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