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Autore: Evazick    16/09/2010    1 recensioni
Il sogno più grande di una Romancer? Di sicuro ce ne sono molti, ma uno supera tutti gli altri: entrare nella Parata Nera. La sfortunata protagonista di questa storia ci sarà catapultata dentro per caso, ma non tutto è quello che sembra e forse il suo sogno potrà trasformarsi in un incubo… Mi è venuta in mente mezz'ora fa e non so nemmeno se avrà seguito, ma volevo sentire cosa ne pensate... enjoy! ^^
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eve.'
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Non dormii per tutta la notte, e continuai a pensare al disegno, soprattutto all’ombra: sicuramente aveva qualcosa a che fare con la strana e brutta sensazione che avevo avuto davanti al palazzo. Mi chiesi se potesse essere qualcuno, ma Jennifer era totalmente da escludere, così come i quattro musicisti. Presi in considerazione anche l’idea che fossero i due pazzi che Jennifer aveva citato, ma era improbabile: quell’ombra non era qualcosa di esterno, ma apparteneva a quel posto, e avrei dovuto scoprire cosa voleva, prima che mi facesse del male. Cercai di rigirarmi nel letto il meno possibile per tentare di addormentarmi, ma fu tutto inutile, e arrivai all’alba ancora pienamente sveglia e con due borse sotto gli occhi. Jennifer le notò insieme alla stanchezza sul mio volto, ma evitò gentilmente di parlare di quella notte.
Un paio d’ore dopo tornai nel giardino per una passeggiata con la spada in vita: speravo di incontrare Gerard da qualche parte e poter iniziare quelle lezioni di cui mi aveva parlato il giorno prima. Anche se mi ero dimostrata un po’ scettica all’inizio, in realtà l’idea mi piaceva tantissimo e non vedevo l’ora di iniziare.
Vagai per il giardino per mezz’ora prima di scorgere un uniforme nera tra i cespugli. “Gee!” lo chiamai correndogli incontro, e lui si girò. Non era Gerard, ma Frank. Interruppi la mia corsa. “Scusa, ti avevo scambiato per Gerard,” gli dissi.
“Non importa. Hai dormito bene stanotte?”
“Uhm… sì,” mentii. Non ero del tutto sicura di volergli parlare dell’ombra: non sapevo fino a che punto potessi fidarmi di lui o degli altri. Decisi che avrei tenuto la cosa per me finchè non avessi scoperto qualcosa in più. Il sorriso e lo sguardo di Frank mi distolsero dai miei pensieri: non mi piacevano per niente. Lo guardai come per dire ‘avanti, dimmi cosa hai fatto, così ti posso picchiare in fretta’.
“Sai, ho parlato con Mikes del tuo ‘atterraggio’ di ieri,” disse il chitarrista mentre io mi sentivo come se avessi appena fatto una doccia gelida, “e ha detto che potrebbe darti una mano con il volo. Ti sta aspettando sul tetto.” Sorrise di nuovo come lo Stregatto e se ne andò via, per evitare che lo picchiassi, ma ero troppo scioccata per farlo: quel piccolo Nano Malefico aveva già raccontato a tutti di quel penoso atterraggio! La prossima volta lo avrei sollevato per aria e fatto cadere da una cinquantina di metri d’altezza, possibilmente su un cumulo di macerie. Non potei fare altro che ritornare dentro il palazzo e salire fino al tetto. Salii cinque piani prima di arrivare in cima: qui le scale si fermavano davanti a una porta di ferro. Spinsi la sbarra rossa e mi ritrovai sul tetto, un’enorme spiazzo su cui sarebbe potuta benissimo atterrare una squadra di elicotteri. E in fondo, seduto per terra, c’era Mikey Way. Si alzò appena mi vide e mi venne incontro. “Tu sei Eve, giusto?”
“Sì. Ti prego, dimmi che Frank non ha raccontato a tutti del mio atterraggio,” lo implorai. All’inizio mi rispose di no e sospirai di sollievo, ma ricaddi nell’imbarazzo appena aggiunse: “Solo a me, Gerard e Ray.” Se non fosse stato per il fatto che avessi le ali, mi sarei buttata giù dal tetto in men che non si dica.
“Sei pronta per iniziare?” continuò Mikey. Fui tentata di chiedergli Hai un’idea di cosa devi fare? ma poi mi ricordai che a quel tizio piacevano gli unicorni e infilava le forchette nei tostapane; magari aveva letto un libro intitolato Come Far Volare Una Ragazza Alata e lo teneva nascosto dietro gli Harry Potter di Frank. Dissi soltanto: “A dire il vero ho già imparato il decollo e il volo. È l’atterraggio il problema.”
“Sì, me ne ero reso conto.” Gli scoccai un’occhiataccia, distesi le ali e mi sollevai di una decina di metri. Volteggiai un po’, per far vedere a Mikey che non ero proprio una novellina in quello, e poi urlai: “D’accordo, professore! Dimmi come faccio a scendere!”
“Prima fammi vedere come sei atterrata la prima volta!” mi urlò lui di rimando. Questa volta non mi trattenni.
“Col cazzo! Come minimo mi sfracello e mi rompo qualcosa!” Gli spiegai a parole che ero scesa in picchiata e che ero tornata in posizione verticale solo all’ultimo, troppo tardi. Mikey mi consigliò di non scendere in picchiata sempre, ma solo in casi eccezionali (e casi eccezionali, in seguito, ci furono, credetemi!): era meglio che planassi leggermente verso terra, tornando in posizione eretta e rallentando quando sarei arrivata a tre o cinque metri dal suolo. Le prime volte il risultato non migliorò: atterravo in piedi, ma la velocità mi faceva correre per un paio di metri e poi mi sfracellavo sul tetto. Niente di grave, ovvio, ma a fine giornata avevo una collezione di cicatrici e graffi così ampia da far invidia a un pugile professionista. Soltanto verso la fine della ‘lezione’ riuscii ad atterrare decentemente: caddi in ginocchio, ma pur sempre meglio di rompermi il naso o qualcos’altro. Ero sfinita e le ali mi stavano per abbandonare da un momento all’altro, ma ero soddisfatta dei miei miglioramenti, e anche Mikey. “Impari in fretta,” mi disse mentre scendevamo dal tetto.
“Bè, visto che ho le ali dovrò pur usarle, no?”
Quando arrivammo al pianterreno notai che la scala scendeva per altri tre scalini e portava a un corridoio nero in cui non c’era nemmeno un filo di luce. “Dove porta?” chiesi a Mikey.
“Da nessuna parte. In fondo c’è una porta, ma è chiusa a chiave ed è resistentissima. Probabilmente è un magazzino o qualcosa del genere.”
Scrollai le spalle, ma in realtà la cosa mi interessava parecchio. Ne presi nota mentalmente, convinta che fosse un’altra tessera del puzzle che dovevo risolvere.
 
Quel pomeriggio tornai di nuovo in giardino, decisa più che mai a iniziare quelle lezioni di scherma, ma Gerard non era da nessuna parte. Stavo per rinunciare e tornare in camera, quando lo vidi sbucare da dietro un albero. “Ehi, Eve!” mi salutò, come se fosse contento di vedermi. “Sei venuta per la spada, vero?”
“Io? Ehm… sì.” Era incredibile: con gli altri My Chemical Romance e Jennifer, in teoria dei perfetti sconosciuti, mi sentivo incredibilmente a mio agio, ma Gerard era l’unico che mi teneva sempre sul chi-vive, come se una singola mossa sbagliata potesse farlo infuriare da un momento all’altro.
“D’accordo. Seguimi,” disse, ritornando poi nel fitto del giardino. Lo seguii e ci ritrovammo in uno spiazzo simile a quello dove lo avevo incontrato il giorno prima, ma senza panchine e molto più ampio: il posto perfetto per un combattimento.
“Immagino che tu non abbia mai toccato una spada in vita tua, vero?” mi chiese Gerard, ridendo. Ridacchiai anch’io, nervosa, e dissi: “Immagini bene.” Poi aggiunsi: “E tu come te la cavi?”
“Abbastanza bene per potertelo insegnare.” Una risposta che considerava chiuso il discorso.
La cosa fu molto più difficile di quello che pensassi: la spada non era una di quelle giocattolo per bambini, ma era vera, tagliente e, soprattutto, molto pesante. Appena la presi in mano pensai che il braccio mi sarebbe cascato, ma Gerard mi aiutò a tenerla in una posizione che fosse sia comoda che utile. In quella prima lezione mi fece soprattutto lavorare sul braccio, per rinforzare il muscolo e fare in modo che la spada non mi pesasse più di tanto. Vero, quella mattina mi ero divertita molto di più, ma anche quel pomeriggio la ‘lezione’ fu interessante, visto che prima o poi avrei dovuto usare quella spada: così come avevano (chi?) dato a Jennifer un blocco per disegnare e vedere il futuro, a me avevano dato delle ali per volare e una spada per difendere e attaccare… ma cosa? Chi? Altre tessere inutili di un puzzle sempre più grande e complicato.
 
“Non dovresti pensare così tanto Eve, ti farai fumare il cervello,” mi sgridò Jennifer quella sera dal suo letto. Stava disegnando, ma mi aveva rassicurato che era solo per svago, e non perché stava avendo una previsione. Io ero sdraiata a pancia in giù sul mio letto, le ali distese e appoggiate al materasso. Stavo cercando di rimettere a posto i vari indizi, ma ero confusa ancora più di prima.
“Jennifer, i due ragazzi sono MCRmy?” le chiesi.
“Non ne ho idea, ma penso di sì. Altrimenti non sarebbero finiti in questo posto…” mi rispose. Alzò lo sguardo dal blocco. “Stai cercando di capire cosa ci facciamo qui?”
“Più o meno.” Mi misi a sedere a gambe incrociate e fissai la mia amica. “Per ora so solo che tutti quelli arrivati qui hanno qualcosa a che fare con i My Chemical Romance. Detto così fa molto libro fantasy, ma è vero. Però non capisco ancora perché: a chi interesserebbe radunare qui una band musicale e dei suoi fan?”
“Un cattivo che vuole conquistare il mondo?” ipotizzò la mia compagna di stanza.
“Certo, come no.” Sbuffai. “Anche un’altra cosa è strana: i tuoi disegni, le mie ali e la spada… perché ce li hanno dati? A cosa servono? Perché succede a tutti quelli che finiscono qui?”
“Ma non tutti abbiamo delle capacità speciali,” osservò Jennifer. “Per ora le abbiamo solo noi due.”
“… Giusto.” Ci pensai su un attimo, poi dissi: “Facciamo un’ipotesi, okay? Facciamo finta che chiunque arrivi qui riceva qualcosa in più, qualcosa che lo rende speciale. Potrebbe darsi che con i due ragazzi qualcosa sia andato storto e che il loro cervello sia andato in tilt.”
“Potresti anche avere ragione, ma i My Chemical Romance? Loro non hanno niente ‘in più’, come dici te, ma non sono nemmeno impazziti.”
“Jennifer, non penso che Gerard abbia mai toccato una spada in vita sua e Mikey allenato una ragazza a volare. E Frank… è parecchio più rompiballe del solito.”
Ed ecco a voi Super Frank, lo scassa coglioni più potente dell’Universo!
“E piantala!” dissi a Jennifer, tirandole un cuscino. Lei rispose al fuoco, ma io mi parai con le ali. Continuammo così per un bel pezzo, finchè non cademmo sfinite sui rispettivi letti. Jennifer dopo poco si addormentò, ma io rimasi sveglia ancora un bel po’, tentando di portare un po’ d’ordine nella mia testa, finchè il sonno non prese anche me tra le sue braccia.
*
Innanzitutto: è ufficiale, il nuovo disco esce il 22 NOVEMBRE. Cazzo, 67 giorni! Ho già iniziato il conto alla rovescia e per sfogarmi ascolto Revenge a tutto volume ù.ù AnyWay, la storia.
Prima o poi mi farò prestare da Mikey il libro di cui parla Eve, potrebbe tornarmi utile in futuro XD Questo è un pò un capitolo di 'passaggio', per non far precipitare subito gli eventi, ma dal prossimo capitolo inizieremo a fare sul serio!
E Frank... è ancora più bastardo del solito XD
Kumiko_Chan (mia fedele ^^): partiamo con le brutte notizie: niente Bob -.-' Sinceramente me la cavo meglio con quattro personaggi, oltre a Eve e Jennifer e i pazzi, che con cinque. E ora uccidimi pure XD E non abituarti agli aggiornamenti frequenti: per ora ho le idee chiare, ma la parte bella della storia è ancora parecchio confusa e sto cercando di tirarci fuori qualcosa di decente. E dalle mie parti non c'è ancora traccia di temporali...
Al prossimo aggiornamento (ovvero domani, se tutto va bene)!
  
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