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Autore: Dark Magic    17/09/2010    3 recensioni
Altra one-shot. Sui pensieri di Edward, quando chiede a Jacob di diventare padre al posto suo, salvandola dall’essere che le cresceva dentro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Breaking Dawn
- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti'
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Qualsiasi cosa…

«Non sono ancora pronto per farmi uccidere da te, Jacob Black… dovrai pazientare ancora un po’» dissi in un sussurro, non volevo che lei ascoltasse.                                                     

Non era il momento adatto, anche se non volevo vederla morire senza poter far nulla. Lei non capiva cosa io stavo passando, un dolore ancor più terribile di quando l’ho abbandonata, perché ora stavo assistendo alla sua morte lenta e dolorosa a causa mia. Se io avevo detto che i suoi ormoni guidavano i suoi gesti, allora io cosa avevo fatto di diverso?

Nulla, avevo ceduto ai miei ormoni di diciassettenne e l’avevo condannata a morte senza saperlo.                                                     

Sentivo la sua impazienza predominare sulle altre emozioni. Anch’io volevo morire, il mio desiderio superava di gran lunga il suo.     

«La pazienza non è il mio forte» rispose a denti stretti.                                                             

Mi dispiace per lui, ma ancora lei era viva ed io con lei, dopo avrei esaudito il suo desiderio di distruggermi. Ad un certo punto mi fermai e mi voltai verso di lui. Tutta la calma e la compostezza che avevo avuto fino a poco fa erano spariti, lasciando il posto al mio tormento interiore.                                                                                                            

Quello che vide lo turbò, non era preparato a vedere il mio vero volto, stravolto dal dolore e dall’agonia. Perché il dolore di Bella si riversava su di me, ma cento volte più potente; ero un uomo distrutto, non un vampiro. Un uomo che stava perdendo la propria moglie a causa della sua ignoranza. Non credevo che noi vampiri fossimo in grado di procreare, ora lo sapevo e lei non mi permetteva di salvarla.                                                                    

Volevo piangere, gridare tutto il dolore che stavo provando, ma non potevo farlo. Lei mi avrebbe sentito.                                                                                                                              
«La sta uccidendo, vero? Sta morendo».                                                                   

I suoi pensieri, per quanto confusi, mi riempivano di altro dolore, ma meno intenso. Ancora non si capacitava di ciò che stava accadendo, io ormai lo sapevo. Non l’avrebbe persa sul serio, perché aveva scelto me, ma il suo pensiero in cui si interrogava di chi fosse la colpa di tutto ciò, mi arrivò come un ariete.                                                                    

«Colpa mia».                                                                                                                                      

Le mie gambe si fecero pesanti, come se non fossi più un vampiro, ma un uomo comune.

Caddi in ginocchio, in preda all’ansia e all’angoscia del poco tempo che mi rimaneva. E la consapevolezza delle sue parole mi entrò dentro, trafiggendomi il cuore, anche se già morto.                                                                                                                                                    

«Sì… sì, la sta uccidendo».                                                                                                      

A quel punto sprofondai nel terriccio, neanche le ginocchia mi sorressero. Non riuscivo più a stare in piedi: io dovevo soffrire, non lei. Lui si chiedeva che fine aveva fatto la mia superiorità… non c’era più, era in gioco la vita di Bella, non potevo più essere sicuro di niente, né essere superiore.                                                                                                         

«Perché Carlisle non ha fatto niente? È un dottore, no? Perché non lo tira fuori?» domandò con fare ovvio.                                           

Che ingenuo, credeva davvero che io non avessi già tentato questa strada? Era la prima che avevo sperimentato, ma...                                                                                                  
«Non ce lo permette».                                                                                                      

La mia voce era stanca, arida, non avevo le forze neanche per parlare, mi sentivo svuotato.  

Voleva morire per dare un figlio al mostro. Era tipico di Bella”, il suo pensiero mi trasmise ancor di più amarezza: lui la conosceva, gli bastava guardarla negli occhi per capirla. Io non ci riuscivo. Ecco un’altra cosa che detestavo: la loro unione. Riuscivano a capirsi con uno sguardo, io non ero in grado di stabilire con lei quel legame, eppure ero suo marito.

Un marito che non aveva capito cosa la moglie avesse deciso.                                              

«La conosci bene… tu la capisci al volo… io no. Non abbastanza, almeno. Durante tutto il viaggio di ritorno verso casa non ne ha fatto parola. Pensavo fosse spaventata, com’era logico. Credevo ce l’avesse con me per averla cacciata in questa situazione, per aver messo a repentaglio la sua vita, ancora una volta. Non potevo immaginare cosa pensava davvero, cosa stesse decidendo. L’ho capito solo quando i miei ci sono venuti a prendere all’aeroporto e lei si è precipitata fra le braccia di Rosalie. Di Rosalie! E allora ho sentito cosa stava pensando Rosalie. In quel momento, tutto mi è diventato chiaro. Tu, invece, ci metti un secondo a capirla…».                         

Che stupido, pensavo che il nostro legame di coppia fosse forte al punto tale da non avere segreti, ma aveva paura della mia reazione. Ecco perché Rosalie. Lei l’aveva capita, io no. Io pensavo alla sua sicurezza, lei a quella del mostro che le cresceva dentro.          

«Facciamo un passo indietro. Non ve lo permette… ti sei accorto che ha la stessa forza di una qualsiasi ragazza di cinquanta chili? Quanto siete stupidi voi vampiri? Bloccatela e imbotti tela di medicine, no?».                                                                                                    

Perché non capiva? Era lui lo stupido, non noi.                                                                     

«Volevo… Carlisle avrebbe…» balbettò.                                                                                         

Lui credeva si trattasse di onore. Quanto era sciocco; secondo lui, per onore l’avrei persa così?                                                                                                                                                 
«No, l’onore non c’entra. La sua guardia del corpo ha complicato le cose».                        

Ora capiva un po’ di cose. Si chiedeva se Rosalie sarebbe stata felice di vederla soffrire così. Non lo sapevo, non avevo mai percepito questo pensiero in lei.                          

«Forse… ma Rosalie non la pensa esattamente in questo modo» risposi al suo pensiero.   

Lui non sapeva del passato di Rosalie, e forse non lo avrebbe mai saputo.                  

«Allora per prima cosa liberati della bionda. Quelli della tua specie si possono ricomporre, no? Falla a pezzi e intanto prenditi cura di Bella».                                                        

Non aveva notato la tensione in quella casa? Bastava poco, per creare una guerra…      

«Emmett ed Esme stanno dalla sua parte. Emmett non ce lo permetterebbe mai… e con Esme contro, neanche Carlisle mi aiuterebbe» gli spiegai.                                                         

Mi avrebbe voltato le spalle mio padre, non si sarebbe mai messo contro sua moglie.  Avrei attaccato anche mia madre pur di non veder morire la mia Bella.                     

«Avresti dovuto lasciare Bella a me» berciò.                                                                      

Quella frase, detta così all’improvviso, mi distrusse. Non volevo che fosse sua, perché lei era mia, soltanto mia, ma per egoismo la stavo perdendo. Non avrei più ragionato così, la sua vita prima di tutto. Ora arrivava la parte più difficile, dovevo chiederglielo, anche se avrei sofferto in un modo talmente violento che non sapevo se avrei avuto la forza di guardarla come adesso.                                                                                                                      

«Sì».                                                                                                                                      

Verità.                                                                                                                                              

Avrebbe dovuto pensarci prima di metterla incinta di quel mostro                                       

Niente da dire su questo e lo fissai consapevole dei suoi pensieri.                                     

«Non lo sapevamo… non potevamo immaginarlo. Non era mai successa prima una cosa come quella fra me e Bella. Non potevamo sapere che un’umana fosse in grado di concepire un figlio con uno di noi».                                                                                            

Dovevo difendermi in qualche modo, non volevo che pensasse che io avevo agito con questo scopo. Se lo avessi saputo, non avrei mai acconsentito alla sua richiesta.                  

«E che allo stesso tempo l’umana si sarebbe ridotta uno straccio?» domandò ancor più scettico.                                                           

Proprio così.                                                                                                                                      

«Già… esistono sadici, gli Incubi, i Succubi. Ma per loro la seduzione non è che un preludio al banchetto. Nessuno sopravvive» gli risposi.                                                   

La realtà si fece largo nella mia mente: io non ero diverso, anche se io avevo fatto l’amore con la mia donna e non l’avevo uccisa, non significava che ero meno vile. Mi ero comportato come loro, ed ora ne subivo le conseguenze.                                                      

«Non sapevo che ci fosse un nome speciale per definirvi» sibilò schifato.                            

L’odio permeava ogni sua parola, il disgusto verso di me era grande, ma non quanto il mio.                                                                    

«Nemmeno tu, Jacob Black, puoi odiarmi quanto odio me stesso» gli feci notare.          

Odiavo il mio essere mostro perché mi avrebbe portato via la mia unica ragione di vita, e sapere che avrei potuto impedirlo, mi rendeva più furioso verso di me. Io, l’unico colpevole.                                                                                                                                        

Voleva uccidermi, ma non avrebbe risolto nulla, avrebbe aggravato la sua situazione.                    

«Uccidendomi non la salverai» proferii.                                                                                        

La uccideresti definitivamente.                                                                                                       

«Quindi?» chiese impaziente.                                                                                           

Era arrivato il momento della proposta, quella che non credevo sarebbe mai uscita dalle mie labbra.                                                 

«Jacob, devi farmi un favore» lo supplicai.                                                                           

Ti sto cedendo la mia unica ragione di vita, non rendere complicata la cosa più di quello che è, non posso sopportarlo.                                                                                                                 

«Neanche morto, parassita!» rispose rabbioso.                                                                   

Ti prego…                                                                                                                                          

«Per lei» sapevo che per me non lo avresti fatto, ma lei era importante per te… avresti ceduto, ne ero sicuro.                                      

«Ho fatto tutto il possibile per tenerla lontana da te. Ho fatto di tutto. Ora è troppo tardi».

No, non era tardi, c’era ancora un’ultima possibilità.                                                                  

«La conosci, Jacob. Comunichi con lei in un modo che io nemmeno capisco. Sei parte di lei e lei è parte di te. A me non darà ascolto, perché crede che io la sottovaluti. Pensa di essere abbastanza forte per…».                                                                                      

La mia voce si bloccò, non riuscivo a finire quella frase.                                                          

«A te potrebbe dare retta» mormorai stanco.                                                             

Forse lui sarebbe riuscito dove io fallivo.                                                                                       

«Perché mai?» domandò.                                                                                                        

Stavo per chiedergli di condividere con lei ciò che aveva donato solo a me, tutta se stessa.

Pensare a lei tra le braccia di lui in quel momento era straziante, doloroso e forse ridicolo per la sua assurdità, ma non sapevo più cosa fare. Lui si domandò se potevo essere impazzito, forse i vampiri potevano diventarlo.                                                             

«Forse… non lo so. Sembrerebbe di sì… davanti a lei devo fingere e nasconderglielo, perché lo stress la fa peggiorare. Non può sobbarcarsi anche questo. Devo tenere un certo contegno, non posso renderle la vita ancora più difficile. Ma ora non importa. A te deve dare ascolto!».                                                                                                                           

Di questo ero sicuro.                                                                                                                         

«Non posso dirle niente di più di quello che ha già sentito da te. Cosa vuoi che faccia? Devo dirle che è una stupida? Probabilmente lo sa già. O che sta per morire? Penso sappia anche questo».                                                                      

Ti sbagli, c’è ancora una cosa che puoi fare.                                                       

«Puoi offrirle tutto ciò che vuole».                                                                                                 

Una vita normale, un figlio… normale.                                                           

Si chiese ancora se ero impazzito, stava mettendo insieme i tasselli.                                        

«L’unica cosa che conta è che sopravviva… se ciò che vuole è un figlio, lo avrà. Può averne mezza dozzina. Tutti quelli che desidera» gli dissi.                                                 

Ed ora…                                                                                                                                            

«Può anche avere dei cuccioli, se serve».                                                                                        

Riesci a capire quello che ti sto chiedendo? Non sono in grado di dirtelo apertamente, non sono in grado di sopportarlo.                                           

Lo stavo implorando di diventare il padre dei suoi figli, sarebbe stata sua.                       

«Ma così non può sopravvivere! Non con una cosa che le succhia la vita mentre io resto impotente e non posso fare altro che vederla, deperire e soffrire!».                                        

Questo era troppo per riuscire a trattenermi dal farla desistere da questa impresa da cui sarebbe risultata perdente.                          

«Devi farla ragionare, Jacob. A me non dà più ascolto. Rosalie non la lascia un attimo e non fa che alimentare questa follia, non fa che incoraggiarla. La protegge. Anzi no, protegge lui. A lei non importa niente della vita di Bella».                                                        

Doveva accettare la mia proposta, non c’era altra soluzione.                                               

Nella sua mente leggevo incredulità per il mio comportamento: gli avevo praticamente detto che Bella sarebbe stata di entrambi. Quale marito sano di mente avrebbe ceduto sua moglie ad un altro? Nessuno, se da questa decisione non dipendesse la vita della donna in questione.                                                                                                                                     

«Qualsiasi cosa, purché viva».                                                                                              

Niente importava se non questo, la sua vita prima della mia felicità.                                      

«È la cosa più assurda che tu abbia mai detto».                                                                         

Sentivo il suo cedimento, l’amava troppo per non poterci riflettere.                   

«Ti vuole bene».                                                                                                                  

Ed era vero, lo sapevamo entrambi.                                                                   

«Non abbastanza».                                                                                               

Sì, aveva scelto me.                                                                                                                 

«È pronta a morire pur di avere un figlio. Potrebbe accettare un compromesso meno estremo».                    

Rasentavo la follia, ne ero certo ed anche lui.                                                                               

«Allora non la conosci proprio!».                                                                                                      

Ti sbagli.                                                                                                                                       

«Lo so, lo so. Bisognerà fare opera di convincimento. Per questo ho bisogno di te. Tu sai come pensa. Puoi farla ragionare».         
 

Lui poteva riuscirci.  Leggevo nella sua mente la mia rovina, ci stava riflettendo veramente, valutava la felicità che ne avrebbe ricavato, ma sapeva anche quanto ne avrebbe sofferto, perché sarebbe sempre stato oscurato dalla mia presenza, lei amava me più di quanto amava lui.                                                                                                                 

«Io dovrei far ragionare Bella? In che universo vivi?».                              

In un universo dove lei sia viva, non intrappolata in questo limbo.                                                

«Almeno provaci».                                                                                                         

Stava cedendo, dovevo insistere.                                                                                                  

«Come ti è venuta in mente questa idea da psicopatico? Ci pensi su o le inventi sul momento?».                                                                                                                                              
No, ci avevo riflettuto anche troppo, ma non sarebbe cambiato il fatto che era l’unica soluzione possibile.                                  

«Da quando ho capito cosa stava architettando, che sarebbe stata disposta a morire, non penso ad altro se non al modo di salvarla. Ma non sapevo come contattarti. Ero certo che se ti avessi chiamato non avresti risposto. Sarei venuto presto a cercarti, se oggi tu non fossi arrivato. Non è facile lasciarla, anche solo per un minuto. Le sue condizioni… cambiano velocemente. La cosa cresce… in fretta. Non posso stare lontano da lei».         

Non andavo neanche a caccia per paura.                                                                                       

«Che cosa è?».                                                                                                                                    

Magari lo sapessimo…                                                                                                                          

«Non ne abbiamo la più pallida idea. Qualunque cosa sia, è già più forte di lei».         

Quanti lividi presentava il suo corpo? Ormai non li contavo più, nella sua mente invece la distruzione di Bella.                             

«Aiutami a fermarla… aiutami a impedire che succeda».                              

Non lo avrei permesso, qualunque cosa.                                                                                   

«Come? Offrendomi in qualità di stallone? Tu non stai bene. Non accetterà mai».

Sicuramente sarà così, ma non potevo rinunciare a questa flebile speranza.                    

«Provaci. Non abbiamo niente da perdere. Che male può fare?» gli domandai.             

Sentivo nella sua mente il dolore che avrebbe provato lui, ma non poteva essere egoista fino a questo punto.                           

«Un po’ di dolore per salvarla è un prezzo tanto alto?».                                    

Ed io, allora? Io ti ho chiesto di dividerla con me, anch’io sto soffrendo.                       

«Ma non funzionerà».                                                                                                     

Sì, cominciavo a dubitarne anch’io, ma mi bastava un cedimento da parte sua.                    

«Forse no. Ma magari la confonderà, la farà vacillare. Non ho bisogno di altro, mi basta un attimo di dubbio».

E la farò ragionare.                                                                                                            

«E poi? Le toglierai la terra da sotto i piedi? Le dirai: “Scherzavo, Bella”?».                  

No, sarei andato fino in fondo, qualsiasi cosa.                                                                             

«Se vuole un bambino, lo avrà. Non mi tirerò indietro».                                 

La mia idea lo fece vacillare ancora, riteneva più conveniente uccidermi e farla finita.

«No… non ancora. La distruggerebbe, lo sai. Non avere fretta. Se non ti darà ascolto ne avrai l’occasione. Nel momento esatto in cui il cuore di Bella cesserà di battere, sarò io ad implorarti di uccidermi».                                                                                                                 

La mia unica certezza, l’avrei raggiunta come volevo fare l’altra volta credendola morta.                 

«Non dovrai aspettare a lungo».                                                                                                         

Un sorriso amaro e pieno di dolore affiorò sul mio viso stravolto.                                           

«Non sai quanto ci conto»                                                                                                              

«Allora affare fatto».                                                                                                            

Annuii e gli offri la mano, lui con disgusto la strinse.                                                                

«Affare fatto».                                                                                                                                

Avevo stipulato con lui due accordi entrambi dolorosi.                                                             

Il primo: forse avrei diviso Bella con l’uomo che odiavo e rispettavo allo stesso tempo.       

Il secondo: mi avrebbe concesso la morte, nel caso lei avesse rifiutato, continuando il suo piano. Avevo stretto un patto con il mio boia.                                                                           

Qualsiasi cosa per lei.                                                                                                                

Ti amo, Bella.

 

   
 
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