Hola! ecco il nuovo capitolo! é diviso in due parti, una con il pov edward e uno con il pov Bella. Grazie tanto a chi mi segue, a chi legge, a chi commenta, chi mi ha inserito tra gli autori preferiti. Grazie mille! Chi segue più di una mia storia avrà notato la sparizione del mio gruppo e del blog... per motivi miei ho infatti deciso di rallentare gli aggiornamenti e tutto quello che ha a che fare con il mio scribacchiare. Gli aggiornamenti naturalmente procederanno fino alla conclusione delle storie in corso... ma non oltre, con grande probabilità. Tutto dipende...
Bhe non dico altro e vi lascio al capitolo! Un bacione ♥
Sono trascorse 3 ore
e 20 minuti.
Osservai
distrattamente l’orologio per poi accasciarmi penosamente
sulla poltrona,
conscio della mia dipendenza. Di Isabella non avevo notizie. Carmen ed
Eleazar,
prima di partire, mi avevano intimato di non importunarla con assurde
telefonate ed apprensioni, per permetterle così di sbollire
la rabbia nei miei
confronti. Purtroppo la cosa era ben più penosa di quanto
loro potessero mai
supporre. Stavo letteralmente impazzendo al pensiero della mia piccola
Bells
circondata da vampiri avvezzi al sangue umano.
Non va affatto bene.
Sono trascorse 3 ore e 40 minuti?
Ma stiamo
scherzando?
Imprecai
visibilmente, consapevole che resistere due giorni sarebbe stata
un’ardua
impresa. Il tempo sembrava volersi beffare di me, rallentando e
dilatandosi a
dismisura. Sarei stato costretto a chiedere ad Alice di tenere sotto
controllo
le mie decisioni, onde evitare gesti sconsiderati.
Di male in peggio.
L’idea di
affidarmi
a quella piccola pazza manipolatrice aveva del masochistico, ma a me
non
restavano che tentativi estremi. Se realmente desideravo il perdono di
Isabella, non potevo fare altrimenti. In qualche modo le mie parole e
le mie
azioni l’avevano ferita, ma nessuno era consapevole quanto me
della facilità
con cui la sua rabbia sbolliva.
Non mi restava quindi che attendere
in silenzio,
senza fomentare la sua ira.
Perché
è tanto complicato?
Sospirai
beandomi del silenzio della casa vuota, unica mia consolazione, quella
giornata. La mia famiglia era partita per una battuta di caccia sui
confini del
Canada, approfittando dell’assenza di Bella e dei suoi
genitori. Avrebbero
voluto mi unissi a loro, tentandomi con l’idea di qualche
puma, ma la
desolazione che mi invadeva aveva impedito potessi considerare
allettante
quella prospettiva. Necessitavo solo di un po’ di pace, in
quella casa che
ormai da anni era divenuta anche mia. Il frequente trasferirci da una
città ad
un’altra non mi aveva mai permesso di affezionarmi ad un
luogo sino a
considerarlo la mia casa. Ma lì era diverso, lo era sempre
stato.
Da quando avevo
incrociato due occhi color cioccolata, con il loro calore
disinteressato e la
loro dolcezza, il mio animo si era acquietato. Avevo trovato qualcosa
da
proteggere, qualcuno da cui tornare.
Con Alice, Rose
o i miei fratelli, nonostante lo stretto legame, non avevo mai covato
un tale
sentimento di protezione. Loro erano sempre stati in grado di badare
alla loro
salute.
Bella no! Per quanto solo
metà del suo sangue
fosse umano, in lei risiedeva una fragilità estrema, una
dolcezza ed un’anima
di candida purezza che desideravo preservare. La sua presenza era
l’unica in
grado di acquietare il mio tormento.
Inspirai
profondamente, turbato dai miei stessi pensieri, quando in un lampo
un’idea
malsana balenò nella mia mente.
Il suo profumo.
Avvertivo quella
meravigliosa fragranza, l’odore di fresia, che aleggiava
nella casa divenire
sempre più labile, con il trascorrere delle ore. Sempre più distante.
Mi alzai di
scatto, dirigendomi verso l’unico luogo dove ero certo di
poter avvertire in
qualche modo la sua presenza, illudendomi forse di averla accanto a me,
al
sicuro.
La sua stanza.
Entrai
osservando quel luogo in cui avevo trascorso intere giornate, in sua
compagnia.
Un posto che era cresciuto con lei, maturando ed evolvendosi ad una
velocità
impressionante. Tutto troppo in fretta.
La tappezzeria
rosa, decorata con orsacchiotti stilizzati, tipicamente infantile, era
stata
sostituita da un viola pastello, mentre le cornici contenenti foto e i
poster
di qualche rock band avevano preso il posto dei puzzle della disney.
L’unica
nota
rimasta invariata erano la miriade di pupazzi che si ostinava a
custodire
gelosamente, di ogni forma e dimensione, riempivano due degli angoli
della
stanza, riversandoli anche su qualche mensola. Numerosi quasi quanto i
suoi
libri, una passione, quest’ultima, che aveva coltivato sin
dall’infanzia.
Sospirando
sommessamente,
mi poggiai sul suo letto, ispirando a pieni polmoni
quell’inconfondibile
profumo che ormai percepivo come parte di me. Qualcosa a cui non avrei
mai
potuto rifiutare volontariamente.
Io le sarei
stato accanto fino a quando lei me lo avrebbe concesso. Sarei stato la
sua spalla,
il suo supporto, quell’amico pronto a tutto per lei, a
proteggerla e a
consolarla se necessario, sino a quando, qualcuno più degno
di me non fosse
sopraggiunto. A quel punto mi sarei fatto da parte.
Già…
Un dolore sordo
mi strinse il petto a quel pensiero e alla consapevolezza che quel
giorno
sarebbe sopraggiunto sin troppo presto.
Sono
egoista… maledettamente egoista.
Il mio desiderio
di godere della sua compagnia, della sua mente brillante, della
dolcezza del
suo sguardo e dell’amorevole apprensione
che manifestava sempre nei miei confronti, andava ben
oltre il lecito. Superava
quella soglia di ragionevolezza, quel normale languore che avrebbe
dovuto
emergere dentro di me, se per me fosse stata alla pari di Alice o Rose.
Certo anche
la loro lontananza sarebbe stata dolorosa, ma… lo strazio
che mi sopraffaceva
quando pensavo a Bella, era terrificante per la sua
intensità.
Tutto sbagliato!
Fu così
che
trascorsi quei pochi giorni che a me parvero infiniti. Rifugiandomi
nella sua
stanza, avvertendo il suo odore divenire una fragranza sempre
più labile e
lontana, ricoperta dalla mia presenza. Malinconica fu
l’attesa, ma ancor peggio
fu avvertire le ruote dell’auto sul vialetto e scoprire la
realtà.
« Non
è possibile. »
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Due giorni prima
« Bells,
siamo
arrivati. »
La voce di mamma
infranse il mondo dei miei sogni, costringendomi a riaprire gli occhi.
Li
stropicciai, accecata dalla luce, richiudendoli immediatamente.
Eh che palle!
Mugugnai
infastidita, voltandomi dal lato opposto. Ero immersa nel mio magico
mondo
onirico, dove il mio Edward non era quello spocchioso e sciocco vampiro
che era
nella realtà e dove io non dovevo preoccuparmi costantemente
di tutte quelle
sciocche smorfiose, sempre pronte a fargli gli occhi dolci. Il mondo perfetto.
Lasciatemi qui per
pietà, la realtà è troppo
deludente.
« Che
sballo,
dorme davvero!»
Oh porca paletta.
Mi drizzai a
sedere immediatamente, riaprendo gli occhi di scatto, notando solo
allora la
miriade di vampiri che mi osservava con un misto di stupore e
meraviglia. Ed ecco a voi il fenomeno da
baraccone di
nome: Isabella Swan.
« Salve.
»
incespicai a disagio, schiarendomi forzatamente la gola. «
Ehm, io… » tentennai
incapace di proseguire.
« Credo che sia opp
ortuno fare le
presentazioni in casa, cosa ne dite? » intervenne mio padre
notando divertito il mio disagio. Immaginavo avesse tentato di
svegliarmi in
tutti i modi, onde evitare una simile situazione, probabilmente gli
avevo anche
rifilato qualche pugno involontariamente. Non sarebbe stata una
novità.
Ok, inizio a
pentirmi già di questo folle
viaggio, forse avrei dovuto ascoltare quel minimo di
razionalità che mi è
rimasta. Purtroppo quando si tratta di Edward divento sempre
assurdamente
impulsiva.
Sospirai
sommessamente
facendomi coraggio ed uscii dall’auto accettando la mano che
mi veniva porta da
uno dei vampiri del gruppo. Sembrava seriamente incuriosito, fissandomi
con un
misto di stupore e meraviglia. Una reazione che ero solita risvegliare
in molti
essendo uno dei pochi esemplari della mia razza.
Mezza umana, mezza
vampira.
A metà
tra due mondi tanto diversi.
Avevo sempre
detestato quel genere di attenzioni, consapevole fossero la conseguenza
della
mia diversità, ma per quella volta decisi di mordermi la
lingua e non lasciar
trasparire la mia irritazione.
Sono amici di
famiglia, non posso far
fare una figuraccia ai miei se non voglio che inizino a trattarmi
nuovamente
come una poppante.
Porta pazienza
Bella, porta pazienza.
Inspirando
pesantemente
camminai a passo spedito verso l’enorme casa stile
vittoriano, color panna. Lanciai
una rapida occhiata al vampiro accanto a me, che ancora non si decideva
a
distogliere lo sguardo.
Davvero educato!
Decisi di
ignorarlo e probabilmente ci sarei riuscita se non avessi avvertito il
tocco
delicato delle sue dita a contatto con la mia guancia. Sobbalzai.
No! Questo
è decisamente troppo…
Lo osservai a
disagio. « Ehi. » bofonchiai, allontanandomi di
scatto. « Non è il caso di
toccare! » lo ammonii, con un tono indignato. Percepivo un
intenso calore
salire al mio volto, colorandone le gote e non potei evitarlo. Ecco un altro dei problemi del mio essere
metà umana…
« Scusa.
–
mormorò grattandosi il capo imbarazzato. – Solo
che non immaginavo potessi
arrossire. È una cosa piuttosto bizzarra. »
Figurarsi…
passerò i prossimi giorni
sotto i riflettori, osservata e studiata da tutti. Che meraviglia. Pensai
ironicamente.
Trattenni a
stento uno sbuffo contrariato, decisa a non iniziare quella conoscenza
con il
piede sbagliato. In fin dei conti quelli erano amici dei miei genitori
ed era
opportuno io tenessi un comportamento quanto meno decoroso. O almeno fu
quello
che mi ribadii per la seconda volta per evitare di sclerare.
« Bhe, non
toccarmi lo stesso, mi infastidisce. - borbottai tagliente. –
E adesso andiamo.
»
Mi parve di
vedere l’ombra di un sorriso piegare le sue labbra ma,
irritata com’ero, mi
voltai avanzando il passo, pur di non dare a vedere il mio imbarazzo.
Ero
cresciuta circondata dalle mura della mia casa, evitando quasi ogni
contatto
con l’esterno. Se per qualche giorno avevo avuto
l’opportunità di frequentare
la scuola dovevo anche ammettere che gli umani, per quanto affascinati
da me,
mantenevano comunque una distanza tale da evitare ogni tipo di contatto
fisico…
una scoperta che non potevo non apprezzare.
Purtroppo i
vampiri non manifestavano questa stessa riluttanza a quanto pareva.
Quelle
attorno a me erano i primi con cui entravo in contatto oltre ai miei
genitori e
i Cullen, che comunque potevo considerare parte della mia famiglia.
« Aspetta.
– il
ragazzo si parò fulmineo dinanzi a me, porgendomi la mano
con un sorriso irriverente
e, con mio rammarico dovetti ammettere, anche tremendamente sensuale. - Non mi sono ancora
presentato. Io sono
Matthias. »
Quasi non
soffocai udendo quel nome.
“Matthias
ti piacerà.” Non
era questo che
aveva detto Alice, prima di allontanarsi?
Inebetita lasciai
scorrere lo sguardo sul mio interlocutore,
dagli occhi cremisi. Il volto diafano, dai lineamenti delicati, era
incorniciato da capelli lisci color onice che esaltavano ancora di
più il suo
pallore. Il corpo, perfettamente proporzionato, dalla muscolatura
appena
accennata, era avvolto in un maglioncino di cachemire color latte e un
paio di
jeans scoloriti. Doveva avere non più di
vent’anni.
«
Isabella… - mormorai, distogliendo lo sguardo dopo
l’accurata
radiografia. Capperi… -
ma
tutti mi chiamano Bella. »
« Piacere
di conoscerti. »
« Matt non
tenere la nostra ospite tutta per te, anche noi
vogliamo conoscerla. »
L’urlo
divertito infranse la nostra piccola
bolla, riportandoci al presente. Non mi voltai verso la porta, ma
avvertii
distintamente gli sguardi dei miei genitori perforarmi la schiena.
Dannazione.
« Andiamo?
»
domandò lui, infilando le mani in tasca.
Annuii e con un
sospiro arrendevole lo seguii. Sarebbero stati giorni tremendamente
stressanti.