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Autore: Shinalia    17/09/2010    7 recensioni
estratto capitolo
« Sei una vampira, non puoi soffrire di emicranie! » ribattei mesto ed in tono leggermente acido.
Alzò gli occhi al cielo con evidente irritazione « Sembri un animale in gabbia. A casa sono tutti preoccupati … » Annuii distrattamente, non dando realmente peso alle sue parole. Notando la mia disattenzione Alice si indispettì « Bella si è divertita moltissimo a scuola! - squittì
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hola! ecco il nuovo capitolo! é diviso in due parti, una con il pov edward e uno con il pov Bella.  Grazie tanto a chi mi segue, a chi legge, a chi commenta, chi mi ha inserito tra gli autori preferiti. Grazie mille! Chi segue più di una mia storia avrà notato la sparizione del mio gruppo e del blog... per motivi miei ho infatti deciso di rallentare gli aggiornamenti e tutto quello che ha a che fare con il mio scribacchiare. Gli aggiornamenti naturalmente procederanno fino alla conclusione delle storie in corso... ma non oltre, con grande probabilità. Tutto dipende... 

Bhe non dico altro e vi lascio al capitolo! Un bacione ♥

Sono trascorse 3 ore e 20 minuti.

Osservai distrattamente l’orologio per poi accasciarmi penosamente sulla poltrona, conscio della mia dipendenza. Di Isabella non avevo notizie. Carmen ed Eleazar, prima di partire, mi avevano intimato di non importunarla con assurde telefonate ed apprensioni, per permetterle così di sbollire la rabbia nei miei confronti. Purtroppo la cosa era ben più penosa di quanto loro potessero mai supporre. Stavo letteralmente impazzendo al pensiero della mia piccola Bells circondata da vampiri avvezzi al sangue umano.

Non va affatto bene.

Sono trascorse 3 ore e 40 minuti?

Ma stiamo scherzando?

Imprecai visibilmente, consapevole che resistere due giorni sarebbe stata un’ardua impresa. Il tempo sembrava volersi beffare di me, rallentando e dilatandosi a dismisura. Sarei stato costretto a chiedere ad Alice di tenere sotto controllo le mie decisioni, onde evitare gesti sconsiderati.

Di male in peggio.

L’idea di affidarmi a quella piccola pazza manipolatrice aveva del masochistico, ma a me non restavano che tentativi estremi. Se realmente desideravo il perdono di Isabella, non potevo fare altrimenti. In qualche modo le mie parole e le mie azioni l’avevano ferita, ma nessuno era consapevole quanto me della facilità con cui la sua rabbia sbolliva.

Non mi  restava quindi che attendere in silenzio, senza fomentare la sua ira.

Perché è tanto complicato?

Sospirai beandomi del silenzio della casa vuota, unica mia consolazione, quella giornata. La mia famiglia era partita per una battuta di caccia sui confini del Canada, approfittando dell’assenza di Bella e dei suoi genitori. Avrebbero voluto mi unissi a loro, tentandomi con l’idea di qualche puma, ma la desolazione che mi invadeva aveva impedito potessi considerare allettante quella prospettiva. Necessitavo solo di un po’ di pace, in quella casa che ormai da anni era divenuta anche mia. Il frequente trasferirci da una città ad un’altra non mi aveva mai permesso di affezionarmi ad un luogo sino a considerarlo la mia casa. Ma lì era diverso, lo era sempre stato.

Da quando avevo incrociato due occhi color cioccolata, con il loro calore disinteressato e la loro dolcezza, il mio animo si era acquietato. Avevo trovato qualcosa da proteggere, qualcuno da cui tornare.

Con Alice, Rose o i miei fratelli, nonostante lo stretto legame, non avevo mai covato un tale sentimento di protezione. Loro erano sempre stati in grado di badare alla loro salute.

Bella no! Per quanto solo metà del suo sangue fosse umano, in lei risiedeva una fragilità estrema, una dolcezza ed un’anima di candida purezza che desideravo preservare. La sua presenza era l’unica in grado di acquietare il mio tormento.

Inspirai profondamente, turbato dai miei stessi pensieri, quando in un lampo un’idea malsana balenò nella mia mente.

Il suo profumo.

Avvertivo quella meravigliosa fragranza, l’odore di fresia, che aleggiava nella casa divenire sempre più labile, con il trascorrere delle ore. Sempre più distante.

Mi alzai di scatto, dirigendomi verso l’unico luogo dove ero certo di poter avvertire in qualche modo la sua presenza, illudendomi forse di averla accanto a me, al sicuro.

La sua stanza.

Entrai osservando quel luogo in cui avevo trascorso intere giornate, in sua compagnia. Un posto che era cresciuto con lei, maturando ed evolvendosi ad una velocità impressionante. Tutto troppo in fretta.

La tappezzeria rosa, decorata con orsacchiotti stilizzati, tipicamente infantile, era stata sostituita da un viola pastello, mentre le cornici contenenti foto e i poster di qualche rock band avevano preso il posto dei puzzle della disney.

L’unica nota rimasta invariata erano la miriade di pupazzi che si ostinava a custodire gelosamente, di ogni forma e dimensione, riempivano due degli angoli della stanza, riversandoli anche su qualche mensola. Numerosi quasi quanto i suoi libri, una passione, quest’ultima, che aveva coltivato sin dall’infanzia.

Sospirando sommessamente, mi poggiai sul suo letto, ispirando a pieni polmoni quell’inconfondibile profumo che ormai percepivo come parte di me. Qualcosa a cui non avrei mai potuto rifiutare volontariamente.

Io le sarei stato accanto fino a quando lei me lo avrebbe concesso. Sarei stato la sua spalla, il suo supporto, quell’amico pronto a tutto per lei, a proteggerla e a consolarla se necessario, sino a quando, qualcuno più degno di me non fosse sopraggiunto. A quel punto mi sarei fatto da parte.

Già…

Un dolore sordo mi strinse il petto a quel pensiero e alla consapevolezza che quel giorno sarebbe sopraggiunto sin troppo presto.

Sono egoista… maledettamente egoista.

Il mio desiderio di godere della sua compagnia, della sua mente brillante, della dolcezza del suo sguardo e dell’amorevole apprensione  che manifestava sempre nei miei confronti, andava ben oltre il lecito. Superava quella soglia di ragionevolezza, quel normale languore che avrebbe dovuto emergere dentro di me, se per me fosse stata alla pari di Alice o Rose. Certo anche la loro lontananza sarebbe stata dolorosa, ma… lo strazio che mi sopraffaceva quando pensavo a Bella, era terrificante per la sua intensità.

Tutto sbagliato!

Fu così che trascorsi quei pochi giorni che a me parvero infiniti. Rifugiandomi nella sua stanza, avvertendo il suo odore divenire una fragranza sempre più labile e lontana, ricoperta dalla mia presenza. Malinconica fu l’attesa, ma ancor peggio fu avvertire le ruote dell’auto sul vialetto e scoprire la realtà.

« Non è possibile. »

____________________________________

Due giorni prima

 

« Bells, siamo arrivati. »

La voce di mamma infranse il mondo dei miei sogni, costringendomi a riaprire gli occhi. Li stropicciai, accecata dalla luce, richiudendoli immediatamente.

Eh che palle!

Mugugnai infastidita, voltandomi dal lato opposto. Ero immersa nel mio magico mondo onirico, dove il mio Edward non era quello spocchioso e sciocco vampiro che era nella realtà e dove io non dovevo preoccuparmi costantemente di tutte quelle sciocche smorfiose, sempre pronte a fargli gli occhi dolci. Il mondo perfetto.

Lasciatemi qui per pietà, la realtà è troppo deludente.

« Che sballo, dorme davvero!»

Oh porca paletta.

Mi drizzai a sedere immediatamente, riaprendo gli occhi di scatto, notando solo allora la miriade di vampiri che mi osservava con un misto di stupore e meraviglia. Ed ecco a voi il fenomeno da baraccone di nome: Isabella Swan.

« Salve. » incespicai a disagio, schiarendomi forzatamente la gola. « Ehm, io… » tentennai incapace di proseguire.

« Credo che sia opp

ortuno fare le presentazioni in casa, cosa ne dite? » intervenne mio padre notando divertito il mio disagio. Immaginavo avesse tentato di svegliarmi in tutti i modi, onde evitare una simile situazione, probabilmente gli avevo anche rifilato qualche pugno involontariamente. Non sarebbe stata una novità.

Ok, inizio a pentirmi già di questo folle viaggio, forse avrei dovuto ascoltare quel minimo di razionalità che mi è rimasta. Purtroppo quando si tratta di Edward divento sempre assurdamente impulsiva.

Sospirai sommessamente facendomi coraggio ed uscii dall’auto accettando la mano che mi veniva porta da uno dei vampiri del gruppo. Sembrava seriamente incuriosito, fissandomi con un misto di stupore e meraviglia. Una reazione che ero solita risvegliare in molti essendo uno dei pochi esemplari della mia razza.

Mezza umana, mezza vampira.

A metà tra due mondi tanto diversi.

Avevo sempre detestato quel genere di attenzioni, consapevole fossero la conseguenza della mia diversità, ma per quella volta decisi di mordermi la lingua e non lasciar trasparire la mia irritazione.

Sono amici di famiglia, non posso far fare una figuraccia ai miei se non voglio che inizino a trattarmi nuovamente come una poppante.

Porta pazienza Bella, porta pazienza.

Inspirando pesantemente camminai a passo spedito verso l’enorme casa stile vittoriano, color panna. Lanciai una rapida occhiata al vampiro accanto a me, che ancora non si decideva a distogliere lo sguardo.

Davvero educato!

Decisi di ignorarlo e probabilmente ci sarei riuscita se non avessi avvertito il tocco delicato delle sue dita a contatto con la mia guancia. Sobbalzai.

No! Questo è decisamente troppo…

Lo osservai a disagio. « Ehi. » bofonchiai, allontanandomi di scatto. « Non è il caso di toccare! » lo ammonii, con un tono indignato. Percepivo un intenso calore salire al mio volto, colorandone le gote e non potei evitarlo. Ecco un altro dei problemi del mio essere metà umana…

« Scusa. – mormorò grattandosi il capo imbarazzato. – Solo che non immaginavo potessi arrossire. È una cosa piuttosto bizzarra. »

Figurarsi… passerò i prossimi giorni sotto i riflettori, osservata e studiata da tutti. Che meraviglia. Pensai ironicamente.

Trattenni a stento uno sbuffo contrariato, decisa a non iniziare quella conoscenza con il piede sbagliato. In fin dei conti quelli erano amici dei miei genitori ed era opportuno io tenessi un comportamento quanto meno decoroso. O almeno fu quello che mi ribadii per la seconda volta per evitare di sclerare. « Bhe, non toccarmi lo stesso, mi infastidisce. - borbottai tagliente. – E adesso andiamo. »

Mi parve di vedere l’ombra di un sorriso piegare le sue labbra ma, irritata com’ero, mi voltai avanzando il passo, pur di non dare a vedere il mio imbarazzo. Ero cresciuta circondata dalle mura della mia casa, evitando quasi ogni contatto con l’esterno. Se per qualche giorno avevo avuto l’opportunità di frequentare la scuola dovevo anche ammettere che gli umani, per quanto affascinati da me, mantenevano comunque una distanza tale da evitare ogni tipo di contatto fisico… una scoperta che non potevo non apprezzare.

Purtroppo i vampiri non manifestavano questa stessa riluttanza a quanto pareva. Quelle attorno a me erano i primi con cui entravo in contatto oltre ai miei genitori e i Cullen, che comunque potevo considerare parte della mia famiglia.

« Aspetta. – il ragazzo si parò fulmineo dinanzi a me, porgendomi la mano con un sorriso irriverente e, con mio rammarico dovetti ammettere, anche tremendamente sensuale.  - Non mi sono ancora presentato. Io sono Matthias. »

Quasi non soffocai udendo quel nome.

“Matthias ti piacerà.”  Non era questo che aveva detto Alice, prima di allontanarsi?

Inebetita lasciai scorrere lo sguardo sul mio interlocutore, dagli occhi cremisi. Il volto diafano, dai lineamenti delicati, era incorniciato da capelli lisci color onice che esaltavano ancora di più il suo pallore. Il corpo, perfettamente proporzionato, dalla muscolatura appena accennata, era avvolto in un maglioncino di cachemire color latte e un paio di jeans scoloriti. Doveva avere non più di vent’anni.

« Isabella… - mormorai, distogliendo lo sguardo dopo l’accurata radiografia. Capperi…  -  ma tutti mi chiamano Bella. »

« Piacere di conoscerti. »

« Matt non tenere la nostra ospite tutta per te, anche noi vogliamo conoscerla. »

 L’urlo divertito infranse la nostra piccola bolla, riportandoci al presente. Non mi voltai verso la porta, ma avvertii distintamente gli sguardi dei miei genitori perforarmi la schiena. Dannazione.

« Andiamo? » domandò lui, infilando le mani in tasca.

Annuii e con un sospiro arrendevole lo seguii. Sarebbero stati giorni tremendamente stressanti.

   
 
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